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Telegiornaliste anno XIV N. 12 (559) del 28 marzo 2018
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Ilaria Mennozzo.
Lo sport la mia passione, il mio impegno per le donne
di Giuseppe Bosso
Incontriamo la giornalista napoletana
Ilaria Mennozzo, attualmente in
onda su
Canale 21 con il talent sportivo Saranno Campioni la
rubrica Lo scrigno dei desideri, in onda su Italia Mia, e la
rubrica Riflessioni di criminologia su Youtube.
Come ti sei avvicinata al mondo del giornalismo sportivo?
«Un po’ perché fin da piccola ho questa passione per il calcio; seguivo
con mio padre tutti i campionati, una passione da ‘maschietto’ – ride,
ndr – come per il wrestling e i film di Van Damme… diciamo che fino alla
nascita di mio fratello sono stata io il figlio maschio dei miei
genitori dopo le mie sorelle; poi durante i miei anni universitari presi
parte al calendario delle studentesse, dove veniva selezionata una
ragazza per facoltà; avendo sempre avuto attitudine per la telecamera e
il contatto con il pubblico andai a presentare una serata dedicata
all’incoronazione della Miss della facoltà di farmacia, trovandomi per
la prima volta su un palco, ma a mio agio; alla festa che si tenne dopo
incontrai un produttore di un programma Sky, che pensava fossi una
concorrente, pensando fossi la vincitrice; gli spiegai che io ero di una
facoltà – sono laureata in psicologia – e così mi invitò a partecipare
ad un provino per condurre un programma dedicato in parte ad argomenti
sociali ed in parte all’enogastronomia con esperti; fu la prima
esperienza in tv per me, decisi di approfondire il discorso legato al
giornalismo, unendo la passione per il calcio a quello per il
giornalismo televisivo, mezzo che ho sempre prediletto rispetto ad
altri, anche se ho fatto anche teatro e qualche musical, prendendo il
diploma di recitazione. Ma è la tv che prediligo, il contatto con il
pubblico».
Come coesiste l’Ilaria tifosa con l’Ilaria giornalista?
«Seguo la squadra con passione, ma sempre con distacco ed obbiettività,
che non devono mancare; bisogna raccontare e analizzare con occhio
neutro; e poi la passione di andare allo stadio, spesso alternando la
tribuna stampa con le partite seguite con i miei amici… amo lo sport in
generale, inteso nella sua valenza pedagogica, sociale, da fautrice
dello sport fin da bambini che favorisce lo sviluppo della persona; ho
praticato tennis, judo, avessi la possibilità mi farebbe piacere
occuparmi anche di trasmissioni dedicate ad altre discipline, come ho
fatto per il basket per un periodo».
A distanza di ormai un anno dalla sua introduzione, sei pro o contro
il var?
«All’inizio ero un po’scettica, ma al di là delle polemiche che ci sono
state credo fosse un passaggio dovuto, la possibilità di interrompere
l’azione per vedere qualcosa che sfugge all’occhio umano va accettata; è
un mezzo a supporto dell’arbitro, sono a favore della tecnologia che può
migliorare».
Quali sono le tue aspirazioni per il domani?
«Il sogno per il quale mi sto impegnando è stare vicino alle donne
vittime di violenza, sia fisica che psicologica, domestica o sul posto
di lavoro; lavorare a contatto con loro è una cosa per la quale ho
studiato, laureandomi in psicologia mi sono specializzata soprattutto su
questo versante; utilizzare i miei studi per la formazione nelle scuole
è una mia aspirazione che spero di poter realizzare, visto che sono i
bambini, i giovani, il futuro che avremo. E poi vorrei unire ancora una
volta lo studio e il lavoro con la mia passione, fare programmi di
giornalismo dedicati a queste tematiche, come autrice e come
giornalista. Tematiche attuali e ahimè temo se ne parlerà ancora per
molto».
Ti sta stretta la realtà locale?
