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Telegiornaliste N. 26 del 7 novembre 2005


Un mestiere a colori di Silvia Grassetti

Essere giornalisti coincide spesso con la capacità di riconoscere tutti i colori della cronaca, come ha sempre dimostrato di saper fare L'antipatico Belpietro: dal fiocco rosa in casa della reale ex telegiornalista di Spagna, alla Notte Bianca di Napoli, al colore della pelle che troppo spesso è causa di poca tolleranza fra le persone, agli episodi di cronaca, se non nera, quantomeno grigioscura.
Il rosa delle donne che fanno notizia domina il Monitor della settimana, con le interviste a Lia Capizzi e Jana Gagliardi, e la bella prova di una Monica Vanali finalmente orfana (anche se per troppo poco) del Bonolis nazionale. Ampio spazio, nel bene e nel male, anche al rosa e all’abbigliamento "tappezzeria" nella nostra ormai famigerata rubrica sulle performance dei mezzobusti italiani.
In Vademecum il nostro esperto ci illustra la Legge sugli uffici stampa delle amministrazioni pubbliche e riceve i complimenti di una lettrice affezionata.
Ricordiamo infine, a trent'anni dall'assassinio, la figura di Pier Paolo Pasolini, un intellettuale che ha ancora molto da insegnare, talvolta pure a chi fa informazione.
MONITOR Lia Capizzi, la prima telecronista di Filippo Bisleri

Una giornalista sportiva e, dal 9 gennaio 2005, data storica per la tv italiana, la prima commentatrice di partite di calcio di serie A in Italia. Stiamo parlando di Lia (Amelia) Capizzi, frizzante e brava telegiornalista di casa Sky che vive di sport, per lavoro e per hobby, e quindi è più “preparata” sulle materie che affronta e racconta ai telespettatori.
Lia, come hai scelto di fare la giornalista?
«Fin da piccola – racconta la Capizzi - avevo due sogni: diventare ingegnere o fare la giornalista. Proprio durante il mio primo anno di Università (la facoltà di Ingegneria a Padova), per caso un amico mi propone di fare un provino radiofonico. Inizio così a curare programmi musicali, infarcendoli di notizie sportive. Era il 1991, da lì inizia tutto. Per quattro anni concilio le due attività, di notte lo studio, di giorno la radio…difficile che possa durare! Arriva il momento in cui (1994) mi trovo davanti al vero bivio…e, con mille sensi di colpa e nottate in bianco, scelgo la via più incerta… chiamata a Milano decido di trasferirmi, lasciando così la facoltà di Ingegneria - un abbandono che rimane ancora un mio cruccio».
Sei una giornalista che arriva dallo sport e la prima telecronista sportiva di un match di serie A per Sky. Ricordaci data ed emozioni...
«Quando la prima telecronaca? – sorride.
Data difficile da dimenticare: 9 gennaio 2005, Messina-Brescia. Da molto tempo il condirettore di SkySport Massimo Corcione insisteva per “buttarmi nella mischia” ed ogni volta trovava un mio rifiuto. Quella famosa domenica, invece, approfittando di un’emergenza, mi ha messo di fronte all’impossibilità di dire “no”. Agitazione, tanta, gola secca…e per me che lavoro con la voce da anni è stata un’emozione. Da lì, una volta rotto il ghiaccio, ho continuato a fare Diretta-Gol. Piano piano, con tanto studio, si migliora…».
Sei una giornalista sportiva. Cosa pensi del luogo comune che vuole i giornalisti sportivi meno preparati dei loro colleghi?
«Ecco, appunto, è un luogo comune che sento da una vita e che non cambierà mai – risponde. Sono partita e…arrivo dallo sport. Nella mia carriera mi sono servite molto le esperienze di cronaca (locale e giudiziaria), spettacolo. Le considero una gran bella palestra ma… ho sempre voluto occuparmi di sport. Una scelta che ho dovuto difendere con i denti dall’insistenza di quanti mi proponevano altre redazioni. Le famose frasi “ma non ti senti sprecata per lo sport?", o ”Ma come, ti propongo di occuparti di politica, per il tuo futuro, e vuoi continuare a fare la testona con lo sport?”. Da vera testona ho sempre voluto dare retta al mio cuore… di sportiva».
Sei una sportiva con molti interessi. Esistono sport minori? Nella tua carriera hai incontrato diversi personaggi. Chi ti ha colpito di più?
«La definizione “sport minore” mi infastidisce – replica Lia - e per questo cerco di limitarla. Sembrerà retorico e banale ma ogni disciplina ha la sua importanza e bellezza, per chi la pratica o semplicemente la segue da appassionato. Preferisco chiamarli “sport vari”. È vero, li amo e li seguo quasi tutti. Dall’atletica al nuoto, fino al rugby. Regole diverse ma lo stesso principio, quello dell’agonismo, della voglia di vincere e delle emozioni che trasmettono. Non ho un campione preferito, ti posso dire che, tra le tante interviste del passato, ricordo la personalità di un grande del motomondiale come Mike Doohan: davanti ad un microfono mi raccontò come, per questione di minuti, e solo grazie all’intervento del dottor Costa, non gli fu amputata la gamba dopo un incidente in pista.
Tornando invece al calcio, continua a colpirmi Alessandro Del Piero, il suo essere campione fuori e dentro il campo. Mai una polemica o la voce grossa, anche quando avrebbe avuto potuto farlo».
Hai un modello di telegiornalista?
«No, nessun modello», è la pronta risposta.
«Guardo, ascolto tutti e tutte, ma senza spirito di emulazione. Ognuno di noi ha una sua storia personale e professionale diversa, ed è la personalità che fa la differenza. Ammiro le colleghe brave ma soprattutto spontanee e non costruite».
Come giornalista hai un sogno nel cassetto?
«Certo che ce l’ho – sorride la brava collega -, ma…posso tenerlo chiuso chiuso nel cassetto? Che sogno sarebbe altrimenti, eh?».
È possibile coniugare, per una donna, il lavoro di giornalista e quello degli affetti e della famiglia?
«Il nostro è un lavoro particolare – ricorda Lia Capizzi -, con orari che richiedono un minimo d’elasticità, qualche sacrificio di troppo…nel mio caso i week-end liberi si contano a malapena negli ultimi 10 anni, ho le vacanze come quelle dei calciatori, ed in più conducendo il tg di SkySport in diretta a mezzanotte finisco di lavorare molto tardi. Non mi lamento, non rimpiango nulla, è stata ed è una mia scelta. D’accordo, non è facile, ma il tempo per affetti e famiglia si trova. Anche da giornalista, eccome. Se si vuole».
MONITOR In diretta dal delirio: intervista a Jana Gagliardi di Tiziano Gualtieri

