La partita dell'informazione di Tiziano Gualtieri
Questa settimana, mentre
registriamo con soddisfazione la liberazione di Clementina Cantoni, e con
un grosso sospiro di sollievo la
restituita libertà a Florence Aubenas,
non possiamo non commentare il risultato del Referendum per l'abrogazione
di parte della Legge 40, quella meglio conosciuta come la legge sulla
procreazione assistita. Il risultato, ormai, è noto a tutti, ma nel buon
stile di telegiornaliste.com, non arretriamo di fronte alla necessità di fare un
resoconto su uno dei voti che maggiormente potranno influenzare il prossimo
futuro. Un futuro incerto e difficile anche per chi vorrà seguire i
prossimi mondiali di calcio. Ancora non si sanno le squadre che vi
parteciperanno, eppure le polemiche già infuriano. Rai contro Sky.
Servizio pubblico contro "pay per view". In mezzo uno dei volti maggiormente
conosciuti dagli amanti del pallone:
Ilaria D'Amico. E siccome non c'è due
senza tre: dopo la partita del referendum, i mondiali, ecco giungere Bruno
Longhi. Pilastro portante dello sport made in Mediaset. Ma come spesso
accade, poco o nulla si sa su di lui e dei suoi scheletri nell'armadio. Tra
questi la musica e una band "particolare".
Impossibile non parlare anche dei fatti di cronaca che più hanno toccato gli
animi sensibili. Da una parte un padre che - assolutamente non fiducioso
nella giustizia italica - decide che l'unica legge che può lenire il dolore di
un genitore che ha perso la propria bambina, è quella del taglione. Un
argomento difficile, che segna anche l'esordio di Stefania Trivigno.
Dall'altra quella che potrebbe essere tranquillamente definita come la
sindrome di Medea su cui si è cimentata
Fiorella Cherubini.
Sotto l'occhio attento della nostra rubrica di analisi televisiva, questa
volta passano le (ex) trasmissioni della domenica. Minimo comun denominatore
la vacuità di questi contenitori televisivi che hanno ben poco da contenere,
ma che - invece - non fanno altro che dimostrare come sempre più spesso la tv
punti troppo sul packaging e poco sulla qualità.
Infine la consueta classifica. Ancora una volta ad essere premiate, sono tre
donne:
Federica Balestrieri per la sua
professionalità,
Cesara Buonamici per la bravura e
Daniela Comirato che, piano piano, si
sta distinguendo in quel mare tutt'altro che piatto, de "La7". Il giornalismo
maschile è, invece, inesorabilimente bocciato. Una vera e propria
debacle su tutti i fronti.
MONITOR Florence è tornata a casa di Silvia
Grassetti
E’ atterrato nel
pomeriggio di domenica 12 giugno all’aeroporto di Villacoublay, l’aereo che ha
riportato Florence Aubenas a casa dopo cinque mesi di prigionia in Iraq.
Insieme a Florence, nello Stato iracheno come inviata del quotidiano francese
Libération, anche Hussein Hanoun, la sua guida locale, è stato
rilasciato dai sequestratori e ha potuto riunirsi alla sua famiglia.
La notizia della liberazione dei due ostaggi è stata data nella mattinata di
domenica scorsa dalla portavoce del Ministero degli Esteri francese, Cecile
Pozzo di Borgo, mentre il rilascio dovrebbe essere avvenuto nel pomeriggio
del giorno precedente, sabato, secondo quanto detto dal direttore di Libération,
Antoine de Gaudemar. Florence Aubenas era stata rapita a Bagdad lo scorso
5 gennaio. Il primo marzo un drammatico video, girato dai suoi rapitori,
mostrava una donna dimagrita, sofferente, terrorizzata: ”Il mio nome è
Florence Aubenas. Sono francese. Sono giornalista di Libération. Per favore
aiutatemi. Sono in cattiva salute e sto male anche psicologicamente. Per favore,
è urgente, aiutatemi”. Immagini e parole che hanno sconvolto i
telespettatori di tutto il mondo, compresi quelli italiani che, per alcune
settimane, hanno condiviso con la Francia il triste scenario del rapimento di
una giornalista: per noi era Giuliana Sgrena, la concittadina rapita. E
per noi quell’angoscia si concluse prima. Ma, come tutti ricordiamo, costò la
vita a Nicola Calipari, ucciso dal fuoco amico di un check point statunitense.
