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Archivio Telegiornaliste anno XIV N. 35 (582) del 19 dicembre 2018
 
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TGISTE  Martina Maltagliati: i miei colori di Silvia Roberto

Ha iniziato come fanno i migliori giornalisti. Giornali locali, sacrifici, rinunce e tanta determinazione. Una delle giornaliste di punta di Quarto Grado, conduttrice del canale televisivo italiano all-news Tgcom 24. Martina Maltagliati ci svela il segreto del suo successo.

Come è iniziata la tua passione per il giornalismo?
«Avevo l'esigenza di capire cosa mi accadeva attorno, analizzarlo, raccontarlo a più persone possibile. Ho iniziato a "rubare" il lavoro a chi poteva insegnarmelo, girando molte redazioni, quotidiani, facendo innumerevoli stage. Fino alla grande opportunità: La7, dopo tre anni alle inchieste di Gianluigi Nuzzi, sono approdata a Mediaset nella famiglia di Siria Magri, donna e professionista che stimo e con la quale lavoro con passione da sei anni. Negli ultimi tre anni conduco anche Tgcom24, grazie alla fiducia del direttore Paolo Liguori».

Quali sono stati tuoi primi lavori giornalistici?
Tanti giornali locali. cronaca e politica provinciale, comunale e regionale. Intervistano "i grandi" anche per piccole testate. Sono importanti ambizione e tenacia».

Come è avvenuto il passaggio a Tgcom24?
«Il direttore Liguori ha fatto un tentativo con me in conduzione, mi ha permesso di migliorarmi nel tempo, credendo in me. Io ho cercato di non deludere le aspettative con il massimo della professionalità, studiando giorno e notte anche dopo lunghe trasferte per Quarto Grado. fondamentale è non ammalarsi mai e avere un fisico che permetta ritmi belli sostenuti (scherzo... ma non del tutto)».

Sei anche una delle giornaliste di punta del programma Quarto Grado. Cosa ha significato per te entrare nella squadra?
«Tanto, molto. è stata ed è una sfida quotidiana. chi si arrende è perduto. così come si accontenta. del risultato raggiunto».

Perché hai scelto proprio il giornalismo?
«È una di quelle scelte che mi sono state chiare sin da subito. così ho potuto puntare dritto alla meta».

Prediligi la carta stampata, la televisione o la radio per fare informazione? E perché?
«Amo la carta stampata e il suo odore. la radio da grande possibilità espressiva sottraendo l'immagine; la tv è un grande amore: audio, testo, video, musiche, luci e volti che creano la magia della comunicazione».

Ci sono dei pro e dei contro nel tuo lavoro?
«Contro: poco tempo per se stessi. Non orari e imprevisti. Pro: adrenalina e gioia pura di avere la fortuna di fare ciò che avevo sognato».

Ti piace il modo di fare informazione di oggi?
«Mi piace, se si considera in evoluzione e comprende ricerca e curiosità nei confronti di altri modelli con sguardo volto all'internazionale. La velocità del web è una grande risorsa ma non deve risentirne l'approfondimento».

Come, secondo te, si potrebbe arginare il fenomeno delle "Fake News"?
«Facendo i giornalisti e facendo i bravi fruitori dell'informazione: verificando e incrociando più fonti».

Hai un sogno nel cassetto?
«Li ho già tutti fuori dal cassetto: credo che nulla capiti e tutto si crei».

Cosa consiglieresti a coloro che si stanno affacciando al mondo del giornalismo?
«Di iniziare. Forza!».

Un colore per descrivere il tuo lavoro.
«Arancione Quarto Grado; blu Tgcom; bianco il foglio sul quale scrivere una nuova storia ogni giorno».
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TUTTO TV La tv tra 2018 e 2019 di Giuseppe Bosso

Conferme e delusioni, ritorni e sorprese per l’anno che sta finendo, attesa e curiosità per l’anno che verrà.

Molti sono i personaggi, i programmi e le serie che del 2018 conserveranno un ricordo positivo, così come altri aspettano il 2019 per riscattare un anno non proprio esaltante.

