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Telegiornaliste anno XVII N. 34 (684) del 15 dicembre 2021
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TGISTE Josephine Alessio, poliedrica e sociale
di Silvia Roberto
Poliedrica, eclettica, amante della vita nelle sue mille sfaccettature.
Una passione che è riuscita a trasformare in lavoro con sacrificio, una
lunga gavetta ma anche con tanta determinazione e dedizione. In questo
numero per Telegiornaliste, con cui chiudiamo il 2021 augurandovi buone
feste e salutandoci in vista del nuovo anno, abbiamo intervistato
Josephine Alessio,
volto di punta del primo tg della Rai a reti unificate (Rai 1, Rai 3 e
Rainews24)
in onda dalle 5:00 alle 6:15.
Leggendo di lei ho trovato molto interessante, e per certi versi
anche unico, il suo amore e avvicinamento al giornalismo. Tutto comincia
da un treno, il Palinuro Express. Può raccontare agli amici di
Telegiornaliste come tutto ebbe inizio?
«Ne è passata di acqua sotto i ponti, come si dice. Lavoro in Rai da
tanti anni e prima ancora in altri canali televisivi. Ora vi racconto la
mia prima intervista. Durante il periodo universitario lavoravo part
time come hostess e mentre ero sul “Palinuro Express”, il treno che
trasportava gratuitamente i turisti nel Cilento, fui chiamata dal
responsabile per realizzare un sondaggio tra i viaggiatori sull’ indice
di gradimento del progetto. A quel punto mi consegnarono un microfono.
Chiesi: “Perché proprio io?”; “faccia tosta, curiosità, empatia con la
gente” fu la risposta. E da lì cominciò tutto. Mi piacque talmente
tanto, che decisi di trasformare una passione in un vero e proprio
lavoro, sostenendo l’esame da giornalista professionista dopo essermi
laureata in lingue e letterature straniere. Insomma gavetta,
preparazione, studio, volontà e totale dedizione mi hanno permesso di
realizzare il sogno».
E da lì, una lunga gavetta che la porterà dritta in Rai. Come avviene
questo passaggio?
«Proprio cosi, sono andata avanti senza fermarmi mai con pochissime
vacanze, “stavo sempre sul pezzo”, il divertimento era il lavoro, quando
fai le cose con passione non ti pesano. L’occasione però arrivò con il
“Cultural tg” realizzato dal Ministero per i beni e le attività
culturali. Ero la conduttrice del format, realizzavo i servizi, seguivo
il montaggio, l’editing e grazie ad una convenzione tra le parti, il tg
fu inserito nel palinsesto di Rai Utile. Successivamente il direttore mi
propose altre dirette su attualità, sociale, diritti umani. Li mi resi
conto, più che mai, di quanto fosse stata importante la lunga gavetta,
mi sentivo pronta, poche cose mi spaventavano perché oltre alla
conduzione, mi è sempre piaciuto ideare e curare le cose che facevo
dalle rubriche ai programmi tv. Poi sono approdata nella famosa
newsroom, il polmone dell’informazione, dove convergono tutte le notizie
dall’ Italia e dal mondo. Sono alla guida del primo tg della Rai a reti
unificate (Rai 1, Rai 3 e Rainews24) in onda dalle 5 alle 6.15, ma da
quando è nato, un esperimento diventato una realtà ineludibile per tutti
gli italiani che si svegliano a quell’ora. Apriamo l’informazione Rai,
anticipando anche gli eventi del giorno, un lavoro immane svolto di
notte con tutte le difficoltà del caso. Ricordo ancora il primo giorno,
sentivo una grande responsabilità per il percorso che la Rai stava
intraprendendo e visto il consenso e l’affetto del pubblico, possiamo
ritenerci molto soddisfatti».
Lei è sempre stata molto attenta al sociale, credendo in un settore
che ai tempi non godeva dell’importanza di oggi. Tanto da farlo
diventare il suo cavallo di battaglia quando è entrata nella grande
famiglia di Rainews24. Cosa l’ha spinta verso questa dimensione,
occuparsi delle fasce più deboli?
