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Archivio Telegiornaliste anno XVII N. 30 (680) del 10 novembre 2021
 
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TGISTE Debora Ergas, ottimista a oltranza di Giuseppe Bosso

Incontriamo Debora Ergas, inviata della storica trasmissione di Raiuno La vita in diretta, che proprio in questi giorni ha festeggiato un’importante ricorrenza.

40 anni in onda, un traguardo importante: con quali sensazioni lo vive?
«Un po’di nostalgia, visti i cambiamenti che la professione ha conosciuto nel tempo. Ho iniziato quando giravamo con la pellicola, tagliandola con lo scotch, senza computer o telefonini. Ma è stato meglio così, non avendo supporti informatici ho dovuto giocoforza imparare a memorizzare tutto. Adesso sembra che basti avere uno smartphone per realizzare un servizio, una volta eravamo pochi inviati, soprattutto nel campo della cronaca giudiziaria che ho sempre seguito, e quindi avevamo la possibilità di creare un rapporto fiduciario a stretto contatto con le forze dell’ordine, con magistrati o avvocati. Oggi qualunque evento, anche non particolarmente eclatante, attira almeno una quarantina di telecamere».

Un traguardo che ha raggiunto partendo, se mi concede, da una posizione ‘scomoda’, l’essere figlia di una popolarissima e amata attrice. Qual è stata la difficoltà maggiore che ha affrontato da questo punto di vista?
«Io sono una figlia d’arte ‘atipica’, nel senso che non ho seguito il percorso di mia madre, e di mio padre produttore cinematografico di fama internazionale. È stato un privilegio per me ma sarebbe stato stupido da parte mia seguire quella strada, sarei stata sempre una brutta copia rispetto all’originale. Invece ho scelto il giornalismo, che mi è sempre piaciuto, per di più nello specifico la cronaca giudiziaria che è quanto di più lontano dal mondo dello spettacolo, potendo così affrancarmi da eventuali critiche (che comunque in un modo o nell’altro ci sono sempre) ma in ogni caso non ho mai subito il fastidio di eventuali confronti, sono felicissima di essere nata dai miei genitori e basta».

Il presente oggi è La vita in diretta. Quali sono state in questi anni le storie che l’hanno maggiormente coinvolta o colpita tra quelle che ha avuto modo di seguire?
«Mi colpiscono i casi in cui i bambini e i figli sono vittime: siamo programmati per morire dopo i nostri genitori, tendenzialmente, e vedere un padre e una madre soffrire per la perdita del loro figlio, peggio ancora se bambino, è terribile. Sono particolarmente legata alla storia di Marco Vannini per tanti motivi. Anche Simonetta Cesaroni, angosciante pensare che dopo 31 anni ancora sono ignoti i responsabili della sua morte. E ancora Michele Fazio, un giovanissimo cameriere di Bari che si è trovato in una sparatoria tra boss che hanno colpito lui invece di farlo tra loro. I suoi genitori hanno creato una cooperativa per sostenere i figli e le mogli dei detenuti, sono davvero un esempio da seguire per come hanno risposto alla violenza con la tenacia. I casi di minori scomparsi che ho seguito a lungo come Angela Celentano e Denise Pipitone. E come dimenticare i fratellini di Gravina, sempre in Puglia, caduti in un pozzo, bruttissima storia, morti da soli al freddo in un modo che nessun bambino dovrebbe mai soffrire, in solitudine. Come non dovrebbero soffrire i figli cacciati di casa dai genitori per aver rivelato la loro omosessualità, una cosa che non è accettata, come mi hanno raccontato due ragazzi che ho intervistato tempo fa. Mi colpisce il lato umano di queste storie, secondo me ognuna di queste vicende presenta da una parte e dall’altra dei lati da salvare, che bisogna trovare senza dare giudizi».

Senza dimenticare una delle grandi piaghe di questi nostri tempi di cui purtroppo ha spesso modo di occuparsi, cioè i casi di femminicidio così spaventosamente frequenti.
«Sì. Io vorrei vedere appeso dappertutto, sugli autobus, davanti alla scuole nelle farmacie, in ogni luogo il manifesto del 1522, il numero antiviolenza, perché ogni donna maltrattata dovrebbe sapere che ha la possibilità di chiedere aiuto e che purtroppo è davvero poco conosciuto».

