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Archivio Telegiornaliste anno XVII N. 18 (668) del 19 maggio 2021
 
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TGISTE Valeria Coi, rinascere... in libreria di Giuseppe Bosso

Giornalista e scrittrice, già volto di Telerama, incontriamo Valeria Coi.

La seconda volta che sono nata, il titolo del tuo libro: quanto c’è di autobiografico in questo?
«Un pomeriggio di primavera mi ritrovai seduta sul divano in uno stato quasi di catalessi, non avevo voglia di fare niente, avevo preso in mano un libro, ma sentivo uno strano stato d’ansia, non riuscivo a leggere. Ero alle prese con un percorso molto difficile e anche doloroso su me stessa, avevo buttato all’aria tutto quello per cui avevo lavorato per nove anni, una storia d’amore che, almeno allora, pensavo fosse importante. Gli esseri umani hanno bisogno di amare a volte più che di essere amati, e quando perdono il riferimento al quale riversare le loro attenzioni e il loro amore, hanno la sensazione di non avere un obiettivo, la sensazione è quella di una solitudine infinita. Ecco, io mi sentivo così. A un certo punto ho cominciato a scrivere, come se qualcosa dentro di me mi avesse dato una spinta per farlo, ne avevo bisogno. L’attacco di quel pensiero fu La seconda volta che sono nata mi trovavo nella sala d’attesa di un pronto soccorso…. Era la verità, dieci mesi prima avevo vissuto un’esperienza molto forte, ho avuto paura di morire, non so se augurarlo o no una cosa del genere, nel senso che, se tutto finisce bene, è l’esperienza più autentica che un essere umano possa attraversare, ti cambia completamente; è un viaggio, un viaggio che si fa internamente e si fa in più passaggi. Dapprima hai la sensazione di essere all’interno di una centrifuga, poi ti senti catapultato su un aereo che viaggia a una velocità indescrivibile e tu sai che non c’è il pilota, a quel punto ti manca l’aria, tremi, hai bisogno di piangere ma nemmeno ci riesci; poi cominci a trattare con il destino, barattando ogni cosa pur di restare vivo, fai le promesse più assurde, anche quelle che sai che sarà difficile mantenere. Queste prime fasi arrivano subito, insieme alla paura, e durano qualche minuto. Poi, nelle ore successive, resta l’ansia e una forte malinconia, uno stato di calma apparente, a quel punto di solito si comincia a pregare. A me è successo così. Ecco, dopo questa digressione, che però mi sembrava necessaria per poter rispondere in maniera meno banale possibile alla domanda, posso dirti che sì, La seconda volta che sona nata è figlio di un’esperienza personale che mi cambiato completamente la vita e il mio modo di approcciarmi a essa. Naturalmente l’amore, ogni tipo di amore; quello vero di una ragazza poco più che adolescente, quello sbagliato da giovane, quello infedele e meschino da donna matura; è il perno attorno al quale ruota la storia di Marta, la protagonista. Il libro, di cui alcuni passaggi sono romanzati, si sviluppa in un dialogo con lei che racconta della persona che era prima di quella iniziazione che ha dato origine a una nuova donna, da qui il titolo La seconda volta che sono nata. Se me lo permettete, ricordo l’editore, che è il Raggio Verde».

Gioie e dolori di essere giornalista nel Salento, terra meravigliosa e di grande storia.
«Credo che ognuno ami la propria terra e creda che sia la più bella di tutte, e qualora cosi non fosse; perché in realtà così non è, considerato che di posti bellissimi ce ne sono un’infinità, soprattutto in Italia; come dicono a Napoli Ogni scarrafone è bello a mamma soja. Non che il Salento sia uno scarrafone, ci mancherebbe… è che per me è la terra più bella che esista, pur comprendendo che ci sono anche altri posti molto belli. Ma i luoghi hanno un valore affettivo e gli affetti sono emozioni… e le emozioni si possono dissimulare, ma non si possono cambiare. Il Salento è incontro di mari e culture, ricchissimo di paesaggi e opere architettoniche, a partire dal fastoso barocco della bellissima Lecce. Ha poi delle coste mozzafiato sia sul versante adriatico che su quello ionico. Il Salento ha un’identità molto forte; e anche i salentini sono persone con grande fierezza, dignità e orgoglio. Il Salento si identifica anche nelle abitudini, nei riti; nei dialetti, tanto diversi in paesi geograficamente molto vicini; è una terra di grande fascino, la terra che per prima vede sorgere il sole in Italia; ha delle potenzialità enormi, alcune ancora inespresse secondo me, ma questo è solo il mio pensiero. Per quanto riguarda il mio mestiere, svolgerlo nel Salento non è semplice, come immagino non lo sia in più parti d’Italia oggi. Ma questo è un lavoro che si fa prima di tutto per passione, con grande slancio ed entusiasmo, se così non fosse non saremmo giornalisti».

