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Telegiornaliste anno XIII N. 31 (541) del 25 ottobre 2017
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Ertilia
Giordano, giornalista radio e... treno!
di Giuseppe Bosso
Voce familiare al pubblico campano degli ascoltatori di
Radio Castelluccio, ma anche volto di eventi e rassegne in
giro per l’Italia, incontriamo la giornalista
Ertilia Giordano, che ci
parla anzitutto di un interessante progetto che ha da poco messo a punto
sul suo neonato
canale You Tube.
La ragazza del treno: come nasce questo progetto e come lo
svilupperai?
«Essendo una conduttrice che ha avuto la fortuna di girare l’Italia per
vari eventi che ho presentato (per me è anzitutto un piacere più che un
lavoro, ci tengo a dirlo) viaggio moltissimo in treno, cosa che mi piace
molto, prendendo poco la macchina; da questo è nata l’ispirazione,
alimentata anche dal fatto che ho avuto davvero modo di visitare posti
splendidi, borghi di tutta Italia, pubblicando foto sui social… così mi
sono detta: perché non sviluppare un format, visibile sul web dal mio
canale You Tube, con il titolo che inevitabilmente richiama il libro di
Paula Hawkins da cui poi pochi anni fa fu tratto il film con Emily
Blunt; il 21 agosto ho fatto il video di lancio in cui ho spiegato il
progetto, e la prima puntata è stata pubblicata il 29, dove potete
vedermi andare in giro soprattutto facendo interviste con le persone che
ho incontrato ».
Un titolo che potrebbe anche essere la tua autobiografia e la tua
quotidianità.
«Sì, non mi piace stare ferma; del resto credo sia l’attitudine di
chiunque lavori nel mondo della comunicazione quella di spostarsi di
continuo. Soprattutto essere curiosi, cosa indispensabile; lo sono, mi
piace andare in giro, conoscere gente, parlare con loro e raccontare le
loro storie, scoprendo le caratteristiche meno note di un luogo».
Pro e contro di questa vita in continuo movimento.
«Tra i contro c’è sicuramente il fatto che la vita sociale non sempre
funzionerebbe come per una persona che è fissa in un dato luogo; ma non
li sento, ho degli amici che per fortuna capiscono queste mie esigenze;
forse un domani potrei sentire stanchezza, ma al momento non vedo
negatività perché sono consapevole di fare qualcosa che amo fare. È
stato così anche quando dopo il liceo mi ero iscritta alla facoltà di
giurisprudenza, che però ho lasciato quando mi sono resa conto che non
era quel percorso la vita che volevo costruire. Dopo qualche anno dove
comunque avevo sostenuto qualche esame mi sono iscritta alla facoltà di
editoria fino alla laurea; ma è stata una scelta non facile, per me che
sono sempre stata una ‘secchiona’. Ma ripeto, nessun pentimento, nessuna
stanchezza».
Sei sempre richiesta per eventi e presentazioni non solo nella tua
regione, ma anche nel resto d’Italia: che sensazioni ti suscita?
«Contentezza, gioia. Sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli e benché
sia legatissima al mio territorio avverto anche la necessità di
allargare i miei orizzonti; negli ultimi due anni soprattutto sono stata
in luoghi bellissimi (sia pure, lo dico con un po’di amarezza, da Roma
in su, visto che al sud avverto la difficoltà di organizzare eventi
culturali con lo stesso dinamismo e le stesse possibilità che al nord)
con la punta massima che sento di aver toccato lo scorso dicembre quando
ho presentato il Concerto della Banda della Polizia al teatro La Fenice
di Venezia; calcare quelle scale ambite da tantissimi artisti nella mia
ancora breve carriera lo ritengo davvero uno dei momenti più alti».
Com’è nato il tuo incontro con la radio e come è evoluto nel tempo?
«Un incontro nato per caso che però fin da subito è stato folgorante: ho
lavorato in tv, sulla carta stampata, sul web, ma il luogo dove mi sento
davvero a casa, a contatto diretto con il pubblico, è proprio qui, e
spero davvero di non abbandonarlo mai».
La radio può coesistere con i moderni social e mezzi di comunicazione
che si evolvono sempre più?
«Certo, anzi direi che l’evoluzione digitale che ha caratterizzato gli
ultimi anni è stata recepita molto più agevolmente dalle emittenti
radiofoniche rispetto a quelle televisive locali, come dimostra il
progetto Dab che anche Radio Castelluccio ha adottato tempestivamente.
