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Telegiornaliste anno XVI N. 4 (621) del 5 febbraio 2020
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Francesca
Sanipoli: orgogliosa di me
di Giuseppe Bosso
Abbiamo il piacere di incontrare
Francesca Sanipoli, inviato speciale
della redazione calcio di Rai Sport, che possiamo davvero definire la
“pioniera” delle giornaliste sportive italiane.
Oggi molte ragazze sognano di diventare giornaliste sportive: avverti
più possibilità di accesso rispetto ai tuoi inizi?
«Più che pioniera, direi proprio la prima... allora gli "spogliatoi"
consistevano proprio nel fatto di entrare fisicamente negli spogliatoi,
e quando entravo io, unica donna, i giocatori erano costretti a mettersi
l'accappatoio! Sì, innegabilmente ormai quella della donna giornalista
sportiva è una figura accettata; quando iniziai, al Messaggero,
che ero ancora una ragazzina, dovetti dimostrare di essere davvero
credibile, prima di poter essere accettata e tenuta in considerazione da
allenatori e giocatori, in particolare nel mondo del calcio. Ma dal
fatto di essere donna ho tratto anche dei vantaggi. Per esempio, il
primo servizio di calcio che mi venne affidato (inizialmente mi occupavo
di tennis) fu in occasione di un derby, quando il giornale mi incaricò
di scrivere un “pezzo a sfondo umano”, per raccontare quella sfida così
sentita con una sensibilità tipicamente femminile. Fu un successo, e da
lì in poi il calcio è entrato prepotentemente nella mia vita. Grazie
alla sensibilità femminile, ad esempio, realizzai Affari di cuore,
un ciclo di interviste ai più importanti protagonisti (uomini e donne)
dello sport, nel quale raccontavano il loro rapporto con l'amore e il
sesso. Un ciclo che inaspettatamente ebbe addirittura risalto
all'estero, quando Maradona, parlandomi della allora fidanzata Claudia
Villafane, mi raccontò di come lei lo avesse colpito (grazie al suo...
lato B!). Se ne parlò anche in Argentina e, addirittura, in Australia.
Essere una donna fu determinante, credo, anche quando Gianfranco De
Laurentis e Maurizio Vallone mi vollero a lavorare a Dribbling,
su Rai2, dove ebbi il primo contratto a termine con la Rai, per
realizzare servizi con un certo "taglio" sui personaggi del mondo dello
sport... quello che, però, è tutt'ora difficile, per una giornalista
sportiva donna specializzata nel calcio, è essere considerata anche una
brava opinionista. Un lavoro che, personalmente, svolgo molto spesso, e
con grandi consensi, a Rainews 24, e per il quale sono stata più volte
invitata da Gigi Marzullo, per il suo Testimoni e protagonisti su
Rai1, e per il quale vengo spesso invitata come ospite anche al di fuori
della Rai. Ma a Raisport questo ruolo è ancora appannaggio praticamente
esclusivo colleghi maschi. Io, però, continuo a provarci; e, come
sempre, non mollo!».
Come purtroppo dimostra l’ultima vicenda spiacevole che ha riguardato
Mihajlovic, si può dire che i social hanno amplificato un imbarbarimento
da parte delle persone che seguono il mondo del calcio?
«I social, nel bene e nel male, non si possono più ignorare. E te lo
dice una assolutamente... imbranata in materia! In altri tempi episodi
come questi magari non avrebbero avuto alcuna risonanza, ma ritengo che,
per quanto possa sembrare paradossale, questa amplificazione, a volte di
dubbio gusto, a volte addirittura pericolosa, abbia però favorito anche
la stigmatizzazione di queste brutture; così come per altri spiacevoli
fenomeni, come il maltrattamento degli animali, l'inquinamento etc, che,
proprio venendo a galla, hanno favorito la nascita di una presa di
coscienza (e di posizione) da parte dell'opinione pubblica».
Hai intervistato tantissimi personaggi del mondo dello sport: quali
ti sono rimasti maggiormente impressi?