Ma non pensa che ci stiamo, per così dire, assuefacendo a queste violenze?
«Si tende spesso a far ricadere la colpa sulle donne: perché non hai denunciato subito? Perché non te ne sei andata al primo schiaffo? Perché non hai chiesto aiuto? Facile parlare quando si ha uno stipendio adeguato, una famiglia normale. È di questo che parlerei più che di assuefazione; non si pensa al fatto che non è sempre facile scappare di casa senza poter contare su un altro rifugio; e poi perché dovrebbe essere una donna minacciata a doversi nascondere, a cambiare abitudini di vita? È un po’come succedeva in altri tempi durante i processi per stupro dove si puntava il dito sul fatto che una donna portasse la minigonna come per dire “se l’è cercata”. E allora perché non dire lo stesso, per esempio, di un uomo che indossa un orologio d’oro e poi passeggia per un quartiere a rischio venendo derubato? La donna non ha il diritto di essere rispettata a prescindere dal fatto che si veste come desidera? Dobbiamo anzitutto moderare noi il linguaggio, anzitutto eliminando questo termine orrendo, ‘femminicidio’, che abolirei perché parte da questa idea sbagliata. E anche nella terminologia usata per i titoli, che molto spesso finiscono quasi per uccidere una seconda volta quelle persone. Ma nemmeno va esasperata la rivalità donna-uomo; non tutti gli uomini sono negativi e violenti, dobbiamo diffondere una cultura del venirsi incontro».

Raccontare l’Italia in piena pandemia, tra paure per il virus e speranze di una ripresa: com’è cambiata la sua vita a partire da quell’ormai miliare inizio marzo del 2020?
«Sfortunatamente il covid l’ho avuto e anche in forma grave; era inevitabile visto che sono sempre in giro, in luoghi affollati. E l’ho preso molto prima dell’arrivo dei vaccini, a settembre del 2020. Ho passato 75 giorni in isolamento, non venendomi risparmiato nemmeno qualche viaggetto in ambulanza per crisi respiratorie… proprio per come l’ho vissuto sono molto attenta ma al tempo stesso nemmeno mi lascio prendere dal panico; mi sono vaccinata, porto sempre la mascherina, pretendo distanziamento anche in redazione, e in questo la Rai si è dimostrata davvero lungimirante con l’istituzione di una task force di esperti che si sono attivati fin da subito nel tracciare i movimenti di ognuno di noi che risultasse positivo, avvisando eventualmente chi era stato a contatto nelle ore precedenti. Mi sono sentita protetta, ho saputo proprio dalla task force di essere stata a contatto con una persona positiva, altrimenti avrei fatto il tampone a distanza di giorni. È una tutela estesa».

Futuro: più speranza o incognita le suscita questa parola?
«Sono un’ottimista a oltranza, nonostante tutto quello che le dicevo ho passato ultimamente. Il nostro Paese ha saputo risollevarsi tante volte, la tenacia non ci manca, e dobbiamo anzitutto trasmetterla ai giovani che si sono sfiduciati; per fortuna ci sono anche le notizie belle, cose che anche in Italia funzionano bene ed è qui che dobbiamo cercare di porre maggiormente l’attenzione sui nostri fiori all’occhiello, come il volontariato o le forze dell’ordine».

Ma non pensa che ci stiamo, per così dire, assuefacendo a queste violenze?
«Si tende spesso a far ricadere la colpa sulle donne: perché non hai denunciato subito? Perché non te ne sei andata al primo schiaffo? Perché non hai chiesto aiuto? Facile parlare quando si ha uno stipendio adeguato, una famiglia normale. È di questo che parlerei più che di assuefazione; non si pensa al fatto che non è sempre facile scappare di casa senza poter contare su un altro rifugio; e poi perché dovrebbe essere una donna minacciata a doversi nascondere, a cambiare abitudini di vita? È un po’come succedeva in altri tempi durante i processi per stupro dove si puntava il dito sul fatto che una donna portasse la minigonna come per dire “se l’è cercata”. E allora perché non dire lo stesso, per esempio, di un uomo che indossa un orologio d’oro e poi passeggia per un quartiere a rischio venendo derubato? La donna non ha il diritto di essere rispettata a prescindere dal fatto che si veste come desidera? Dobbiamo anzitutto moderare noi il linguaggio, anzitutto eliminando questo termine orrendo, ‘femminicidio’, che abolirei perché parte da questa idea sbagliata. E anche nella terminologia usata per i titoli, che molto spesso finiscono quasi per uccidere una seconda volta quelle persone. Ma nemmeno va esasperata la rivalità donna-uomo; non tutti gli uomini sono negativi e violenti, dobbiamo diffondere una cultura del venirsi incontro».