Siamo abituati a pensare che i luoghi caldi per i giornalisti siano quelli dove i kamikaze si fanno saltare per aria, dove le granate centrano gli alberghi, o i militari ti inquadrano nel mirino, ma, in realtà, anche lontani migliaia di chilometri da quelle zone, devi stare sempre attento a cosa accade alle tue spalle.
Sì, perché ti può capitare di venire inviato a raccontare una manifestazione che d'improvviso si trasforma in una giornata di ordinaria follia. Follia, sia perché in un Paese civile non dovrebbe accadere che dei manifestanti si trasformino in delinquenti, sia perché non è concepibile che a chi è deputato a far vedere le cose come sono, sia impedito di lavorare.
L'ultima protagonista, suo malgrado, di questa antipatica situazione è la giornalista della redazione politica romana di Sky Jana Gagliardi. «Ero lì per caso, anzi mi stavo quasi lamentando perché dalla mia postazione c'era davvero poco da raccontare, quando d'improvviso è successo di tutto». È tardo pomeriggio davanti a Montecitorio, circa 400 studenti stanno concentrando le loro forze per protestare contro la riforma Moratti, quando partono le cariche della polizia.
Jana ancora non lo sa, ma sta per diventare protagonista di un pomeriggio che i suoi colleghi giornalisti ricorderanno a lungo. «Quello che non è stato detto - ci racconta la giornalista di Sky - è che si trattava di una manifestazione non autorizzata e quindi "sorvegliata" speciale. Poi i ragazzi si sono avvicinati troppo alle transenne, causa scatenante le cariche dei poliziotti».
La postazione da cui Jana fa i collegamenti in diretta è a soli tre metri da lì, la giornalista chiede al suo operatore di inquadrare le cariche, che vengono mandate in diretta. Tutto sembra sotto controllo, ma come detto, l'imprevisto è sempre dietro l'angolo. Forse qualche frase di Jana non piace ai ragazzotti che la stanno ascoltando asserragliati davanti a Montecitorio: «Erano tanti giovani, molti no global, e hanno iniziato - senza motivo - a inveire contro di noi»; mentre racconta, la voce di Jana è decisa nel ripercorrere quegli istanti. «Si trattava di giovani sicuramente non lucidi, alterati, dall'animo caldo. Ci hanno accusato di non voler fare vedere gli scontri (andati, invece, in diretta su Sky Tg24, ndr)».
Poi arriva l'accusa peggiore per un giornalista: il comitato d'ascolto spontaneo, creatosi alle spalle della giornalista per controllare che venissero dette le cose "giuste", sentenzia che Sky non sta facendo informazione, e parte della rabbia contro la Moratti viene indirizzata verso Jana.
Jana, a mente fredda, ammette la sua mancanza di esperienza in situazioni del genere: il fatto che ha davanti (anzi, dietro) ragazzotti più giovani di lei - confessa - la fa sentire protetta, non misura le parole e si lascia trascinare un po' nel nervosismo generale. «Ho pensato che mi trovavo davanti alla telecamera e che quindi non mi avrebbero mai menata, poi comunque se devi prenderle, le prendi ugualmente». Per fortuna nessuno alza le mani su di lei, ma si levano i cori «buffoni, servi di Berlusconi, servi del potere». Una frangia di "studenti" prende di mira anche il pulmino di Sky, che si trova a decine di metri dal punto caldo, lo scuote.
«Volevano dicessi che erano stati caricati mentre passavano di lì per caso, che i poliziotti erano cattivi, senza neppure considerare il fatto che era tutto il giorno che dicevo come avessero tentato in modo pacifico di sfondare il cordone per entrare a Montecitorio». Nel racconto esce l'orgoglio di Jana che, seppur ko per un principio di influenza, tiene a ribadire la sua professionalità: «io non sono una di quelle che si abbassa a dire quello che vogliono gli altri o quello che viene scelto da un comitato d'ascolto che controlla come stai lavorando».
Alla fine, bersagliata da insulti, grida, spintoni e getti d'acqua, per Jana diventa impossibile lavorare; del resto la "delegazione" che è andata a trovare i colleghi sul pulmino stacca i cavi delle luci pochi secondi prima che la stessa Jana chiuda il collegamento.
Una grande occasione persa per i manifestanti per dimostrare di saper sostenere le proprie idee senza cadere nella violenza, anche psicologica.
Come tutti, anche Jana ha rivisto le immagini che - almeno per un giorno - l'hanno fatta balzare agli onori della cronaca: «Non sono pentita di quello che ho fatto. Io cerco di fare cronaca in maniera distaccata, non faccio informazione partigiana e racconto quello che ho visto, cioè ordinaria guerriglia urbana messa in atto da presunti studenti a cui la polizia ha risposto con delle cariche».
Jana al telefono si sfoga un po' e si apre. Si lamenta del fatto che, ultimamente, i giornalisti si siano abituati a raccontare di manifestazioni in cui partecipano studenti bravi e belli, senza colpe: «non dobbiamo appiattirci al pensiero che ad essere caricati siano sempre giovani poverini indifesi», cortei che poi sfociano in violenze operate da agenti senza scrupoli che lasciano sul selciato feriti. «In quel contesto ne avrò contati forse cinque».
La giornalista di Sky si rammarica solo di una cosa: di quella frase, infelice, pronunciata in diretta che non ha fatto altro che esasperare ancora di più gli animi. «Mentre facevo notare che si stava votando sulla metodologia per le assunzioni dei ricercatori all'Università senza entrare nel merito delle proteste degli studenti, mi è scappata la frase "Non sanno neppure contro cosa stanno manifestando". Un bravo giornalista - forse - non si sarebbe lasciato prendere dalla situazione. A me, purtroppo un po' è successo».
MONITOR Benvenuta Leonor di Fiorella Cherubini

