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Telegiornaliste anno XXI N. 14 (793) del 16 aprile 2025
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Adriana
De Maio, mai appagarsi
di Giuseppe Bosso
Abbiamo il piacere di incontrare nuovamente la giornalista
Adriana De Maio.
Bentrovata Adriana. Anzitutto riprendiamo da
dove ci eravamo lasciati, ti avevo chiesto se ricordi cosa avresti
scelto tra affermazione professionale, serenità nel privato e scudetto del
Napoli, cosa che si è avverata due anni fa. E le altre due cose, invece?
«Mi fa piacere rivederti dopo tutti questi anni. Quelli che erano i miei
sogni nel cassetto in parte li ho realizzati, anche se al di là del
giornalismo sono digital marketing manager, e sono cresciuta anche in questo
ambito. Mi occupo di giornalismo, la passione per il calcio non l'ho
lasciata; ho vissuto la gioia dello scudetto in prima linea collaborando con
Canale 8,
l'abbiamo sentito tutti sulla nostra pelle quel momento memorabile partita
dopo partita. Si sono incastrati tanti fattori in quell'annata perfetta, a
cominciare da Spalletti che è stato allenatore e motivatore al tempo stesso
di un gruppo di giocatori che si sono prefissati di raggiungere quel
traguardo, fossero nuovi arrivi come Kvarathskelia e Kim, che si sono
rivelati fuoriclasse al di sopra di ogni più rosea aspettativa, ai
veterani».
Come è proseguita poi la tua carriera giornalistica?
«Da
Teleclub Italia, dove lavoravo quando ci incontrammo, ci siamo
allontanati gradualmente a ridosso del periodo in cui a causa del covid non
è stato possibile lavorare in redazione. Ho collaborato a distanza con altre
testate, per poi arrivare a Canale 8 come ti dicevo. Ultimamente ho iniziato
una collaborazione con
CalcioNapoli 24, sempre in live, una forma che amo per il filo
diretto che crei sul momento. Anche lì ho trovato un ambiente cordiale con
ragazzi preparatissimi».
Nel presente viviamo una lotta scudetto Napoli-Inter che non è solo una
classica rivalità nord-sud ma anche uno scontro, per così dire, 'ideologico'
dove da un lato abbiamo uno degli ultimi presidenti vecchia maniera, Aurelio
De Laurentiis, contro una proprietà straniera che stanno sempre più
prendendo il controllo anche del calcio italiano: in prospettiva futura
questo scenario non rischia davvero per così dire di 'far saltare il banco'?
«Purtroppo sì, ce lo dice anche il calcio estero. Per quanto De Laurentiis
sia sempre un po' vessato dalla tifoseria, più per cose che avrebbe potuto
fare e non ha ancora realizzato; non ho nulla da dire su chi ha preso una
squadra dal fallimento e l'ha portata a vincere lo scudetto, e competere per
la vittoria anche quest'anno dopo una stagione deludente. È questo che
preferiscono i tifosi, chi ci mette l'anima. De Laurentiis magari si pone un
po'nel mezzo tra queste due visioni: è anzitutto un imprenditore che deve
avere occhio al fatturato prioritariamente, ma è una persona che ha saputo
dare delle garanzie senza fare il passo più lungo della gamba. Ce lo dice
anche la storia, spendere tanto per i campioni non è sufficiente se non
riesci ad amalgamare una squadra».
Passare dalla gioia per lo scudetto a una deludente stagione e il
rilancio con Antonio Conte cosa ha rappresentato, dal tuo punto di vista di
tifosa e di giornalista?
«L'anno scorso la delusione è stata totale sotto ogni punto di vista, tra
cambi di allenatori e giocatori che non hanno reso come ci si aspettava.
