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Archivio Telegiornaliste anno XIX N. 9 (725) del 8 marzo 2023
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TGISTE
Deborah Annolino, la resilienza delle donne
di Giuseppe Bosso

In occasione della giornata internazionale della donna abbiamo il piacere di incontrare nuovamente la giornalista agrigentina Deborah Annolino, per parlare non solo della ricorrenza celebrata in questa occasione ma anche del suo presente e in particolare del suo progetto che vede proprio le donne grandi protagoniste, come ci racconta.

Bentrovata, Deborah. Anzitutto, secondo te ancora oggi la giornata dell’otto marzo è una ricorrenza che vale la pena ricordare?
«Sono felice di ritrovarti in un’occasione così speciale. Questa giornata, di anno in anno, assume un valore sempre più centrale per il futuro. L’8 marzo non è soltanto una ricorrenza che volge al ricordo del passato, alle lotte femminili per la conquista di diritti politici, economici e sociali, ma anche al presente e all’impegno con cui le donne stanno contribuendo al miglioramento della società, insieme agli uomini. Più che abbracciare un femminismo fine a se stesso, questa giornata ci dà l’occasione per riflettere con consapevolezza sul lungo cammino della parità di genere. Personalmente provo ad ispirarmi all’insegnamento di grandi donne italiane del passato stimate in tutto mondo, come Maria Montessori, Grazia Deledda, Rita Levi Montalcini. Al tempo stesso però guardo alle donne di oggi che con il loro talento, passione e coraggio faranno certamente la storia di domani. L’8 marzo, per concludere, è il momento ideale per pensare a cosa possiamo fare e non sminuirlo con autocelebrazioni femministe».

E le donne sono tra le grandi protagoniste della terza edizione di AD Maiora, il format che conduci con grande successo. Com’è nato e come si è evoluto in questi anni?
«Confermo che le donne rappresentano le voci più numerose nel nostro format. AD Maiora - Storie di Resilienza è un “viaggio” di dieci episodi attraverso il coraggio e la forza, valori che trovano spesso nelle donne testimoni ideali. Raccontare voci e storie femminili in questo nostro format (la pubblicazione dei nuovi episodi è in corso, ndr) non è il risultato di una programmazione, ma di una casualità che ci porta a riflettere. All’interno di associazioni e altre organizzazioni, le donne per attitudine più degli uomini, si prendono cura di quella fascia di popolazione più fragile, dagli anziani ai bambini, alle persone disabili, battendosi contro ogni forma di ingiustizia e discriminazione. AD Maiora racconta questo impegno sociale con tutte le ricadute positive nella società. Il format offre esempi di vita a cui ispirarsi e con cui guardare al futuro con speranza».

Cos’è, per Deborah Annolino, la resilienza, soprattutto se parliamo dei nostri giorni, in cui siamo passati da una pandemia (ancora non superata) a un conflitto che assume dimensioni sempre più preoccupanti?
«La resilienza è il coraggio di non arrendersi. Resilienti non si nasce ma lo si può diventare con impegno e pazienza a partire da se stessi. Se analizziamo il contesto di questi ultimi anni - l’emergenza pandemica, la crisi economica e la crisi energetica, come inevitabili conseguenze di una guerra che dura da oltre un anno - è chiaro che stiamo vivendo uno dei momenti più difficili dal dopoguerra ad oggi. AD Maiora, nasce proprio nel primo anno di pandemia da Covid, nel 2020, con l’obiettivo di diffondere messaggi positivi in un’atmosfera di grande incertezza e isolamento per il lockdown. Interrompere oggi il format sarebbe stato secondo me un errore, visto il bisogno che ha l’essere umano di essere incoraggiato».

Come hai scelto i personaggi che hai intervistato in questa edizione e, se puoi darci qualche anticipazione, chi ti è rimasto particolarmente impresso?
«I protagonisti delle storie di AD Maiora sono diversi tra loro per età, interessi e attività di cui si occupano. Li accomuna il riscatto, la voglia di combattere e superare i propri limiti. In particolare, l’edizione 2023 è un viaggio attraverso alcune donne che ho definito “ambasciatrici della resilienza”. Tra le donne che hanno più colpito sia me che il pubblico che segue AD Maiora c’è la campionessa di droni racing Luisa Rizzo, affetta da atrofia muscolare sin dalla nascita. Per lei la disabilità è un modo di vivere e non certo un limite nella realizzazione del suo sogno di volare attraverso i droni. Con lei è iniziata la narrazione emozionale di questa terza edizione. Un’altra donna, coraggiosa e determinata, è Giuseppina Carella, caporedattrice di Buone Notizie Bologna e pertanto coordinatrice di un gruppo di redattori disabili. Grazie all’esistenza di questa realtà, molti giovani e non solo, realizzano il sogno di diventare giornalisti. Potrei continuare ancora con il team che ha fondato Quorum Rosa, un progetto di alleanza al femminile fondato per dare dignità e parità di genere ad un mestiere, l’amministrazione e gestione dei condomini, ancora molto maschile».