«Roberto Baggio e Francesco Totti, sicuramente, due persone
meravigliose, che porto nel cuore; ma anche altri grandissimi
protagonisti di altri sport, come Alberto Tomba, Adriano Panatta, Jimmy
Connors e il mio grande amico Bjorn Borg, che proprio a me, per il
periodico Master, diretto da Oscar Orefici, rilasciò in esclusiva
mondiale l'intervista nella quale annunciava il suo ritiro. E Gigi
Lentini, che intervistai per Dribbling quando, dopo il suo famoso
incidente d'auto, nel Milan di Capello era caduto in disgrazia. Dopo la
messa in onda del servizio, tornò a giocare e a segnare; mi chiamò per
dirmi che era tutto merito mio. Da allora in poi, abbiamo avuto un
rapporto straordinario; e Gianluca Vialli, che rilasciò a me
l'intervista con la quale ufficializzò la sua rottura con la Nazionale
di Sacchi, per la Domenica Sportiva, perché si fidava di me. E io
gli voglio tutt'ora molto bene. Ma il personaggio, anzi, la persona che
mi ha colpito di più, per la sua intelligenza e sensibilità al di sopra
della media, è stato Marco Pantani, che ho conosciuto in un momento
particolare della sua vita, quando stava facendo riabilitazione dopo un
grave incidente, che mi ha fatto entrare nella sua vita e nella sua
casa, e sul quale sogno di realizzare un docufilm».
Il ritorno di Ibrahimovic, secondo te, rappresenta un segnale di
rilancio del campionato italiano?
«Innegabilmente rivedere questo giocatore, comunque ormai 38enne, e
anche se gioca un po'... da fermo, nuovamente in Italia ha creato un
certo folclore e ha portato nuova energia in casa Milan, ma purtroppo
non basta. La situazione attuale consente solo alle società che
dispongono di grandi risorse economiche di poter resistere e andare
avanti; ma è anche fondamentale, ovviamente, l'apporto di dirigenti
competenti e lungimiranti, come per esempio Marotta all’Inter: negli
ultimi giorni di mercato ha realizzato tre importanti colpi che in
prospettiva potrebbero consentire ai nerazzurri di colmare il gap con la
Juventus. Staremo a vedere, come sempre è il campo a parlare alla fine».
Ti senti realizzata?
«Sì. Sono molto orgogliosa del modo con cui ho conseguito i risultati
che ho ottenuto, sia nella vita, sia nel lavoro, seguendo le "mie"
logiche etiche e professionali e contando sempre sulle mie sole forze,
senza mai scendere a compromessi. Il "modo" in cui si ottengono le cose
è più importante, per me, delle cose stesse».
Non posso non chiederti della spiacevole esperienza che hai vissuto
in occasione dello scandalo Calciopoli: ti sei sentita imbavagliata?
«Più che imbavagliata, direi punita: ma nessuno mi ha mai condizionata,
né allora, né mai. Quando, nell'aprile 2006, sono state pubblicate su
tutti i più importanti quotidiani italiani le intercettazioni di
"calciopoli", ho finalmente scoperto il motivo per il quale, per sette
lunghi anni, ero stata praticamente messa al bando, per non essermi
“allineata” ai diktat di personaggi che non gradivano le mie domande,
considerate scomode (loro, nelle intercettazioni, le definivano
"stronze") e i servizi che facevo, nei quali raccontavo... la verità,
visto che ho sempre pensato che il ruolo del giornalista consista nello
scoprire quello che vorrebbero sapere le persone a casa. Ma per me è un
punto d’onore non essere stata nelle grazie di certi personaggi. Alla
fine i conti tornano sempre. O quasi. Ho voluto occuparmi di sport
perché pensavo che fosse l'unico settore umano dove non si potesse
barare. Ho scoperto, a mie spese, che non è così, ed è stata una enorme
delusione».
Cosa farà Francesca da grande?
«Di sicuro mi dedicherò agli animali, il mio grande amore, che sono la
dimostrazione dell'esistenza di Dio, con attività di volontariato.
Vorrei anche poter fare qualcosa per l'ambiente: lavorando, quest'anno,
sulla partita delle 12:30, con Simona Ventura per Settimana Ventura,
in onda dalle 12 alle 13 ogni domenica su Rai2, Simona mi ha affidato,
per un periodo, una rubrica "ecologica", in cui parlavamo di come
vivessero questo aspetto le diverse città dove ero inviata, appunto, per
seguire il "lunch match", e grazie alla quale ho scoperto l'importanza
di salvaguardare il nostro pianeta, anche attraverso piccoli gesti
quotidiani. Nel tempo libero vorrei godermi di più, con mio marito
Sergio e il mio cane, Ravia, che si chiama, non a caso, come uno scoglio
dell'isola di Ponza, che è il nostro "posto del cuore", la barca a vela
d'epoca che, essendo appassionati del mare, abbiamo comprato, con grandi
sacrifici, tanti anni fa, che ci ha fatto vivere momenti meravigliosi».