Conte era già una garanzia di svoltare, da tecnico esigente che si è fatto
sentire anzitutto in sede di mercato, più estivo che invernale come abbiamo
visto. Il fatto che il tifoso napoletano abbia accettato questa figura dal
passato juventino o comunque di avversario è stato positivo. Ha saputo
calarsi nella realtà della città, lo percepisci in ogni angolo. Poi è ovvio,
lottare per lo scudetto ancora adesso era qualcosa di impensabile,
considerato anche l'avvio difficile con la sconfitta a Verona alla prima
giornata, che non ha demoralizzato ma anzi è stata percepita come un segno
per fare ancora di più. La squadra ha saputo adattarsi al cambio di modulo,
malgrado qualche infortunio; ogni partita è una battaglia, anche se l'Inter
appare avere qualcosa in più, ma ce la si può giocare fino all'ultimo in un
campionato imprevedibile in cui anche l'Atalanta, per quanto distante, potrà
fare da terzo incomodo pronto ad approfittare di eventuali passi falsi delle
prime due».
Abbiamo vissuto in questi anni cambiamenti davvero impattanti, dal
campionato spezzatino che ormai ci porta a vivere una partita al giorno al
nuovo format della Champions League e delle competizioni europee al vedere
proprio nell'anno dello scudetto del Napoli un mondiale disputato nel pieno
della stagione agonistica: questo calcio moderno dove rischia di andare a
finire?
«Fin quando ci saranno interessi economici altissimi il banco non salterà.
Per quanto non ci possa piacere lo spezzatino sono i diritti televisivi a
farla da padroni, come quegli interessi che hanno creato quella situazione
inedita nel 2022. Ma la passione del tifoso, per quanto debba scontrarsi con
la realtà, non si spegnerà mai. Anche rispetto al VAR, per quanto la verità
assoluta non potrà mai esistere rispetto a tante visioni di un singolo
episodio. E il paradosso è che proprio lo strumento che avrebbe dovuto
salvaguardare gli arbitri ha finito per metterli ancora di più nell'occhio
del ciclone. Nemmeno la tecnologia più avanzata potrà dare garanzie di
perfezione».
Inevitabile parlare visto anche il tuo lavoro oltre il giornalismo
dell'impatto che la tecnologia sta avendo sempre più nel nostro quotidiano.
Ma siamo davvero sicuri che sia un bene?
«Spaventa anche me questo scenario; queste visioni apocalittiche per quanto
catastrofiche sono comunque concrete e non positive per l'essere umano.
L'intelligenza artificiale potrebbe davvero subentrare in ogni campo, e se
non utilizzata in maniera giusta e appropriata in mani sbagliate davvero non
sarà un segno positivo».
Rispetto al nostro primo incontro come sono cambiate le tue prospettive e
le tue priorità?
«Bella domanda (ride, ndr). La mia priorità è stata anzitutto il lavoro,
fare cose nuove e stimolanti, e ne ho in cantiere. Anche diverse dalla tv. È
quello che mi spinge ad andare avanti, non sentirmi mai appagata».
Dove vorresti essere se un giorno ci vedremo per una terza intervista?
«Spero intanto non passino altri dieci anni (ride, ndr) e magari con uno
scudetto in più del Napoli. Battute a parte spero di aver realizzato qualche
altro desiderio ma sempre senza mai sentirmi appagata».
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Costanza
Goatley, la mia Riflessione
di Giuseppe Bosso
Incontriamo l'avvocato Costanza Goatley, volto della
trasmissione di approfondimento
La Riflessione, in onda il martedì
sull'emittente napoletana
Tele A.
Benvenuta su Telegiornaliste, Costanza, anzitutto chi sei
e di cosa si occupa la trasmissione che tu conduci su Tele
A, La Riflessione?