Quella dei connazionali rapiti in Iraq anche per la Francia è un’esperienza che
si è ripetuta: il 20 agosto 2004 furono sequestrati i reporter Christian
Chesnot, della radio RFI, e Georges Malbrunot del quotidiano “Le
Figaro”. Furono liberati lo scorso 21 dicembre, anche loro dopo mesi di
angoscia e lunghe trattative.
Finalmente anche la vicenda di Florence Aubenas ha avuto un epilogo positivo. Ci
auguriamo che la terribile esperienza che ha vissuto non le renda difficile
tornare a scrivere: abbiamo tutti bisogno di “penne” professionali, esperte e
umane come quella che tiene lei, fra le sue dita.
MONITOR
Libération
di Tiziana Ambrosi
Libere! Anzi, liberi! Perchè insieme a Clementina Cantoni e Florence
Aubenas ha riacquistato la propria libertà anche l'interprete iracheno di
Florence, Hussein Hanoun. La sua gigantografia, che campeggiava accanto a quella
di Florence nelle piazze di Francia, ha ricordato a tutti noi, già come con le
due Simone, che ad essere oggetto di rapimento non sono solo gli "occidentali",
ma che sono gli unici il cui sequestro faccia notizia.
Clementina affettuosamente assediata dagli abitanti del quartiere per
festeggiare il suo ritorno, informata della liberazione di Florence e Hussein,
ha voluto dedicare a loro, con parole rotte da sincera commozione, la
torta da mille porzioni voluta dai commercianti e dai vicini di Via Jan, dove
abitano i Cantoni.
Le prime immagini che sono state trasmesse sono quelle di Hussein,
in abito bianco da cerimonia, dimagrito che viene accolto con petali di fiori
dalla moglie e dai figli, quasi assalito, in una giornata in cui almeno una
famiglia irachena può festeggiare.
Florence è ancora in volo. La liberazione è avvenuta sabato, ma per motivi di
sicurezza (ed indubbiamente il dramma della liberazione di Giuliana Sgrena, il
cui sequestro si era intrecciato con quello di Florence, conclusosi con la
morte di Nicola Calipari, non può non aver influito su questa decisione) la
notizia è stata resa nota solamente nella mattinata di domenica.
L'unica immagine di Florence che abbiamo, oltre alle tante foto di
repertorio, è quel drammatico video, mandato in onda il 1° Marzo, in cui
traspariva l'immagine di una donna disperata, fragile, triste, i capelli
arruffati e il volto scavato.
Sorprendentemente dall'aereo scende un bellissimo sorriso, quel
sorriso che tutti noi aspettavamo di vedere da 157 giorni, una donna decisa,
smagrita ma sicura di sè che con passo spedito va a salutare il Presidente
Chirac ed i propri famigliari, poi improvvisa una breve conferenza stampa con i
suoi colleghi, raccontando i primi dettagli del sequestro. "Sono stata quasi
sempre legata mani e piedi, e bendata" - ha riferito - "solo una volta ho
potuto vedere un telegiornale francese e ho capito dopo un po' che quel 140 in
basso sullo schermo si riferiva ai giorni del rapimento mio e di Hussein.
Questo mi ha dato molta forza."
Una donna dalla forza straordinaria che per chi l'ha potuta conoscere
attraverso il sequestro e attraverso il video non poteva certo aspettarsi.
Apoteosi in Francia, per un'altra vicenda di rapimento
conclusasi felicemente seppur dopo un periodo di detenzione molto lungo, così
come per gli altri giornalisti Chesnot e Malbrunot.
Ci piacerebbe anche che in vicende come queste fossero evitate le
dichiarazioni, come più volte ha fatto l'On. Cicchitto, riguardo la bravura dei
servizi italiani rispetto a quelli di altri paesi. Forse quando c'è in ballo la
vita di una persona, si dovrebbe innanzitutto pensare a collaborare,
piuttosto che vantarsi e primeggiare.