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Antonella
Attili, tra Zalone e il Paradiso
di Alessandra Paparelli
Abbiamo incontrato Antonella Attili, attrice intensa di
teatro, cinema e serie tv. Attualmente impegnata sul set e
in tv per l'amatissima serie, daily quotidiano, Il
Paradiso delle Signore, Rai 1 e reduce dal successo del
film Tolo Tolo, con la regia di Checco Zalone, in cui
interpreta la madre di Checco nel film dell'anno, campione
d'incassi.
Antonella, la prima domanda è dedicata inevitabilmente
alla radio: noi ci siamo incontrate (ed è stato un
grandissimo piacere) due volte a
Radio Italia Anni 60 Roma, nel programma Breakfast in
Italia prima e Parole e TV in particolare - che
conduco con i miei colleghi - in cui siamo in conduzione con
la tua collega Gloria Radulescu, la Marta Guarnieri della
fortunata soap: ti chiedo, ti piace la radio? Pensi sia un
mezzo ancora efficace per fare compagnia, informazione e
cronaca, per divertire e affrontare vari argomenti,
nonostante i social e una comunicazione, ormai,
profondamente cambiata?
«La radio mi piace moltissimo! La ascolto molto soprattutto
Rai Radio Tre per cui ho fatto anche la speaker: ero la voce
che presentava i programmi di Radio Tre Suite, qualche volta
ho letto brani e poesie e ho fatto anche un programma (Tutta
l’umanità ne parla) sempre in veste di attrice, sempre
per Radio Tre. Non ho la televisione e tutti i programmi di
informazione li ascolto alla radio, che è per me il mezzo
dove è ancora possibile fare approfondimento e ascoltare più
voci su uno stesso argomento; il modo migliore per farsi
un'idea sull'attualità, per esempio. Il giornale ormai non
lo legge più nessuno».
Hai un lunghissimo curriculum artistico e grande
esperienza. Ricordiamo il tuo esordio sul grande schermo nel
1988, nel ruolo della madre del piccolo Totò in Nuovo
Cinema Paradiso, di Giuseppe Tornatore. Il film vince il
Gran premio della giuria al Festival di Cannes e l'Oscar
come miglior film straniero. Ancora con Tornatore in
Stanno tutti bene e L'uomo delle stelle. Cosa
ricordi dei tuoi esordi e che esperienza ti lascia l'aver
lavorato con il Maestro Tornatore?
«Tornatore è stato il primo grande regista di cinema che mi
ha diretto. Posso dire, che fortuna! Un grande regista, come
prima esperienza, ho pensato "quando mi ricapiterà!". Era
esigente e non arretrava mai di fronte alle difficoltà. E'
stato un set bellissimo e un sogno che si realizzava. Il suo
film da Oscar Nuovo Cinema Paradiso il mio primo
film! Come posso paragonare questo sogno a tutto il resto?
Quando fai un esordio del genere è difficile mantenere la
carriera a quel livello. Ma nel tempo, ho fatto altri
incontri importanti!».
Hai lavorato con grandi registi, abbiamo ricordato
Tornatore ma anche Pupi Avati e Ettore Scola. Impossibile
"scegliere" ma che ricordi hai di ognuno di loro?
«Ettore Scola, il mio preferito, il mio mentore. Un uomo e
un regista a cui sono legatissima. I suoi film continuano ad
accompagnarmi e quando ho bisogno di risposte guardò un suo
film.
Parliamo del film dell'anno, campione di incassi, Tolo
Tolo con la regia di Checco Zalone in cui interpreti il
ruolo di sua madre. Un film molto bello che segna la svolta
di Zalone, a tuo parere? Come è nato l'incontro con lui?
Cosa ti ha chiesto, per il ruolo? Come è stata la
lavorazione sul set? Com'è il "dietro le quinte" con Zalone?
Il film è molto realistico e si ride amaro. La realtà del
film è peggiore, ovviamente, si parla dell'incubo Libico e
delle Ong.
«Altro bell’incontro! Zalone, uomo intelligente
simpaticissimo, umile e genuino. Ha fatto un gran film, un
film coraggioso che ci rappresenta per ciò che siamo
diventati e ci dovrebbe indurre a pensare. È l’erede di
Albert Sordi, secondo me, ed è per me l’unico che può
permettersi di essere irritante nel ritrarci senza sconti e
farci ridere allo stesso tempo in maniera amara con Tolo
Tolo, è spiazzante! Per quanto riguarda le polemiche,
forse per un pubblico che si aspettava il solito filmetto
ridanciano e superficiale invece stavolta ha realizzato un
film che colpisce per profondità e coraggio; è bello stare
sul set con lui, si improvvisa sempre: non sai mai cosa
andrai a fare, tutto può cambiare dalla battuta ad una scena
intera, perché è creativo ed estemporaneo. Devi solo
seguirlo».