Le storie che hai raccontato possono essere un monito a non scoraggiarsi per chi non vede speranza nel domani?
«Con questi dieci episodi speriamo che arrivi un messaggio fortemente positivo. Nelle nostre storie, con il taglio proprio dei documentari, non raccontiamo supereroi o supereroine, ma persone che combattendo contro le difficoltà ce l’hanno fatta e adesso vogliono dare speranza a chi, ad esempio, ha perso la fiducia in se stesso e negli altri. Vogliamo credere negli esseri umani, come ci ricorda in una sua canzone Marco Mengoni. Solo insieme agli altri possiamo creare qualcosa di unico e importante per la comunità. Lo stesso format continua ad esistere grazie ad una rete di professionisti della comunicazione che credono nel valore inclusivo di questo progetto e lo realizzano mettendoci il cuore. Da sola non sarei arrivata alla terza edizione e alle sue evoluzioni stilistiche e narrative. Per questo voglio ringraziare Stefano Foglia, conduttore insieme a me e Ash Gray Film Production - nella persona di Angelo Giummarra e Cristina Burrometo - che danno alla fotografia e alla regia una chiave emozionale».

Qual è stato il riscontro che hai avuto dal pubblico, anche attraverso i social?
«Ascoltare il parere del pubblico, soprattutto quando si tratta di critiche, è fondamentale se ci vuole crescere e migliorare. Chiedo anche ai protagonisti delle storie, dopo che si sono visti e ascoltati in video, se secondo loro abbiamo fatto una narrazione corretta o se abbiamo sbagliato ed eventualmente in cosa. L’autocritica è il segreto con cui rimanere lucidi, un approccio che mi accompagna da sempre. Ogni nuova edizione diventa un nuovo punto di partenza per raggiungere traguardi sempre più ambiziosi. Il pubblico del web e dei Social Media ci ha dato un riscontro molto positivo, soprattutto rispetto alcune storie in cui si sono sentiti coinvolti emotivamente. La visibilità delle puntate si lega anche al ruolo attivo dei nostri otto Media partner che hanno sposato il progetto e lo diffondono attraverso un’offerta multicanale. Infine siamo felici che i nostri episodi faranno parte del palinsesto estivo di TRC Tv, tra le emittenti principali in Emilia-Romagna. Ci tengo a precisare che l’iniziativa del format continua ad essere realizzata senza scopo di lucro, con il solo obiettivo di dare un contributo costruttivo e positivo nel panorama dell’informazione».

Chiudiamo con un piccolo ricordo della nostra ultima chiacchierata: ti avevamo definita sarta del giornalismo, è vero che c’è stato un seguito a quel titolo?
«Sarta del giornalismo è un’espressione che nasce proprio nell’ultima intervista realizzata con voi e in questi anni è diventata una frase rappresentativa, al punto da integrarla nella comunicazione di AD Communications insieme al motto “Felice di Comunicare”. La realizzazione sartoriale di piani e strategie di comunicazione che mi vede impegnata e appassionata da quasi vent’anni nel mondo del giornalismo, è un aspetto del lavoro che mi caratterizza e che mi piace condividere con la mia squadra di collaboratori e collaboratrici. Pensa che dopo la nostra intervista abbiamo lanciato su Instagram l’hashtag #sartidelgiornalismo che ci identifica in modo univoco su questo social. Vorrei ringraziarvi per questa intervista che diventa un’opportunità per guardarsi dentro, riflettere per migliorare il rapporto con gli altri. È un’occasione in cui ricordare a tutti i vostri lettori quanto sia meravigliosa la vita in tutte le sue sfaccettature, anche quelle più negative, meritevoli sempre e comunque di essere vissute».
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TUTTO TV
Lidia Poët: donne, coraggio ed emancipazione
di Antonia del Sambro

Una delle virtù che la donna doveva dimostrare di possedere era “la dote del silenzio”, per questo le era proibito parlare in pubblico.

Nella Grecia antica la donna non poteva accedere all’Agorà, nella Roma classica le era vietato di presentarsi al Foro e via via, nel tempo, anche di recarsi presso i tribunali.

La legge di Lidia Poët, disponibile su Netflix, racconta la storia di una donna straordinaria che nel corso della sua vita ha deciso di trasgredire a questa norma consuetudinaria e limitante, dando prova di grande forza e di grande eloquenza, nonché di vera emancipazione femminile.