Fiocco rosa e tanta gioia per i reali di Spagna: all’01.46 dello scorso 31 ottobre, alla Ruber – clinica privata della capitale spagnola - la principessa delle Asturie Letizia Ortis, ex telegiornalista e moglie di Felipe di Borbone, ha dato alla luce la piccola Leonor.
A rendere pubblica la notizia è stato proprio il neopapà Felipe, che, evidentemente emozionato, si è rivolto ai giornalisti con queste parole: «E’ la cosa più bella che possa capitare nella vita, è qualcosa di eccezionale. Siamo felici e raggianti».
Le immancabili malelingue, ridondanti nei mesi scorsi in Spagna, secondo cui doña Letizia si sarebbe sottoposta all’inseminazione artificiale per garantirsi la successione di un erede maschio, sono state smentite dall’arrivo della piccola Leonor, che, cogliendo tutto il mondo di sorpresa, si è presentata con due settimane di anticipo sulla data prevista.
La figlia di Felipe e Letizia è stata insignita del titolo di Infanta, Principessa delle Asturie, di Viana e Gerona e potrà succedere a suo padre, una volta divenuto re, solo se resterà figlia unica o avrà sorelle: finché l'attuale Costituzione spagnola non sarà riformata, un eventuale figlio maschio avrebbe diritto al trono al posto suo.
Il lieto evento ha dunque riaperto il dibattito circa la necessità di riformare la Magna Charta spagnola allo scopo di equiparare i diritti di maschi e femmine in materia di successione.
Il principe Felipe ha infatti sostenuto che «la logica dei tempi» vuole che sarà la sua primogenita a succedergli sul trono di Spagna equesta prospettiva di riforma costituzionale ha incontrato il benestare del premier Rodriguez Zapatero che, venuto a conoscenza della nascita di Leonor,
ha anche espresso i migliori auguri alla coppia.
E agli auguri del premier, seguono i nostri.
MONITOR Vanali al timone e Serie A funziona di Filippo Bisleri