157 giorni di sequestro per Florence (il più lungo di un occidentale
in Iraq) e Hussein, 24 per Clementina. Giorni che rimarranno per sempre nella
loro memoria, ma che, siamo sicuri non fiaccheranno il loro spirito,
perchè chi sceglie quel tipo di mestiere, raccontare la verità o aiutare chi ha
bisogno nei luoghi più caldi della terra, non lo fa per eroismo o per
incoscienza, ma perchè animato da un fuoco che è difficile estinguere.
Champagne in Place de la Republique a Parigi e torta in Piazza Santa
Francesca Romana a Milano, senza dimenticare tutti gli altri ostaggi,
giornalisti e non che ancora sono nelle mani dei propri sequestratori in tutte
le parti del mondo. Un nome simbolo Ingrid Betancourt, nelle mani dei
propri rapitori in Colombia da oltre tre anni e della quale non si hanno più
notizie.
MONITOR Il Mondiale del satellite. Con Ilaria?
di Filippo Bisleri
Ancora non si conoscono le
squadre che giocheranno, nell’estate del 2006, i Mondiali di calcio in
Germania, ma la polemica già infuria. Cosa l’ha scatenata è presto detto:
la Rai, per motivi di bilancio, ha scelto di trasmettere solo 25 incontri, in
pratica quelli che dovrebbero vedere protagonisti gli azzurri di Marcello Lippi
e tutti quelli delle fasi finali (certamente dai quarti alla finalissima).
Ad aggiudicarsi l’esclusiva dei Mondiali tedeschi è stata la
piattaforma satellitare di Rupert Murdoch denominata Sky. E così i bene
informati dicono che Ilaria D’Amico
potrebbe, per un’estate, sacrificare le sue vacanze per essere
coinvolta nel team che darà voce, allo stato attuale in esclusiva, ai Mondiali
di calcio tedeschi.
La D’Amico per ora non conferma né smentisce, ma è
certo che è ben felice. L’acquisto in esclusiva dei diritti televisivi per
l’Italia del Mondiale da parte di Sky certo scava un nuovo gap tra le
offerte sportive della redazione che fa capo a Murdoch e i digitali terresti di
Rai, Mediaset e La7. La Rai, dopo aver presentato nei giorni scorsi un bilancio
in attivo, non se l’è sentita di scendere in campo con milioni e milioni di euro
per aggiudicarsi questi diritti televisivi. Mediaset pare ci abbia solo pensato,
al pari di La7 e, stando ai bene informati, alla fine avrebbero deciso di non
entrare nell’asta.
Gli italiani il Mondiale non lo perderanno. E, forse avranno anche il
piacere di poterlo vedere con la compagnia, in studio, della bella e brava
Ilaria D’Amico: a cui forse è riuscito anche il “colpo gobbo” di far diventare
il “flop” di “Campioni” un ulteriore trampolino di lancio. Chissà, magari
verso grandi trasmissioni sportive che altre sue colleghe professioniste
(ricordiamo che la D’Amico è pubblicista ed è fiera di non essere
professionista) potrebbero condurre, avendone pienamente i titoli e le capacità
ma che, solo per ragioni pecuniarie, non possono avere.
CAMPIONATO
Adesso si fa sul serio. di Rocco Ventre
Si è conclusa la stagione regolare dominata da Luisella Costamagna e
le sue 17 vittorie su altrettante gare.
Gli accoppiamenti dei quarti di finale prevedono un
interessante derby del Tg2 Capulli-Mattei, oltre a
Costamagna-Panella, Moreno-Vanali,
D'Amico-Todini.
Le sfide salvezza dei play-out, che vedono anche la
partecipazione della campionessa uscente, sono: D'Alessandro-Petronio,
Senette-Busi, Morelli-de Nardis, Guerra-Spiezie.
La 17ima giornata ha anche emesso gli ultimi verdetti di
condanna: retrocedono in serie B Balestrieri, Rivetta, Ferrari e De Medici.
CRONACA IN ROSA
Clementina Cantoni è
libera
di Fiorella Cherubini
Dopo 24 lunghi giorni di
prigionia, Clementina Cantoni è tornata in libertà.
