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Telegiornaliste anno XIX N. 14 (730) del 19 aprile 2023
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Ester
Maria Lorido, fascino radio
di Giuseppe Bosso
In passato volto di
Tgr Molise e oggi voce di
Gr 1, incontriamo
Ester Maria Lorido.
Dal Tgr Molise al Gr1: cosa ha comportato per lei questo passaggio?
«Riabbracciare la mia famiglia innanzitutto. La radio in questo senso è
stato un treno che non potevo lasciarmi scappare. In termini
professionali, invece, mi ha dato la grande opportunità di tornare sul
nazionale. Prima di andare in Molise, infatti, ho lavorato per circa
sette anni ad
Agorà, su Rai Tre. Un programma che mi ha insegnato
tanto, in cui ho ricoperto quasi tutti i ruoli, tra cui l'inviata,
quello che tutt'oggi forse amo di più».
In quali aspetti ritiene che il giornalismo radiofonico si distingua
da quello televisivo?
«La radio ha un fascino tutto suo, un’intimità che nessun altro mezzo
ha. La sfida più grande è che la voce è l'unico veicolo del racconto,
l'unico modo per creare empatia con l'ascoltatore. Bisogna imparare a
usarne bene tutte le corde, "giocando" con il microfono; evitare toni
piatti che distolgano l'attenzione. E poi devi essere sempre preparato,
perché non puoi contare su niente altro a supporto. La televisione,
invece, ha la potenza dell'immagine: spesso basta quella, le parole sono
addirittura superflue. Anzi, a volte i servizi più riusciti sono quelli
in cui il giornalista riesce quasi ad "annullarsi", facendo parlare ciò
che lo circonda e le persone che incontra sul suo percorso».
Prenderebbe in considerazione un ritorno in tv?
«Mai dire mai, nella vita in generale e nel nostro mestiere ancora di
più. Forse non tornerei più nei programmi, in una testata invece,
chissà. Lasciare la telecamera è stato difficile, non lo nego. Il
racconto per immagini mi manca ancora oggi, così come la saletta di
montaggio. D'altro canto ho la fortuna di amare tutte le sfumature del
mio lavoro e condurre il Gr 1 è un'esperienza d'oro di cui sto facendo
tesoro».
Per un periodo ha fatto spola tra Roma e New York: ha preso in
considerazione anche la possibilità di un trasferimento definitivo nella
‘grande mela’?
«Per qualche anno trasferirmi a New York è stata quasi una ragione di
vita. Ben presto, però, mi sono scontrata con le difficoltà legate al
visto, con la vita estremamente cara, difficile da spesare lavorando
come free lance. Con la Rai, invece, firmai come autrice il programma
Slang - That'Sapore, girato interamente negli States nell'estate
2015 con Gerardo Greco e Gianluca Santoro. Un'esperienza meravigliosa,
ma breve purtroppo».
Cosa le ha lasciato l’esperienza a Tgr Molise, nella consapevolezza
di dover in qualche modo farsi anche portavoce di una comunità lontana
dalle grandi metropoli ma non per questo meno importante nel resto
d’Italia?
«Raccontare le storie di una regione solitamente lontana dai riflettori
è una grande responsabilità. Ho dato voce a paesi rimasti isolati per
mesi perché' l'unica strada di accesso era stata interrotta da una
frana; ho parlato delle sfide quotidiane dei piccoli imprenditori
locali, così come delle difficoltà dei cittadini a reperire le cure in
una regione in cui la Sanità è commissariata da quasi 14 anni. Cosa vale
più di questo? La Tgr Molise è stata un'esperienza bellissima e molto
divertente che porterò sempre nel cuore. Mi ha ridato fiducia in un
momento professionale molto difficile. Ho trovato persone che hanno
creduto in me e nelle mie capacità, che mi hanno fatto subito misurare
con dirette sul territorio, conduzioni del telegiornale e di
Buongiorno Regione».
Ormai possiamo dire che la pandemia è un qualcosa che ci lasciamo
lasciati alle spalle: secondo lei quanto ha inciso nella vita degli
italiani e cosa ha effettivamente cambiato, per quello che ha avuto modo
di poter osservare?
«Forse la pandemia ha insegnato ad apprezzare di più ciò che prima si
dava per scontato: a cominciare dalla libertà. D'altro canto, però, non
ha insegnato abbastanza la responsabilità e il buon senso: ad esempio
seguire le raccomandazioni per proteggersi e proteggere gli altri dal
contagio in situazioni di rischio».
Qual è stato l’evento o la notizia raccontata che l’hanno
maggiormente coinvolta o che le hanno lasciato la migliore
soddisfazione?
