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Telegiornaliste N. 9  del 13 giugno 2005


La partita dell'informazione di Tiziano Gualtieri

Questa settimana, mentre registriamo con soddisfazione la liberazione di Clementina Cantoni, e con un grosso sospiro di sollievo la restituita libertà a Florence Aubenas, non possiamo non commentare il risultato del Referendum per l'abrogazione di parte della Legge 40, quella meglio conosciuta come la legge sulla procreazione assistita. Il risultato, ormai, è noto a tutti, ma nel buon stile di telegiornaliste.com, non arretriamo di fronte alla necessità di fare un resoconto su uno dei voti che maggiormente potranno influenzare il prossimo futuro. Un futuro incerto e difficile anche per chi vorrà seguire i prossimi mondiali di calcio. Ancora non si sanno le squadre che vi parteciperanno, eppure le polemiche già infuriano. Rai contro Sky. Servizio pubblico contro "pay per view". In mezzo uno dei volti maggiormente conosciuti dagli amanti del pallone: Ilaria D'Amico. E siccome non c'è due senza tre: dopo la partita del referendum, i mondiali, ecco giungere Bruno Longhi. Pilastro portante dello sport made in Mediaset. Ma come spesso accade, poco o nulla si sa su di lui e dei suoi scheletri nell'armadio. Tra questi la musica e una band "particolare".
Impossibile non parlare anche dei fatti di cronaca che più hanno toccato gli animi sensibili. Da una parte un padre che - assolutamente non fiducioso nella giustizia italica - decide che l'unica legge che può lenire il dolore di un genitore che ha perso la propria bambina, è quella del taglione. Un argomento difficile, che segna anche l'esordio di Stefania Trivigno. Dall'altra quella che potrebbe essere tranquillamente definita come la sindrome di Medea su cui si è cimentata
Fiorella Cherubini.
Sotto l'occhio attento della nostra rubrica di analisi televisiva, questa volta passano le (ex) trasmissioni della domenica. Minimo comun denominatore la vacuità di questi contenitori televisivi che hanno ben poco da contenere, ma che - invece - non fanno altro che dimostrare come sempre più spesso la tv punti troppo sul packaging e poco sulla qualità.
Infine la consueta classifica. Ancora una volta ad essere premiate, sono tre donne:
Federica Balestrieri per la sua professionalità, Cesara Buonamici per la bravura e Daniela Comirato che, piano piano, si sta distinguendo in quel mare tutt'altro che piatto, de "La7". Il giornalismo maschile è, invece, inesorabilimente bocciato. Una vera e propria debacle su tutti i fronti.


MONITOR Florence è tornata a casa di Silvia Grassetti

E’ atterrato nel pomeriggio di domenica 12 giugno all’aeroporto di Villacoublay, l’aereo che ha riportato Florence Aubenas a casa dopo cinque mesi di prigionia in Iraq.
Insieme a Florence, nello Stato iracheno come inviata del quotidiano francese Libération, anche Hussein Hanoun, la sua guida locale, è stato rilasciato dai sequestratori e ha potuto riunirsi alla sua famiglia.
La notizia della liberazione dei due ostaggi è stata data nella mattinata di domenica scorsa dalla portavoce del Ministero degli Esteri francese, Cecile Pozzo di Borgo, mentre il rilascio dovrebbe essere avvenuto nel pomeriggio del giorno precedente, sabato, secondo quanto detto dal direttore di Libération, Antoine de Gaudemar.
Florence Aubenas era stata rapita a Bagdad lo scorso 5 gennaio. Il primo marzo un drammatico video, girato dai suoi rapitori, mostrava una donna dimagrita, sofferente, terrorizzata: ”Il mio nome è Florence Aubenas. Sono francese. Sono giornalista di Libération. Per favore aiutatemi. Sono in cattiva salute e sto male anche psicologicamente. Per favore, è urgente, aiutatemi”. Immagini e parole che hanno sconvolto i telespettatori di tutto il mondo, compresi quelli italiani che, per alcune settimane, hanno condiviso con la Francia il triste scenario del rapimento di una giornalista: per noi era Giuliana Sgrena, la concittadina rapita. E per noi quell’angoscia si concluse prima. Ma, come tutti ricordiamo, costò la vita a Nicola Calipari, ucciso dal fuoco amico di un check point statunitense.
Quella dei connazionali rapiti in Iraq anche per la Francia è un’esperienza che si è ripetuta: il 20 agosto 2004 furono sequestrati i reporter Christian Chesnot, della radio RFI, e Georges Malbrunot del quotidiano “Le Figaro”. Furono liberati lo scorso 21 dicembre, anche loro dopo mesi di angoscia e lunghe trattative.
Finalmente anche la vicenda di Florence Aubenas ha avuto un epilogo positivo. Ci auguriamo che la terribile esperienza che ha vissuto non le renda difficile tornare a scrivere: abbiamo tutti bisogno di “penne” professionali, esperte e umane come quella che tiene lei, fra le sue dita.