“Ci troviamo di fronte ad un sequestro anomalo”, commentava
fino a qualche giorno fa il Ministro degli Esteri Gianfranco Fini. Infatti,
Timor Shah, il rapitore, in cambio della liberazione della Cantoni, chiedeva il
rilascio della propria madre, tenuta in stato di fermo perché coinvolta in un
precedente sequestro di persona.
Italia e Afghanistan hanno vissuto i giorni del rapimento col fiato
sospeso, a causa dei sempre nuovi ultimatum e soprattutto del
video, trasmesso dall’emittente afgana Tolo Tv, dove
Clementina ripeteva le parole che i rapitori le suggerivano, mentre due mitra la
tenevano sotto tiro.
In seguito a complicate trattative, finalmente, i rapitori hanno
deciso di capitolare, e alle nove di sera del 9 giugno (le 18:30 in Italia)
hanno liberato l’ostaggio nel cuore di Kabul a pochi Km dal Ministero
dell’Interno.
Il primo pensiero della giovane donna milanese, da tre anni impiegata
in un progetto per le vedove afgane, è stato, ovviamente, per la sua famiglia.
Nonostante fosse visibilmente provata dall’esperienza, ha dimostrato
subito di non aver smarrito il senso dell’umorismo: una volta in
Ambasciata, al padre che le chiedeva telefonicamente: “Pronto Clem, come
stai?” lei non ha esitato a rispondere: “Voi, piuttosto, come state?”.
I genitori della ragazza, una volta tranquillizzati, hanno condiviso
la loro gioia con chi li ha sostenuti per giorni con costante presenza e sincera
solidarietà.
“Clementina vi saluta. Grazie”, così ha esordito il padre, con
voce commossa, affacciandosi al balcone di casa.
Poi concedendosi al microfono dei giornalisti ha ringraziato i
Carabinieri per il loro operato e tutte le istituzioni italiane che si sono
mobilitate per la liberazione della figlia.
Il giorno dopo il rilascio, Clementina è ritornata in Italia.
Smagrita ma tranquilla, nel corso di un’intervista ha dichiarato di essere
sempre stata trattata bene, di non aver subito violenze ed anche di aver visto
in faccia il suo rapitore.
“Ho capito che mi avrebbero liberato – dice Clementina - quando
Timor Shah ha detto che dovevo entrare nel cofano di un auto. Gli ho spiegato
che soffro di claustrofobia – continua la volontaria - e allora mi hanno
consentito di sedere sul sedile posteriore.”
Ora Clementina si gode il calore di coloro che le vogliono bene, ed
anche lei si affaccia dal balcone di casa per salutare, con gli occhi lucidi,
quelli che dalla strada gridano il suo nome e applaudono il suo ritorno.
La preoccupazione, la paura, sembrano ormai lontane. Sono a Kabul.
CRONACA IN ROSA
Il
dolore di un padre non ha mai fine
di
Stefania Trivigno
Sarebbe scattato dopo ben sette mesi il bisogno di vendetta da parte
di Carlo Potenza, papà di Giusy, la ragazza assassinata a colpi di
pietra il 12 novembre scorso a Manfredonia, nel foggiano.
Il pomeriggio del 30 maggio scorso, l’uomo entra in un bar e, dopo aver ordinato
una birra, si avvicina a Pasquale Mangini e lo accoltella al torace:
Mangini è il padre di Filomena Rita, 19 anni, attualmente agli arresti
domiciliari con la sua amica Sabrina Santoro, 24, con l’accusa di aver indotto
la piccola Giusy alla prostituzione.
Carlo Potenza aveva sempre dichiarato di non voler farsi giustizia da
solo: l'arresto il 6 maggio scorso delle due ragazze, infatti, potrebbe aver
funzionato da deterrente.
Ma il nome di Giusy infangato, la famiglia stremata per la
perdita di Giusy, la continua attenzione e i colpi di scena nelle indagini hanno
forse influito sullo stato d'animo di Carlo Potenza.
La tragedia della piccola Giusy, in una realtà in cui bisogna
fare i conti con gli occhi e, soprattutto, con la bocca della gente, si è
ormai trasformata in scandalo: non si parla d’altro a Manfredonia, e in
paese c’è chi aspetta con ansia, come davanti a una fiction televisiva, nuovi
episodi da commentare.