«Ce ne sono tantissime. La crisi dei Pronto Soccorso congestionati ben
prima della pandemia; la tragedia di Piazza San Carlo a Torino; le
storie dei senza tetto assistiti dalla Croce Rossa di Roma. Come inviata
di Agorà ho anche raccontato le crisi delle grandi aziende,
dall'Ilva alla Embraco. Ricordo in particolare una coppia di coniugi,
entrambi erano stati licenziati. Quando sono andata a casa loro, mi
hanno mostrato la letterina che uno dei figli aveva inviato a Babbo
Natale: ridai un lavoro a mamma e papà", c'era scritto. Non lo
scorderò mai».
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Anna
Valle, una Miss in fiction
di Giuseppe Bosso
Positivi i dati di ascolto della prima puntata della
seconda stagione di
Luce dei tuoi occhi su Canale 5.
Diretta da Fabrizio Costa e prodotta da
Banijay Studios Italy, la serie incentrata sulla
travagliata vicenda della étoile di successo Emma
Conti, alle prese con un passato turbolento e una
figlia creduta persa e invece da ritrovare, ha
riscontrato notevoli consensi nella prima stagione
andata in onda nell’autunno 2021.
Un successo che non deve sorprendere per la qualità e
lo charme dei protagonisti, a cominciare
dall’interprete di Emma, Anna Valle, un’attrice che
rappresenta ormai una vera punta di diamante per la
carriera che ha alle spalle e che si è ulteriormente
impreziosita con questa serie.
Una carriera che parte da Salsomaggiore, alla fine
dell’estate del 1995, quando una giovanissima ragazza
di madre siciliana e padre romano accantona
gli studi di giurisprudenza a Catania per partecipare
a
Miss Italia, venendo incoronata vincitrice
dal presidente di giuria Alberto Tomba e con la
conduzione dell’indimenticato Fabrizio Frizzi.
Come per molte altre attrici e volti noti del mondo
dello spettacolo nostrano il concorso di bellezza per
eccellenza è l’ideale trampolino di lancio verso
altre e più ambite mete; dopo i primi fotoromanzi e le
ospitate a varie trasmissioni, il primo grande successo
arriva sul finire del millennio con la fiction di
Raiuno, divenuta ben presto cult ancora oggi
ricordato,
Commesse, dove la giovanissima Anna nel
ruolo di Paola non sfigura affatto al fianco delle più note
Sabrina Ferilli, Veronica Pivetti e Nancy
Brilli .
Seguono altre serie di grande successo come Turbo,
Le stagioni del cuore, Soraya,
Atelier Fontana – Le sorelle della moda,
La Compagnia del Cigno, Questo nostro amore;
l’esordio al cinema con Le faremo tanto male
per la regia di Pino Quartullo; una notorietà
anche al di fuori dei confini italiani con la
partecipazione alla serie tedesca Aeon -
Countdown im All, e riscontri anche in campo
teatrale.
Ai successi professionali corrispondono anche quelli nella
vita privata, con un matrimonio con l’avvocato
e produttore Ulisse Lendaro e la nascita di due
figli, Ginevra e Leonardo, e l’impegno
nel campo sociale come testimonial per diverse
onlus e associazioni benefiche.
Una vera eccellenza italiana da ammirare e
apprezzare.
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Adele
Oriana Orlando, emozioni e mente
di Tiziana Cazziero
Incontriamo la scrittrice e giornalista Adele Oriana Orlando,
veronese, che ci presente il suo primo romanzo, pubblicato per
Land Editore.
Partiamo dal tuo libro, La bambina che voleva amare:
come nasce l’attimo per gettare nero su bianco questa storia?
«Questa storia è nata in maniera del tutto casuale, quando ho
iniziato a scriverlo sapevo i temi che avrei voluto affrontare,
ma non sapevo dove mi avrebbero portata la testa e la penna».
Il romanzo intraprende un viaggio nell’intricato rapporto tra
mamma e figlia, da cosa nasce la voglia o forse esigenza di
narrare la storia di Alice?
«Nasce dalla necessità di dire la mia sulla maternità e sul
giudizio, sui diversi tipi di violenza e sul riscatto. Ho unito
il mio lavoro, sono una giornalista che si occupa principalmente
di cronaca e di raccontare le storie degli altri, alla mia
personale convinzione che la comunicazione è uno strumento
potentissimo. Che con le nostre parole possiamo anche plasmare
chi abbiamo davanti a noi».
Quanto c’è di tuo nel personaggio di Alice? Ci sono delle
affinità o forse ti rivedi in un altro protagonista?
«Tutti i personaggi sono frutto della mia fantasia, penso di
aver messo un po’ di me in tutti, o quasi. L’emotività, la
fragilità, la vergogna, gli ideali eterni di amicizia e di
amore, la paura di non essere all’altezza, la forza di resistere
anche a un lutto, la necessità di mostrare al mondo che anche le
persone imperfette possono fare molto. Tengo moltissimo
all’aspetto della cura della mente, sono una convita promotrice
dell’utilità della psicoterapia e della necessità oggi di
muovere un passo verso la normalizzazione di questi incontri».
Quali sono le componenti forti del romanzo? Perché un lettore
dovrebbe leggerlo?
