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Telegiornaliste anno XIX N. 13 (729) del 5 aprile 2023
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Melina Di Marino, Wonder Woman di Canale 21
di Giuseppe Bosso
Incontriamo la giornalista
Melina Di Marino, volto dell’emittente
napoletana Canale
21, che dallo scorso autunno è tra i volti della trasmissione
che dà il buongiorno agli spettatori dell’emittente partenopea, Vg21
Mattina, con crescente successo, dove si alterna tra la conduzione in
studio e le esterne dove accompagna il risveglio della città ai suoi
vari angoli.
Dove pensi di esprimerti al meglio, tra la gente o in redazione?
«Assolutamente nel contatto con la gente, è la cosa che amo di più, sia
per i servizi in esterna del vg21 che per quelli di colore e di
costume».
Da settembre fai parte del team della trasmissione Vg21 mattina,
che ormai è un appuntamento fisso: come si articolano le tue giornate
tipo, a seconda che tu debba dare il buongiorno agli spettatori in
esterna o dallo studio?
«A prescindere da dove sia, la mia giornata lavorativa ha un quando
tassativo: sveglia alle 4 e 30, perché due ore dopo inizia la diretta; è
cambiato tutto il ritmo della mia vita da quando ho iniziato il
programma, mi sono dovuta adeguare. Poi comunque bisogna organizzarsi
per le edizioni del telegiornale, e quindi buona parte del tempo è
dedicato al lavoro, lasciando almeno qualche spazio per la vita privata,
com’è giusto che sia».
Napoli vive un momento d’oro tra i risultati eccellenti della squadra
e una ritrovata vivacità culturale espressa anche da fiction di successo
come Mina Settembre e altre, a cui tuttavia non sembra
corrispondere un rientro in termini economici, e spesso anche da un
punto di vista di immagine della città come purtroppo si è registrato in
occasione degli incidenti prima e dopo la partita di Champions League
contro l’Eintracht Francoforte: cosa può fare il mondo dell’informazione
per questo?
«Stiamo vivendo per fortuna un momento d’oro, mi sono occupata di sport
e di calcio che è una delle mie più grandi passioni, prima di tutto come
tifosa; dal punto di vista turistico sono felice che da qualche anno
Napoli sia attestata tra le capitali d’Europa; ma a questo dovrebbe
seguire anche un adeguamento in termini di servizi, e di questo la
politica dovrebbe farsi carico anzitutto; quello che è successo a
ridosso di Napoli-Eintracht è probabilmente qualcosa che non poteva
essere gestito senza limitare la libertà personale di chi è venuto dalla
Germania senza biglietto; paradossalmente per alcuni aspetti si può dire
anche che il bilancio è positivo perché sarebbe potuta finire anche
peggio, ma non posso entrare nel merito di questioni che competono
anzitutto ai responsabili dell’ordine pubblico. Si poteva fare qualcosa
in più, forse, ma doveva partire dall’alto, e anche dalla Germania».
Ti sta stretta la dimensione di un’emittente locale, sia pure di
grande prestigio come Canale 21, o la grande famiglia che hai trovato è
qualcosa a cui non rinunceresti?
«Che io abbia trovato una grande famiglia come dici è assolutamente
vero, lavoro con piacere con i miei colleghi con cui ho trovato un clima
di collaborazione e d’intesa che penso sia percepito anzitutto dai
nostri spettatori; non mi sta stretto, ma se parliamo di ambizioni,
certo, come penso ognuno di noi anch’io punto sempre al miglioramento, e
se non avessi avuto delle aspettative dubito che non sarei andata oltre
i miei inizi nel mondo radiofonico, e magari nemmeno avrei cominciato
lì. Nel futuro, chissà, potrebbe esserci altro, ma per ora sono felice
così».
Tante donne in redazione, da
Titti Improta a
Margherita Salemme, nostre care conoscenze, e altre: pro e contro di
un ambiente come questo?
«Non faccio molte differenze tra uomo e donna, l’importante è lavorare
bene dove c’è un lavoro di squadra. In alcune cose le donne possono
essere un valore aggiunto come gli uomini per altri aspetti. La
competizione tra donne penso sia qualcosa che aiuta, un contesto
competitivo stimola a fare meglio».
Chiudendo gli occhi e guardando al domani, come ti vedi?
«Ho imparato a pensare molto al presente, magari sarà l’età (ride, ndr)
mi vedo comunque sempre giornalista, è quello che mi piace e che voglio
fare da grande, per così dire. Piuttosto col tempo ho imparato a non
guardare più di tanto al passato, se non nel senso di errori da non
ripetere. Il futuro lo voglio guardare con ottimismo, anche perché ci
sono stati momenti brutti, come per tutti, che non avrei saputo superare
se non fossi stata ottimista di natura. Ma anzitutto, ripeto, spazio al
presente!».
