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Archivio Telegiornaliste anno XVIII N. 23 (707) del 28 settembre 2022
 
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TGISTE Angelita Ciccone, raccontare l’Irpinia di Giuseppe Bosso

Incontriamo Angelita Ciccone, volto di Città di Ariano.
Giornalista e mamma, oggi si può?
«Sì, organizzandosi. Perché una donna dovrebbe rinunciare alle sue aspirazioni professionali?».

Dieci anni fa la nascita dei tuoi tre gemelli ha suscitato molto interesse a livello mediatico, come capita in casi come il suo: non ritieni sia anche questa una conseguenza dell’eccessiva esposizione mediatica della società di oggi?
«Sicuramente avere tre gemelli non è una cosa di tutti i giorni. Ancora adesso molte persone si stupiscono».

Ti sta stretto il contesto della provincia irpina o senti maggiormente la responsabilità di essere portavoce di una comunità come quella di Ariano Irpino?
«Rimanere nella provincia ti preclude sicuramente molte cose, ma sono felice di essere portavoce del mio territorio, a maggior ragione di una bellissima terra come l’Irpinia che sono orgogliosa di raccontare per le sue problematiche ma anche e soprattutto per le sue bellezze».

Durante il periodo del lockdown e poi con il faticoso ritorno alla normalità com’è cambiato il tuo lavoro?
«Tantissimo; proprio in quel periodo Città di Ariano, la testata dove lavoro, è diventata punto di riferimento per tantissime persone; la nostra informazione è diventata fondamentale in quel momento».

Negli ultimi tempi, al di là del drammatico conflitto in Ucraina, hanno fatto molto discutere le dichiarazioni di alcuni imprenditori che lamentano la mancanza di manodopera soprattutto da parte di giovani che a loro dire non accetterebbero sacrifici e impegno: da madre, guardando in avanti, che futuro immagini per i tuoi figli tra le tante incertezze con cui quotidianamente dobbiamo confrontarci?
«Da mamma che ha sempre lavorato fin da giovanissima dico che i ragazzi vanno tenuti sempre impegnati, pur rispettando i loro spazi e i loro momenti di svago. Ma devono capire anche l’importanza del lavoro e dell’impegno che devono affrontare per diventare davvero persone adulte».

In questi anni qual è stata l’esperienza giornalistica che ritieni ti abbia maggiormente formata?
«Il periodo del covid ci cui mi parlavi; è un’esperienza che mi ha segnato e mi ha fatto capire, o meglio riscoprire, dei valori che mi hanno migliorata».

In passato ti sei dedicata al pianoforte che hai poi lasciato: in futuro è una passione che potresti riscoprire in ambito lavorativo, magari con una trasmissione a tema?
«Magari! Mi piacerebbe, ci penso; mi spiace aver lasciato questa passione, che è una forma di vita come tutta la musica».

Parafrasando una nota canzone, Angelita Ciccone cosa si aspetta dal domani?
«Sempre il bene. Sono una persona ottimista che non si abbatte mai e prende tutte le cose che succedono come occasioni di miglioramento».
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TUTTO TV Daria Luppino, la realtà dentro di noi di Giuseppe Bosso

Dalla tv siciliana a Raiuno; un’estate in movimento in cui si è alternata tra i due contenitori di Raiuno Camper e Weekly. Incontriamo Daria Luppino.

Come valuta questa estate in cui l’abbiamo vista dividersi tra Camper a Weekly?
«Molto positivamente, perché ho ricominciato, dopo una stagione difficile per tutti, a fare le cose che faccio con gioia, con l’impegno e la voglia di fare bene. Esigo molto da me stessa e pazientemente mi accetto».

Tra le storie di un’Italia in vacanza che ha raccontato in questi mesi quali le sono rimaste impresse maggiormente?
«L’Italia è un paese straordinario, bellissimo e siamo molto fortunati a viverci. Dalle Alpi alla Sicilia, ogni luogo che ho visitato è di una bellezza che incanta. Narrare l’Italia e gli italiani per me ha significato soprattutto raccontare la creatività, l’arte, la cultura, l’architettura. Nelle mie storie cercavo sempre lo stile, il gusto, la cura e il piacere, per la vita, che rende unico l’Italian way of life».

In prospettiva futura su quale versante dell’informazione / intrattenimento vorrebbe proseguire?
«Sono ancora giovane e vorrei comunque salvare i miei sogni. Mi viene da giocare con Matrix, uno dei film che amo, quando Morpheus dice “Prima o poi capirai, come ho fatto anch’io, che una cosa è conoscere il sentiero giusto, un’altra imboccarlo”».

Impegnata anche per l’Italia per eventi come il Premio Ischia che ha presentato con Tiberio Timperi: gioie e dolori di una vita costantemente da ‘ragazza con la valigia’, se la possiamo definire così?
«Mi piace stare in movimento, viaggiare, amo l’imprevedibilità. Ma sono anche una persona abitudinaria, attaccata ai miei riti quotidiani e, spesso, alle mie ossessioni. L’essere del sud, siciliana, mi ha salvato, mi ha dato quel senso molto antico, greco, di pazientare, di saper accettare i contrattempi e quel che sarà, sarà. Tra questi due opposti in fondo vivo bene».

Da laureata in psicologia che tipo di approccio segue nel rapportarsi alle persone che ha modo di intervistare?
«Ad interessarmi non è soltanto la realtà che ci circonda, ma quella che è dentro di noi. Cerco di capire dalle persone come e con quale profondità hanno attraversato la vita. Credo sia necessario aver vissuto intensamente qualcosa o qualcuno per avere cose interessanti da dire».