MONITOR Libération di Tiziana Ambrosi

Libere! Anzi, liberi! Perchè insieme a Clementina Cantoni e Florence Aubenas ha riacquistato la propria libertà anche l'interprete iracheno di Florence, Hussein Hanoun. La sua gigantografia, che campeggiava accanto a quella di Florence nelle piazze di Francia, ha ricordato a tutti noi, già come con le due Simone, che ad essere oggetto di rapimento non sono solo gli "occidentali", ma che sono gli unici il cui sequestro faccia notizia.
Clementina affettuosamente assediata dagli abitanti del quartiere per festeggiare il suo ritorno, informata della liberazione di Florence e Hussein, ha voluto dedicare a loro, con parole rotte da sincera commozione, la torta da mille porzioni voluta dai commercianti e dai vicini di Via Jan, dove abitano i Cantoni.
Le prime immagini che sono state trasmesse sono quelle di Hussein, in abito bianco da cerimonia, dimagrito che viene accolto con petali di fiori dalla moglie e dai figli, quasi assalito, in una giornata in cui almeno una famiglia irachena può festeggiare.
Florence è ancora in volo. La liberazione è avvenuta sabato, ma per motivi di sicurezza (ed indubbiamente il dramma della liberazione di Giuliana Sgrena, il cui sequestro si era intrecciato con quello di Florence, conclusosi con la morte di Nicola Calipari, non può non aver influito su questa decisione) la notizia è stata resa nota solamente nella mattinata di domenica.
L'unica immagine di Florence che abbiamo, oltre alle tante foto di repertorio, è quel drammatico video, mandato in onda il 1° Marzo, in cui traspariva l'immagine di una donna disperata, fragile, triste, i capelli arruffati e il volto scavato.
Sorprendentemente dall'aereo scende un bellissimo sorriso, quel sorriso che tutti noi aspettavamo di vedere da 157 giorni, una donna decisa, smagrita ma sicura di sè che con passo spedito va a salutare il Presidente Chirac ed i propri famigliari, poi improvvisa una breve conferenza stampa con i suoi colleghi, raccontando i primi dettagli del sequestro. "Sono stata quasi sempre legata mani e piedi, e bendata" - ha riferito - "solo una volta ho potuto vedere un telegiornale francese e ho capito dopo un po' che quel 140 in basso sullo schermo si riferiva ai giorni del rapimento mio e di Hussein. Questo mi ha dato molta forza."
Una donna dalla forza straordinaria che per chi l'ha potuta conoscere attraverso il sequestro e attraverso il video non poteva certo aspettarsi.
Apoteosi in Francia, per un'altra vicenda di rapimento conclusasi felicemente seppur dopo un periodo di detenzione molto lungo, così come per gli altri giornalisti Chesnot e Malbrunot.
Ci piacerebbe anche che in vicende come queste fossero evitate le dichiarazioni, come più volte ha fatto l'On. Cicchitto, riguardo la bravura dei servizi italiani rispetto a quelli di altri paesi. Forse quando c'è in ballo la vita di una persona, si dovrebbe innanzitutto pensare a collaborare, piuttosto che vantarsi e primeggiare.
157 giorni di sequestro per Florence (il più lungo di un occidentale in Iraq) e Hussein, 24 per Clementina. Giorni che rimarranno per sempre nella loro memoria, ma che, siamo sicuri non fiaccheranno il loro spirito, perchè chi sceglie quel tipo di mestiere, raccontare la verità o aiutare chi ha bisogno nei luoghi più caldi della terra, non lo fa per eroismo o per incoscienza, ma perchè animato da un fuoco che è difficile estinguere.
Champagne in Place de la Republique a Parigi e torta in Piazza Santa Francesca Romana a Milano, senza dimenticare tutti gli altri ostaggi, giornalisti e non che ancora sono nelle mani dei propri sequestratori in tutte le parti del mondo. Un nome simbolo Ingrid Betancourt, nelle mani dei propri rapitori in Colombia da oltre tre anni e della quale non si hanno più notizie.


