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Telegiornaliste anno XIX N. 6 (722) del 15 febbraio 2023
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Marina
Denegri, avanti con ottimismo
di Giuseppe Bosso
Incontriamo Marina Denegri, giornalista genovese.
C'è stata una 'sliding door" che, come nel film con Gwyneth Paltrow,
ha indirizzato la sua vita professionale in maniera differente da come
pensava?"
«La mia è una storia è un po’ particolare e voglio brevemente
raccontarla affinché possa essere l’esempio che se si vuole fortemente
una cosa non è mai troppo tardi. E soprattutto affinché possa essere di
stimolo a seguire sempre il proprio cuore e non la logica perché
diversamente si finisce per perdersi. Sono stata affascinata fin da
piccola dalla professione della giornalista, in particolare dal ruolo
dell’inviata. Alle scuole medie ho avuto una giornalista come insegnante
di italiano, che ha rafforzato questa mia inclinazione. Sono stata per
molti anni convinta che mi sarei iscritta a Lettere Moderne e avrei
realizzato il mio sogno. Ma poi ho finito per scegliere la strada che mi
sembrava “più sicura”. E così, ho studiato Giurisprudenza, sono
diventata avvocato, sono stata assunta da un ente pubblico. Insomma, la
vita ideale per molti ma non per me…ho reagito. Nel 2015 ho cominciato
parallelamente a scrivere, a livello locale. Anche di calcio, seguivo il
Genoa. E in quel tempo ho conosciuto per “casualità” una persona che mi
ha portato a collaborare con L’Opinionista. Questa è stata la mia
vera ‘sliding door’ perché ho avuto la possibilità di conseguire il
tesserino di giornalista pubblicista, di occuparmi di calcio a livello
nazionale e internazionale, di appassionarmi a questo mondo sempre di
più… la vita mi stava offrendo una seconda possibilità di fare quello
che avrei sempre voluto e non me la sono lasciata scappare. Fatte mille
valutazioni, mi sono licenziata… e ora eccoci qua! Non è stato semplice,
non lo è tuttora perché sarebbe sbagliato far passare il messaggio che
il cambiamento radicale di vita è sempre una passeggiata. Però ne è
valsa la pena, lo rifarei mille volte… si deve sempre guardare avanti
con fiducia e ottimismo».
Com'è nato e come si è sviluppato il suo rapporto con Corrado Oddi?
«Per “L’Opinionista”, che ha sede in Abruzzo, seguivo tutto ciò che
accadeva nella provincia de L’Aquila. Quindi anche i suoi eventi e le
sue iniziative. Ricevevo i suoi comunicati stampa e, una volta
pubblicati, gli mandavo i link degli articoli. Finché un giorno mi ha
chiesto se fossi interessata a fargli da addetto stampa. E ho accettato
con molto piacere. Per me è un onore, un’esperienza che mi lusinga».
Quali sono i prossimi impegni dell'artista e come li seguirà?
«Diciamo che nel mondo dello spettacolo vige la scaramanzia. Quindi io
non so mai nulla in anteprima. E anche se sapessi i suoi impegni, non mi
permetterei di spoilerarli… per questo vi do appuntamento sul web e in
edicola a tempo debito!».
Lei e il calcio: passione di sempre o incontro casuale?
«Sì e no. Seguo lo sport da sempre, non solo calcio. È una passione che
ho condiviso con mio papà, che oggi non c’è più ma che è stato il mio
primo sostenitore all’inizio di questa mia esperienza. Casuale,
fortunoso è stato l’approccio con il calcio raccontato. Come dicevo
prima, ho avuto la fortuna di cominciare a scrivere direttamente di
Serie A, senza fare la tradizionale gavetta. Ho visto ciò come un’ottima
opportunità per recuperare il tempo perduto. Come la carta da giocarsi:
o la va o la spacca. Per ora sta andando…».
Ormai sono sempre più le giornaliste sportive calcistiche tra
emittenti e altri media. Come distinguersi tra tanta "concorrenza"?
«Cercando di fare ogni giorno il proprio meglio. Con passione,
sacrificio, impegno, dedizione, voglia di migliorare e migliorarsi,
umiltà di imparare e non sentirsi mai arrivati. Con tanta costanza e
tenacia e, per dirla con le parole usate dal compianto Gianluca Vialli
in una delle ultime interviste, “con tanta pratica».
Anche il calcio femminile ormai non è più un fenomeno di nicchia ma
una realtà consolidata e seguita. Anche da lei?