«Per certi versi sì, non per una questione di popolarità o di prestigio;
essendomi confrontata anche con altre realtà nazionali, anche da
segretaria di produzione per grandi network, ho riscontrato grandi
differenze di tipo organizzativo, di opportunità di crescita che in
ambito locale sono piuttosto limitate, e nel calcio particolarmente
accentuate; ci sono ancora molte limitazioni, stereotipi che non
permettono alla donna di farsi strada facilmente come può fare un uomo;
paradossalmente è nella realtà locale che questo è ancora più
accentuato; mie colleghe nazionali mi dicono invece che chi lavora in tv
da oltre 50 anni si relaziona in maniera diversa. Sono comunque contenta
di poter vivere accanto alla mia famiglia, di non dovermi spostare di
continuo, ma le occasioni sono sempre poche, i palinsesti andrebbero
ampliati e diversificati. L’anno scorso ho fatto per Sky un programma
sulla criminologia, sui serial killer, che rifarò, ma è sul web, frutto
di un corso che ho frequentato sulle scienze investigo-forensi. E anche
questo indica come poco si sperimenti, è una cosa riduttiva anche per il
pubblico che meriterebbe maggiori possibilità di scelta».
Il tuo fioretto per lo scudetto del Napoli?
«Ne faccio già tanti in generale – ride, ndr – lascio molto correre
anche con chi non dovrei… però a qualcosa penserò, magari mangiare meno
cioccolata...». |
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TUTTO TV Giampiero Marrazzo, giornalista di ieri e di oggi
di Silvia Roberto
Figlio del grande giornalista Giuseppe Marrazzo, l’autore di
romanzi, noto per le numerose inchieste sui temi sociali.
Conosciamo insieme uno dei volti più amati del canale
televisivo italiano all news Mediaset
Tgcom24, Giampiero Marrazzo. Sogni, progetti,
aspirazioni e consigli in un viaggio intorno a quella che
lui definisce “chiamata”.
Quando e come è iniziato il tuo percorso da giornalista?
«Fin dai tempi dell’Università a Bologna cominciai a
collaborare per un mensile che si occupava di comunicazione
e io, in particolare, scrivevo di politica. Salvo poi
essermi ritrovato a vent’anni a fare un piccolo scoop di
cronaca: fu nella giornata infausta dell’uccisione del
giuslavorista Marco Biagi. Quella sera, seguendo le sirene
della polizia, fui tra i primi ad arrivare sul luogo del
delitto, e riuscii a parlare con uno dei passanti che aveva
visto il cadavere di Biagi. La Rai, che aveva l’operatore ma
non ancora il giornalista, riprese la mia intervista e la
mandò in onda. Nonostante la tristezza per quanto accaduto,
per me fu l’ennesima dimostrazione di quanto nella vita non
avrei voluto far altro che il giornalista».
Perché hai scelto di fare il giornalista?
«Quando come me il mestiere ti viene passato quasi a livello
amniotico e lo vivi dai primi passi che muovi nel mondo,
davanti a te hai due scelte: o ne rimani incantato e te ne
“ammali”, o scegli per te una strada che non ha niente a che
fare con la professione. Per me è stata una sorta di
“chiamata”, alla quale ancora oggi non riesco a non
rispondere. Perché viste le tante difficoltà legate alla
nostra professione, o la ami così tanto da riuscire a
superarle con la forza della passione, o sei costretto a
esserne sopraffatto e lasciare che vincano loro, portandoti
su altre strade».
Cosa ti affascina di questa professione?
«Sono sempre stato convinto che la nostra, se non fatta come
impiegati con orari d’ufficio, non sia una semplice
professione ma una religione in cui credere: la notizia. E
solo se si ha una fede profonda e messa in discussione ma
mai abbandonata, si può pensare di riuscire a fare bene il
proprio lavoro. Credo che non esista nulla che possa
equiparare il grado di soddisfazione che può dare
un’inchiesta, un approfondimento, l’essere il primo ad
arrivare sulla notizia. Senza avere necessariamente
l’ossessione dello scoop, ma la convinzione che nulla sia
più bello che informare gli altri; è una grande
responsabilità che nel corso del tempo e con il passare
degli anni forse la nostra professione sta perdendo».
Quali sono i pro e i contro di questo mestiere?
«Da una parte l’evoluzione del web e dei social potrebbero
far pensare che a dare la notizia non debba essere
necessariamente un giornalista. Ma è una convinzione errata,
perché la differenza tra noi e una qualunque altra persona
che scrive una notizia su un tweet è l’autorevolezza della
fonte. Noi abbiamo degli obblighi professionali e
deontologici a cui rispondere, gli altri no».
Hai pubblicato da poco un libro Respubblica. Cosa
hai voluto raccontare e quale è il messaggio che hai voluto
mandare?