Come ha cambiato la tua vita, professionale e privata, la pandemia e come hai cercato di adeguarti alle restrizioni che ci sono state imposte?
«A dire la verità io non ho sofferto molto. Il lavoro all’inizio ha sbandato un po’, anche perché non sapevamo bene cosa fare e come. Con il tempo, però, anche il lavoro ha ripreso i suoi ritmi, sia pur attraverso incontri virtuali. Anche se io, che seguo anche lo sport, ho vissuto un po’ meno le restrizioni, perché già la scorsa estate avevo ripreso ad andare allo stadio appena il campionato è ripreso, così ho fatto anche quest’anno, sin dall’inizio. Gli altri impegni legati al lavoro sono stati adattati alla situazione. Le restrizioni in generale non sono state un grande problema, in casa sto bene, ho una famiglia con la quale amo condividere ogni cosa. Abbiamo trascorso le sere a guardare film, a leggere dei libri a letto, oppure mangiare la pizza davanti alle partite di calcio, altri bei momenti li abbiamo trascorsi giocando insieme a battaglia navale o coi giochi da tavolo. Da questo punto di vista io ho addirittura vissuto questo periodo come un’opportunità per conoscere meglio me stessa e misurarmi coi miei limiti. Mi mancavano molto le cene con gli amici, quello amicale è un aspetto molto importante della mia vita, ma abbiamo dovuto adattarci e adottare soluzioni alternative come quelle delle videochiamate, oppure ci siamo incontrati in gruppo via Skype. Insomma, abbiamo tenuto botta, l’amicizia è salva».

Quali sensazioni ha riscontrato nelle persone che hanno letto il tuo libro?
«Sono stata inondata di messaggi di ogni tipo: da donne che sono state tradite, donne che conoscono la violenza, anche quella verbale, spesso troppo sottovalutata; donne che hanno vissuto l’esperienza dell’aborto, donne che hanno vissuto un lutto che le ha annichilite; mi hanno scritto anche alcuni uomini che avevano due donne e mi raccontavano di amarle entrambe, altri che non riuscivano a non tradire pur pentendosi ogni volta, insomma… ho notato che i lettori avevano bisogno di raccontarmi che cosa che riguardava loro, avevano visto e rivissuto nel mio libro. Ho compreso una cosa dai tanti messaggi che ho ricevuto: ho capito che la vita di Marta è la vita di molte persone che non riescono a parlare, a raccontare di quello che vivono e sentono, persone che preferiscono mentire e far finta di essere altro per potersi guadagnare il consenso della famiglia e della società, niente di più distruttivo per un essere umano. Ho capito che la vita di Marta non è solo quella di tante donne, ma è anche la vita di molti uomini, quelli che, lasciandoci prendere da un’emozione di pancia, giudichiamo infami, e invece a volte sono soltanto esseri fragili, insicuri, vigliacchi senza meta; spesso persone incompiute. A questo punto dovremmo addentrarci sul significato delle bugie e della loro genesi, dei tradimenti e delle umiliazioni che riceviamo da chi amiamo; e magari anche sul significato dei messaggi che la vita, il destino, Dio per chi come me è credente, ci invia. Ma potremmo stare a parlare per un giorno intero, senza comunque riuscire a dipanare questa intricata matassa. Spesso durante le presentazioni, quando i presenti ponevano delle domande, prendeva vita una specie di dibattito; e il bello era che a volte non ero io a rispondere, ma si rispondevano tra di loro. Si generava confronto, io osservavo e ascoltavo, è stata una delle esperienze più belle della mia vita. La seconda volta che sono nata tocca tanti argomenti, e lo fa in maniera molto forte, provando a scavare dentro. E’ accaduto spesso che alla fine il lettore non sia riuscito nemmeno a prendere una posizione, qualcuno mi ha detto anche di aver riflettuto su opinioni delle quali fino ad allora era saldamente convinto. I lettori hanno dato molto a Marta, anzi, credo che abbiano completato la sua storia. Già, perché credo che un libro sia sempre completato dal lettore, altrimenti resta un oggetto incompiuto. La seconda volta che sono nata, grazie a chi lo ha letto, oggi ha un’anima… anzi più anime».