Figlia di avvocato, sorella di avvocato, Lidia si laurea in Giurisprudenza all’Università di Torino, ma nonostante il suo intuito, la sua predisposizione nelle indagini e la sua indiscutibile bravura per due volte il tribunale respinge il suo ricorso e le impedisce di esercitare appieno la sua professione di avvocato. Non le resta, quindi, che affiancare suo fratello in una serie di avventure che hanno come scenario la splendida Torino ottocentesca.

La serie creata per Netflix Italia da Guido Iuculano e Davide Orsini è un legal drama d'ambientazione storica e vede una bravissima, brillante e credibile Matilda De Angelis indossare propri i panni di Lidia Poët. Accanto a lei un cast di attori bravissimi come Eduardo Scarpetta e Pier Luigi Pasino. Meravigliose le ambientazioni e costumi, tutti rigorosamente fedeli a quelli dell’epoca. Da vedere assolutamente!
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DONNE
Roberta Capriglione, con il vento a favore
di Tiziana Cazziero

Con molto piacere incontriamo la scrittrice Roberta Capriglione.

Ciao e grazie per aver accettato il mio invito. Come nasce la “Roberta” scrittrice?
«Ciao e grazie a te per questa intervista. Forse non esiste una vera e propria Roberta scrittrice. Esiste una Roberta che ha voglia di raccontare, di comunicare e di esprimere il “suo” mondo in qualsiasi forma. Qualche anno fa ho deciso di annotare dei pensieri su un foglio e in poco tempo sono nati due romanzi. Nonostante tutto non mi piace etichettarmi. Roberta scrittrice è semplicemente il mio avatar attuale. Per me la vita è un fiume che scorre, un continuo cambiamento, una nuova sfida, quindi il futuro avrà la forma che deciderò di dargli. Esistono dei libri scritti da Roberta, quelli sì, ed è l’unica cosa di cui ho certezza adesso. “La Roberta” scrittrice paradossalmente non c’è mai stata e ci sarà per sempre».

Con il vento a favore è il tuo primo romanzo, come arriva la storia di Olivia?
«La mia vita è sempre stata un continuo punto e a capo. Finisce qualcosa e ne inizia un’altra. Rinascita. Sempre. Un eterno fluire dove la fine e l’inizio si inseguono a ciclo continuo. Olivia è l’emblema della ripartenza. Non avrei mai potuto iniziare questo percorso da qualcosa di diverso».

Il tradimento è la chiave della fine della relazione di Olivia, o forse dovremmo dire della sua rinascita?
«Come scrivo nel romanzo: Si rinasce sempre dalle ceneri di qualcosa. Per iniziare un nuovo capitolo bisogna mettere il punto a quello precedente. Il punto però è un segno che rimane cicatrizzato. Voglio credere che la fine sia solo il principio di qualcosa di più grande, o meglio, di più appropriato. Questo è il messaggio. Olivia nel romanzo, più che a una storia, mette fine all’idea che si era fatta di quel rapporto. Il suo cuore ricomincia a battere, nelle sue vene finalmente ritorna a scorrere una linfa vitale. Quindi, in questa ottica, il tradimento vissuto dalla ragazza è un passaggio che implica la fine e la rinascita allo stesso tempo. Le due cose vanno a braccetto e sono imprescindibili l’una dall’altra».

Ho letto il romanzo e apprezzato questo personaggio che nel pieno di un periodo scuro, riesce a trovare la scintilla per rialzarsi. Non tutti i mali vengono per nuocere, questo è il messaggio del tuo libro?
«Hai colto esattamente il punto. Se riuscissimo a vedere l’opportunità anche in quello che consideriamo negativo, la nostra vita sarebbe sicuramente più semplice. Capisco che non è per niente facile. Questo tipo di lavoro si può fare solo a mente fredda e dopo aver superato la tempesta. Dentro il vortice è tutto buio, ma usciti dagli abissi c’è una luce accecante. Nessuno ha una vita priva di ostacoli e ciò che ci differenzia è semplicemente il modo di affrontare quello che accade. La scintilla che citi tu non compare magicamente nel buio. Il più delle volte dobbiamo tirare fuori tutta la nostra forza per cercarla, ma ti assicuro che la volta successiva sarà più facile trovarla».

Ti senti anche tu un po’ Olivia come la tua protagonista? Pensi che tutti abbiano la forza per reinventarsi?
«I continui cambiamenti mi hanno costretta ad adattarmi alle situazioni più disparate, a tirare fuori le unghie, a reinventarmi. Sono rinata tante volte, forse troppe, ma rimane sempre ferma dentro di me la convinzione di chi sono. Questa è la costante. Il mio io si è rinforzato. Se sai chi sei puoi essere chi vuoi. E no, non credo che tutti abbiano la stessa forza. C’è chi molla subito, chi cerca strade più facili, chi cade nella rassegnazione, chi vive bene nell’abitudine. Allontanarsi dalla zona di comfort non è per tutti, ma non c’è una regola o un giusto e sbagliato. Ognuno di noi ha un percorso diverso. L’importante è assecondare il proprio modo di essere e rimanere in linea con i propri obiettivi”.