Il noto critico televisivo del Corriere della Sera, Aldo Grasso, l’aveva segnalato già qualche settimana fa. Precisamente all’indomani dell’avvio di Serie A sotto la conduzione di Paolo Bonolis. La tesi di Aldo Grasso è presto detta: visto anche il successo di Pupo con Affari tuoi, il vero pacco della stagione l’aveva tirato la Rai a Mediaset scaricandole il principesco contratto di “Mister vecchio conio”.
Domenica 30 ottobre, complice un’indisposizione di “tira-pacchi” Bonolis, Serie A è stata affidata alla conduzione della brava e professionale - non neghiamo anche molto bella - Monica Vanali.
Il risultato? Una trasmissione più coinvolgente, più agevole e decisamente più giornalistica nei tempi. Con il vantaggio, per gli appassionati di sport, di poter godere dell’amato prodotto senza doversi sciroppare le prosopopee istrioniche di Bonolis, vedendo relegate in un angolino le emozioni della domenica calcistica tanto pagate dalle reti del biscione per avere un’esclusiva costantemente violata da “mamma Rai” attraverso Simona Ventura.
La puntata di Serie A condotta da Monica Vanali ha mostrato più verve, più dinamicità e palesato il fatto che, con risorse interne, Mediaset poteva approntare un bel programma di sport alternativo allo storico 90° minuto senza dover ricorrere ad un uomo immagine esterno. La conduzione di Monica Vanali, sempre di grande livello professionale, ha amalgamato in modo perfetto tutti gli elementi del programma e dato visibilità a tutti, mentre con Bonolis in studio le luci della ribalta restano puntate sul solo “tira-pacchi” milionario (miliardario in caso di vecchio conio).
Monica Vanali ha dimostrato che Mediaset (anche ora che deve fare a meno di un pezzo forte della sua redazione come Beatrice Ghezzi che diventerà mamma in novembre) ha un parco di giornalisti sportivi di primo livello. Bonolis, forse, non serviva, e sembra quasi il “freno” che non fa viaggiare e apprezzare Serie A, come dimostrano le voci dei giorni scorsi: dopo una settimana di voci, di “rumors”, di smentite, di anticipazioni della sempre informata (sul giornalismo sportivo in tv) Gabriella Mancini della Gazzetta dello sport, Bonolis ha infatti rifilato il suo “pacco” al pubblico.
Non lascerà Serie A, ma trasferirà la location del programma a Roma. A Monica Vanali ha chiesto di seguirlo, asserendo di essere sempre salito lui a Milano finora. Veri, tutti questi viaggi (ben retribuiti dalle reti del biscione), che non hanno portato ad un buon programma salvo quando la barra del timone è stata affidata, il 30 ottobre, a Monica Vanali. E la bionda tgista padovana, dopo aver peregrinato per qualche anno come inviata di Controcampo è sembrata a suo agio alla guida di Serie A e sorpresa dalla domanda di Bonolis…
E mentre il presentatore attira gli strali di Piccinini e Mughini da Controcampo, allarmati dall'attacco a Rognoni durante Serie A, dando inizio forse a un botta e risposta di cui faremmo volentieri a meno, ci chiediamo invece: e se a lasciare Serie A alla fine fosse la Vanali? Voci asseriscono di un possibile coinvolgimento, a Roma, della Calcagno che, guarda caso, è romana. In questo caso la Vanali passerebbe con Taveri con un ruolo ridimensionato… Ma ha senso sacrificare dei bravi giornalisti sportivi al “dio” Bonolis?
CAMPIONATO Manuela la solitaria  di Rocco Ventre

Il risultato più importante del 10° turno è sicuramente la vittoria di Maria Concetta Mattei nello scontro diretto con Maria Grazia Capulli: ne approfitta Manuela Morenoche si  ritrova solitaria in testa alla classifica grazie a una vittoria facile contro una Marica Morelli a serio rischio di retrocessione.  Vincono e si mantengono nella zona play-off Luisella Costamagna, Monica Vanali e Francesca Todini.
In coda Maria Leitner porta a dieci il numero delle sconfitte consecutive dall'inizio del campionato, mentre Cristina Parodi  riesce finalmente a trovare la sua prima vittoria.
La serie B entra nel vivo: sono rimaste in gara 8 tgiste per girone, che hanno già acquisito il diritto di disputare nuovamente il campionato di categoria senza dover passare per le nominations, privilegio che non spetta invece alle ultime due eliminate: Vaccarezza e Petruni.
CRONACA IN ROSA  L'esempio rosa in un mondo nero o bianco di Tiziana Ambrosi