Ancora su Tolo Tolo: uscito il 1 gennaio 2020, dal
13 al 19 gennaio scorso, gli incassi di Tolo Tolo si
sono arrestati su 3,1 milioni di euro. Il pubblico si è
spaccato, tante le polemiche ma anche tanto amore e
successo. Il suo pubblico ha sicuramente capito e apprezzato
il film ma, ti chiedo, tutti gli altri? A tuo giudizio, chi
non ha capito il film e perché?
«Mi sembrano polemiche sterili. Ad oggi, in oltre un mese,
ha incassato 45 milioni, un italiano su 4 è andato al cinema
a vederlo. Si può parlare di successo ancora una volta per
lui. Chi non l’ha capito? Peggio per lui, è un fattore
culturale».
Hai affrontato spesso il ruolo di madre, nei tuoi film.
Che tipo di madre sei, quali le differenze sui set e cosa
metti di tuo, nei vari ruoli che hai affrontato?
«È vero, è il mio ruolo per eccellenza e non mi lamento. Mi
piace essere vista così materna come figura; nella vita lo
sono meno, nel senso che con i miei figli non sono affatto
oppressiva o ansiosa, li spingo ad essere coraggiosi e a non
tirarsi indietro, a trovare la loro strada anche a costo di
qualche caduta. È chiaro che nella mia recitazione metto
molto della mia vita ma questo è quello che mi interessa
come attrice: essere credibile».
Parliamo di un altro lavoro di grande successo, il daily
quotidiano de Il Paradiso delle Signore, Rai 1. Una
fiction o real drama (come oggi viene chiamata) molto molto
amata, in cui tu interpreti il ruolo di Agnese Amato, una
donna molto forte, una madre, una lavoratrice e una donna
che arriva dalla Sicilia e si integra - con i propri figli -
a Milano, in pieno boom economico tra il '59 e il '61. Cosa
metti di te nel ruolo di Agnese, quali erano e sono ancora
oggi le difficoltà delle donne e madri nel mondo del lavoro,
e anche naturalmente legate al lasciare il proprio paese per
andare in una grande città. Che tipo di donna è, Agnese
Amato?
«Nel ruolo di Agnese che apparentemente è molto diversa da
me come donna e madre, c’è tantissimo di me stessa. Amo
questo personaggio che mi ha dato popolarità e un consenso
caloroso da parte del pubblico, ne sono affezionata e cerco
ogni giorno di darle corpo e anima. Il ruolo della donna è
cambiato nel tempo ma è una strada ancora in salita: i
retaggi culturali impediscono ancora una vera parità sul
piano umano e lavorativo. L’unico modo che abbiamo per
affermarci non è quello di diventare “maschie” ma essere
bravissime e preparatissime nel nostro campo d’azione».
Sei molto amata, dal pubblico e dalla critica, per il tuo
viso espressivo e un talento decisamente innato, per una
grande serietà e professionalità. Quando hai iniziato a
recitare e come è nata la scintilla? Recitare è una
necessità?
«Non ho mai pensato di fare altro! Nella mia vita, da
sempre, l’unico obiettivo che ho perseguito con costanza e
convinzione è stato questo: essere una attrice».
Che rapporto hai con i ruoli da affrontare? Ti lasci
"invecchiare"? Zalone te lo ha chiesto? Domanda simile, si
bada troppo oggi all'immagine e meno ai contenuti, secondo
il tuo punto di vista?
«Mi piace la trasformazione, non mi interessa essere me
stessa. Mi piace confondermi con il ruolo che interpreto.
Faccio questo mestiere per essere altro, per vivere altre
vite e pensare altri pensieri per cui non temo
invecchiamenti che possono non rendere giustizia al mio
volto o alla mia età, anzi quando mi incontrano per strada
le persone si stupiscono di quanto io sia diversa nella
vita, e questo per me è davvero un complimento».
Ultima domanda: che tipo di musica ascolti e se sì,
quando la ascolti: per concentrarti o per rilassarti?
«Sono una ascoltatrice curiosa e vado a periodi; ascolto di
tutto, dalla musica classica alla lirica fino al pop e non
ho artisti preferiti tranne un grande Beethoven». |
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Riviera, il futuro nelle tue mani
di Tiziana Cazziero
Ilaria Riviera è una psicologa psicoterapeuta che si
occupa di crescita personale e post traumatica,
dell’elaborazione di traumi relazioni e della fuoriuscita da
situazioni di violenza domestica. Da diversi anni diffonde
la psicologia attraverso i suoi canali social. La
incontriamo per parlare del suo libro Il futuro nelle tue
mani.