«Grazie a voi dell'invito. La Riflessione è un
programma di cui sono conduttrice e autrice e che va in onda
il martedì in prima serata, un format di informazione
politica, culturale e sociale. Nato nell'autunno 2020, pochi
mesi dopo il lockdown, in un momento difficile, da un'idea
di Michele Cutolo con cui collaboro anche nella promozione
di eventi; per me oggi rappresenta anzitutto una scommessa,
svincolata dall'ambito in cui mi ero formata, con laurea in
giurisprudenza, abilitazione alla professione forense e anni
di lavoro come legale di banche. Questa opportunità ha
rappresentato anzitutto per me un modo per mettermi in gioco
sull'aspetto della socialità, in cui credo molto,
confrontandomi con personalità di spicco della nostra
società civile ed affrontare problematiche di ogni sorta di
un territorio ricco di criticità ma anche di cose positive,
facendo emergere il buono che c'è».
Com'è nato questo progetto e in che modo sei stata
coinvolta?
«Dapprima dietro le quinte; poi mi è stato proposto di
essere presente all'interno della trasmissione con un angolo
di domande provenienti dai social e poi come conduttrice, in
parallelo con la crescita della trasmissione, anche in
termini di ascolti».
Come selezionate gli argomenti da trattare e gli ospiti
da invitare?
«C'è anzitutto un lavoro basato sulla lettura dei quotidiani
e delle notizie che suscitano interesse, tanto di cronaca
quanto di progetti che interessano la collettività. Stiamo
vivendo un momento storico di grande ripresa per la città,
che sta riprendendo il suo ruolo di capitale europea. Altro
filone a cui siamo legati è quello del disagio giovanile, e
da madre di due bambini lo sento particolarmente; mi piace
affrontarlo in tutte le sue sfaccettature».
Quali sono state, anche dai riscontri che hai avuto dai
social o dalle persone con cui hai interloquito le puntate e
gli argomenti che hanno riscontrato maggiore interesse?
«L'auditel ci fornisce dei dati. Gli argomenti più gettonati
sono sicuramente i personaggi che fanno parte della società
civile che rivestono ruoli di spicco come il sindaco
Manfredi, che quando abbiamo ospitato ha riscontrato grandi
ascolti, o il capo della Polizia Municipale Esposito; o le
presentazioni di libri. La visibilità social è spesso un
fattore determinante».
Tele A è una delle storiche emittenti del panorama
napoletano che negli ultimi anni ha lanciato format come il
tuo: una risposta al trash che pare imperversare sui network
più diffusi?
«Più che risposta è una presa di posizione la nostra: a noi
interessa il sociale, un contesto che si sta muovendo senza
riferimenti; noi vogliamo con una televisione privata libera
dimostrare come la cultura tiene sempre testa, soprattutto
indirizzati ai giovani che a differenza della mia
generazione non trovano dei punti di rifermento».
Come concili la professione forense con il giornalismo?
‘«Al momento la strada del giornalismo sta prendendo il
sopravvento. Di settimana in settimana gli argomenti
diventano sempre più complessi e gli impegni legati alla
trasmissione sempre più pregnanti. La professione forense
l’ho ormai accantonata per un'attività che sta diventando
assorbente, e la cosa non mi dispiace perché la trovo più
stimolante. La professione forense oggi è infinitamente
difficoltosa, sotto molti punti di vista».
È un progetto che conti di proseguire o stai valutando
nuovi potenziali ambiti per un futuro programma che si
concili con la tua formazione giuridica?
«Non so. Ma La Riflessione affronta spesso argomenti
legati al mondo del diritto, in varie sfaccettature. Ma a me
piace parlare anche di cultura, di temi che hanno una
maggiore presa sul pubblico».
Non solo avvocatura e televisione, sei molto impegnata
anche in campo politico e sociale nell'affrontare le
infinite problematiche di Napoli, non ultima delle quali la
delicata situazione bradisismo dei Campi Flegrei: mai
pensato di lasciare la città o è una lotta quotidiana che
hai abbracciato in ogni aspetto?
«Mai esitato: Napoli è la città che mi ha dato i natali, ne
sono fiera, è la città per me più bella al mondo e la più
stimolante. Il bradisismo di oggi rappresenta un momento che
già in passato la città ha vissuto in altre epoche;
rappresenta anche una sfida quotidiana, vivendo alle pendici
del Vesuvio. Non lascerei mai questo territorio».