Raccontare l’Italia in piena pandemia, tra paure per il virus e speranze di una ripresa: com’è cambiata la sua vita a partire da quell’ormai miliare inizio marzo del 2020?
«Sfortunatamente il covid l’ho avuto e anche in forma grave; era inevitabile visto che sono sempre in giro, in luoghi affollati. E l’ho preso molto prima dell’arrivo dei vaccini, a settembre del 2020. Ho passato 75 giorni in isolamento, non venendomi risparmiato nemmeno qualche viaggetto in ambulanza per crisi respiratorie… proprio per come l’ho vissuto sono molto attenta ma al tempo stesso nemmeno mi lascio prendere dal panico; mi sono vaccinata, porto sempre la mascherina, pretendo distanziamento anche in redazione, e in questo la Rai si è dimostrata davvero lungimirante con l’istituzione di una task force di esperti che si sono attivati fin da subito nel tracciare i movimenti di ognuno di noi che risultasse positivo, avvisando eventualmente chi era stato a contatto nelle ore precedenti. Mi sono sentita protetta, ho saputo proprio dalla task force di essere stata a contatto con una persona positiva, altrimenti avrei fatto il tampone a distanza di giorni. È una tutela estesa».

Futuro: più speranza o incognita le suscita questa parola?
«Sono un’ottimista ad oltranza, nonostante tutto quello che le dicevo ho passato ultimamente. Il nostro Paese ha saputo risollevarsi tante volte, la tenacia non ci manca, e dobbiamo anzitutto trasmetterla ai giovani che si sono sfiduciati; per fortuna ci sono anche le notizie belle, cose che anche in Italia funzionano bene ed è qui che dobbiamo cercare di porre maggiormente l’attenzione sui nostri fiori all’occhiello, come il volontariato o le forze dell’ordine».
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TUTTO TV Emozioni in musica con The Voice Senior 2 di Antonia Del Sambro

Allacciate le cinture perché Rai Uno ha deciso di concludere l’anno in bellezza e regalare ai suoi spettatori la seconda stagione di uno show che ha tenuto incollati al televisore milioni di spettatori durante il primo ciclo di puntate. Il 19 novembre in prima serata torna The Voice Senior.

Il format con l’edizione tradizionale in cui concorrenti di ogni età che si sentivano cantanti o aspiranti tali potevano partecipare e farsi giudicare dalla giuria, è stato orami superato dalla nuova versione che ha mantenuto la particolarità dell’esibizione con i giurati di spalle a valutare solo ed esclusivamente la voce, ma ha ristretto la partecipazione ai solo aspiranti ultrasessantenni.

L’idea è stata vincente e il pubblico ha adorato la prima stagione, tanto che dalla Rai hanno deciso che anche per il 2021 il programma sarebbe stato ripreso e portato avanti dal 19 novembre al 23 dicembre, proprio per sottolineare quanto in azienda ci credono.

Super novità di quest’anno la “Oriettona nazionale” come viene chiamata ormai la Berti: una cantante che sta vivendo indiscutibilmente una seconda giovinezza con hit ai primi posti in classifica da mesi, copertine, interviste e ospitate che dallo scorso Festival di Sanremo la ha investita consacrandola diva e divina proprio tra i più giovani. Orietta Berti, per la seconda edizione di The Voice Senior affiancherà in giuria i colleghi della prima edizione, il rap Clementino, l’incontenibile Loredana Bertè, e Gigi D’Alessio, amatissimo musicista e cantante di talento.

I fan del programma già pregustano gli scambi di battute e la verve che si instaurerà tra le due “signore” della musica italiana, Berti e Bertè: regine vere e indiscusse ormai da decenni.
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DONNE Ell'N'Rock, fuoco e fiamme di Giuseppe Bosso

All’anagrafe Elena Strizzolo; dj rock/metal, model, event promoter, bikergirl. Conosciamo Ell’N’Rock.

Benvenuta Elena. Anzitutto come nasce questo binomio tra musica e motori che l’ha contraddistinta?
«Sono da sempre affascinata da tutto ciò che è il mondo dei motori... passione ereditata in famiglia da padre e fratello, motociclisti accaniti... io sono subentrata in questo specifico mondo da un paio di anni, conseguendo anche io la patente della moto e acquistando dapprima un Ducati Monster S2R800 ed ora una Ducati Scrambler 800, molto più affine a me come style rock e soprattutto ciclistica».

Ha dovuto superare diffidenze nel confrontarsi con questi due ambienti prevalentemente maschili oppure si può dire che questi stereotipi stanno venendo meno?
«Ho sempre amato accerchiarmi di amicizie maschili, sin da piccola adoravo andare a pescare con mio papà, o con gli amici di scuola andare a esplorare luoghi abbandonati anziché giocare con le bambole. L'adrenalina e il carisma del mondo maschile mi hanno sempre affascinato e pur essendo una donna molto femminile, il mio spirito è sempre stato ribelle e maschiaccio. Lavorare attualmente dentro ambiti che coinvolgano rock e motori, ambienti seguiti dal 90% unicamente da maschi, ha aiutato ulteriormente a creare il carattere e aumentare la forza della propria personalità».