I tuoi prossimi impegni?
«Ho finito di scrivere un libro qualche mese fa, aspetto che le restrizioni anti contagio siano meno rigide per poterlo presentare, non mi va di farlo via web, il rapporto umano vero e proprio è per me un elemento insostituibile. L’idea è nata proprio da questi confronti che ho vissuto durante le presentazioni de La seconda volta che sono nata. Parla di tradimenti, ma lo fa in una chiave molto più ironica. Del resto credo che avere le corna, se non è capitato a tutti, poco ci manca. Forse chi non le ha, probabilmente è solo perché non le ha mai scoperte. Prendersi troppo sul serio è un errore che commettiamo spesso, ma in alcune situazioni sarebbe molto più salutare riuscire a superare questo limite. Poi, è chiaro, ci sono tradimenti e tradimenti; ci sono quelli che durano anni e coinvolgono le emozioni, che secondo me sono quelli veri, e ci sono le scappatelle, che invece le ritengo una tentazione a cui si è ceduto; un errore veniale, se errore lo si vuole definire. Ma questa è un’altra storia…».

“Detesto le ingiustizie verso i più deboli”, così ti presenti su instagram: in quest’epoca come si può fare?
«Si può fare partendo da noi stessi, da quello che tolleriamo ogni giorno, da quello che tacciamo anche quando ci accorgiamo che non è giusto. Ma bisognerebbe partire dal vivere quotidiano, da un vecchietto davanti al quale un’auto non si ferma per farlo attraversare, per esempio. La codardìa morale credo sia uno dei mali di questa società. Non c’è, a mio avviso, un forte senso di responsabilità sociale nei cittadini, ognuno pensa a sé stesso infischiandosene di cosa accade fuori dal suo orticello. Questo distrugge una società, la frammenta, la divide, la affligge. Vorrei concludere con una citazione di Voltaire che mi sta molto a cuore: “Ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non ha fatto”, io la penso così”».
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TUTTO TV Tutti pazzi per il calcio Antonia del Sambro

Ed eccoci finalmente alle tanto sospirate serate estive dove si mangia anguria, si beve birra gelata e si gusta il calcio in televisione. Dall’11 giugno all’11 luglio la Rai e Sky sport trasmetteranno in chiaro le partire degli Europei 2020 posticipati di un anno causa pandemia.

Un ritorno del calcio che conta e del tifo nazionale che è augurio per tutti, non solo per gli appassionati di sport, un nuovo modo di ritrovarsi insieme sempre con le precauzioni del caso, ma con una speranza in più nel cuore.

Tutte le partite saranno trasmesse in diretta TV e streaming, e qui in l'Italia sono state due emittenti ad assicurarsi i diritti di trasmissione degli incontri. Ogni spettatore avrà la possibilità di scegliere se guardare Sky e tutte le 51 partite del torneo, o la Rai che trasmetterà solo una selezione di 27 gare, tra cui le gare della Nazionale con l'esordio contro la Turchia, e le migliori proposte dal calendario della manifestazione. Analogamente, le partite saranno disponibili sulle due piattaforme streaming delle TV: Sky Go e RaiPlay.

La finale degli Europei 2021 è in programma l'11 luglio a Wembley e anche questa sarà trasmessa in chiaro sulle due piattaforme che si sono aggiudicate i diritti. In ogni caso, ovunque si deciderà di guardare le partite sarà comunque grande calcio per tutti e una sorta di ritorno alla normalità di cui si ha assolutamente bisogno. Il calcio unisce da sempre anche quando si sta fisicamente lontani e cosa allora meglio della Nazionale azzurra per sentirci di nuovo parte di una grande comunità?
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DONNE FraSté, graffi del cuore di Giuseppe Bosso

Incontriamo FraSté, all'anagrafe Francesca Stefania Rizzo, autrice della silloge poetica illustrata Dai graffi del cuore nascono parole, edita da PubMe per la collana Gli scrittori della porta accanto.

Dai graffi del cuore nascono parole: come mai questo titolo e cosa rappresenta per lei?
«Il titolo è nato in modo molto spontaneo quando, rileggendo le prime poesie che ho messo su carta, mi sono resa conto che quelle parole uscivano direttamente da graffi che avevo sul cuore e che avevo evitato di guardare per lungo tempo; è stata una sorta di resa dei conti con quei vecchi dolori e delusioni che solitamente mettiamo da parte per mancanza di tempo, ma soprattutto di coraggio, e che proviamo a dimenticare. Durante la pandemia, mi sono ritrovata sola per quasi 3 mesi e, ritrovarmi ad ascoltare queste parole che spingevano per uscire è stato inevitabile, quindi mi sono arresa e ho deciso di aprire tutti quei graffi per consentir loro di raccontare quello che avevano da dire. Il progetto, così come il titolo, ha rappresentato per me un momento assolutamente catartico e terapeutico, un’occasione impensata per imparare a vedermi, a perdonarmi e ad accettarmi con i miei fallimenti e le mie delusioni. Lo considero la mia prima, unica e vera dichiarazione d’amore… e che sia arrivata da me stessa per me non ha prezzo. Sempre dal titolo l’idea di definire ‘graffi’ le mie poesie e di raccontare con dei miei disegni quelle emozioni che spesso, prima che con parole, si manifestavano con immagini».