«Prima di tutto che se si considera la Prima Repubblica come
il male assoluto si fa un grande errore. Sicuramente molte
cose sono andate per il verso sbagliato, ma è impensabile
gettare via l’acqua sporca con i panni. Ci sono state grandi
conquiste di libertà, a partire dalla Costituzione fino allo
Statuto dei lavoratori. Ma soprattutto ho voluto ascoltare
dalla voce di chi era protagonista in quel periodo come
fossero andati realmente i fatti, visto il tempo che è
passato da quel 1994. E ho chiesto loro di fare anche delle
analisi predittive sul futuro della politica italiana, e
sembrano proprio averci azzeccato».
C’è un episodio, un evento della tua vita professionale
dove hai detto amo il mio lavoro?
«Ho fatto un’inchiesta sulla strage di Ustica, in cui sono
riuscito a scoprire nuovi elementi che hanno portato a
verità processuali. E quando ho intervistato alcuni dei
familiari delle vittime di quel Dc9 ho visto nei loro occhi
un ringraziamento per il lavoro svolto. Non credo di essere
riuscito a scalfire il loro dolore, ma anche solo averlo
lenito per un attimo è già un grande risultato».
Hai un mentore, un ideale, una persona del passato o
anche del presente che hai seguito, ammirato e imitato tanto
da farti dire voglio essere come lui?
«Quando vuoi fare il pescatore e tuo padre è il capitano
Achab è difficile non averlo come esempio. Quindi non sono
dovuto andare molto lontano da casa per trovare un mio
mentore ideale: ho sempre rivisto i suoi servizi e il suo
modo di condurre le interviste. L’ho interiorizzato e l’ho
fatto mio, per non essere una brutta copia di mio padre, ma
l’evoluzione naturale di un modo di fare giornalismo, che
una volta veniva ricondotto a Giuseppe (Joe) e oggi, spero,
a Giampiero Marrazzo. Se ci sono riuscito o se ci riuscirò,
lascio che siano altri a dirlo».
Se potessi tornare indietro sceglieresti la stessa strada
lavorativa? O cambieresti qualcosa?
«So che potrà sembrare quasi arrogante, ma non sono persona
da avere rimpianti, forse qualche rimorso. Sicuramente avrò
anche sbagliato, ma solo chi non fa non sbaglia».
Quali sono gli ingredienti fondamentali per essere un
bravo giornalista?
«Riprendendo le parole di un grande giornalista italiano:
per essere un bravo giornalista bisogna essere amato da due
donne: la signora tenacia e la signora fortuna. Ecco se
sei amato da loro hai buone possibilità».
Consigli per gli aspiranti giornalisti?
«Leggere, ascoltare e vedere tutto, senza nessuna
preclusione, né culturale né morale. I collegamenti
“ipertestuali” tra le notizie sono infiniti e non si sa mai
quale informazione, anche la più becera, può farti arrivare
prima degli altri».
Hai dei progetti futuri ai quali stai lavorando?
«Sto lavorando ad un nuovo progetto televisivo, completando
la post produzione di un’inchiesta che ho iniziato tanti
anni fa e, visto il successo di vendite di Respubblica,
il mio editore mi ha chiesto di iniziare a pensare ad un
nuovo libro che racconti questa volta la Seconda Repubblica,
per poi magari arrivare alla Terza. Anche se per questa
sembra esserci ancora tempo...».
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Anna
Caragnano, amare la musica con curiosità
di Alessandra Paparelli
Abbiamo incontrato Anna Caragnano, cantante, artista romana
molto originale e anche neo mamma.
Quando hai sentito l'esigenza di cantare, fare musica e come
è nata la tua passione per il canto?
«Ho cominciato da piccola a studiare chitarra classica ma ben
presto ho sentito, profondamente, l’esigenza di utilizzare
anche la voce, la scrittura, tutto quello che potevo fare o
sapevo più o meno fare, per comunicare. Non che volessi
lanciare messaggi o insegnamenti ma semplicemente avevo bisogno
di raccontare qualcosa e così ho tirato fuori voce e
immaginazione e non le ho mai appese al chiodo».
Quali sono gli artisti, donne e uomini, che ti hanno
ispirato, ieri come oggi?
«Ho sempre studiato, ascoltato e amato la musica classica e lì
ho trovato le risposte a tutte le domande che mi ponevo. Ho
sempre amato Wagner, Caikovskij e Shostakovich. Ma ho ascoltato
tanto di tutto, in realtà. Bjork e Lauryn Hill sono state
sicuramente due artiste importantissime per me. In verità, è
anche riduttivo pensare che mi abbiano influenzato solo
compositori quando invece mi hanno influenzato molto anche
scrittori come Thomas Bernhard e Cormac McCarthy».