Facendo riferimento al titolo della trasmissione, quale
riflessione ti ha lasciato questa intervista?
«Che bisogna credere in noi stessi, lavorare e una volta
trovata la propria strada perseguirla».
Costanza Goatley si è mai dovuta trovare a fronteggiare o
essere alle prese con la parola bavaglio?
«No, credo che il futuro della televisione sia quello delle
emittenti private, libere, come la nostra dove abbiamo un
editore che ci ha sempre lasciati liberi di sviluppare le
nostre idee. Se fatta bene è una grande alternativa alla tv
pubblica che può diventare risorsa preziosa».
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Greta
Cerretti, imparare dal dolore
di Tiziana Cazziero
Greta
Cerretti è una scrittrice versatile con una storia da
raccontare.
Ciao Greta e grazie per essere con noi. Il tuo nome nel
settore non è una novità, ma presentati in breve ai nostri
lettori. Chi è Greta Cerretti e com’è legata al mondo
editoriale?
«Ciao, grazie a voi per la vostra ospitalità. Lavoro in ambito
editoriale dal 2012, da quando ho aperto
Mondoscrittura Edizioni, casa editrice di Ciampino.
Nello stesso anno ho anche firmato il mio primo contratto come
autrice, con la nascente
Nulla Die.
Un anno importante, sotto tutti i punti di vista. L’anno in cui
ho realizzato il sogno che avevo fin da bambina: anche se sembra
banale, è la pura verità. L’ho raggiunto attraverso una strada
tortuosa, e forse anche per questo è stato ancora più bello».
Quando il ponte si spezza appartiene a una serie di
romanzi che affrontano tematiche spigolose. Come nasce la voglia
o forse esigenza di questo genere di argomenti? Di cosa parla
questo libro?
«Ho una formazione psicologica e sono psicoterapeuta. Sebbene
non eserciti più la professione clinica dal 2005, credo ancora
fermamente nel potere magico e curativo della parola, in ogni
sua forma. La scrittura mi ha permesso di coniugare la mia
formazione con la mia grande passione: i libri. In questo caso
specifico, Quando il ponte si spezza affronta il tema
dell’eliminazione dell’omosessualità dal manuale delle malattie
psichiatriche».
Quando è arrivato l’input per raccontare l’artificioso mondo
della psiche umana con questa serie?
«Ho iniziato scrivendo un solo romanzo, ma mi sono subito
accorta che avevo bisogno di più spazio e più tempo narrativo
per esplorare tanti argomenti. Da un lato ho messo in scena le
esigenze e le difficoltà di chi decide di iniziare un percorso
di psicoterapia, dall’altro ho dato spazio anche ai terapeuti
che (spesso lo dimentichiamo) sono persone con una loro vita
emotiva e sociale. La mia scelta è stata quella di raccontare
terapeuti problematici che affrontano problemi: una miscela
esplosiva».
Il primo libro della serie si intitola L’amore attraverso
il piacere, un complicato inizio per una terapista, la
protagonista del romanzo, vuoi parlarcene?
«La storia di Marcello è la storia di un uomo che ha perso
completamente il controllo delle proprie pulsioni sessuali e
vive ormai allo sbando; l’incontro con Valeria, terapeuta alle
prime armi, è bruciante: lui la vede come una donna da pagare,
lei come un cliente per realizzare le sue ambizioni. Cosa può
andare storto?».
I romanzi previsti per la serie quanti e quali sono? L’ultimo
uscirà in autunno, su che cosa sarà incentrato? Puoi anticiparci
qualcosa?