Quali difficoltà ha incontrato negli ultimi due anni con la pandemia, soprattutto sul versante delle restrizioni agli spostamenti che ha provocato, e come ha cercato di fronteggiarle?
«Può sembrare un paradosso, ma il mio percorso artistico è partito proprio nel pieno del lockdown, quando da casa mia totalmente da autodidatta e senza mezzi specifici, ho creato un programma chiamato Quarantena in Rock in cui ogni domenica andavo in diretta sulla mia pagina pubblica di Facebook ELL'N'ROCK e tra un disco e l'altro durante il djset dalla mia camera raccontavo aneddoti personali della mia vita e del mio legame con il rock, il tutto contornato da tanta grinta' , ottimismo e talvolta balli scatenati. Questo è ciò che volevo far arrivare a chi mi seguiva da casa, pur non avendo mai avuto alcuna entrata economica da esso, ma solo tanta passione e voglia di divertirsi. Con 9 dirette Facebook, seguite da tutto il mondo, ho incassato oltre 500'000 visualizzazioni, ricevuto interviste e contatti anche dall' estero e a maggio 2020 ho avuto l' onore di essere contattata da Kiara Laetitia (mia attuale manager) ad esibirmi come unica dj internazionale all'Online Female Fest (1° festival femminile online nella storia della musica) dividendo questo "palco virtuale " assieme ad altre artiste importanti ed aprendo con il mio djset alla performance di Share Ross, leggendaria musicista delle Vixen. Da li in poi parte ufficialmente il trampolino di lancio di questa mia strepitosa avventura, creandomi nel tempo anche una mia linea di abbigliamento a mio logo e con grafiche create da me e un mio fan club ufficiale di supporto, in cui i miei fan più fedeli possono sostenermi per ricevere contenuti extra sul dietro le quinte dei miei eventi, regali gadgets con dedica personalizzati e importanti scontistiche sul mio merchandise di abbigliamento».

Nel corso degli anni ha avuto modo di confrontarsi anche con dj e biker stranieri e quali differenze ha riscontrato rispetto a quelli italiani?
«La figura della dj e influencer rock/metal è una figura molto di nicchia in Italia, basti pensare già solo al fatto che di moltissime date estive djset e speaker fatte dal vivo, solo pochissime date si sono tenute in loco nella mia regione il Friuli Venezia Giulia, tutta la maggioranza di date le ho tenute al di fuori, in altre regioni, a grandi importanti eventi musicali e motociclistici fino al confine con la Francia... dividendomi tra Piemonte, Lombardia, Toscana e Veneto».

Dj, biker, modella, promotrice di eventi: ma qual è la sua vera anima?
«La mia vera anima è una soltanto: quella di una semplice ragazza piena di sogni e obiettivi, che da sola con tanta determinazione, sacrifici e soprattutto saldi valori, si è creata un personaggio per seguire l'immensa passione tramandata dal papà Arnaldo verso la musica rock. Ed è una salita ed una sfida continua... fatta di tanto amore e dedizione verso ciò che sto facendo, con l'immenso sogno di poter un domani arrivare a lavorare/collaborare con una radio o una tv dedicata al mondo del rock e motori! Quello sarebbe il mio sogno più grande! Nel frattempo io continuo a darci dentro con tutta me stessa in ciò che faccio, senza mollare mai, e procedendo sempre a testa alta con il mio più grande motto: Fuoco & Fiamme!».

I suoi prossimi impegni?
«Attualmente sono reduce da un immenso tour di date estive, l'ultimo il mega evento DJREUNION, tenutosi qualche giorno fa a Solesino (PD) in Veneto, in cui ho diviso il palco assieme ad altri dj storici, esibendomi in djset con effetti di fuoco e stelle filanti! Una figata pazzesca! Nel mentre sto approfondendo sempre di più le collaborazioni che fondano rock e motori, con un calendario in arrivo per gli appassionati delle due ruote d'epoca. Ora il prossimo grande appuntamento è fissato al 29 gennaio, data in cui al Phenomenon di Novara aprirò con il mio djset ad una grande band metal statunitense, i Cirith Ungol, Ancillotti e altri dividendo il palco con altri grandi nomi legati a questa corrente musicale. E poi ad aprile è in previsione una novità pazzesca... che coinvolgerà la presenza di una star della musica rock. ma per ora ancora non posso svelare nulla e vi lascio con la curiosità! Ciao a tutti e stay rock forever!».
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Telegiornaliste: settimanale di critica televisiva e informazione - registrazione Tribunale di Modena n. 1741 del 08/04/2005
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