Pasquale Mangini è fuori pericolo di vita. Quanto a Carlo Potenza,
adesso rischia anche di incontrare l’assassino di sua figlia: è infatti in
carcere per tentato omicidio.
CRONACA IN ROSA
Ogni tempo ha la sua Medea
di Fiorella Cherubini
L'ennesimo delitto innaturale, l'ennesimo infanticidio, ha
tenuto impegnate le cronache degli ultimi giorni.
Dopo l’incubo di Cogne, il paese dove Samuele Lorenzi a
tre anni perse la vita, il 30 gennaio 2002, per mano della madre Annamaria
Franzoni - condannata dal gip di Aosta Eugenio Gramola a 30 anni di reclusione -
una nuova Medea, madre assassina dei suoi figli, occupa le cronache.
Mercoledì 18 maggio, a Casatenovo, in provincia di Lecco, un bambino di cinque
mesi, Mirko Magni, è stato trovato morto nella vasca da bagno.
La madre, Maria Patrizio, sola in casa al momento del delitto,
ha tentato inizialmente di depistare le indagini raccontando di aver subito
un'aggressione alle spalle.
Una versione credibile, ma a tratti non convincente: era possibile ma
strano che, avendo Maria Patrizio le mani legate sul davanti, e non dietro la
schiena, non fosse riuscita a liberarsi e chiedere aiuto.
Le successive confessioni della donna, rese nel corso di
fittissimi interrogatori, e i risultati dell’autopsia e del dna (recuperato da
un pezzo di nastro adesivo), hanno fatto definitivamente luce su questa vicenda.
I racconti dei familiari e del datore di lavoro di Maria Patrizio, che
per giorni hanno rimandato l’immagine di una madre felice, si sono poi
scontrati con l’ammissione della donna: «L’ho affogato io e poi ho inscenato
l’aggressione».
I servizi giornalistici sulla vicenda hanno sempre presentato una
palese dissonanza: la voce fuori campo a evidenziare la confusione e la
disperazione della madre omicida, mentre sullo schermo fotografie di una
ragazza sorridente, truccata, in posa. Forse per indurre i telespettatori a
pensare a una persona immatura, superficiale, incapace di accogliere con
la "giusta" abnegazione l'arrivo di un figlio.
Agli spettatori più attenti, però, non sarà sfuggito il grido di
dolore di Maria Patrizio: «Avevo il terrore di non essere una madre
all'altezza del suo compito».
Non ci deve sfuggire la fragilità di questa donna. E non ci deve
sfuggire l'amara ironia della sua vicenda: il bisogno di conferme che la
spingeva a tentare la carriera televisiva, e il fatto, poi, che in televisione
sia arrivata. Ma per aver commesso il delitto più orrendo.
FORMAT
La domenica da buttare
di Filippo Bisleri
Con metà maggio hanno chiuso i battenti sia “Domenica In“
della band Mara Venier - Massimo Giletti sia “Buona
domenica”, la saga del pettegolezzo curata da Maurizio Costanzo con
naturali “incursioni” dell’onnipresente moglie Maria De Filippi e dei
suoi Costantino, Daniele e Alessandra, dei vari Kledi e Klaydy o ancora dei
ragazzi di “Amici” e della coreografica Roberta Capua.
Contenitori in sé vacui, che sembrano pensati solo per dare spazio a
quanti, e sono molti, aspirano ad essere visti in televisione. Come dimostra
l’assidua presenza, sia a “Domenica In” sia a “Buona domenica” di
personaggi di basso spessore dediti al gossip o alle polemiche ad uso e
consumo dei giornali scandalistici che, come denunciato recentemente da
“Panorama”, stanno nascendo come funghi e ci stanno preparando un’estate
“squinzia”.
Il pericolo è concreto: che trasmissioni vuote e assolutamente prive
di un filo logico possano trovare le loro casse di risonanza nei nuovi magazines
scandalistici nati per raccogliere pubblicità e per riempire i mesi di vuoto
televisivo.