«In tutto i romanzi sono quattro. Oltre alle tematiche
psicologiche, quella che in gergo chiamiamo trama verticale, c’è
la trama orizzontale con la genesi e la fine del terapeuta
protagonista, Fausto Petrini. Un terapeuta antietico, diciamolo
con estrema chiarezza, per cui molto controverso. Il terzo
capitolo uscirà in autunno e affronta i disturbi alimentari con
il titolo Amiche per la fame. Purtroppo, ancora oggi
anoressia e bulimia sono disturbi molto diffusi specialmente tra
i giovani, ben lontani dall’essere risolti e sui quali è sempre
bene mantenere viva l’attenzione. Anche in questo caso romanzo
affronto il tema in modo crudo e diretto: è un libro non per
stomaci delicati (qui è proprio il caso di dirlo!). L’ultimo
capitolo, del qual non è ancora programmata l’uscita, parla
invece del gambling, una devastante piaga sociale oltre che
personale della quale, a mio avviso, si parla troppo poco».
La scrittura nella tua quotidianità è presente non solo nella
stesura di romanzi, ma anche in altri ambiti, di che cosa ti
occupi nello specifico?
«Lavoro immersa nella scrittura a trecentosessanta gradi, ogni
ambito arricchisce e alimenta l’altro. Come Direttore Editoriale
di Mondoscrittura leggo i romanzi che vengono proposti alla casa
editrice e li seleziono per la collana Sguardi. Sono presidente
della Sezione Inediti del
Premio Letterario Mondoscrittura Città di Ciampino,
da me ideato sempre nel 2012. Mi occupo anche di editing, scrivo
come ghostwriter e curo la formazione delle giovani risorse che
lavorano nel nostro staff. Tengo laboratori e corsi di scrittura
per liceali, bambini e da quest’anno anche in carcere.
Quest’ultima esperienza in particolare si sta rivelando per me
formativa ed entusiasmante, perché mi dimostra una volta di più
che la magia della parola è in grado di superare ogni barriera».
Tanti impegni che riuscire a intrecciare con la vita privata
richiede una bella organizzazione. Qual è il tuo segreto?
«Il mio segreto è proprio la programmazione a breve e lungo
termine. Spesso vengo presa in giro per la mia agenda super
organizzata, anche con molte settimane di anticipo, però chi
lavora e vive con me sa può contare sulla mia affidabilità. Poi
se proprio vuoi la verità, sotto questa organizzazione c’è anche
un filo di mania del controllo… ma non si tratta propriamente di
un segreto».
Ci sono altri progetti per il futuro che avresti voglia di
condividere con noi di telegiornaliste.com?
«Per quello che riguarda la mia attività di scrittrice,
attualmente sto lavorando a due romanzi: uno a quattro mani,
l’altro in solitaria. Gli argomenti per ora sono top secret, per
sana scaramanzia. Per quanto riguarda l’ambito editoriale, posso
condividere con voi la bellissima notizia che quest’anno
Mondoscrittura Edizioni farà il suo esordio al Salone del Libro
di Torino: una consacrazione della quale andiamo molto fieri e
un’esperienza che non vediamo l’ora di vivere».
Dove possono leggere le novità su di te e i tuoi libri i
lettori?
«Data la mia non proprio giovane età, con i social intrattengo
un rapporto strano al limite del conflittuale. Ho comunque un
profilo
Facebook e uno
Instagram: nome, cognome e la mia foto, impossibile
sbagliare. Ho anche un sito internet www.gretacerretti.it, collegato
a un blog che aggiorno in maniera totalmente irregolare ma
altrettanto autentica».
Abbiamo un ultimo spazio, se vuoi aggiungere qualcosa che non
è stato detto, adesso è il momento giusto per farlo.
«Voglio dare un’indicazione a chi volesse leggere i miei romanzi
o i romanzi che scelgo per la collana Sguardi: non
aspettatevi storie edulcorate. Anche se il mercato sembra virare
in una direzione più soft, quella non sono io. Io scrivo come
leggo, e allo stesso modo pubblico: emozioni forti, libri che in
un modo o nell’altro puntano dritto al cuore e allo stomaco,
spesso facendo male. Perché dal dolore, e da nient’altro, si
apprende e si impara ad apprezzare davvero». |
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