Rosa Lee Parks. A molti questo nome dirà poco, ma la sua storia ha suscitato un brivido nella schiena a chiunque la conosca.
Rosa nasce in Alabama nel 1913, profondo sud degli Stati Uniti. La Guerra di Secessione si è conclusa da poco meno di 50 anni: una vera e propria guerra civile che aveva visto fronteggiarsi l'esercito sudista e separatista, a favore della schiavitù, irrinunciabile forza lavoro a costo sostanzialmente nullo, per le immense coltivazioni di cotone, e l'esercito del nord (Unione), abolizionista.
Nel 1913 gli strascichi di quella guerra civile erano ancora ben lontani dal sopirsi, tanto che, seppure la schiavitù fosse stata legalmente abolita, vigeva di fatto un sistema discriminatorio: cariche importanti vietate alla popolazione di colore, bagni separati, possibilità di lavoro piuttosto limitata, per fare alcuni esempi; una vita ben distinta che non comportasse alcun contatto tra bianchi e neri, probabilmente più per paura del "diverso", che per un'effettiva ideologia di fondo.
Ma nel 1955 una donna, con un semplice gesto, non studiato, piuttosto generato dalla frustrazione, cambiò la storia di una nazione: quella donna era Rosa Lee Parks, che, per la stanchezza di una lunghissima giornata di lavoro, si rifiutò di cedere il proprio posto sull'autobus ad un bianco (ricordiamo che anche negli autobus i bianchi avevano la precedenza sulle persone di colore nell'accedere ai posti a sedere).
Dal gesto della Parks nacque la presa di coscienza di un intero popolo, che rivendicò la propria dignità con mezzi non violenti, che nell'immediato si tradussero nel boicottaggio per 381 giorni consecutivi dei mezzi pubblici (interessante a tal proposito la rivisitazione del film La lunga strada verso casa) e continuarono per i decenni successivi, con il sogno spezzato ma non infranto di Martin Luther King.
Certo non furono rose e fiori, e le tensioni razziali non sono a tutt'oggi scomparse, basti pensare alla rivolta di Los Angeles dopo il barbaro pestaggio di Rodney King da parte delle forze dell'ordine.
Ma in questa occasione vogliamo dedicare interamente il nostro omaggio a Rosa Parks, eroina per caso, che si è spenta all'età di 92 anni nella sua casa di Detroit. Il suo semplice e coraggioso gesto ci dia la speranza che, in un mondo spesso alla deriva, tolleranza e rispetto non siano una conquista, ma diventino la normalità.
CRONACA IN ROSA  La Notte Bianca di Napoli, un'affluenza inaspettata di Rossana Di Domenico

Oltre due milioni di persone piene di entusiasmo: un successo straordinario per la Notte Bianca a Napoli.
«Ho avuto ed ho una grandissima fiducia in questa nostra città ma stanotte siamo andati al di là di ogni più positiva immaginazione», ha commentato in nottata il presidente della Regione Campania Antonio Bassolino, incurante dei numerosi fischi ricevuti dalla folla, bilanciati soltanto dagli applausi seguiti ai suoi ripetuti «Forza Napoli», forse calcisticamente fraintesi.
In ogni caso, una notte che sarà ricordata soprattutto nel segno della legalità: soltanto tre, gli scippi segnalati. Le forze dell’ordine hanno dato un grande contributo affinché i cittadini e i turisti presenti nelle piazze, nei musei, nei teatri e in ogni altro luogo allestito o aperto per l’evento potessero con tranquillità godersi la nottata. Nonostante l'intervento della Guardia di Finanza per sedare una rissa nella metropolitana, presa d'assalto da migliaia di persone, il bilancio resta positivo.
«Stasera si racconta una Napoli diversa - ha commentato il sindaco, Rosa Russo Jervolino - una Napoli da vivere. E' un segno importante, un modo per coinvolgere i cittadini e farli diventare comunità».
350 eventi distribuiti in tutta la città, dal centro alla periferia, con l'intento di accontentare tutti, dai neomelodici a Porta Capuana a Mario Merola, esibitosi a San Giovanni, a Beppe Grillo a Piazza Dante, dove si sono concentrati i disagi a causa dell'alto numero di persone radunatesi in uno spazio troppo angusto: il comico ha dovuto interrompere lo spettacolo.
Di grande suggestione l'apertura della mostra dei Presepi in via San Gregorio Armeno e la palestra a cielo aperto di via Caracciolo.
La chiusura, con qualche disguido a causa del passaggio all'ora solare, è stata affidata a Claudio Baglioni, alle 03.00 in piazza del Plebiscito, davanti a 250.000 persone.
Un bilancio positivo, con l'unico neo dei trasporti: vari disagi che sono da attribuire ad una città impreparata a ricevere i due milioni di persone che sono giunte nella nottata tra sabato e domenica. Scenari apocalittici per le vie di Napoli, ressa e risse per chi voleva salire sui bus, lunghe ore di attesa nelle stazioni della metro e al terminal della Circumvesuviana.
Trovare un taxi disponibile era praticamente impossibile e le auto pubbliche libere venivano quasi prese d’assalto dalla “gente della notte”. Sporadici malori sono stati segnalati nelle zone super affollate, dove si impiegavano anche ore per percorrere poche centinaia di metri. Difficili anche i soccorsi delle autoambulanze bloccate tra la folla.
Scetticismo e diffidenza sono comunque stati superati nei confronti di una città che ha dato prova di grande vitalità e voglia di cambiamento. Gli stessi commercianti hanno aderito all’iniziativa, creando con i propri negozi aperti e le insegne illuminate quell’effetto città indispensabile per il successo dell’iniziativa.
Ci si augura che questa, come altre future iniziative, possa mostrare una Napoli città d’arte e cultura, e non solo di camorra.
FORMAT 2000 volte un posto al sole ancora ci sarà di Giuseppe Bosso

