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Archivio Telegiornaliste anno XVII N. 19 (669) del 26 maggio 2021
 
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TGISTE Emanuela Marella, reinventarsi in libertà di Giuseppe Bosso

Incontriamo la giornalista piemontese Emanuela Marella, volto di emittenti come Quartarete Tv e Odeon Tv, per poi iniziare un diverso percorso professionale.

Cosa l’ha spinta a diventare freelance dopo anni di televisione?
«Con l’avvio del digitale terrestre l’emittenza regionale ha iniziato ad accusare i ‘colpi’ e in pochi anni molte tv hanno dovuto chiudere. All’inizio della ‘crisi’ ricevetti una bella proposta da un’emittente nazionale ma all’epoca non potevo lasciare la mia città, Torino. Ho abbandonato a malincuore la tv e ho iniziato il mio percorso da freelance con più agenzie collaborando per la realizzazione di servizi web. Mi occupo anche della presentazione di eventi di vario genere: sport, cultura, medicina e altro e col tempo ho iniziato anche a realizzare dirette sui social».

Pur con tutte le problematiche che comporta, questo ‘non avere padroni’, per dirla in estrema sintesi, le ha garantito anche maggiore libertà? Come ha cercato di ‘reinventarsi’?
«Sicuramente mi ha garantito maggiore libertà con la possibilità di gestire ‘meglio’ i miei impegni, ma come dico sempre io…la tv è la tv».

Come ha vissuto, da cittadina e da giornalista, l’arrivo della pandemia e i cambiamenti che ha portato a tutti noi?
«Nessuno di noi avrebbe mai immaginato che nel 2021 ci saremmo trovati a dover combattere contro un nemico invisibile e di non avere (fino a pochi mesi fa) un’arma per sconfiggerlo. È stato destabilizzante. Sono stati (e sono tuttora) mesi duri perché mentalmente ne abbiamo risentito tutti. Nell’ambito lavorativo durante le mie dirette sui social con psicologi e psichiatri ho capito che i giovani (in primis) hanno vissuto ‘male’ questi mesi con conseguente psicologiche che li hanno portati ad isolarsi dal mondo».

Di cosa si sta occupando adesso e quali sono i suoi prossimi impegni?
«Ora continuo a lavorare per agenzie, sto programmando i prossimi eventi che dovrò presentare e sono sempre attiva sui social con le dirette. Mi piacerebbe, oltre a un ritorno in tv, anche provare un’esperienza radiofonica (la radio mi ha sempre affascinata)».

Si può avere fiducia nel domani dopo questi due anni difficili che ancora non ci siamo lasciati alle spalle?
«Il nostro paese, economicamente parlando, ha subito un duro colpo e penso che ci vorrà molto tempo per un ritorno alla normalità ma non dobbiamo perdere la speranza e lottare sempre. Concludo con una frase che riguarda il mio lavoro da giornalista: Questo mestiere è fatto di tre cose: passione, fatica e curiosità».
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TUTTO TV Barbara Gubellini, impegno per la parità di Giuseppe Bosso

Con gioia ritroviamo Barbara Gubellini, conduttrice e autrice televisiva che da qualche mese ha iniziato una collaborazione con la testata Leggo. Da sempre attenta alla tematica della parità di genere, ogni settimana la vediamo affrontare, con brevi ma significativi video che stanno riscuotendo consenso (e suscitando discussioni).

Barbara, come nasce questa tua rubrica su Leggo e come l’hai fin qui sviluppata e con quali prospettive?
«Sono molto contenta, a febbraio avevo visto il direttore di Leggo, Davide Desario, intervistato in televisione e mi sono presentata a lui, mi ha ricevuto (come dovrebbe succedere sempre) nel palazzone dove c’è la sede del Messaggero, gruppo di cui fa parte la testata; avevo questo sogno di creare una rubrica dedicata alla parità di genere, tengo a sottolineare come Desario si sia mostrato fin da subito curioso e interessato all’idea di darmi questa possibilità; per fortuna gli editori ora più che mai stanno avvertendo le necessità di affrontare questa problematica; realizzare il format in questa modalità, con video che registro a casa, è stato per me ancora meglio; è diventato un appuntamento fisso del martedì».