Oggi bisogna essere ‘social’, e io me ne sono resa conto man mano,
aprendomi ai vari network che fino a poco tempo fa ero restia ad
avvicinare».
L’immagine per te può essere un’arma a doppio taglio?
«Non demonizzo l’immagine e la gradevolezza, che per chi lavora in tv e
su un palco sicuramente aiuta più di quanto può essere necessario a chi
lavora in radio per ovvie ragioni; essere gradevoli più che belli direi
sia importante, ma non sono malata di immagine, fin da ragazzina ho
cercato di curare anche la parte intellettiva proprio per evitare che si
potesse pensare “carina uguale sciocca”. È una risorsa se la si sa usare
senza ostentarla eccessivamente, in modo volgare, nel senso che solo se
un bell'apparire è ostentato è volgare, può essere controproducente».
Ti trovi più a tuo agio casual o elegantissima?
«Assolutamente casual, a cominciare dal mio lavoro in radio che
ovviamente non mi pone problemi dal punto di vista dell’immagine; forse
a volte anche troppo ‘casual’, come mi fanno notare alcuni colleghi
secondo i quali così mi valorizzerei abbastanza… no, preferisco sempre i
miei jeans al tacco, anche perché il momento di soddisfazione me lo
prendo così; poi certo in altri contesti, come la serata a Venezia di
cui ti ho parlato, i jeans non sono proprio l’ideale, me ne rendo
conto».
Se chiudendo gli occhi ti dico ‘domani’, cosa ti viene in mente?
«Una persona che si sposta, viaggia, che magari non avrà mai il posto
fisso come non lo avranno la maggior parte dei miei coetanei; ma a me
questo dà anche gli stimoli giusti, per migliorarmi e rinnovarmi di
continuo; un carattere aperto al rinnovamento non potrà mai vivere come
un peso questa mancanza».
Hai mai dovuto affrontare la parola ‘compromesso’?
«No, per fortuna; ho detto dei ‘no’, non però per proposte indecenti
come quelle che potrebbe ricevere una ragazza giovane agli inizi; i
compromessi che ho ricevuto sono proposte che economicamente rendevano
poco o niente, ma alle quali quando ero più giovane ho aderito proprio
perché sentivo che dovevo fare gavetta, tantissima gavetta. L’ho fatto
con piena volontà. Altro tipo di compromessi per fortuna non ne ho mai
incrociati e spero di non incrociarli mai».
E la parola ‘bavaglio’?
«No. Faccio giornalismo attraverso questa emittente, assolutamente
libera, con un editore che ha un suo punto di vista ma che lascia
assolutamente piena libertà a me e ai miei colleghi (e qui siamo
soprattutto tante ragazze). Facessi giornalismo altrove potrei magari
incappare in qualche piccola limitazione, ma caratterialmente mi sento
assolutamente a prova di bavaglio». |
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Aldo
di Silvestra Sorbera
Uno pei pezzi forti del giornalismo italiano
ci ha lasciato questo mese: Aldo Biscardi che con la
sua parlata strana, il suo ciuffo ed i suoi
occhi raccontava il calcio agli italiani e
alla italiane.
Perché, diciamolo, anche se a qualcuno non piace il calcio,
Il processo di Biscardi, programma di
battaglia del grande Aldo giunto alla trentaseiesima
edizione, ottiene sempre una sbirciatina anche
dalla moglie più scettica.
Biscardi è entrato nelle case degli italiani, così
come lo sport, raccontando, a volte in maniera ironica,
altre volte critica, le storie del rettangolo
verde.
Biscardi e il suo Processo non hanno vissuto momenti
facili, come quella volta che l'AIA portò in tribunale
(perdendo) il conduttore e tutto il programma, ritenendo
la trasmissione diseducativa; i giudici però accolsero la
linea difensiva del programma che voleva essere solo un
varietà.
Biscardi lascia il suo pubblico, ma la sua più grande
battaglia resta: parliamo del VAR (la video
assistenza in campo, la moviola per intenderci) e,
questo campionato calcistico appena iniziato
ricorderà così il Biscardone nazionale. |
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Simona
Diodovich ci racconta il suo nuovo romanzo
di Tiziana Cazziero
Abbiamo il piacere di incontrare l’autrice e disegnatrice
Simona Diodovich: ci racconta il suo nuovo romanzo, Vinci.
Ciao Simona e grazie per aver accettato questa
chiacchierata. Vinci, un romanzo che parla di pugilato
pubblicato negli ultimi giorni, come nasce la voglia di parlare
di questo sport?