MONITOR Il Mondiale del satellite. Con Ilaria? di Filippo Bisleri

Ancora non si conoscono le squadre che giocheranno, nell’estate del 2006, i Mondiali di calcio in Germania, ma la polemica già infuria. Cosa l’ha scatenata è presto detto: la Rai, per motivi di bilancio, ha scelto di trasmettere solo 25 incontri, in pratica quelli che dovrebbero vedere protagonisti gli azzurri di Marcello Lippi e tutti quelli delle fasi finali (certamente dai quarti alla finalissima).
Ad aggiudicarsi l’esclusiva dei Mondiali tedeschi è stata la piattaforma satellitare di Rupert Murdoch denominata Sky. E così i bene informati dicono che
Ilaria D’Amico potrebbe, per un’estate, sacrificare le sue vacanze per essere coinvolta nel team che darà voce, allo stato attuale in esclusiva, ai Mondiali di calcio tedeschi.
La D’Amico per ora non conferma né smentisce, ma è certo che è ben felice. L’acquisto in esclusiva dei diritti televisivi per l’Italia del Mondiale da parte di Sky certo scava un nuovo gap tra le offerte sportive della redazione che fa capo a Murdoch e i digitali terresti di Rai, Mediaset e La7. La Rai, dopo aver presentato nei giorni scorsi un bilancio in attivo, non se l’è sentita di scendere in campo con milioni e milioni di euro per aggiudicarsi questi diritti televisivi. Mediaset pare ci abbia solo pensato, al pari di La7 e, stando ai bene informati, alla fine avrebbero deciso di non entrare nell’asta.
Gli italiani il Mondiale non lo perderanno. E, forse avranno anche il piacere di poterlo vedere con la compagnia, in studio, della bella e brava Ilaria D’Amico: a cui forse è riuscito anche il “colpo gobbo” di far diventare il “flop” di “Campioni” un ulteriore trampolino di lancio. Chissà, magari verso grandi trasmissioni sportive che altre sue colleghe professioniste (ricordiamo che la D’Amico è pubblicista ed è fiera di non essere professionista) potrebbero condurre, avendone pienamente i titoli e le capacità ma che, solo per ragioni pecuniarie, non possono avere.


CAMPIONATO Adesso si fa sul serio. di Rocco Ventre

Si è conclusa la stagione regolare dominata da Luisella Costamagna  e le sue 17 vittorie su altrettante gare.
Gli accoppiamenti dei quarti di finale prevedono un interessante derby del Tg2 Capulli-Mattei, oltre a Costamagna-Panella, Moreno-Vanali, D'Amico-Todini
Le sfide salvezza dei play-out, che vedono anche la partecipazione della campionessa uscente, sono: D'Alessandro-Petronio, Senette-Busi, Morelli-de Nardis, Guerra-Spiezie.
La 17ima giornata ha anche emesso gli ultimi verdetti di condanna: retrocedono in serie B Balestrieri, Rivetta, Ferrari e De Medici.