Grazie, rispondiamo noi, ma non ne abbiamo bisogno. Che la Venier e
Costanzo chiudano le loro trasmissioni non ci dispiace. Il problema è, semmai,
che la domenica italiana continua ad essere priva di spazi adeguati di
informazione e di aggiornamento. Perché non pensare, suggeriamo, di
approfittare della domenica per testare se gli italiani gradiscono quei
programmi informativi e giornalistici di solito trasmessi in “quarta serata”,
come l'ha definita con arguzia Renzo Arbore?
Ma gli intendimenti dei vertici Rai e Mediaset non sembrano essere
questi. Ci chiediamo come saranno gli italiani di domani, cresciuti a base di
"Buone domeniche" ricche di Costantino e "Grande fratello", e
accompagnate da “Domeniche In” dai dibattiti sconclusionati "Giletti
style".
Urge una riflessione e un ripensamento sulla domenica televisiva. Più
spazio all’informazione, meno risalto alle frivolezze.
FORMAT Telegiornaliste/i + Telegiornaliste/i - di Filippo Bisleri
Il gradino più alto del podio lo assegniamo, questa settimana, alla
brava (e bella)
Federica Balestrieri.
Anche in periodi abbastanza grigi (o dovremmo dire neri?)
per le “rosse” di Maranello, riesce a confezionare trasmissioni sportive capaci
di attirare l’attenzione anche del pubblico meno appassionato di
motori e Formula 1. Una conferma che la telegiornalista è brava e sa
entrare in contatto diretto con il pubblico. Merita un “8.5”.
Secondo gradino del podio per
Cesara Buonamici. Attaccata qualche settimana fa dal “Magazione”
del Corriere della Sera per il brutto abbigliamento suo e del marito
Joshua, la brava Cesara ha risposto sul campo con conduzioni e servizi doc.
A conferma che ha la stoffa della grande professionista e che forse i
giornalisti vanno valutati per quanto dicono e quanto fanno, non per come
vestono. Complimenti. Un bel “7”.
Sale sul podio anche la brava Danielina Comirato. Nella redazione del tg di La7 la sua stella splende
sempre più radiosa: sta conquistando qualche spazio in più e
dimostrando, anche ai più scettici nei suoi confronti, che è un’ottima
giornalista. Una realtà per l’oggi e una vera garanzia per il futuro. Per lei il
terzo gradino del podio con un “6.5”.
Riconquista il gradino più basso del contropodio Maurizio Costanzo
il cui “Diario” francamente non convince. Speravamo che, chiuso
il doppio impegno con “Buona domenica”, Costanzo ci avrebbe proposto
spunti più interessanti. E invece via ad una lunga serie di interviste, con
domande al limite del morboso, ai reduci della “Fattoria”. Biscardi fa
scuola? Rimandato. Con un “4.5”.
Simpatico certamente lo è, ma il buon Maurizio Mosca, specie
nelle ultime settimane, ha dato il “peggio” di sé. L’aver lasciato il
“baraccone” del “Processo di Biscardi” non pare servirgli molto… Che il
germe del “giornalismo da bar” l’abbia contagiato? Urge terapia d’urto per
riavere il vero Mosca. Rimandato con “5”.
Lo mettiamo sul gradino più alto del contropodio perché sappiamo, per
conoscenza personale, che il nostro Sandro Piccinini è probabilmente
caduto, nelle ultime settimane, in un paio di eccessi di servilismo ai
big del calcio italico (Juventus e Milan). Sappiamo, e abbiamo già avuto modo di
dirlo, che il buon Piccinini può fare di più.
Rimandato con un “6-” confidando di poterlo presto annoverare
di nuovo tra i dignitosi componenti del podio delle telegiornaliste e dei
telegiornalisti doc. Per intenderci, quelli che superano il mitico “6”. E non
politico.
TELEGIORNALISTI
Bruno Longhi, telecronista portafortuna
di Filippo Bisleri
Parlare di calcio a Mediaset significa, giocoforza, parlare di Bruno
Longhi che, è dal 1988, è il caporedattore nella redazione sportiva delle
reti Mediaset, dove svolge principalmente il lavoro di telecronista.