Come è nata questa sua esperienza editoriale e quali canali ha utilizzato?
«L’esperienza editoriale devo ammettere che è nata davvero per caso o per gioco. Una volta organizzato il mio ‘non-progetto’ in un progetto, impaginato, con una copertina e un senso logico e organizzativo, avevo deciso di tenerlo per me, come un regalo speciale. La sfida è nata dopo aver fatto leggere i miei graffi ad alcuni miei amici e aver mostrato loro il risultato finale… mi hanno invitata a provare a pubblicare, cosa a cui non avevo nemmeno mai pensato! Ho avuto un contatto da una mia amica e ho provato ad inviare il manoscritto e, sorprendentemente, questa persona si è dimostrata immediatamente interessata ed entusiasta… ho capito che forse i miei amici non avevo torto e, senza pretesa alcuna, durante le vacanze che non ho fatto, ho fatto una ricerca sul web e ho inviato il mio progetto a qualche CE sincerandomi che trattasse il genere. Poi è successo l’inaspettato… tra fine agosto e inizio settembre ho ricevuto 15 proposte di pubblicazione! Ho potuto addirittura scegliere e sono stata travolta da un’esperienza che mi ha sorpresa e coinvolta totalmente e in tempi brevissimi… perché a inizio ottobre il libro è stato pubblicato!».

Qual è stato il riscontro che ha avuto dai lettori che l’hanno contattata?
«I riscontri che ho avuto e continuo ad avere sono assolutamente emozionanti, emozioni in cambio di emozioni. Sapere di essere riuscita a toccare chi mi ha letta, sapere che le mie parole arrivano e che chi le legge ci si immedesima, sapere che i miei graffi stimolano quelli dei lettori invitandoli a fare con me questo viaggio nelle emozioni… mi rende assolutamente felice e soddisfatta di questa avventura. Non chiedevo altro, dato che decidere di condividere una parte di me non è stato semplice perché mi sono messa completamente a nudo mettendo sul piatto delusioni, dolori, fallimenti e umiliazioni! Ho deciso di provare a condividere questa parte di me perché a me ha fatto bene e affrontare il dolore scaturito dai miei graffi mi ha regalato leggerezza; ho pensato che sarebbe stato bello che lo stesso potesse succedere a chi mi avesse letta… non avevo altro scopo che abbracciare con le mie parole, incoraggiando a ritrovare se stessi per imparare ad accettarsi e a prendersi per mano».

Parafrasando il tempo che stiamo vivendo, la pandemia lascerà, secondo lei, dei graffi da cui potrà nascere un domani migliore?
«Posso rispondere per me, perché purtroppo le speranze che nutrivo al principio di questo momento così difficile sono state assolutamente disattese dal mondo che mi circonda. Avevo grandi aspettative, ero convinta questo ‘graffio’ profondo avrebbe portato l’umanità a riflettere sull’esistenza, sui valori e sul valore della vita… purtroppo non mi pare i risultati parlino di cambiamento né di sensibilizzazione… purtroppo, nemmeno una tragedia di questa portata è stata capace di modificare l’egoismo, il cinismo, l’indifferenza e l’ignoranza della maggior parte delle persone. Ma, sono sicura che, chi come me invece ha vissuto questo periodo come un’opportunità, da questo graffio avrà colto la vera importanza delle cose e, quando ritorneremo alla nuova normalità tanto attesa, avrà sicuramente occhi diversi per vedere quello che davvero conta, dandogli la priorità rispetto alle mille chimere da cui ci lasciavamo distrarre in passato».

Ha in cantiere altri progetti editoriali?
«Continuo a scrivere perché ormai è diventata un’esigenza, la mia valvola di sfogo, il solo modo per conoscermi e per capire chi sono e a che punto sono. Ci sono delle idee che potrebbero diventare nuovi progetti, ma anche in questo caso, per ora li ho scritti per me, vedremo se troverò il coraggio e la necessità di condividerli. Una nuova raccolta di poesie illustrate con un nuovo messaggio di rinascita, una raccolta di filastrocche illustrate che ho promesso ai miei nipotini… e qualcosa abbozzato qua e là. Forse l’idea e il sogno di scrivere un romanzo, ma devo prima capire se ne sarò capace… le idee e i sogni non sempre bastano per realizzare un desiderio».
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