È il caso sicuramente di Cristina Parodi, che non è riuscita nemmeno nella nuova stagione a decollare nella domenica pomeriggio di Rai 1, con il ritorno di Mara Venier; il confronto con una sempre più spumeggiante e seguitissima Barbara D’Urso al momento vede mamma Rai sistematicamente soccombere, e per l’anno che verrà le prospettive al momento non sembrerebbero propendere per un’inversione di tendenza.

Così come non sarà un 2018 da ricordare in bene per Antonella Clerici, “spodestata” a La prova del cuoco da Elisa Isoardi (scelta però al momento non premiata in termini di ascolti e di critica) e poi padrona di casa di un nuovo Portobello che tuttavia è stato davvero una brutta copia del trionfo di Enzo Tortora.

Cambio al timone anche per Detto Fatto, su Rai 2, con Bianca Guaccero che non ha fin qui fatto rimpiangere Caterina Balivo (diretta concorrente della sua ex trasmissione su Rai 1); l’attrice pugliese si dimostra sempre più a suo agio tra i vari “tutor” e ospiti del contenitore pomeridiano.

Nulla di nuovo sotto il sole di Canale 5, dove Barbara D’Urso e Maria De Filippi si confermano sempre più regine incontrastate del pomeriggio e della prima serata, così come Gerry Scotti è indiscusso re del telequiz.

Per la D’Urso il 2019 segnerà anche il gradito e atteso ritorno, a distanza di quasi vent’anni, della popolarissima Dottoressa Giò, scommessa che Mediaset ha voluto fortemente rilanciare.

Gode di buonissima salute anche la fiction made in Italy, sia per novità di grande riscontro come L’amica geniale che per conferme che non hanno tradito le attese, come le seconde stagioni di L’allieva e Non dirlo al mio capo.

Anche al di fuori del duopolio Rai-Mediaset, comunque, si può dire che il 2018 sia stato l’anno delle conferme e delle prospettive, per must ormai conclamati come X Factor e per personaggi di spessore come Roberto Saviano, grande protagonista su Nove con Kings of crime.

Ma innegabilmente il 2018 verrà tristemente ricordato soprattutto per la scomparsa, alla fine di marzo, di Fabrizio Frizzi, per tutti un amico prima ancora che un volto televisivo, che ci manca ogni giorno di più.
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DONNE Mariella Mogni: vi presento Inconciliabili di Tiziana Cazziero

Incontriamo la giovane scrittrice Mariella Mogni che ci parla della sua opera Inconciliabili.

Inconciliabili, come nasce questa storia?
«È la storia di un primo amore molto particolare, interrotto non per volontà dei protagonisti, Davide e Beatrice, ma sotto la spinta di un evento imprevisto che ha stravolto la vita di entrambi. Ci sono molte cose da chiarire tra Davide e Beatrice e tanto amore rimasto inespresso, occultato tra cumuli di rabbia e risentimento che nemmeno un’età più adulta riesce a placare.
Quando ho iniziato a scrivere il romanzo, ho sfidato me stessa su un terreno molto accidentato: come rendere attuale e plausibile un amore tornato dal passato? Penso di avercela messa tutta guidando i miei protagonisti, ma soprattutto Beatrice, in una lenta e inarrestabile maturazione, facendole prendere coscienza dei propri limiti ma anche della forza e della determinazione alla quale sembrava avere rinunciato».

Il romanzo racconta un amore complicato ma è anche incentrato sulle difficoltà famigliari, cosa ti ha ispirato?
«Non è la prima volta che nei miei romanzi affronto questioni familiari mettendo in luce i contrasti e le piccole e grandi ipocrisie che spesso si nascondono all’interno delle famiglie. Scrivo romanzi rosa ma mi piace parlare d’amore in tutte le sue accezioni e quello familiare è un ambito in cui i sentimenti sono forti ma spesso anche contraddittori e difficili da gestire».

