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Archivio Telegiornaliste anno XVII N. 33 (683) del 1 dicembre 2021
 
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TGISTE Laura Tecce, le mie Onorevoli Confessioni di Giuseppe Bosso

Abbiamo il piacere di incontrare Laura Tecce, conduttrice di Onorevoli Confessioni, trasmissione di Raidue alla seconda edizione.

Dopo un anno di Onorevoli Confessioni che bilancio trai finora di questa esperienza?
«Molto positivo. Intervisto esponenti politici non sui temi su cui dibattono ogni giorno nelle istituzioni, ma delle loro vite. A ormai trent’anni da Tangentopoli possiamo dire che quella percezione ‘anticasta’ che soprattutto nell’ultimo ventennio si era diffusa nel cittadino si sia in buona parte ridimensionata, nella consapevolezza che il denigrare la classe politica equivalga a denigrare il nostro Paese stesso, perché piaccia o no sono i nostri rappresentanti. Non dico che non ci siano le cosiddette ‘mele marce’, ma su mille tra parlamentari, ministri ecc. io sono convinta che la maggioranza sia formata da persone perbene, che intervisto partendo dalle loro storie e mettendo in luce il loro essere persone ‘normali’, con i loro interessi, le loro famiglie. Superando anche quella fase giustizialista, per così dire, che anche quei movimenti che avevano fortemente sostenuto hanno finito progressivamente per accantonare».

Tra gli ospiti che hai avuto quale ritieni sia stato più spontaneo nelle sue ‘confessioni’ e quale invece avresti voluto approfondire maggiormente?
«Tutti sono stati spontanei. Su alcuni innegabilmente ho dovuto lavorare più di introspezione, per una loro difficoltà nel raccontarsi a cuore aperto, come è stato per esempio per il governatore delle Marche Acquaroli. Ma è stato così per tutti, a parte qualche eccezione come Toti o la Malpezzi che sono veri e propri ‘vulcani’, si aprono davvero dopo quattro o cinque domande. Certo se devono parlare del loro partito o del loro leader si mostrano più ‘costruiti’ rispetto a quando devono invece ‘scendere in campo’ e parlare in prima persona del loro vissuto».

Quanto è stata importante la gavetta nel tuo percorso, tra stage a Porta a Porta e esperienze da inviata?
«Tantissimo. Il mio è un percorso che è durato davvero tanto, iniziato con uno stage a vent’anni. Senza quegli apprendimenti oggi non saprei parlare di politica in trasmissione; non è la stessa cosa che parlare di argomenti più leggeri o legati alla vita delle persone. E sono passata anche attraverso trasmissioni di altro tipo, che mi hanno abituato ad ascoltare, a saper rispondere. E soprattutto tengo a dirlo, io non seguo un copione, nel senso che il copione lo scrivo io ma poi tendo ad andare a braccio. Un mestiere come questo si impara giorno per giorno, certamente non con qualche post sui social che, devo riscontrare amaramente oggi, fa quasi pensare che basti per essere giornalisti. O fare un paio di ospitate in un talk show».

La scorsa estate, durante una tua ospitata a La 7 hai dichiarato che non vanno discriminate le persone che rispetto ai vaccini sono dubbiose: questa esposizione ti ha creato problemi nei confronti di chi non condivide questa tua idea?
«Premetto che io mi sono vaccinata, non sono scettica sui vaccini ma riguardo questa divisione manichea italiana che si fa tra guelfi e ghibellini per qualsiasi cosa, questo cercare la provocazione come ha fatto qualcuno andando a manifestazioni con questo atteggiamento che inevitabilmente ha portato a delle reazioni. Io non sono così, dico sempre quello che penso ma nel massimo rispetto di tutti, anche a livello politico dove le mie posizioni penso siano chiare ma non vedo chi non la pensa come me come un nemico da abbattere. Rispetto le posizioni di quelli che non si sono voluti vaccinare, ma certo non mi sono piaciute scene di persone che sono andate a manifestare senza mascherina, perché quelle regole, ci piaccia o no, sono poste anzitutto a tutela della salute collettiva, nel rispetto di quel ‘contratto sociale’ che vincola tutti anche quando non condividiamo alcune cose ma che dobbiamo accettare proprio perché facciamo parte di un sistema sociale, altrimenti finiremmo nell’anarchia».

Quasi due anni fa si diceva :”dopo il covid ne usciremo migliori”. Fermo restando che questa conclusione è ancora lontana, non pensi che si siano fatte troppe ottimistiche previsioni a riguardo di questo aspetto?
«Purtroppo il risultato è stato l’esatto opposto, vedo gente molto incattivita, anche come effetto di questo politically correct e questo buonismo che pervadono».