«Purtroppo poco. Il calcio maschile propone tanti appuntamenti,
quest’anno più che mai. E quindi, per questioni di tempo e di spazi
editoriale, si devono fare delle scelte, Oggi è così, domani chissà…».
Le sta stretto il contesto provinciale in cui opera?
«Abito a Genova. Quindi una città chiusa ma pur sempre una città, con
Milano a due passi. Ho la possibilità di vedere all’opera le squadre di
Serie A, di partecipare ad eventi. E poi c’è da dire che lavorare online
ha decisamente abbattuto le barriere; ne sono la prova io che
professionalmente sono abruzzese di adozione… quindi si può parlare di
contesto provinciale, di limiti, fino a un certo punto».
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E alla fine fu Mengoni
di Giuseppe Bosso
E alla fine il vincitore è Marco Mengoni. Forse
annunciata, forse no, l’affermazione dell’artista originario
del viterbese fa calare il sipario sull’edizione numero
73 del
Festival della canzone italiana.
Ma il successo di Mengoni con il brano Due vite
giunge alla conclusione di una cinque giorni in cui
le canzoni e gli artisti in gara sono in parte passati in
secondo piano, o comunque non proprio in prima linea.
È stato il festival del presidente Mattarella, ospite
d’onore alla prima serata ad applaudire Benigni. È
stato il festival degli ennesimi monologhi delle
presentatrici/presenze di serata, da Paola Egonu a
Chiara Francini. È stato il festival delle polemiche
per la presenza tanto annunciata e tanto temuta (e alla fine
manifestatasi in epistola letta da Amadeus) di
Zelensky. È stato il festival della furia (quanto
reale non teniamo a comprenderlo) di Blanco e dell’umana
fragilità di Gianluca Grignani. È stato il festival
della riscoperta degli anni 90 nella serata dei
duetti.
È stato soprattutto un ennesimo Sanremo che va in
archivio, e che ci dà appuntamento al 2024.
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Miriam Candurro, un’attrice in libreria
di Giuseppe Bosso
Da oltre dieci anni è un volto familiare agli affezionati
spettatori della storica soap opera Made in Naples
Un posto al sole, sebbene prima ancora di
vestire i panni di Serena Cirillo avesse avuto modo di farsi
conoscere per altre non meno importanti interpretazioni in altre
serie di successo, da Don Matteo a Capri.
Incontriamo
Miriam Candurro una sera di fine gennaio a Nocera
Inferiore presso il Bookstore Mondadori: l’attrice napoletana,
infatti, si è cimentata in una nuova sfida, che l’ha portata a
pubblicare per la casa editrice
Sperling &
Kupfer il suo primo romanzo, La settima stanza.
Ambientata a ridosso dei terribili giorni in cui l’Italia,
aggredita come il resto del mondo dal coronavirus, decide di
mettersi in lockdown, è la storia, raccontata a due voci, di
Giovanni, che suo malgrado si trova alle prese con un passato
che aveva cercato di mettersi alle spalle e che improvvisamente,
e nelle modalità più impensabili causate proprio dalle
restrizioni imposte dalla pandemia, si trova a dover nuovamente
affrontare, e di Anna.
È una storia che hai inventato da zero?
«No, non è inventata perché, specialmente la storia di Anna,
nasce dall’esigenza di essere raccontata dopo aver letto un’Ansa
relativa a una vicenda di cui si erano occupate le Iene.
Purtroppo di storie così se ne leggono tante, ma evidentemente
era un segno del destino perché quel giorno immaginai come si
potesse sentire questa ragazza, mi sono sentita inondata da
queste emozioni, positive e negative, e ho iniziato a scrivere
in prima persona come se le stessi vivendo. Una storia vera ma
non mia».
Come definiresti il rapporto tra i due protagonisti?
«Qualcosa che fa parte di quelle occasioni non vissute della
vita, non solo amorosa. Tutti noi, chi più chi meno, abbiamo
sicuramente avuto dei momenti in cui abbiamo pensato “ah se quel
giorno fossi arrivata prima a quell’incontro”, “se avessi
partecipato anch’io a quella presentazione”».
Una storia coinvolgente che ha già riscontrato ampio successo,
anche tra gli spettatori che tutte le sere su Rai 3 seguono da
ormai oltre un quarto di secolo le vicenda ambientate a ridosso
di Palazzo Palladini e delle quali Serena, il personaggio
interpretato da Miriam, è tra le più amate protagoniste. |
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