Spesso la figura della giornalista d’assalto (o ‘ficcanaso’ che dir
si voglia) è stato fonte di ispirazione per fumettisti e autori di
cartoni animati che hanno elaborato personaggi come Lois Lane di
Superman o April O’Neil delle Tartarughe Ninja, quasi sempre
però caratterizzate dall’essere ‘damigelle in pericolo’: tra il serio e
il faceto se un fumettista ti proponesse di essere la sua ‘musa’ per un
personaggio a fumetti, chiamato magari Mel Marin o Marina Mel, come la
vorresti caratterizzata?
«Ti dico come mi definisce il mio compagno: Wonder Woman! Nemmeno io mi
capacito spesso di come riesca a fare tante cose nella stessa giornata,
quindi penso che questa ipotetica me fumetto sarebbe così, sempre sul
pezzo e dinamica».
Hai mai dovuto subito o sottostare a censure o bavagli?
«No, assolutamente, per carattere non lo sopporterei».
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I
cacciatori del cielo
di Silvestra Sorbera
“Mi chiamo Francesco Baracca. Sono un pilota
del Regio Esercito. Prima di diventare aviatore ero
al Piemonte Cavalleria. L’aviazione era ancora
ai suoi albori, in pochissimi si avventuravano nei
cieli… un giorno assistetti a uno di quei primissimi voli
e fu subito una folgorazione! Vedere quell’aereo
che si librava nel cielo, vederlo entrare e
scomparire tra le nuvole… capii immediatamente che
l’aviazione sarebbe stato il futuro e io volevo
farne parte. Poi, il 24 maggio 1915, tutto
cambiò”.
Per celebrare il Centenario della costituzione
dell’Aeronautica Militare, su Rai1,
Rai Documentari propone I cacciatori del
cielo, primo docu-film sulla storia dell’asso
dell’aviazione Francesco Baracca interpretato da
Giuseppe Fiorello e con la regia di Mario Vitale.
Il progetto, scritto da Pietro Calderoni e Valter
Lupo, con la collaborazione di Mario Vitale e la
consulenza storica di Paolo Varriale, racconta le imprese
eroiche, la vita e l’amicizia di quei
pionieri del volo che si distinsero per le loro
azioni e il loro coraggio durante la Prima
Guerra Mondiale e le cui gesta gettarono le basi
per la nascita dell’Aeronautica Militare avvenuta il
28 marzo 1923.
Un racconto avvincente che abbraccia temi
universali come amicizia, grandi ideali e
l’amore e che intervalla alla fiction vera e propria,
arricchita da una serie di “interviste ricostruite”
ai protagonisti della storia interpretati dai
rispettivi attori, preziosi materiali di repertorio,
sia foto che filmati d’epoca, e animazioni originali.
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Alice
Guerrini, tè, crime e YouTube
di Giuseppe Bosso
La piattaforma YouTube si è progressivamente diffusa e ha
permesso l'emergere di persone che hanno saputo, partendo da
zero, sviluppare progetti di grande interesse con ingegno e
creatività. E la protagonista della nostra chiacchierata, Alice
Guerrini, con il suo canale
L'ora del tè va a pieno titolo annoverata tra
questi. Un divano, una tazza di tè e storie di clamorosi casi
giudiziari legati sia al mondo dei vip che di gente cosiddetta
comune, ma che hanno sconvolto l'opinione pubblica.
Ciao Alice, benvenuta sulle nostre pagine: anzitutto chi sei
e come nasce il tuo canale YouTube, e come mai questo nome
‘L’ora del tè’, abbinato ai temi a cui sono dedicati i video che
settimanalmente pubblichi?
«Grazie mille, per me è un piacere. Io sono Alice, ho 30 anni e
da 3 anni vivo a Benidorm, in Spagna. Seguo YouTube da sempre,
dal 2008, ho visto tante persone partire da zero e costruirsi
una community grandissima nel corso degli anni e l’anno scorso
mi sono fatta coraggio e ho preso anche io la decisione di
aprire un mio canale. Volevo farne parte anche io. L’idea del
canale nasce dai miei interessi, gli argomenti che tratto sul
canale sono argomenti che seguivo e seguo tutt’ora e quando ho
deciso di aprire il canale ho pensato magari questi argomenti
interesseranno anche ad altre persone. Il nome del canale
viene da una mia abitudine: la sera apro YouTube e guardo i miei
creator preferiti con una tazza di tè in mano quindi ho
semplicemente riportato questa abitudine sul mio canale perché
YouTube è la mia “ora del tè”».