CRONACA IN ROSA Clementina Cantoni è libera di Fiorella Cherubini

Dopo 24 lunghi giorni di prigionia, Clementina Cantoni è tornata in libertà.
“Ci troviamo di fronte ad un sequestro anomalo”, commentava fino a qualche giorno fa il Ministro degli Esteri Gianfranco Fini. Infatti, Timor Shah, il rapitore, in cambio della liberazione della Cantoni, chiedeva il rilascio della propria madre, tenuta in stato di fermo perché coinvolta in un precedente sequestro di persona.
Italia e Afghanistan hanno vissuto i giorni del rapimento col fiato sospeso, a causa dei sempre nuovi ultimatum e soprattutto del video, trasmesso dall’emittente afgana Tolo Tv, dove Clementina ripeteva le parole che i rapitori le suggerivano, mentre due mitra la tenevano sotto tiro.
In seguito a complicate trattative, finalmente, i rapitori hanno deciso di capitolare, e alle nove di sera del 9 giugno (le 18:30 in Italia) hanno liberato l’ostaggio nel cuore di Kabul a pochi Km dal Ministero dell’Interno.
Il primo pensiero della giovane donna milanese, da tre anni impiegata in un progetto per le vedove afgane, è stato, ovviamente, per la sua famiglia.
Nonostante fosse visibilmente provata dall’esperienza, ha dimostrato subito di non aver smarrito il senso dell’umorismo: una volta in Ambasciata, al padre che le chiedeva telefonicamente: “Pronto Clem, come stai?” lei non ha esitato a rispondere: “Voi, piuttosto, come state?”.
I genitori della ragazza, una volta tranquillizzati, hanno condiviso la loro gioia con chi li ha sostenuti per giorni con costante presenza e sincera solidarietà.
“Clementina vi saluta. Grazie”, così ha esordito il padre, con voce commossa, affacciandosi al balcone di casa.
Poi concedendosi al microfono dei giornalisti ha ringraziato i Carabinieri per il loro operato e tutte le istituzioni italiane che si sono mobilitate per la liberazione della figlia.
Il giorno dopo il rilascio, Clementina è ritornata in Italia. Smagrita ma tranquilla, nel corso di un’intervista ha dichiarato di essere sempre stata trattata bene, di non aver subito violenze ed anche di aver visto in faccia il suo rapitore.
“Ho capito che mi avrebbero liberato – dice Clementina - quando Timor Shah ha detto che dovevo entrare nel cofano di un auto. Gli ho spiegato che soffro di claustrofobia – continua la volontaria - e allora mi hanno consentito di sedere sul sedile posteriore.”
Ora Clementina si gode il calore di coloro che le vogliono bene, ed anche lei si affaccia dal balcone di casa per salutare, con gli occhi lucidi, quelli che dalla strada gridano il suo nome e applaudono il suo ritorno.
La preoccupazione, la paura, sembrano ormai lontane. Sono a Kabul.


CRONACA IN ROSA Il dolore di un padre non ha mai fine di Stefania Trivigno

Sarebbe scattato dopo ben sette mesi il bisogno di vendetta da parte di Carlo Potenza, papà di Giusy, la ragazza assassinata a colpi di pietra il 12 novembre scorso a Manfredonia, nel foggiano.
Il pomeriggio del 30 maggio scorso, l’uomo entra in un bar e, dopo aver ordinato una birra, si avvicina a Pasquale Mangini e lo accoltella al torace: Mangini è il padre di Filomena Rita, 19 anni, attualmente agli arresti domiciliari con la sua amica Sabrina Santoro, 24, con l’accusa di aver indotto la piccola Giusy alla prostituzione.
Carlo Potenza aveva sempre dichiarato di non voler farsi giustizia da solo: l'arresto il 6 maggio scorso delle due ragazze, infatti, potrebbe aver funzionato da deterrente.
Ma il nome di Giusy infangato, la famiglia stremata per la perdita di Giusy, la continua attenzione e i colpi di scena nelle indagini hanno forse influito sullo stato d'animo di Carlo Potenza.
La tragedia della piccola Giusy, in una realtà in cui bisogna fare i conti con gli occhi e, soprattutto, con la bocca della gente, si è ormai trasformata in scandalo: non si parla d’altro a Manfredonia, e in paese c’è chi aspetta con ansia, come davanti a una fiction televisiva, nuovi episodi da commentare.
Pasquale Mangini è fuori pericolo di vita. Quanto a Carlo Potenza, adesso rischia anche di incontrare l’assassino di sua figlia: è infatti in carcere per tentato omicidio.