«Ciao Tiziana. Grazie per avermi accolto qui: io amo diversi
sport, uno di questi è il pugilato; secondo me è uno degli
sport con più onore e lealtà esistenti. Mette a dura prova la
tua forza e non sempre parlo di quella fisica; sali su un ring
e sai che puoi fare solo una cosa: batterti con lealtà. Una
persona che si scontra ogni giorno con questo pensiero, anche
fuori dal ring ragiona in questo modo. È uno sport magnifico;
credo che sia nato da questo principio il libro».
Quali sono state difficoltà legate alla stesura di questo
libro e perché?
«Se decido di scrivere un libro in cui mi devo documentare
parecchio, poi non mi lamento. Ho scelto io e mi diverto:
certo, scrivere un libro su uno sport come il pugilato ha fatto
sì che prima mi documentassi su tutto e poi, con il materiale
in mano, ho ricamato intorno la storia come la volevo io. Mi
spiego meglio: c’è un passaggio nel libro che poteva essere
fatto solo in quel modo, perché ho chiesto al pugile com'era
organizzato il loro rapporto con manager e allenatori; se parlo
di scatti d’ira di un ragazzo, poi per modificare il suo
comportamento su un ring, parlo di difesa a spalla. Per cui
prima ho studiato molto, poi ho scritto tutto il libro. È
faticoso, ma la soddisfazione è quadrupla».
Cosa ti ha lasciato questa esperienza? Aver parlato di
questo sport soprattutto al maschile, ha forse un messaggio che
intendi lanciare con il tuo libro?
«Questo libro parla, in effetti, di molte cose oltre il
pugilato: parla di onore, orgoglio per il nome che si porta,
famiglia; lealtà, essere in grado di schiacciare chi è cattivo
e non lo fare per rispetto dello sport stesso e per se stessi.
Parla di portare a termine le proprie passioni, andando
incontro anche a ciò che fa male; parla di non cedere ai
ricatti. Parla di pugilato, ma io amo mischiarci dentro tante
altre cose. Mi piace pensare di essere diventata migliore
anch’io, nello scriverlo; chissà se succederà anche agli
altri».
Autrice e disegnatrice , come concili le due attività con la
vita privata?
«Correre da una cosa all’altra si può considerare conciliare le
cose? Scherzo: dopo quasi trent’anni nell’editoria, sono
abituata a ritmi elevati; il trucco è non perdere la
concentrazione quando si fa un lavoro. In più, se sto
scrivendo, dopo un po’ mi manca il disegno, per cui quando devo
disegnare sono la persona più felice perché posso farlo. Il
contrario se sto disegnando: con tutto ciò che segue la stesura
di un libro, documentazione e via dicendo, è il mio momento
relax. In più ho mille hobby, un sacco di amicizie da
coltivare, film e serie tv da vedere, libri da leggere; uscire
e camminare per fare un po’ di sport, ahimè non sono brava nel
pugilato… ho una vita super impegnata, ma vivo ogni secondo
appieno, divertendomi. Ecco, io mi diverto: questo è il
segreto».
Lo sport è spesso ricorrente nei tuoi testi, passione o
scelta dettata da cosa?
«Sono piccola e curvy, al massimo io posso camminare e andare a
far aquagym; amavo la pallavolo e il karatè, ma se sei
disegnatrice, scopri subito che non concilia con il lavoro.
Rischi di spaccarti la mano e non si lavora poi; mi piacciono
gli sport, alcuni visti da fuori. Mi piace ciò che insegna.
C’era un mondo pieno di libri fantasy e io ho scritto un libro
sul football americano: è stato divertente andare contro
corrente. Quel libro vende ancora oggi dopo tre anni; gli sport
sono una scommessa per me. Sono una lunga e dettagliata
stesura, ma sono la mia sfida. Devi documentarti anni per
scrivere un libro fatto bene; io sono stata anche fortunata
perché ho degli amici pugili, a cui sparavo a raffica mille
domande».
Sport, romance, fantasy, questi i generi da te trattati:
pensi di provare qualcosa di differente nel futuro?
«Sì, di sicuro nel prossimo anno sperimenterò uno dei due
generi che ancora voglio provare: romantic suspense. Poi
proverò con il thriller; se studi psicologia per anni, è come
un faro là in fondo che ti chiama ogni volta che ti giri…».
Grazie.
«Grazie a te, Tiziana. È sempre un piacere».
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