Ti sei classificata seconda nel contest Fonte Nuova
Experience, primo contest a Fonte Nuova, Roma, per artisti e
band emergenti in un'aula consiliare. La scelta di portare due
pezzi molto intensi, con aspetti teatrali, come nasce? Che
esperienza è stata per te, in un'aula in cui normalmente viene
svolto il consiglio comunale?
«È sempre bello dare nuova linfa e una seconda vita ai luoghi e
agli oggetti. Così come un bancale diventa divano, un’aula
Comunale può farsi palcoscenico. Ho scelto di portare due brani
molto diversi tra loro: uno in italiano e nella forma classica
della canzone, l’altro una suggestione sonora con molti
strumenti etnici, nessuna forma ben definita e un testo breve
in inglese. Perché con due brani a disposizione volevo
esprimere un po’ la mia idea di ricerca sonora. Come uno chef
che propone un menù degustazione, insomma. Per farmi conoscere
meglio in poco tempo».
Hai portato un brano molto intenso, originale, dedicato a
tuo figlio o meglio ispirato alla nascita del bimbo. Vuoi
parlarcene?
«Il brano si chiama The discovery e l’ho scritto grazie
alla collaborazione di musicisti speciali che vorrei citare:
Andrea Candeloro: Kora Africana, Sandro Foà; percussioni,
Massimo Amato: Persian Santur e Synths e Danilo Li Vigni;
pakhawaj Indiano ed è stato il primo che ho scritto dopo essere
diventata mamma. Guardavo il mio piccolino di pochi mesi che
cercava di afferrare la copertina di lana e ho semplicemente
riflettuto su come tutto sia una continua scoperta, per lui e
riscoperta per me attraverso i suoi occhi. E poi c’è dentro
l’unico augurio che mi sento di potergli ripetere: non c’è
nulla da fare tranne essere, esser-ci. La vita è una
conseguenza della capacità di stupirsi, di scoprire e
riscoprire insieme se stessi e il mondo. E non c’è nulla che si
deve o non deve fare per essere amati».
Quali sono i tuoi progetti attuali e futuri? Hai dischi in
uscita, Cd o Ep?
«Dall’incontro con il mio poeta preferito, Gianni Ruscio, che
ho avuto la fortuna di sposare sta nascendo molta musica dentro
me. Arriverà presto anche al di fuori di me e in un disco.
Posso anticipare solo il titolo: Tamburi; è il quartiere
di Taranto dove sono nata e anche lo strumento musicale
primordiale».
Hai fatto una scelta di libertà musicale, a che prezzo?
«Lo dirà solo il tempo se la libertà paga o non paga. Per ora
posso solo dire che ho perso centinaia di treni e, se potessi
tornare indietro, ne perderei molti di più».
Cosa consigli ai ragazzi giovanissimi che intraprendono la
carriera musicale e per passione scelgono questa forma di arte?
«Studiate. Siate curiosi. Non andate mai a letto soddisfatti di
quello che sapete fare. Buttatevi. Ubriacatevi di gioia e fate
cazzate. Ma soprattutto, studiate. Altrimenti non potrete mai
comprendere a fondo quello che vi accade e perderete la
possibilità di divenire voi stessi anche artisticamente. Chi
legge, studia e si informa non è pesante. Basta con questa
stupidaggine. E’ chi non studia che è manipolabile, noioso,
ripetitivo, scontato e mortalmente inutile».
Una domanda che faccio a tutti gli artisti: le differenze
oggi, ammesso ci siano, tra Sanremo e i vari talent, pensiamo a
X Factor. Trappola o sbocco professionale, vetrina
oppure tritacarne?
«Nessuno strumento è mai stato colpevole di qualcosa, secondo
la mia opinione. Gli strumenti sono solo strumenti. Il loro
prodotto dipende solo da chi li utilizza e come. Non so se De
Andrè sarebbe andato a X-Factor ma forse Mozart sì.
Niente pregiudizi. La vera questione è che i Talent non vengono
quasi mai utilizzati come strumenti dagli artisti che vi
partecipano e questo genera molta frustrazione quando non si
raggiunge il successo sperato. Parliamo anche di quanto il
concetto di “successo” sia una vera "merda". Ho davvero
concluso questa intervista con la parola “merda”?».
Apprezziamo la sincerità di una artista pura, vera,
meravigliosa ed elegante sul palco, intensa. |
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