Come nascono i tuoi video, dalla scelta degli argomenti alla
loro elaborazione? C’è qualcuno che ti aiuta anche nella
raccolta di materiale e di informazioni?
«Molti argomenti come ho detto prima sono di mio interesse, sono
casi che seguo da anni e che ho seguito con piacere, altri
vengono da richieste della mia community. Spesso le persone mi
chiedono di trattare alcuni argomenti e se rispecchiano il mio
campo e i miei interessi, li approfondisco. Faccio tutto da
sola, dalla raccolta delle informazioni, alla stesura del testo,
alla registrazione e all’editing. Un giorno spero di poter
ampliare il mio team, guadagni permettendo ».
Qual è stato il riscontro che hai avuto dagli utenti che a
poco a poco si sono accumulati?
«Il riscontro che ho avuto è stato piuttosto positivo, anche un
po’ fuori dagli schemi. Le persone online non si fanno scrupoli
nel criticare noi creator, spesso anche in maniera maleducata,
però devo ammettere che io ricevo pochi insulti. La maggior
parte sono complimenti e questo mi spinge ad andare avanti.
Leggere commenti in cui le persone mi dicono aspetto le 2
solo per vedere i tuoi video è un qualcosa che mi riempie di
gioia, è davvero gratificante».
Ti presenti così: Non mi definirei un canale True Crime
perché tutto quello che raccontiamo si basa sulle carte
processuali: accusa e difesa sono i protagonisti delle nostre
storie: un monito che, ahimè, se vogliamo essere sinceri non
sempre seguono i professionisti dell’informazione o comunque
coloro che in televisione e negli altri media ‘tradizionali’,
per così dire; YouTube e in generale il web sono un passo avanti
da questo punto di vista?
«Penso di sì. YouTube e gli altri social sono composti
prevalentemente da persone comuni, con delle capacità, che per
emergere devono portare contenuti fatti bene. Il fatto che i
social diano la possibilità a chiunque di creare contenuti, fa
sì che l’offerta sia altissima quindi per emergere devi
distinguerti. E l’unico modo che hai per distinguerti è fare le
cose seriamente e con precisione. I media tradizionali sembra si
siano un po’ persi di fronte a tanta innovazione. È difficile
per loro avere un linguaggio che attiri anche i giovani, perché
con i social la concorrenza è aumentata, il modo di comunicare è
cambiato e loro sono rimasti indietro, spesso schiacciati da
influenze politiche che non gli permettono di sbilanciarsi nel
raccontare alcune cose. Il calo nelle vendite del cartaceo li ha
portati ad usare espedienti come titoli “clickbait” cioè titoli
accattivanti (spesso finti) che spingono l’utente a cliccare sul
loro sito che gli fa, in un certo senso, perdere di credibilità.
Su YouTube ci sono creator davvero competenti che spiegano
notizie di attualità senza filtri, senza paura di esprimere una
propria opinione».
Non avere un editore o comunque un ‘capo’, per così dire, a
cui rispondere, ti garantisce maggiore libertà d’azione?
«Sì assolutamente. Mi ricollego a quanto detto prima. Io sono
libera di scegliere gli argomenti da portare e di raccontarli a
modo mio, senza vincoli. Io cerco sempre di mantenere un alto
grado di obiettività quando parlo di un qualsiasi argomento ma
sono libera di trattare qualunque cosa, di esprimermi come
voglio e questo rende il contenuto molto più genuino ».
Negli ultimi tempi hai dato molto spazio alle vicende, spesso
tragiche e dolorose, delle cosiddette ‘baby star’, cioè i
giovanissimi attori che da una grande celebrità legata a serie
di successo nella loro infanzia o giovinezza sono
progressivamente passati a un declino anche personale in età
adulta: cosa ti ha spinto a puntare su queste storie?