Ci sono state difficoltà durante la stesura del romanzo? Se sì, quali?
«Durante la stesura di Inconciliabili ho avuto un solo grande problema quando ho descritto la prima volta dei protagonisti. Ho alle spalle alcuni romanzi in cui l’elemento erotico ha molto peso all’interno della narrazione, ma ho dovuto liberarmi di alcuni aspetti che avevano accompagnato le mie opere precedenti per mettermi nei panni di una diciassettenne in procinto di fare l’amore col proprio ragazzo. Una ragazzina piena di curiosità ma anche di paure (prima tra tutte quella di non essere all’altezza) influenzata tanto dalla rigida educazione materna quanto dai racconti delle amiche più esperte. Insomma, un lavoro non facile che mi ha richiesto molto tempo e tanta pazienza nello sforzo di creare un episodio in amore, dolcezza e passionalità latente si fondessero nella giusta misura».

Beatrice e Davide uniti da un amore ma divisi dalle diatribe famigliari, può un amore vero secondo te superare complicazioni e distanze temporali?
«Da persona romantica dico di sì ma non nego che ciò sia infinitamente più facile tra le pagine di un romanzo. Credo che nella vita reale sia indispensabile molto coraggio. Quel coraggio che spinge a mettersi in discussione e prendere la vita tra le proprie mani. Solo in questo modo è possibile superare le barriere del tempo e i tanti condizionamenti imposti dalle famiglie».

Parliamo di te. Autrice con una crescente esperienza, da quando scrivi e come sei cambiata negli anni?
«Scrivo da sempre ma ho iniziato a pubblicare dal 2015 dopo avere vinto il concorso Entra anche tu in Sperling Privé che mi ha consentito di pubblicare per la collana digitale di Sperling & Kupfer. Sono un’autrice molto pignola e lavoro costantemente per migliorarmi, non mi accontento mai di quello che faccio e spesso sono la peggior critica di me stessa. Eccessi a parte, credo comunque che l’esperienza mi abbia aiutata a entrare in maggior sintonia col pubblico, a creare una sorta di equilibrio tra le mie peculiari inclinazioni di scrittrice, alle quali non rinuncerò mai, e le aspettative dei lettori».

Oggi si parla molto di self e case editrici, dover pensi sia indirizzato il futuro dell’editoria?
«Sono i lettori a determinare il futuro dell’editoria. In un paese come il nostro dove si legge sempre di meno le prospettive non sono rosee. Bisognerebbe trasmettere l’amore per la lettura fin dalla prima infanzia, sia nelle famiglie che nelle scuole, e purtroppo ciò avviene sempre più raramente. Dopo questa premessa, mi sento di affermare che entrambe le realtà sono valide. Da quando ho iniziato a interessarmi al self publishing ho notato importanti cambiamenti in questo ambito, soprattutto per quanto riguarda la qualità della scrittura e delle storie proposte. Certo le eccezioni esistono ancora, ma trovo stupido demonizzare un settore che, anche grazie ai prezzi contenuti, ha il grande dono di incoraggiare e stimolare la lettura. Forse sono le case editrici, mosse esclusivamente dalla ricerca di un guadagno immediato, a rimanere un passo indietro rispetto a questa grande novità. Ormai non si scommette più su un autore bravo ma solo su chi è in grado di incrementare le vendite, di solito prescindendo dal valore intrinseco dell’opera. Spesso le case editrici attingono dal self publishing ma lo fanno, a mio parere, nel modo sbagliato, andando ancora una volta sul sicuro, riproponendo romanzi che possono vantare un numero infinito di recensioni (tutte sincere?) ma che non brillano per originalità. Così facendo si crea un pubblico passivo, acritico, assuefatto a storie e situazioni sempre uguali, e incapace di cogliere le novità».

Il romance e l’erotico sembrano essere i generi più amati dal pubblico, secondo te è veramente così e perché?
«I generi letterari che parlano d’amore nelle sue infinite sfaccettature hanno indubbiamente una presa maggiore sul pubblico offrendo evasione e distrazione dalla vita quotidiana. Ogni autore lo fa nel modo che preferisce: alcuni proponendo situazioni distanti dalla realtà, altri, come me, cercando invece di plasmare, di “addomesticare” il mondo reale in modo da rendere le difficoltà risolvibili o, quantomeno, più tollerabili».