«Dipende da un mix di cose: vocazione, attitudine, valori tramessi dai
miei genitori e dalla madre spirituale con cui sono cresciuta in
collegio... e hai ragione quando dici che il terzo settore non godeva
dell’importanza di oggi perché quando iniziai ad affrontare le tematiche
sociali, nessuno se ne voleva occupare, mi suggerivano di cambiare “con
il sociale non andrai da nessuna parte, non farai carriera” mi dicevano
ma testarda come sono, decisi di insistere, parlarne in maniera
costruttiva, aiutando la gente per quello che potevo e soprattutto non
cavalcando solo i fatti di cronaca e sangue. Creai anche un format tv
che si occupava di sostegno a distanza e tanti bambini sfortunati
trovarono persone disposte ad aiutarli. Insomma Rainews mi diede la
possibilità di fare ciò che amo di più, mettere la mia professione a
disposizione della gente, delle fasce più deboli, creando rubriche ad
hoc finalizzate alle loro storie».
È diventata una delle giornaliste di punta del canale all news
conducendo il primo tg della giornata dalle 05:00 del mattino. Come si
sente adesso? È ciò che desiderava oppure ambisce a qualcos’altro, di
straordinariamente bello?
«Il ruolo di anchorwoman mi appaga, ma essendo una persona poliedrica
sono sempre a caccia di nuovi stimoli e tornare alla guida di un
programma di approfondimento o infotainment, non mi dispiacerebbe.
Finalmente potrei farmi conoscere meglio».
Parliamo di donne. Crede, in ciò che si dice, che per le belle donne
sia più difficile arrivare all’apice di una carriera, che devono
combattere il doppio, ma che dico il triplo degli uomini, per dimostrare
la loro bravura e professionalità?
«Ti rispondo con una frase della femminista canadese Charlotte Whitton:
Le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini per
essere giudicate brave la metà. Per fortuna non è difficile. Abbiamo
infatti una marcia in più, siamo multitasking, abituate a condurre una
vita con tante responsabilità, lavoro, famiglia, casa, genitori. Ma
questo talvolta è un’arma a doppio taglio. Le donne come sappiamo hanno
in media più difficoltà a trovare un lavoro, percepiscono salari più
bassi e faticano ad accedere a posizioni di potere. I fattori che
alimentano il divario sono diversi: la tendenza a far ricadere sulla
donna, le responsabilità di cura nei confronti di figli o parenti
anziani le spinge di fatto a restare fuori dal mercato del lavoro, a
lavorare meno ore rispetto agli uomini e a non perseguire avanzamenti di
carriera. Esiste inoltre un problema culturale, non si capisce perché a
parità di successi, l’uomo è stato bravo, la donna “raccomandata” per
non dire altro... qualcosa è stato fatto ma dobbiamo accelerare perché
nel 2021 è impensabile avere ancora poche donne al comando. Vorrei
vedere un giorno più Ursula von der Leyen, Janet Yellen, ecc. Poi la
svolta in Germania mi fa ben sperare: il nuovo governo Scholz sarà il
primo gender equal con otto ministeri rosa. Avanti tutta!».
Cosa dire ai giovani che si stanno avvicinando a questa professione?
La carriera nel mondo del giornalismo non è poi così scontata né facile
da realizzare.
«Insegnando ai giovani talenti dico sempre di crederci davvero. Il
nostro è un mondo difficile, ma la passione per l’informazione ti spinge
ad andare oltre. Serve gavetta, studio, conoscenza di una lingua
straniera e soprattutto non bisogna mai fermarsi alla prima porta “in
faccia”. Proponetevi, non abbiate timore, siate sicuri di voi stessi e
“perseguitate, tormentate” il vostro sogno come ho fatto io. Ho iniziato
giovanissima dalle piccole TV campane, essendo di origine canadese ma di
adozione salernitana. Prima di tutto ero costretta a trovare la
pubblicità per realizzare i miei programmi, pagare la postproduzione, la
troupe. Nelle tv locali non girano molti soldi, perciò dovevo aguzzare
l’ingegno. Sorrido quando ricordo che per darmi un tono con gli sponsor
fingevo al telefono di essere la segretaria di Josephine che
puntualmente non si palesava mai. Inizialmente tutto sembra difficile e
irraggiungibile ma essendo una persona testarda e fortemente determinata
non mi sono mai arresa. Uno dei miei principi ispiratori è “Barcollo ma
non mollo”, perché li fuori c’è un mondo competitivo, nessuno vi regala
niente, perciò armatevi di santa pazienza e con le giuste competenze
sono certa che anche voi riuscirete a realizzare il sogno della vostra
vita!».