«Sono cresciuta con molte delle baby star che oggi purtroppo
sono finite in un vortice di sostanze e comportamenti eccessivi
senza riuscire a riprendersi. In parte penso sia il legame
affettivo che provo nei loro confronti che mi spinge a trattare
le loro storie. In parte sto cercando, attraverso il mio lavoro,
di far capire che i loro comportamenti non sono capricci di
persone che hanno tutto, bensì il frutto di vite tragiche. Lo
show business è un qualcosa che è molto lontano da noi, non
riusciamo a comprenderlo, lo vediamo distante e quindi tendiamo
a sminuire i problemi e le conseguenze che la fama e
l’esposizione fin da tenera età a questo sistema possono
portare. Ho fatto anche un video a riguardo: la decisione di
lavorare anche 8 o 10 ore al giorno non è mai del bambino, bensì
sempre del genitore. Questi bambini vengono costretti a recitare
da genitori che non sanno come uscire dalla povertà e quindi
puntano tutto sui figli. Le baby star non vivono un’infanzia
normale, la passano lavorando, la passano esposti a critiche, a
orde di fan, a paparazzi che li aspettano all’angolo. Vivono una
vita che non hanno scelto e spesso non possono smettere perché
la famiglia vive dei loro guadagni. Vengono buttati in pasto ad
un sistema contro il quale non possono vincere. Senza una guida
molti di loro si perdono e finiscono nel classico cliché delle
droghe. Con i miei video cerco di sensibilizzare le persone su
questo argomento, su come la fama sia in realtà spesso una
prigione più che una via d’uscita. Io dico sempre è meglio
essere ricchi e sconosciuti che ricchi e famosi».
Molto spesso i problemi di questi giovanissimi o ex
giovanissimi protagonisti del cosiddetto star system hanno
origine dal loro contesto familiare che in loro, per così dire,
trova la ‘gallina dalle uova d’oro’: eppure, ancora adesso,
purtroppo, è un fenomeno tutt’altro che scomparso: ma gli esempi
del passato non rappresentano proprio un monito per nessuno,
anche in termini di maggiori tutele legali per questi poco più
che giovanissimi minorenni?
«Purtroppo ad oggi non ci sono grandi tutele. Durante il corso
degli anni è stata introdotta qualche legge come un massimo di
ore lavorative a giornata ma le grandi case di produzione
possono arginare queste regole senza problemi. Per lo star
system questi bambini e ragazzi rappresentano solo una fonte di
guadagno e non hanno alcun interesse nel tutelarli. L’importante
è spremerli al massimo per un maggiore guadagno. È un sistema
basato sulla standardizzazione delle persone: io prendo dei
bambini e gli insegno a diventare delle star da milioni di
dollari. Ma proprio perché li vediamo così distanti da noi, non
si sono formati dei movimenti e delle proteste che li aiutino a
conquistare dei diritti. La loro condizione è molto lontana da
quelle di persone comuni. Alcune ex baby star stanno provando a
sensibilizzare il pubblico raccontando le proprie esperienze ma
non sono mai riuscite a creare dei veri e propri movimenti.
Quando esci da una setta puoi trovare persone intorno a te che
ti aiutano a superare brutte esperienze, che siano parenti o
organizzazioni nate appositamente per questo scopo. Per le baby
star non c’è nulla perché il sistema è così ben consolidato che
è difficile sradicarlo. Quando una star decide di uscire dal
sistema, trova persone intorno a sé che vivono dei suoi guadagni
e che farebbero di tutto per non farla smettere. Hanno due
scelte: o rimangono e continuano a lavorare o spariscono nel
nulla. E anche quando decidi di sparire, la stampa non ti lascia
in pace. Ma non puoi ribellarti e portare alla luce il marcio
che si nasconde dietro le quinte. Non te lo permettono. I
giornali scriveranno che te ne sei andato perché sei finito nel
mondo delle droghe, perché hai disturbi mentali o perché non sei
abbastanza bravo. È un sistema contro il quale non si può
vincere. Un mezzo che hanno trovato le ex baby star per
raccontare le proprie storie ed essere creduti è stato proprio
YouTube. Canali americani da milioni di follower li intervistano
portando alla luce il tutto. Cosa che i media tradizionali non
fanno. In questi canali, molte ex baby star possono finalmente
raccontare le loro storie e mostrare il mondo dello show
business sotto tutt’altra prospettiva e penso che con il passare
del tempo questa cosa non potrà essere più ignorata da sistema.
Forse sarà proprio YouTube a portare un cambiamento e una nuova
narrativa sul mondo di Hollywood».
In futuro come pensi di espandere questa tua iniziativa?
«Per il momento continuerò attraverso YouTube,
TikTok e
Instagram. Sto preparando anche un podcast, ma
essendo da sola i tempi si allungano. Probabilmente tra non
molto aprirò anche un canale Twitch e porterò questi argomenti
in collaborazione con altri streamer, più qualificati di me dal
punto di vista psicologico per fornire un panorama più completo
sul mondo di Hollywood e dello show business ».
Grazie dell’attenzione, Alice, e un saluto ai nostri lettori.
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