Dall’emittenza locale al servizio pubblico, quale pensa sia stata la sua marcia in più?
«Credo che sia stato fondamentale volere diventare ciò che sono. Io ho sempre saputo cosa mi piace fare, cosa accende la mia passione, il mio entusiasmo. Da bambina il mio desiderio più forte era sedurre l’attenzione degli altri, mi mettevo con un microfono in mano e dovevo stupire. Era una specie di impulso innato dentro, una frenesia, una dolcezza e a volte uno strazio. Mi sono sempre impegnata, ho lavorato tanto. Sono una tosta, studiavo all’università e facevo radio e tv. Sono propositiva, gentile, romantica, determinata in quello che faccio. Penso che il cuore, ha una sua intelligenza, sa quel che vuole, se hai la fortuna di sentirlo».

Cosa farà dopo questa estate?
«Condurrò insieme a Federico Quaranta Linea Verde Explora sempre su Rai Uno per sei puntate e poi... qualche sorpresa!».
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DONNE Dora Esposito, essere noi stessi sui social di Giuseppe Bosso

Blogger, scrittrice e molto altro, abbiamo il piacere di incontrare Dora Esposito, che ha riscosso un notevole successo editoriale con il suo primo libro, Un giorno ti racconterò, pubblicato per Arkadia Editore.

Dora, mi racconti anzitutto come nasce “Un giorno ti racconterò” e perché questo titolo?
«Nasce tutto da un’idea, o meglio da un consiglio di Silvio Muccino, che un giorno, chiacchierando, mi scrisse mi piacerebbe tantissimo leggere un tuo libro. In realtà era un’idea che avevo già da tempo, poi con l’incipit di Silvio, non ci ho pensato nemmeno un attimo e già dopo qualche settimana avevo messo su buona parte del racconto. Sul titolo preferisco lasciare al lettore scoprire il perché, sono sicura che capirà».

Giulia e gli altri personaggi del libro possono essere definiti figli del nostro tempo?
«Assolutamente sì, lo sono. Ognuno dei personaggi ha la sua storia a sé, ma che viviamo all’ordine del giorno; moltissimi mi hanno scritto di essersi riconosciuti nelle loro vicende, chi in Giulia, chi in Samuel, chi in Luca… siamo tutti un po’loro, per così dire.»

Possiamo dire che progressivamente si stia sdoganando il termine “influencer”?
«Sì, anche perché la parola ha tanti significati; capita anche a me di fare qualche pubblicità, qualche promozione di prodotti se me lo chiedono, ma ‘influencer’ è una parola che va di moda ed è vista spesso anche molto male; io invece non la penso così, per influencer si intende qualcuno che ‘influenza’, qualcuno che è portato a condizionare altre persone, sia per il suo comportamento, sia per altre cose, ma ognuno poi fa storia a sé. Questa prospettiva negativa, penso nasca soprattutto dal fatto, se mi concede, che spesso alcuni personaggi pubblicizzano prodotti anche non convenienti o non hanno poi questa grande influenza. Alla fine è un’espressione che assume varie tinte».

Tornare a Castellammare dopo aver vissuto a Milano per lei è stata più una ripartenza o un diverso modo di fare un passo in avanti?
«La mia è stata una vita altalenante; più che altro da pendolare. Sono tornata a Castellammare per alcune necessità, per me è una città come tutte le altre; Milano mi ha accolta, mi ha ospitata, non posso dirne male, come di altre città dove ho girato; mi adatto in qualunque posto vada e ogni città dove vado si adatta a me; Castellammare resta la mia città nativa, ovviamente come tutte le altre città ha le sue problematiche. Sono nata nella mia città ma mi sento figlia un po’ di tutta l’Italia, anche se ci resto legata, ci mancherebbe, con i pro e i contro. Si nasce, ma poi si cresce, anche in altri luoghi».

I social non rischiano a lungo andare di essere una maschera che soffoca la nostra vera identità, parlando anche della sua esperienza?
«Dipende da come li utilizzi. Se sei te stesso rimani così anche sui social, ma se ti crei un personaggio prima o poi la maschera crolla; mantenendo ferma la propria privacy io sono favorevole a un utilizzo di questi strumenti che comunque ci permette di essere sempre se stessi. E posso dire di aver conosciuto bellissime persone che tuttora sono miei amici; grazie ai social lavoro e porto avanti anche la mia opera, cose che non sarei riuscita a fare in altro modo».

Da madre il domani con le tante incertezze che stiamo vivendo le suscita più timori o speranze?
«Sono molto apprensiva, ho paura per i miei figli, i miei nipoti e tutti gli adolescenti che oggi devono misurarsi con un mondo che non fa per loro, un mondo sempre più cattivo; pieno di odio, pieno di concetti diseducativi e di disuguaglianza. Non dico che prima non fosse così, ma oggi noto questa preoccupante tendenza a far andare avanti l’odio, una moda che fa paura. Non ci si può fidare degli altri, la gente è diventata molto malfidata e ha ragione. E tende ad andare più verso forme di repressione piuttosto che progressione. Per non parlare poi della crisi governativa che implica molto quella lavorativa che obbliga i giovani, per quanto sgobbino, a emigrare dalla loro città che non offre loro alcuna prospettiva… nonostante questo, mi ritengo una persona ottimista, ma ai ragazzi dico sempre di guardarsi bene dal futuro, di saper scegliere cosa voler fare, che per le condizioni politiche ed economiche, il nostro Paese lascia molto a desiderare».
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