Qual è stato il riscontro che hai avuto dai tuoi follower?
««Molto buono, anche se non mancano persone, anche tra i miei amici, che hanno trovato da ridire; ma non mi scoraggio, anche con il conforto che mi hanno dato persone come Lorenzo Gasparrini, filosofo femminista uomo; è un argomento divisivo anche tra le donne, come se stessi scardinando delle certezze che invece andrebbero messe in discussione; anche per i bambini credo sia giusto che questi argomenti vengano affrontati. Mi dà spinta anche il ricordo di incontri che ho avuto durante gli anni di Petrolio, come quello che ebbi con Linda Laura Sabbadini, direttore all’Istat, da sempre attenta all’argomento parità e che personalmente ho sempre adorato, o con Elisa Giomi, neo commissario Agcom, unica docente titolare di una cattedra sulle donne nei mass media. Mi rendo conto che le venti-trentenni di oggi sono una generazione molto più agguerrita della mia, ne sanno molto di più, vanno ascoltate. La Rai commissiona ogni anno un monitoraggio sulla parità di genere nei programmi, con numeri disastrosi: la televisione non si limita a raffigurare la realtà, ma contribuisce a crearla, e la realtà è che le donne anziane vengono come cancellate dalla televisione, la fascia d’età presente è tra i 19 e i 49 anni, contrariamente agli uomini che più invecchiano più sono presenti, e questo è un aspetto inquietante. Certo non mancano eccezioni come Franca Leosini. Storie maledette è uno dei programmi che adoro. Ma anche sul versante delle ospiti, esperte non sono mancate tra le persone che ho incontrato negli anni di Petrolio, ma sempre meno di quelle che meriterebbero di poter dire la loro».

Poliedricità è una parola che ha caratterizzato il tuo percorso professionale, in cui hai spaziato dall’ambiente all’attualità, e anche per la sessualità e, di sfuggita, la Formula 1: ma dove senti davvero di riuscire ad esprimerti al meglio?
«Si cresce e si cambia passo dopo passo; sono contenta di aver iniziato a parlare di ambiente tanto tempo fa quando iniziai a collaborare con Mario Tozzi al programma Gaia, così come poi ho proseguito a Petrolio realizzando servizi su sostenibilità e cibo sostenibile; se ci penso è insieme alle donne (di cui mi sto occupando adesso) il tema più caldo e attuale. Tutto può contribuire alla tua crescita e ora sono contenta di questa rubrica che ho proposto e sviluppato da sola, che è una cosa diversa dal prendere parte a un format già testato da tempo».

Sai che ti ho sempre apprezzato per il non cercare visibilità a ogni costo, per l’aver sempre cercato di puntare alla qualità del tipo di informazione nelle varie forme di cui ti sei occupata: hai mai pensato di cambiare questo tipo di approccio?
«Sono fatta così, c’è stato un tempo in cui magari mi sono lasciata guidare, come quando conducevo Sex Therapy su Sky, ma ho anche saputo dire dei no a proposte che magari mi avrebbero potuto dare visibilità ma che non mi avrebbero permesso di dire quello che sentivo di poter esprimere. All’inizio ho lavorato molto in redazione, l’arrivare in video è venuto dopo».

Dopo le esperienze a Uno Mattina e a Petrolio dove ti vedremo?
«Petrolio è purtroppo un’esperienza che si è conclusa con molto rammarico; posso definirlo davvero un piccolo ‘lutto’ per me e le colleghe che ci hanno lavorato per anni, avevamo trovato la nostra dimensione, si sentiva la nostra voce, prima che il format cambiasse; Duilio Giammaria che ne è stato conduttore e anima ora è diventato direttore di Rai Documentari, con cui sto realizzando una serie di ‘pillole’ di due minuti che andranno in onda il pomeriggio a partire dal 24 maggio per tutto il mese di giugno, La prima donna che..., realizzato con Alessandra Bragadin, con il patrocinio delle Pari Opportunità, in cui, con la voce narrante di una ragazza giovane, raccontiamo storie di donne che sono state le prime in Italia nei loro campi, dalla politica all’economia, o anche a guidare un autobus o anche storie di coraggio come Franca Viola, la prima donna a ribellarsi al matrimonio riparatore. La prima protagonista sarà Angela Giussani, colei che con la sorella Luciana realizzò negli anni ’60 Diabolik, una sovversione per l’epoca anche per essere il primo ‘eroe negativo’ della fumettistica».

Come hai vissuto, anche da mamma, il dover abituarsi a convivere con questa pandemia? Pensi che questa esperienza abbia cambiato qualcosa nel tuo modo di affrontare la vita di ogni giorno?
«Tantissimo. Non mi ha tanto impaurita la malattia in sé, ma l’impatto che ha avuto sul nostro modo di vivere, e ancora adesso faccio un po’ fatica a ‘riaffacciarmi’ al mondo. Soprattutto per i bambini ritengo sia stata impattante, il mio secondo figlio l’anno scorso era in prima elementare e ha perso molte cose, rispetto a quelle che aveva fatto il fratello. Per fortuna almeno le scuole hanno continuato a funzionare, ma resta quel ‘vuoto’ legato al non vedersi con gli amici al pomeriggio, anche se la vera sofferenza, di cui non credo ci abbiano fornito i dati reali, è sempre delle persone che ancora adesso hanno vissuto il virus in presa diretta, con ricoveri in terapia intensiva. Sofferenza che ha finito per creare questo vero e proprio ‘odio sociale’ che terribilmente esprimono quelle ragazze intervistate che sono arrivate a dire ‘preferisco la mia libertà alla vita di mia nonna’, frasi che fanno venire i brividi».