Come nasce Mariella Mogni autrice? Qual è stato il momento in cui hai deciso di fare il grande passo della pubblicazione?
«Amo scrivere e l’ho fatto da sempre sia pure in modo discontinuo. Essendo una persona timida e introversa riesco a far uscire meglio le mie mozioni attraverso la scrittura che con altre forme di comunicazione. Purtroppo è stata proprio la timidezza a farmi vivere la scrittura come un esercizio solitario, e forse un po’ autoreferenziale, per molti, troppi anni. Solo in età matura ho iniziato a superare i miei blocchi e a sentire il bisogno di condividere ciò che scrivevo. È stato un percorso lento culminato nella partecipazione al concorso Entra anche tu in Sperling Privé indetto dalla Sperling & Kupfer e dal settimanale “Tu Style”. Con grande incoscienza ho scritto il mio primo romanzo erotico e con altrettanta incoscienza l’ho inviato pensando che non sarebbe stato preso in considerazione. Mai avrei immaginato di vincere. Sapere di avere sbaragliato una nutrita concorrenza con esperienze di scrittura superiori alle mie mi ha fornito il coraggio necessario per continuare a pubblicare e a migliorarmi. Dopo due pubblicazioni con la collana digitale “Sperling Privé” ho pubblicato quattro romanzi con YouFeel di Rizzoli, un’esperienza che mi ha molto gratificato e arricchito sia come autrice che come persona. Attualmente questi romanzi non sono più presenti negli store poiché ne ho riacquisito i diritti. Torneranno il prossimo anno con una veste grafica e narrativa diversa, più consona all’autrice che sto cercando di diventare. Inconciliabili, così come il romanzo che l’ha preceduto, Con la rabbia nel cuore, sono invece auto pubblicati. Dopo molte esitazioni ho deciso di regalarmi un’esperienza, quella del self publishing, che sognavo da sempre e che mi sta dando molte soddisfazioni».

Inconciliabili è la tua ultima opera, come mai la scelta di affrontare tematiche importanti come le amarezze famigliari e un amore costellato di difficoltà?
«Le storie che scrivo sono sempre legate al quotidiano. Mi piace parlare di problemi che conosco e che possono riguardare qualsiasi lettore. Affronto tematiche legate alla vita di coppia e alla famiglia, ambiti in cui i contrasti sono tanti e palesi. Inoltre mi piace approfondire il lato psicologico delle vicende e, nel mio piccolo, offrire anche un po’ di speranza. Spesso situazioni apparentemente insuperabili possono essere risolte con coraggio e buona volontà. Proprio come accade in Inconciliabili che in alcune recensioni è stato definito il romanzo delle seconde possibilità».

La tua protagonista sembra essere quasi soggiogata da sua madre, accetta un atteggiamento forte, autoritario e a volte offensivo. Poi arriva un momento in cui tutto cambia, leggendo la storia si assiste a un cambiamento quasi repentino di atteggiamento, una ribellione in nome dell’amore. Quanto conta l’opinione di un famigliare, come la madre per Beatrice, in una storia d’amore?
«Quello tra Beatrice e la madre è stato da sempre un rapporto conflittuale a causa del carattere chiuso di Rita, la madre, ma anche perché Beatrice ha avuto un rapporto privilegiato col padre, almeno fino a quando questi non ha lasciato la famiglia. È proprio l’abbandono di quest’ultimo a segnare entrambe, a creare una sorta di rapporto “vittima-carnefice” in cui Beatrice sembra avere la peggio. In realtà la situazione è molto più sfumata di quanto possa apparire e Beatrice subisce la presenza sicuramente ingombrante della madre solo perché passiva e sfiduciata. L’amore riuscirà a fare uscire il lato combattivo e determinato cui aveva rinunciato. D’altra parte Rita non è la “carogna” che può apparire a una prima lettura, ma una donna profondamente segnata da un amore sbagliato che non ha mai trovato la forza di archiviare. È evidente che un genitore non dovrebbe mai influenzare la vita di un figlio, a maggior ragione quando questo è ormai adulto, ma la vita è piena di situazioni e dinamiche analoghe a quelle tra Rita e Beatrice e io, come ho detto, amo rappresentare la realtà anche nei suoi aspetti più difficili. Per questo miei personaggi non sono mai completamente positivi o negativi. Sono persone che, proprio come tutti noi, hanno bisogno di essere compresi fino in fondo prima di essere giudicati».
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