CRONACA IN ROSA Ogni tempo ha la sua Medea di Fiorella Cherubini

L'ennesimo delitto innaturale, l'ennesimo infanticidio, ha tenuto impegnate le cronache degli ultimi giorni.
Dopo l’incubo di Cogne, il paese dove Samuele Lorenzi a tre anni perse la vita, il 30 gennaio 2002, per mano della madre Annamaria Franzoni - condannata dal gip di Aosta Eugenio Gramola a 30 anni di reclusione - una nuova Medea, madre assassina dei suoi figli, occupa le cronache.
Mercoledì 18 maggio, a Casatenovo, in provincia di Lecco, un bambino di cinque mesi, Mirko Magni, è stato trovato morto nella vasca da bagno.
La madre, Maria Patrizio, sola in casa al momento del delitto, ha tentato inizialmente di depistare le indagini raccontando di aver subito un'aggressione alle spalle.
Una versione credibile, ma a tratti non convincente: era possibile ma strano che, avendo Maria Patrizio le mani legate sul davanti, e non dietro la schiena, non fosse riuscita a liberarsi e chiedere aiuto.
Le successive confessioni della donna, rese nel corso di fittissimi interrogatori, e i risultati dell’autopsia e del dna (recuperato da un pezzo di nastro adesivo), hanno fatto definitivamente luce su questa vicenda.
I racconti dei familiari e del datore di lavoro di Maria Patrizio, che per giorni hanno rimandato l’immagine di una madre felice, si sono poi scontrati con l’ammissione della donna: «L’ho affogato io e poi ho inscenato l’aggressione».
I servizi giornalistici sulla vicenda hanno sempre presentato una palese dissonanza: la voce fuori campo a evidenziare la confusione e la disperazione della madre omicida, mentre sullo schermo fotografie di una ragazza sorridente, truccata, in posa. Forse per indurre i telespettatori a pensare a una persona immatura, superficiale, incapace di accogliere con la "giusta" abnegazione l'arrivo di un figlio.
Agli spettatori più attenti, però, non sarà sfuggito il grido di dolore di Maria Patrizio: «Avevo il terrore di non essere una madre all'altezza del suo compito».
Non ci deve sfuggire la fragilità di questa donna. E non ci deve sfuggire l'amara ironia della sua vicenda: il bisogno di conferme che la spingeva a tentare la carriera televisiva, e il fatto, poi, che in televisione sia arrivata. Ma per aver commesso il delitto più orrendo.


FORMAT La domenica da buttare di Filippo Bisleri

Con metà maggio hanno chiuso i battenti sia “Domenica In“ della band Mara Venier - Massimo Giletti sia “Buona domenica”, la saga del pettegolezzo curata da Maurizio Costanzo con naturali “incursioni” dell’onnipresente moglie Maria De Filippi e dei suoi Costantino, Daniele e Alessandra, dei vari Kledi e Klaydy o ancora dei ragazzi di “Amici” e della coreografica Roberta Capua.
Contenitori in sé vacui, che sembrano pensati solo per dare spazio a quanti, e sono molti, aspirano ad essere visti in televisione. Come dimostra l’assidua presenza, sia a “Domenica In” sia a “Buona domenica” di personaggi di basso spessore dediti al gossip o alle polemiche ad uso e consumo dei giornali scandalistici che, come denunciato recentemente da “Panorama”, stanno nascendo come funghi e ci stanno preparando un’estate “squinzia”.
Il pericolo è concreto: che trasmissioni vuote e assolutamente prive di un filo logico possano trovare le loro casse di risonanza nei nuovi magazines scandalistici nati per raccogliere pubblicità e per riempire i mesi di vuoto televisivo.
Grazie, rispondiamo noi, ma non ne abbiamo bisogno. Che la Venier e Costanzo chiudano le loro trasmissioni non ci dispiace. Il problema è, semmai, che la domenica italiana continua ad essere priva di spazi adeguati di informazione e di aggiornamento. Perché non pensare, suggeriamo, di approfittare della domenica per testare se gli italiani gradiscono quei programmi informativi e giornalistici di solito trasmessi in “quarta serata”, come l'ha definita con arguzia Renzo Arbore?
Ma gli intendimenti dei vertici Rai e Mediaset non sembrano essere questi. Ci chiediamo come saranno gli italiani di domani, cresciuti a base di "Buone domeniche" ricche di Costantino e "Grande fratello", e accompagnate da “Domeniche In” dai dibattiti sconclusionati "Giletti style".
Urge una riflessione e un ripensamento sulla domenica televisiva. Più spazio all’informazione, meno risalto alle frivolezze.