«Le componenti forti sono le emozioni, sempre autentiche perché
quando scrivo faccio un lavoro di immedesimazione e porto nero
su bianco solo ciò che mi fa commuovere o sorridere. La piccola
pretesa che ha il mio romanzo è proprio quella che si lega
all’importanza di comprendere che siamo sempre responsabili di
ciò che diciamo, oltre che, appunto, di quanto sia fondamentale
per l’essere umano oggi prendere del tempo per sé stesso e per
curare la mente e le emozioni».
Parliamo un po’ di te: chi è Adele Oriana e come si avvicina
al giornalismo?
«Sono un’emotiva che vive la vita di pancia, per poi elaborarla
con la mente. Dopo la maturità non sapevo esattamente quale
fosse la mia strada, avevo un’idea ma non sapevo quanto questa
fosse realizzabile. Oggi ho una laurea in scienze della
comunicazione e una in editoria e giornalismo, ma ancora prima
di conseguire questi titoli guadagnavo il mio modesto stipendio
scrivendo su diversi giornali. Ho iniziato in un settimanale che
si occupava di raccontare il lago di Garda a 360 gradi, poi ho
allargato i miei orizzonti e ho acceso collaborazioni in
provincia di Mantova, Verona, Brescia e Trento».
Quando hai scoperto la passione per la scrittura?
«La passione per la scrittura c’è da sempre. Da che ho memoria,
perlomeno. Ho iniziato a riempire i fogli di lettere molto
presto, avendo un fratello più grande ho imparato a scrivere per
imitazione. Mi rilassava molto scrivere. Questo, unito al fatto
che i miei genitori hanno sempre letto molti libri, ha
probabilmente costruito le basi. La passione di osservare e
raccontare è nata quando ho imparato a leggere e scrivere,
quando non potevo andare a raccogliere fiori o a giocare nel
parco, facevo ricerche sull’enciclopedia cartacea e raccontavo
qualche storia. Non so spiegare bene da cosa venga,
effettivamente. Un colore, un odore, una foto, una sensazione mi
spingono a prendere carta e penna e raccontare. Il giorno in cui
la mia maestra d’italiano ha scoperto che avevo iniziato a
lavorare come giornalista, mi fermò per strada e mi disse: “È
proprio il tuo lavoro, ti è sempre piaciuto raccontare”».
Oggi l’autopubblicazione è diventata una scelta di molti
autori, tu hai preferito la tradizione pubblicando con una casa
editrice, come sei arrivata alla tua decisione?
«Questa è una bella domanda, perché in realtà la pubblicazione
di questo romanzo nasce da una scommessa con un amico, che mi
disse di mandare un racconto a qualche casa editrice,
ripetendomi che secondo lui ho una bella scrittura. Diciamo che
questo, unito a quei 20 secondi di coraggio necessari per fare
qualcosa che ci fa paura, mi ha convinta a voler provare. Ho
inviato pochi capitoli a 6 case editrici e ho ricevuto 4
risposte».
Si parla spesso di dibattito aperto tra ebook e cartaceo, tu
quale scegli? Ancor oggi vince la carta o ti dedichi alla
lettura digitale?
«Io acquisto sempre, quando possibile, entrambi i formati. Prima
di tutto perché mi piace sottolineare le frasi che mi colpiscono
dei libri e poi perché quando posso concedermi alla lettura,
prediligo ancora la carta. Compro però anche il formato ebook
perché sono dell’idea che non vada ostacolato il progresso e che
il lettore digitale sia molto comodo per chi come me viaggia
molto. Inoltre, mi sembra un buon modo per aiutare gli scrittori
a vendere».
Siamo arrivate quasi al termine della chiacchierata, dove
possono trovare i lettori notizie su di te e del tuo romanzo?
«Il libro è disponibile su
Amazon, oltre che sugli e-commerce delle diverse
librerie. Essendo molto attiva anche sul web con il mio lavoro,
è possibile trovarmi già digitando il mio nome e cognome su
Google, oppure sui social».
Questo ultimo spazio è tuo, sentiti libera di aggiungere
qualcosa che non è stato detto, indica se hai link e pagine
social dove seguirti. A te la parola.
«Mi piacerebbe poter dare un consiglio a chi leggerà
quest’intervista: leggete e scrivete, sono due potentissime
capacità che tutti noi abbiamo grazie al nostro passato da
studenti e che possono davvero aiutarci ad affrontare la
quotidianità, spesso pesante e incomprensibile. Io personalmente
mi sono sempre sentita molto fortunata nell’essere circondata da
libri e ad avere a disposizione sempre carta e penna per
scrivere, perché con questi semplici mezzi posso vivere un
milione di vite in una sola, piccola, esistenza: la mia. Per chi
desiderasse seguirmi e restare aggiornato sui miei progetti e
leggermi, ho aperto un
blog,
un
sito personale e sono presente sui social,
Facebook e
Instagram, a seconda delle diverse esigenze».
Grazie per il tuo tempo.
«Grazie a te per la disponibilità!».
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