Ma Bruno Longhi non è nato giornalista televisivo. La sua “gavetta” l’ha
fatta nella carta stampata come redattore dello storico quotiano "La
Notte" di Milano e come telecronista
per Telemontecarlo dove approdò fortemente voluto dall’editore.
Televisivamente, però, la carriera vera e propria di Longhi è nata
all’interno di Telemilano 58, la prima emittente di Silvio Berlusconi
che, col tempo, sarebbe diventata quella che oggi gli italiani conoscono con il
nome di Canale 5.
Bruno Longhi ha effettuato oltre 1000 telecronache di calcio e
tra queste quelle dei mondiali del 1986 in Messico, parecchie finali della
Champions League, numerose Supercoppe europee, le 3 finali della Toyota Cup a
Tokio coincise con i successi del Milan (1989 e 1990) e della Juventus (1996).
Ha ricevuto diversi premi per la sua attività e tra questi il
Premio Coni, il Premio Beppe Viola e il Premio Zanetti.
Insomma, per il molto professionale Longhi, anche più di un riconoscimento per
una carriera già corposa e molto ricca di successi anche di critica.
Ultimamente ha realizza il commento della sintesi del posticipo
domenicale per la trasmissione "Controcampo", ha gestito lo spazio
dedicato al campionato nel Tg5 del sabato notte e della domenica mattina, ed è
stato l'opinionista di "Studio sport”, dove ha messo in mostra uno
stile estremamente giovanile e diretto in grado di coinvolgere nelle
dinamiche dello sport anche i telespettatori più estranei al mondo pallonaro.
Già, perché Longhi ha il grande merito di saper limitare al
massimo l’utilizzo di termini gergali o tecnici e di saper raccontare lo
sport, il calcio in particolare, in modo semplice.
Da ragazzo si era occupato di musica: aveva fatto parte del gruppo
"Flora, Fauna e Cemento" e aveva partecipato alla realizzazione (come
bassista) di alcuni dischi di Lucio Battisti. Da qui l’idea, l’anno
passato, di riproporlo, all’interno di “Guida al campionato” in versione
musicista.
E anche in questa veste ha pienamente c’entrato l’obiettivo. Bravo
Longhi.
EDITORIALE
Un Referendum come troppi di Silvia
Grassetti
Nel Bel Paese del mare e del sole, delle partenze
intelligenti e della (dis)informazione di massa, dei referendum dai venti
quesiti portati avanti a forza di scioperi della fame; nello Stato laico dei
nuovi Papi acclamati come allo stadio il campione del cuore, ancora una volta
hanno avuto un peso determinante gli appelli all'astensionismo come forma di
impegno civile.
Non vogliamo star qui a dichiarare la sconfitta del "sì": ma siamo qui
a dichiarare la disfatta della democrazia. Con l'amarezza di chi crede
(credeva) nello strumento referendario anche e soprattutto quando, come nel caso
della fecondazione assistita, è convinto che solo gli specialisti della
filosofia e della scienza avrebbero saputo, dovuto, potuto dirimere una
questione tanto determinante come il diritto alla vita - e il diritto
all'autodeterminazione.
Siamo qui come donne nel mondo dei maschi, dal quale ancora una
volta abbiamo dimostrato di non saperci, volerci liberare.
Siamo qui come adulti consapevoli che chiedono al proprio Stato di
consentire loro la scelta di una cura.
Siamo qui come eravamo in migliaia di scuole elementari, ieri mattina,
ieri pomeriggio, oggi, a incrociare sguardi di speranza con altre donne, altri
giovani come noi.
Siamo qui a suggerire anche una valutazione sociologica dei
dati sull'affluenza alle urne: il nord consapevole, con maggiori
strumenti, il Nord Italia delle grandi città (e parzialmente le grandi città del
resto del Paese) e delle grandi opportunità
di confronto con ciò che è diverso, nuovo, spaventoso, ma pur sempre
opportunità; e la provincia dei mille campanili che spande, da secoli, il
suono delle stesse campane.
Siamo qui, e coltiviamo ancora una flebile speranza: che la classe
politica raccolga il segnale e intervenga su una legge che lascia perplessi
milioni di italiani.
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