FORMAT Telegiornaliste/i + Telegiornaliste/i - di Filippo Bisleri

Il gradino più alto del podio lo assegniamo, questa settimana, alla brava (e bella) Federica Balestrieri. Anche in periodi abbastanza grigi (o dovremmo dire neri?) per le “rosse” di Maranello, riesce a confezionare trasmissioni sportive capaci di attirare l’attenzione anche del pubblico meno appassionato di motori e Formula 1. Una conferma che la telegiornalista è brava e sa entrare in contatto diretto con il pubblico. Merita un “8.5”.
Secondo gradino del podio per
Cesara Buonamici. Attaccata qualche settimana fa dal “Magazione” del Corriere della Sera per il brutto abbigliamento suo e del marito Joshua, la brava Cesara ha risposto sul campo con conduzioni e servizi doc. A conferma che ha la stoffa della grande professionista e che forse i giornalisti vanno valutati per quanto dicono e quanto fanno, non per come vestono. Complimenti. Un bel “7”.
Sale sul podio anche la brava
Danielina Comirato. Nella redazione del tg di La7 la sua stella splende sempre più radiosa: sta conquistando qualche spazio in più e dimostrando, anche ai più scettici nei suoi confronti, che è un’ottima giornalista. Una realtà per l’oggi e una vera garanzia per il futuro. Per lei il terzo gradino del podio con un “6.5”.
Riconquista il gradino più basso del contropodio Maurizio Costanzo il cui “Diario” francamente non convince. Speravamo che, chiuso il doppio impegno con “Buona domenica”, Costanzo ci avrebbe proposto spunti più interessanti. E invece via ad una lunga serie di interviste, con domande al limite del morboso, ai reduci della “Fattoria”. Biscardi fa scuola? Rimandato. Con un “4.5”.
Simpatico certamente lo è, ma il buon Maurizio Mosca, specie nelle ultime settimane, ha dato il “peggio” di sé. L’aver lasciato il “baraccone” del “Processo di Biscardi” non pare servirgli molto… Che il germe del “giornalismo da bar” l’abbia contagiato? Urge terapia d’urto per riavere il vero Mosca. Rimandato con “5”.
Lo mettiamo sul gradino più alto del contropodio perché sappiamo, per conoscenza personale, che il nostro Sandro Piccinini è probabilmente caduto, nelle ultime settimane, in un paio di eccessi di servilismo ai big del calcio italico (Juventus e Milan). Sappiamo, e abbiamo già avuto modo di dirlo, che il buon Piccinini può fare di più.
Rimandato con un “6-” confidando di poterlo presto annoverare di nuovo tra i dignitosi componenti del podio delle telegiornaliste e dei telegiornalisti doc. Per intenderci, quelli che superano il mitico “6”. E non politico.