La sua carriera è l’esempio che non si deve mai mollare. Che si deve
perseguire l’obiettivo con tenacia, determinazione e coraggio. Proprio
come ha fatto lei. Ma ora che è arrivata in cima, crede di aver dato e
detto tutto oppure ha altri progetti che vorrebbe veder realizzati?
Magari non nel giornalismo, in qualche altro settore...
«Secondo me, in cima non si arriva mai. C’è sempre tanto da conoscere e
imparare. Ogni esperienza è valida per la nostra crescita. Sono
poliedrica, eclettica, amo la vita nelle sue sfaccettature perché
riserva sempre novità, sorprese. L’importante è che siano progetti
stimolanti».
Che impronta vorrebbe lasciare in questo mondo?
«L’impronta della solidarietà strutturale e non di circostanza,
l’impronta della gentilezza, dell’educazione e del rispetto per il
prossimo. Un miraggio? Io ci provo».
Un’ultima domanda: dove possiamo seguirla?
«Sui social, in particolare su
instagram e sulla
pagina pubblica di Facebook. Si è creata una bella Alessio
community, ho tanti amici “virtuali”, tutti carini, educati, anche
perché non potrei tollerare un atteggiamento e un linguaggio diverso.
Leggo tutti i commenti e mi diletto ad interagire, mi inviano inoltre
tante foto scattate dai televisori per dimostrarmi che ci sono. Sono
simpatici, pieni di iniziative e a me piace postare le loro creazioni.
Mi riempiono di gioia, sono la mia forza ed io gli sono affezionata. E
come dico sempre io a fine tg: “auguro una splendida giornata a tutti”
incluso voi di Telegiornaliste!». |
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TUTTO TV Fine
riprese per La porta rossa 3
di Silvestra Sorbera
Si sono concluse le riprese della terza stagione
de
La porta rossa con Lino Guanciale,
Gabriella Pession e Valentina Romani.
Guanciale interpreta il fantasma del poliziotto Leonardo
Cagliostro, morto nella prima stagione. Con la sua
interpretazione ha cercato di esprimere l'atmosfera
gialla della serie mantenendo suspence fino alla fine.
L'attore avezzanese, diventato papà per la prima
volta del piccolo Pietro proprio mentre era sul set, ha
salutato il suo personaggio con un pizzico di
malinconia, con un post sulla sua
pagina Instagram in cui, attraverso una
citazione di Umberto Saba, ha voluto esprimere la sua
riconoscenza alla città di Trieste, location
della serie. “La fine non esiste, lo sappiamo.
Chiamiamolo nuovo inizio e accarezziamolo dolcemente”.
E altrettanta riconoscenza, nei riguardi del collega,
ha espresso Valentina Romani pubblicando una foto
accompagnata da un
lungo messaggio in cui ha ricordato i momenti
condivisi durante le riprese, al termine delle quali ha
dichiarato di provare una “sensazione è molto simile a
quella che abbiamo quando finiamo di leggere un libro in cui
ci siamo persi, immersi e riconosciuti, confusi e ritrovati”.
Non resta, dunque, che attendere la messa in onda su Raiuno,
previsa per il prossimo anno. |
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DONNE Silvestra
Sorbera, la mia Martina un mix di Tiziana Cazziero
Intervistiamo Silvestra Sorbera che ci racconta la sua
ultima fatica letteraria, Martina.
Martina è la protagonista del tuo ultimo romanzo, chi è e
come nasce l'idea di questa storia?
«Martina è una donna comune. All’inizio del romanzo è una
ragazza alle prese con l’esame di maturità. Cresce nel corso
del romanzo diventando una donna, una moglie, una madre.
Martina è tante donne insieme. La sua personalità, e quindi
il personaggio, è nato un po’ da un’inchiesta che ho portato
avanti per un giornale con il quale collaboro e un po’ dalle
varie donne che conosco. Donne che, per diversi motivi, si
sentono addosso il peso dell’etichetta che qualcuno,
solitamente un uomo, le ha appiccicato addosso».