 Era, come due venerdì fa e come sarà tra un anno per il decennale, altro significativo anniversario, una grigia serata di fine ottobre quando, quasi in silenzio, su Rai3 aveva inizio un’avventura che, a detta di molti, era un rischio per quei tempi; un’avventura che invece nel corso degli anni è cresciuta, ha ottenuto maggiore popolarità ed ha incentivato la produzione delle sue “sorelle” targate Mediaset, Vivere e Centovetrine.
Un posto al sole taglia la soglia delle 2000 puntate con un episodio particolare, con il solare portiere Raffaele Giordano (Patrizio Rispo), personaggio simbolo dello sceneggiato, nelle vesti di avvocato difensore in un curioso “processo all’umanità” che, in realtà, è l’occasione per rivedere i momenti più significativi della storia della soap, e con uno speciale in onda domenica 30 pomeriggio, come quello celebrato in prima serata non più tardi di cinque anni fa per la puntata numero mille, presentato da Pippo Baudo.
Era sicuramente un rischio per la terza rete realizzare un prodotto, una soap opera made in Italy, i cui precedenti nel Belpaese, come Edera o Passioni, non avevano avuto vita lunga. Soap opera per il pubblico nostrano erano gli intrighi americani targati Beautiful o, più giù dagli States, gli sceneggiati sudamericani con Andrea Del Boca e Grecia Colmenares. Di più, ambientato a Napoli, in quegli anni non sempre attivo centro di produzione Rai, che di lì a poi avrebbe, proprio grazie a Un posto al sole,conosciuto una stagione florida.
E invece il successo è stato subito strepitoso: non solo le solite, classiche, storie d’amore e intrighi come in ogni soap che si rispetti, ma anche problematiche di tutti i giorni, dalla droga alla malattia, dai rapporti familiari ai problemi scolastici. Non solo i soliti personaggi bellissimi e irraggiungibili, ma anche gente comune in cui potersi identificare, e anche quel pizzico di humor tipicamente partenopeo, legato principalmente ai battibecchi tra il portiere Raffaele e il cognato “carciofone” Renato Poggi (Marzio Honorato), o alle storie dell’imbranato ma simpaticissimo Guido Del Bue (Germano Bellavia).
E’ difficile individuare, tra i tanti che si sono succeduti in queste 2000 puntate, quali siano stati i personaggi simbolo, ma indubbiamente sono molti i nomi che, prima sconosciuti, grazie allo sceneggiato, hanno saputo ritagliarsi un proprio spazio nello show business: tra i protagonisti di ieri non si possono dimenticare Maurizio Aiello (il perfido avvocato Alberto Palladini, le cui trame per anni hanno caratterizzato le storie, e oggi affermato attore di fiction come Amanti e segreti e Il Maresciallo Rocca); Samuela Sardo (la dolce Anna Boschi contesa tra i due fratelli Palladini, che in Incantesimo ricopre un ruolo simile); Serena Autieri (esordiente attrice nel ruolo di una cantante, come poi si è affermata).
L’attualità, invece, ha i volti dei veterani: i già citati Rispo e Honorato; e ancoraMarina Giulia Cavalli (la dottoressa Ornella Bruni); Riccardo Polizzy Carbonelli (il crudelissimo Roberto Ferri); Nina Soldano (ieri valletta per Boncompagni e oggi la perfida Marina Giordano); Claudia Ruffo (presto sostituta di Elena Sofia Ricci nella terza serie di Orgoglio ma ancora, per pochi mesi, Angela Poggi per gli spettatori, che però non hanno gradito la scelta degli sceneggiatori di farla uscire di scena tradendo il suo amore di sempre; Helene Nardini (Eleonora Palladini, che presto uscirà di scena facendo così sparire definitivamente la famiglia di spicco che dà il nome al palazzo intorno al quale ruotano le storie).
E le nuove leve: da Ilenia Lazzarin (Viola Bruni) a Michelangelo Tommaso (Filippo Sartori, figlio illegittimo di Ferri), a due giovani promesse non solo della recitazione, ma della musica come Serena Rossi e Alida Dedda (Carmen e Giada).
A tutti, dagli attori ai registi, dagli sceneggiatori ai tanti che operano dietro le quinte, un sincero augurio per questa ricorrenza; si va avanti e ci saranno sicuramente ancora altre puntate ricche di suspence e emozioni, con storie avvincenti, appassionanti e anche divertenti. E, come nella sigla, un posto al sole ancora ci sarà.
FORMAT Telegiornaliste/i + Telegiornaliste/i – di Filippo Bisleri