IIn conclusione, Barbara, ti ha messo più in difficoltà Marzullo quando sei stata sua ospite o io in tutte le volte che ci siamo incontrati in questi anni?
«Sicuramente tu – ride, ndr – che mi hai seguito con maggiore attenzione. Da Marzullo anche è stata una bella esperienza, anche se mi è dispiaciuto non poter cantare nel suo studio!».
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DONNE Francesca Giugliano, un diario di emozioni di Vivian Chiribiri

Oggi conosciamo Francesca Giugliano, una giovane scrittrice al debutto con il suo primo romanzo.

Sei una scrittrice emergente e il tuo primo romanzo Parlo ancora di te è stato pubblicato un paio di mesi fa. Ti va di parlarci un po' della storia che racconti o di quello che ti ha ispirato a scriverla?
«Ma certamente! Parlo ancora di te racconta, sotto forma di diario, le esperienze vissute dalla protagonista, all'epoca adolescente. Racconta del suo primo amore, una sua compagna di classe, oltre che amica del cuore, tra amore, bugie, tradimenti e delusioni. L'ispirazione era già nel mio cuore; la mia musa, citata nella dedica, mi è stata accanto per anni».

Chi è avvezzo alla scrittura sa che quando si scrive, solitamente, lo si fa anche per lanciare un messaggio forte o no che sia. Parlo ancora di te che tipo di messaggio vuole trasmettere?
«Come ho scritto anche nelle note d'autrice, alla fine del romanzo, il mio obiettivo è quello di lasciare qualcosa di buono nel cuore dei lettori e spero di esserci riuscita con chi abbia letto Parlo ancora di te».

Come nasce in Francesca Giugliano l'idea di scrivere un romanzo?
«Fin da bambina ho sempre amato la lettura, era il mio rifugio. Ispirata dai miei autori preferiti, iniziai a coltivare dentro di me il sogno di poter diventare una scrittrice. Già da piccola iniziai a scrivere storie brevi, per poi dedicarmi alle fan fiction e, successivamente, a veri e propri romanzi. Purtroppo una buona parte di questi li ho persi durante il nubifragio del 2015, tra questi c'era anche Parlo ancora di te, avevo perso la copia fisica, ma la storia era nella mia mente e sono riuscita a riassemblarla e a portarla alla luce».

Parlo ancora di te è un romanzo che mette in luce aspetti psicologici prettamente femminili. A chi vorresti, o a chi ti sentiresti di consigliarne la lettura? Cosa possiamo imparare da queste pagine?
«Parlo ancora di te segue il punto di vista di una ragazza asociale ed insicura che, piano piano, muta il suo carattere, acquistando sicurezza, ed è scritto da me che sono una ragazza, quindi sì, appartiene ad un universo prettamente femminile, ma non per questo non può conquistare l'interesse di un pubblico maschile. Credo che la lettura sia per tutti, io, personalmente, amo svariati generi, indipendentemente dal target consigliato. Molte persone che hanno letto Parlo ancora di te lo hanno definito molto scorrevole e adatto ad un pubblico giovane, secondo alcuni potrebbe anche essere d'aiuto per chi si trovasse in una situazione simile a quella della protagonista e ciò non può farmi che piacere, anche se io ho voluto semplicemente raccontare la sua storia e farla conoscere agli altri».

Come hai vissuto l'esperienza della stesura del romanzo? Ti piacerebbe pubblicare ancora?
«La storia l'ho scritta abbastanza velocemente, perché l'avevo già nella mente da molti anni prima. L'ansia è iniziata a salire prepotentemente quando ho dovuto adattare il tutto per la stampa, la scelta della copertina poi mi ha messo una tensione indescrivibile. Infatti fino a quando non ho inviato il tutto ho avuto un peso allo stomaco e non pensavo ad altro. Sto lavorando già a due nuovi romanzi, quasi in contemporanea, ma darò ad uno dei due la priorità di pubblicazione».

Oltre alla passione per la scrittura sei appassionata di musica. Se potessi scegliere di trasformare il romanzo in un brano, a chi chiederesti di suonarlo?
«Adoro la musica, ho molti artisti nel mio cuore. Infatti il titolo Parlo ancora di te è proprio un tributo a E parlo ancora di te di Mia Martini, da sempre una delle mie artiste preferite. Se fosse ancora tra noi, sarebbe certamente lei la mia scelta».
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