C’è un messaggio nascosto nella tua opera?
«Sì, ma non lo svelo altrimenti abbiamo risolto il mistero
(ride). Leggendo il sottotesto capirete che Martina, così
come gli altri personaggi, si muovono all’interno del testo
seguendo il loro concetto d’amore. Martina probabilmente è
quella più confusa, è quella che ha perso la sua giovinezza
per seguire l’ideale romantico che le regala anni di
felicità. Un nuovo incontro la confonde nuovamente e forse,
e sottolineo forse, solo alla fine della storia sembra
trovare la sua strada che pagherà a caro prezzo».
Ti rivolgi a un pubblico specifico?
«No, la storia all’apparenza racconta la vita di una coppia
che viene travolta da una novità. I temi trattati sono
diversi: l’amore, la nascita e la prematura perdita di un
figlio, il successo, l’omosessualità, la separazione, la
vita felice di una coppia e di una famiglia».
Chi è Martina, c’è qualcuno nella vita reale che ti ha
ispirato questo personaggio?
«No, nessuno in particolare. Martina è un mix di donne che
ho conosciuto e che si portano dietro il ruolo che la
società le ha assegnato. Un ruolo che vivono come un peso,
donne che vorrebbero poter fare ma non riescono perché
ingabbiate in ruoli precostituiti».
Quali sono gli altri protagonisti della storia, cosa puoi
dirci di loro?
«Il protagonista maschile è Massimo. Un uomo che ama sua
moglie e la sua famiglia. Il suo amore all’inizio è fatto
d’attenzioni poi la carriera lo spinge sempre più lontano
dalla famiglia e il tempo da dedicare a moglie e figli è
sempre meno. Massimo è un uomo sempre presente, i figli
stravedono per lui che riesce sempre a trovare il modo di
renderli felici anche nel poco tempo che passa con loro.
L’altra protagonista è Isabella, coetanea di Martina ma con
una vitalità prorompente, molto diversa da lei».
Quando hai capito che la scrittura era nel tuo futuro?
«Ho sempre scritto, io sono una giornalista e ho iniziato
con la carta stampata, per poi passare alla tv e poi ai
webzine. Quindi vivo di parole, scritte o meno poco importa.
Diciamo dal 2009 però sento la necessità di scrivere anche
storie. Nel tempo poi la scrittura creativa è diventata
parte della mia vita».
Sei un’autrice che affronta diversi generi, trasporti il
lettore dal giallo al genere rosa, quale tra questi senti
più vicino a te?
«Sicuramente il giallo. Provengo dalla cronaca nera e quindi
sento molto vicino a me questo genere narrativo. E poi amo i
libri gialli e le fiction poliziesche italiane e non. Il
genere rosa, nel mio caso, è un po’ più marginale.
Solitamente sono veicolo di un pensiero, un concetto che mi
sta a cuore e che non trova spazio nel giallo».
Il commissario Livia è la protagonista della tua
serie scritta nel segno del giallo, come nasce l’idea?
«Ero giovane, una ragazza avevo 17 anni e mi ero appena
diplomata. Mio padre, che è un lettore accanito, legge La
forma dell’acqua di Andrea Camilleri e poi mi consiglia di
leggerlo convinto che mi sarebbe piaciuto. In effetti l’ho
amato tanto che proprio quel libro è stato poi oggetto della
mia tesi di laurea. L’idea di scrivere un giallo era già in
me ma quella lettura mi ha fatto dire: “proviamo”. Non
possedevo un pc e ha scritto il primo racconto (mai
pubblicato) con la mia macchina per scrivere. Non pensavo
che da quel pomeriggio il commissario Livia sarebbe
diventato il mio miglior personaggio».
Cosa devono aspettarsi i lettori per il futuro? A cosa
stai lavorando?
«Sicuramente la nuova indagine del commissario Livia e poi
una nuova raccolta di racconti dove la protagonista è una
giovane giornalista. Ho poi una storia familiare in mente ma
devo ancora finire di abbozzare il progetto».
Grazie mille. |
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