Parliamo di scelte editoriali, prima hai pubblicato con editore per approdare al selfpublishing, come mai questa scelta?
«Nei rapporti di qualsiasi tipo servono rispetto e sintonia. Se mancano questi elementi meglio camminare da soli. Io do il massimo e pretendo altrettanto».

Quando hai deciso che la scrittura e la pubblicazione erano diventati il tuo prossimo progetto?
«Dopo aver scritto Con il vento a favore ho provato a inviare il manoscritto ad alcune case editrici non a pagamento per testare la qualità del prodotto. Mi sono detta se il lavoro piace a qualche esperto del settore continuo, altrimenti va bene così. Ho ricevuto diverse risposte affermative e così è partito tutto. Dopo pochissimi mesi dalla pubblicazione ho vinto un bel premio e allora ho avuto l’ulteriore conferma della mia direzione. Non riesco a fare un passo se prima non ho la certezza di poterlo fare nel modo migliore».

Come concili la vita quotidiana con la scrittura?
«È un disastro! Forse è un mio limite, ma per scrivere ho bisogno del silenzio assoluto e totale. Ogni distrazione mi fa letteralmente imbestialire. Per fare bene devo trovare il momento di assoluta tranquillità, lontana dagli impegni di mio figlio, dalla necessità del cane di fare la passeggiata, dalla telefonata puntuale che arriva quando sono all’apice della concentrazione e da tutto il resto. La cosa più frustrante è che ancora oggi, dopo tanto tempo, non tutti riescono a capire questa mia esigenza. Non è molto chiaro il lavoro che si nasconde dietro alla stesura di un romanzo. L’idea, lo sviluppo, la ricerca maniacale dell’errore. Leggere e rileggere cento volte la stessa frase per trovarne una più musicale, cercare un nesso che possa rendere credibile la storia. Cancellare ogni cosa e ricominciare da capo. La minima distrazione e tutto salta. Scrivere non è un gioco, non è un capriccetto da bohemien. Scrivere è un lavoro vero e proprio e meriterebbe più rispetto».

Quanto pensi siano importanti i social media per un’autrice?
«Sono sincera, mi trovo un passo indietro rispetto ad altri miei colleghi e non per incapacità, ma per scelta. C’è chi posta più volte al giorno, chi è onnipresente sulle piattaforme. Io appartengo alla vecchia guardia, a chi considera il social uno strumento e non “lo” strumento. Lo utilizzo, ma con parsimonia. È senza dubbio un mezzo utilissimo che può regalare un’ottima visibilità e creare una rete di contatti interessanti. Nonostante tutto, ci sono dei meccanismi che non riesco ad accettare. Non mi piace star dietro ai like, al numero dei followers, ai dati senza anima. Va bene stare al passo con i tempi, ma non voglio diventare schiava di un sistema che non mi appartiene. E poi odio la banalità. Come si può trovare sempre qualcosa di interessante da dire senza cadere nell’ovvio? Il social premia la costanza a discapito della qualità del messaggio. Non sarei coerente nel fare una cosa in cui non credo, ecco spiegata la mia discontinuità nel postare».

Dove possono trovare altre informazioni sul romanzo i lettori?
«Sul blog si possono trovare gli aggiornamenti sul mio percorso letterario. Inoltre, sono sempre disponibile a parlare direttamente con i miei potenziali lettori e a rispondere a qualsiasi curiosità o domanda. Basta mandarmi un messaggio in privato su instagram e sarò lieta di rispondere».

Questo ultimo spazio è tuo, se vuoi puoi aggiungere qualcosa che non è stato detto.
«Vorrei rassicurare chi ancora non mi ha letto. Nei miei romanzi non sono così rigida e bacchettona come in questa intervista. È vero, sono molto critica e severa nei miei confronti, ma quando scrivo lascio scorrere l’aspetto più morbido, più creativo. Tutta la leggerezza che non riservo a me stessa la regalo ai lettori. Ecco perché punto molto sull’ironia, sulla delicatezza delle frasi, sulla chiarezza del messaggio. La lettura deve scorrere, fluire senza intoppi, per dare modo al lettore di assaporare velocemente la storia, interiorizzando quasi in maniera impercepibile il messaggio più profondo. Il mio desiderio più grande è che, chi mi legge, riesca a far tesoro di tutto, perché scrivere con il cuore vuol dire anche donare. Si dona esperienza, vissuto, emozioni e una buona parte di mondo interiore lasciato nascosto. Grazie mille, Tiziana, per avermi dato la possibilità di farmi conoscere.».

Grazie a te per la chiacchierata.
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