Torna sul primo gradino del podio Susanna Petruni, per una serie di brillanti servizi confezionati per il Tg1. La biondissima Susanna, la voce femminile del Palio di Siena, quello che i senesi chiamerebbero il “bombolone” essendo la più brava della categoria, continua a dimostrare di avere classe da vendere a livello giornalistico. La domanda è: perché non promuoverla alla più prestigiosa edizione serale? Brava Susy, ti meriti un bel primo posto con un “9-”.
Risale al secondo gradino del podio Laura Cannavò, per la quale, purtroppo, sembrano allungarsi i tempi di promozione dal Tg del mattino a quello delle 20.00… Eppure sono in tanti a ritenere che lei meriti questa promozione e l’attendono con ansia. E possiamo dire che a fare il tifo per lei non sono solo utenti del forum collegato a Telegiornaliste.com ma anche colleghe e colleghi di Laura. Brava. “8”.
Le assegniamo il terzo gradino del podio nonostante debba sorbirsi Bonolis che ne limita bravura e capacità. Stiamo logicamente parlando dell’angelo biondo che si divide tra l’amore per la natia provincia di Padova e la città di Bergamo che tanto ama: Monica Vanali. Brava Monica, noi sappiamo che hai indubbie qualità professionali, ci spiacerebbe vederti soccombere, televisivamente, al “tira-pacchi” Bonolis. Terzo gradino del podio con un bel “7”.
Gradino più basso del contropodio per Cristina Parodi. Avevamo già Didi Leoni tutta presa dallo sfoderare divani per vestirsi. Ora ci si è messa pure la bella Cristina… Francamente ci stupisce: tra le foto del servizio su Vanity Fair e l’immagine-look con cui guida il Tg5 occorre che decida quale assumere… Rimandata con un “5”.
Pensavamo che il nuovo look, ci riferiamo al taglio dei capelli, le avrebbe portato qualche ammiratore in più. Poi lei, però, ha rovinato tutto tornando ai suoi vestiti-tendaggio che la rendono tanto famosa sia al Tg5 delle 13.00, sia a Roma dove è donna piuttosto salottiera. Limitandoci all’aspetto giornalistico, osserviamo come Didi Leoni non riesca a decollare. E le sue ultime apparizioni stanno vanificando il suo sogno di approdare nel tema di un Tg serale… Da rivedere. Con abiti meno "teutonici", possibilmente. “5+”.
Gradino più alto del contropodio per Fabio Ravezzani che, fino all’ultimo, si è giocato il posto con la Vanali nel podio vip. Paga, Ravezzani, l’orgoglio con cui parla delle sue partecipazioni al Processo di Biscardi. Ma come ci si può vantare di far parte di una trasmissione che un giudice di tribunale ha definito del livello di un bar? Fossimo in lui ci vanteremmo di essere a Telelombardia, dove ha una redazione sportiva di ottimo livello, tra cui la nostra "filodirettista" Alessandra Magni. Rimandato “6”.
TELEGIORNALISTI  Belpietro, professione Antipatico di Filippo Bisleri

Maurizio Belpietro, attuale direttore de Il Giornale, è bresciano - è nato infatti a Castenedolo il 10 maggio 1958. È lui un esempio, come la collega Maria Latella del Corriere della Sera di giornalista che sbarca anche in tv sull’onda dei vari Ferrara e Lerner.
Sposato, due figlie, gli hobby di Belpietro, anima e conduttore della trasmissione di approfondimento L’antipatico, sono la lettura e la montagna.
La carriera giornalistica di Belpietro ha inizio, come capita spesso, quasi per caso. Nello specifico con il fallimento del giornale Brescia Oggi: la liquidazione della società editrice del giornale non provocò la chiusura del quotidiano che, trasformatosi in cooperativa, proseguì le pubblicazioni, per consentire le quali furono necessari nuovi corrispondenti disposti a lavorare gratis.
Così, a soli 17 anni, l’attuale Antipatico inizia a pubblicare i suoi primi articoli. A venti firma un'inchiesta sull'uso a scopi clientelari dei fondi di edilizia scolastica da parte dell'allora ministro della Pubblica istruzione, il bresciano Mario Pedini. I suoi servizi saranno di frequente oggetto di interrogazioni parlamentari.
A 25 anni è già caporedattore e, a 32, caporedattore centrale dell'Europeo. A 34 vicedirettore dell'Indipendente.
Nel 1995 (37 anni) è nominato condirettore de Il Giornale, sulle pagine del quale coordinerà personalmente “Affittopoli”, un'inchiesta sulla concessione a uomini politici di abitazioni pubbliche di prestigio a canoni irrisori. L’anno seguente viene scelto come direttore de Il Tempo di Roma, incarico da cui sarà rimosso in seguito a un'inchiesta sui presunti condizionamenti dei giudici della Corte Costituzionale da parte dell'allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, allo scopo di fermare il referendum sulla smilitarizzazione della Guardia di Finanza.
Nel 1997, dopo un breve periodo come vicedirettore del gruppo Monti (Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno) è nominato direttore operativo de Il Giornale e nel 2001 direttore responsabile dello stesso quotidiano. Dal 2004 conduce il programma L'Antipatico su Canale5.
Un programma che l’aiuta a trainare verso l’alto le vendite del suo quotidiano e al quale ha provato ad affiancare, senza troppa gioia di Enrico “Chicco” Mentana il ruolo di opinionista a Matrix. Peccato che una sua uscita sul mondo dei sensitivi abbia creato il “caso diplomatico” più esplosivo che si ricordi nella breve stagione di Matrix.
VADEMECUM  Legge 150/2000: giornalisti a Palazzo di Filippo Bisleri