TELEGIORNALISTI Bruno Longhi, telecronista portafortuna di Filippo Bisleri

Parlare di calcio a Mediaset significa, giocoforza, parlare di Bruno Longhi che, è dal 1988, è il caporedattore nella redazione sportiva delle reti Mediaset, dove svolge principalmente il lavoro di telecronista.
Ma Bruno Longhi non è nato giornalista televisivo. La sua “gavetta” l’ha fatta nella carta stampata come redattore dello storico quotiano "La Notte" di Milano e come telecronista per Telemontecarlo dove approdò fortemente voluto dall’editore.
Televisivamente, però, la carriera vera e propria di Longhi è nata all’interno di Telemilano 58, la prima emittente di Silvio Berlusconi che, col tempo, sarebbe diventata quella che oggi gli italiani conoscono con il nome di Canale 5.
Bruno Longhi ha effettuato oltre 1000 telecronache di calcio e tra queste quelle dei mondiali del 1986 in Messico, parecchie finali della Champions League, numerose Supercoppe europee, le 3 finali della Toyota Cup a Tokio coincise con i successi del Milan (1989 e 1990) e della Juventus (1996).
Ha ricevuto diversi premi per la sua attività e tra questi il Premio Coni, il Premio Beppe Viola e il Premio Zanetti. Insomma, per il molto professionale Longhi, anche più di un riconoscimento per una carriera già corposa e molto ricca di successi anche di critica.
Ultimamente ha realizza il commento della sintesi del posticipo domenicale per la trasmissione "Controcampo", ha gestito lo spazio dedicato al campionato nel Tg5 del sabato notte e della domenica mattina, ed è stato l'opinionista di "Studio sport”, dove ha messo in mostra uno stile estremamente giovanile e diretto in grado di coinvolgere nelle dinamiche dello sport anche i telespettatori più estranei al mondo pallonaro.
Già, perché Longhi ha il grande merito di saper limitare al massimo l’utilizzo di termini gergali o tecnici e di saper raccontare lo sport, il calcio in particolare, in modo semplice.
Da ragazzo si era occupato di musica: aveva fatto parte del gruppo "Flora, Fauna e Cemento" e aveva partecipato alla realizzazione (come bassista) di alcuni dischi di Lucio Battisti. Da qui l’idea, l’anno passato, di riproporlo, all’interno di “Guida al campionato” in versione musicista.
E anche in questa veste ha pienamente c’entrato l’obiettivo. Bravo Longhi.


EDITORIALE Un Referendum come troppi di Silvia Grassetti

Nel Bel Paese del mare e del sole, delle partenze intelligenti e della (dis)informazione di massa, dei referendum dai venti quesiti portati avanti a forza di scioperi della fame; nello Stato laico dei nuovi Papi acclamati come allo stadio il campione del cuore, ancora una volta hanno avuto un peso determinante gli appelli all'astensionismo come forma di impegno civile.
Non vogliamo star qui a dichiarare la sconfitta del "sì": ma siamo qui a dichiarare la disfatta della democrazia. Con l'amarezza di chi crede (credeva) nello strumento referendario anche e soprattutto quando, come nel caso della fecondazione assistita, è convinto che solo gli specialisti della filosofia e della scienza avrebbero saputo, dovuto, potuto dirimere una questione tanto determinante come il diritto alla vita - e il diritto all'autodeterminazione.
Siamo qui come donne nel mondo dei maschi, dal quale ancora una volta abbiamo dimostrato di non saperci, volerci liberare.
Siamo qui come adulti consapevoli che chiedono al proprio Stato di consentire loro la scelta di una cura.
Siamo qui come eravamo in migliaia di scuole elementari, ieri mattina, ieri pomeriggio, oggi, a incrociare sguardi di speranza con altre donne, altri giovani come noi.
Siamo qui a suggerire anche una valutazione sociologica dei dati sull'affluenza alle urne: il nord consapevole, con maggiori strumenti, il Nord Italia delle grandi città (e parzialmente le grandi città del resto del Paese) e delle grandi opportunità di confronto con ciò che è diverso, nuovo, spaventoso, ma pur sempre opportunità; e la provincia dei mille campanili che spande, da secoli, il suono delle stesse campane.
Siamo qui, e coltiviamo ancora una flebile speranza: che la classe politica raccolga il segnale e intervenga su una legge che lascia perplessi milioni di italiani.

 
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