L’anno che verrà ci porterà un nuovo Presidente della Repubblica: non ti chiedo nomi, ma non pensi siano finalmente maturi i tempi per un presidente donna, magari non necessariamente espressione della cosiddetta ‘politica tradizionale’?
«Non mi pongo il problema se il prossimo Presidente della Repubblica, del Consiglio, della Magistratura o anche il mio capo sia una donna. A prescindere dal genere o dall’appartenenza quello che contano sono la professionalità e la competenza. Non ti so dire se i tempi siano maturi o meno ma certamente mi dispiacerebbe se si votasse un presidente donna in quanto tale, per eccesso di politically correct che non deve orientare una scelta importantissima, che andrà a cadere su una persona che sarà chiamata per sette anni a rappresentare l’Italia nel mondo».
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TUTTO TV Strappare lungo i bordi, comicità e sociale di Antonia Del Sambro

Su Netflix approda la serie animata di Zerocalcare, il fumettista più famoso e seguito di Italia soprattutto dai più giovani. Sono stati coraggiosi quelli di Netflix a osare con qualcosa di completamente fuori dal consueto e permettere a un artista che riesce a far nascere intorno a sé tanti consensi, ma anche molte critiche, di appropriarsi con le sue celebri “strisce” una piccola parte della piattaforma on-demand con più iscritti in assoluto.

Strappare lungo i bordi contiene in nuce come titolo l’intera poetica del progetto artistico, l’idea del suo creatore che, come quella di molti della sua generazione, è indotto a pensare che molte cose possono aggiustarsi o mutare completamente di prospettiva o di ragione strappandole lungo i bordi. Una filosofia dolceamara che fissa il mood di un’era e di una società e che se accettata è possibile anche superarla.

La comicità del prodotto è data dalla meravigliosa capacità di Zerocalcare di mettersi a nudo di fronte agli spettatori e ai lettori della sua arte e di alternare fragilità emotive ed esistenziali con una certa forma di riscatto personale e generazionale portata all’estremo.

Nella serie di Netflix tutti i personaggi hanno la sua voce, tranne il suo alter ego, la coscienza, il suo personalissimo grillo parlante, impersonato nei disegni da un enorme armadillo rossastro e che ha la voce di Valerio Mastrandrea.

Strappare lungo i bordi sta avendo un tale successo che la serie ha travalicato i gusti e l’interesse di una generazione facendo parlare e discutere tutti sui social e sui media in generale.

Un applauso a Zerocalcare che ha accettato, a suo modo, di diventare anche un prodotto incredibilmente commerciale e a Netflix di dimostrare a tutti che la televisione del futuro ha bisogno di una vera e propria evoluzione.
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DONNE Due chiacchiere con Tiziana Cazziero di Silvestra Sorbera

Oggi intervistiamo la prolifica scrittrice siracusana Tiziana Cazziero che ha da poco pubblicato il suo ultimo romanzo, una commedia natalizia dal titolo Una sposa sotto l'albero.

Tiziana come nasce la tua storia natalizia?
«Ciao, bella domanda. Non sai mai come capita, a volte i personaggi arrivano e ti raccontano una storia. Non c’è stato un vero input, un giorno mi è giunta un’idea e ho scritto una traccia, qualche settimana dopo è nata la storia di Una sposa sotto l’albero».

Ci parli dei tuoi protagonisti?
«Emma è la protagonista femminile della storia, rappresenta una parte del mondo femminile molto comune, quella delle donne illuse e deluse dalla vita, ma con tanta voglia di sognare. Così è nata Emma e una favola legata alla storia e alle origini dell’albero di Natale. Tobia è vero programmatore nato, pragmatico, preciso e non ammette eccezioni. Tutto deve avvenire seguendo uno schema studiato e organizzato. Quando Emma entra nella sua vita, queste sue certezze vacillano. Lei vive alla giornata, è una sognatrice e crede nel principe azzurro. Lui invece è cinico e rigido, un calcolatore. Entrambi hanno un passato che li rende vicini, seppur diversi, scoprono un qualcosa che può unirli. Lui ha un’apparenza che in realtà nasconde un passato, e qualche scheletro di troppo nell’armadio».

La storia vi svolge durante il covid. Come mai? Non è la prima storia che ambienti durate la pandemia?
«Questa storia è nel periodo attuale, ma non ho menzionato il covid come accaduto nella scorsa novella natalizia, Per colpa di una pandemia. Ho voluto scrivere qualcosa che portasse ai lettori una spensieratezza che si è persa negli ultimi anni. Il periodo è attuale, ma non c’è ombra covid, e speriamo sia di buono auspicio per tutti».

Hai all'attivo tante pubblicazione. Quale ti ha dato maggiori soddisfazioni?
«Ho scritto tante storie e di vari generi, sono certamente legata a E tu quando lo fai un figlio, non solo perché racconta una vicenda personale, seppur in chiave ironica, ma quest’opera è arrivata con la firma di un marchio editoriale importante, per cui per me, rappresenta una bella soddisfazione, insieme al romanzo Quell’amore portato dall’Africa, entrambi pubblicati con Rizzoli per la collana Youfeel».

Un genere che non ami leggere?
«Non amo gli horror, sono fifona. Per il resto leggo un po’ tutto».

E uno che non ami scrivere?
«Lo stesso come sopra, non potrei mai scrivere un Horror, mi fanno troppa paura».

Progetti letterari?
«Diversi, per la prima volta ho scritto un giallo, ma ancora non ha un vero destino scritto al momento, vedremo cosa spunterà. E poi c’è un’altra commedia in stand by e vedrà la luce la prossima primavera. E poi altri progetti, come la collana di una serie di racconti per bambini, e qualche progetto, ma ancora è presto per parlarne».
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