Anche lo Stato e gli Enti pubblici hanno aperto ai mass-media, e dunque ai giornalisti, con l’approvazione della Legge 150 del 7 giugno 2000. Una legge che reca come titolo “La disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”; una legge improntata a dare trasparenza nella comunicazione tra i palazzi del potere e i media e, di conseguenza, i cittadini fruitori - lettori o telespettatori - del lavoro compiuto dai giornalisti sul territorio nazionale.
Sedici articoli che rimandarono (al momento dell’approvazione) ad un decreto attuativo giunto solo molti mesi più tardi, ma pur sempre sedici articoli che dicono cosa sia la comunicazione pubblica, chi deve occuparsi di fare informazione per lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, gli ospedali e i vari Enti pubblici (pensiamo a Comunità montane o Parchi).
Specificatamente, all’articolo 9 si parla degli uffici stampa delle Amministrazioni pubbliche. L’articolo, al primo comma, afferma che «le Amministrazioni pubbliche possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa».
E nel secondo comma recita la parte più importante per i giornalisti. «Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all’Albo nazionale dei giornalisti». Il comma 3 specifica che «l’ufficio stampa è diretto da un coordinatore che assume la qualifica di capo ufficio stampa».
Per garantire trasparenza e indipendenza rispetto ai media diffusi sul territorio il comma 4 precisa quindi che «i coordinatori e i componenti dell’ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche».
La prassi entrata in vigore dopo l’approvazione del regolamento attuativo della Legge 150 vuole che il coordinatore dell’ufficio stampa sia laureato e giornalista professionista.
(10-continua)
VADEMECUM L'esperto risponde

Ci scrive Francesca da Caserta:
Giornalisti: si nasce o si diventa?? Bella domanda!! Io sono nata con la voglia di comunicare e scrivere... ma solo ora, a 21 anni, sto imparando sul campo... Sono stata fortunata a trovare una redazione che mi sta dando la possibilità di scrivere, ma non ho trovato il "collega più anziano disponibile" e così... provo a formarmi "attraverso un lungo ed articolato lavoro di collaborazioni"... Parole Sante!!...
Grazie per il vademecum... è diventato una guida costante nella mio cammino di collaboratrice.

Risponde Filippo Bisleri:
Cara Francesca, rispondere al quesito se giornalisti si nasca o si diventi è l'eterno dilemma della categoria. Se hai trovato una redazione che ti segue, che ti coinvolge, individua un giornalista di riferimento, specializzati nel suo settore (ma non tralasciare in toto gli altri) e prova a farti insegnare quanti più trucchi del mestiere sia possibile... Io mi sono formato così e oggi sono professionista.
Grazie per i complimenti al Vademecum, che è un'idea della redazione di Telegiornaliste.com pensata per i giornalisti di domani. E se vuoi collaborare con noi contatta la segreteria della redazione: trovi il link nella home page del nostro sito. Qualche segreto te lo trasmettiamo volentieri. Ti aspetto. Ciao.
EDITORIALE  Flash mob per un poeta di Silvia Grassetti

Lo scorso 2 novembre mezza Italia si è riunita in varie piazze: a Modena, Torino, Milano, Roma, Lecce, Bologna, Dueville, in provincia di Vicenza, Fiano Romano.
Diciamo “mezza Italia”, e non tutta, perché le piccole folle che si sono riversate nei centri urbani erano in gran parte composte da quell’altra metà del cielo che non si distingue in base al sesso ma alla capacità di usare internet e la posta elettronica.
E’ stato infatti attraverso un tam tam a colpi di email e links che si è sparsa la voce e si sono risvegliate le coscienze italiche, spesso sopite da troppa tv e altrettanto spesso risvegliate dal grande pregio del web: la possibilità di interagire con il mezzo (di comunicazione e informazione) che si sta usando.
Vale la pena ricordare cosa sia un flash mob: è l’aggregazione spontanea e di breve durata di alcune persone in un luogo aperto al pubblico – famose le battaglie a cuscinate che il popolo di internet organizza di tanto in tanto.
Il 2 novembre scorso l’occasione non era goliardica né leggera, ma serviva a celebrare i trenta anni trascorsi dalla morte del poeta Pier Paolo Pasolini.
Al posto di divertimento e risate, le varie manifestazioni sono state incentrate sulla lettura di alcune opere del poeta, dagli Scritti corsari a Che cos’è questo golpe?, o sulla proiezione di suoi film, come le scene tratte da Comizi d’amore, rappresentate a Bologna.
Le parole del profeta Pasolini sono attuali in maniera imbarazzante. Nel 1962, nel n. 36 di Vie Nuove, lo scrittore e regista ammoniva: «L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo».
Ma un’altra affermazione sembra pensata apposta per chi si occupa di informare, e forse è il modo migliore per rendere omaggio al grande intellettuale: «Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall'essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io del resto considero degno di ogni più scandalosa ricerca».
 
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