Salve Ilaria e grazie per il suo tempo. Come nasce l’idea
del libro Il futuro nelle tue mani? Un’agenda per
realizzare i sogni racchiusi nel cassetto, leggo nel sito
dedicato all’agenda. Qual è lo scopo del progetto?
«Il futuro nelle tue mani nasce dall’idea che tutte
le persone desiderano realizzare i propri sogni, raggiungere
i propri obiettivi e costruirsi una vita soddisfacente, ma
spesso non sanno come farlo. Sbagliano, si demotivano e si
arrendono. Questo è veramente un peccato. Per questo motivo
abbiamo pensato di dare alle persone uno strumento che possa
guidarle e indirizzarle nella direzione dei propri obiettivi
di vita, qualunque essi siano».
Un libro scritto a quattro mani con la collega
Simona Rattà,
come vi siete incontrate? C’è stato un episodio in
particolare che vi ha ispirato?
«Simona Rattà è una psicologa e psicoterapeuta che si occupa
di crescita personale e di psicologia dello sviluppo, della
genitorialità e della comunicazione efficace. Da diversi
anni svolge percorsi di valutazione, diagnosi, intervento e
formazione nel campo dei Disturbi Specifici di Apprendimento
e diffonde la psicologia attraverso i suoi canali socia. Io
e Simona ci siamo conosciute all’interno del gruppo
MindLab di Luca Mazzucchelli. Con la guida di
Luca, abbiamo fatto un percorso di crescita personale e
abbiamo appreso tante strategie che ci hanno aiutato a
riflettere e a migliorare la nostra vita. Dopo aver
conosciuto dal vivo Simona e aver parlato con lei, le ho
chiesto: “perché non diamo a tutti la possibilità di
sperimentare quello che noi abbiamo imparato?” e cosi è nato
il progetto di creare insieme un’agenda di crescita
personale!».
I propositi di questa agenda sono ambiziosi, accompagnare
gli utenti in un viaggio verso se stessi? Puoi spiegare
meglio perché dovremmo avere tutti questa agenda in casa?
«Perché abbiamo tutti bisogno di una guida, di uno strumento
che ci aiuti a capire cosa è importante per noi e ci aiuti a
rimanere focalizzati sul raggiungimento delle nostri
obiettivi. Perdersi è un attimo, se non hai uno strumento a
cui appigliarti!».
Quanto sono importanti i sogni nella vita di un
individuo? E quanto conta realizzarli?
«I sogni sono importanti perché danno un senso alle nostre
vite, ma vanno realizzati, e per realizzarli, dobbiamo
definirli in obiettivi specifici e declinarli in un piano
d’azione da portare avanti giorno dopo giorno. Attenzione
però, perché realizzare ciò che si desidera, non è facile
come immaginarselo, ma è molto faticoso, frustrante e a
volte anche noioso. Per questo motivo, c’è bisogno di
organizzazione e disciplina: aspetti che l’agenda vuole
aiutare ad incrementare!».
Cosa troviamo all’interno dell’agenda?
«All’interno dell’agenda c’è una prima parte “teorica”, che
permette alle persone di riflettere sulla propria vita,
partendo dall’analisi di ciò che è successo in passato, di
quello che avviene nel presente e di quello che si desidera
per il proprio futuro. Questa parte è fondamentale per
riuscire ad identificare i propri valori e, di conseguenza,
gli obiettivi più significativi nelle diverse aree di vita.
Questa parte aiuta anche a comprendere l’importanza della
gratitudine e delle abitudini, e a concentrarsi sulle
proprie priorità e sui punti di forza. La seconda parte
invece, aiuta le persone ad agire e a mettere in pratica gli
obiettivi stabiliti e gli strumenti appresi nella prima
parte. Le persone potranno compilare schede giornaliere,
settimanali e mensile per rimanere focalizzate e motivate,
ed essere efficaci».
Dove possiamo comprarla?
«L’agenda Il futuro nelle tue mani si trova su Amazon
ed è possibile ordinarla e acquistarla in tutte le librerie
d’Italia».
Le insoddisfazione talvolta arrivano per mancanza di
organizzazione fisica e psicologica, questa agenda cosa può
fare per aiutare chi ha bisogno di una soluzione in tal
senso?
«L’insoddisfazione arriva o perché non si sa cosa si vuole,
oppure perché non si sa come raggiungere quello che si
vuole. L’Agenda aiuta le persone sia a fare chiarezza sui
propri obiettivi, sia a perseguirli, perché offre un metodo
strutturato e ben definito». |
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