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Telegiornaliste anno XIII N. 30 (540) del 18 ottobre 2017
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Jessica
Tozzi: passione, studio e sacrifici per emergere di
Giuseppe Bosso
Incontriamo Jessica Tozzi, giovane promettente giornalista di Mediaset
Premium, che affianca Mino Taveri nel programma sportivo della domenica
Sport Mediaset XXL.
Come è arrivata a Mediaset?
«Sono arrivata a Mediaset , dopo aver terminato la mia esperienza nel
canale tematico del Milan, facendo un semplice colloquio; dopo circa due
mesi è arrivata la tanto attesa risposta positiva e da settembre 2016
faccio parte della redazione di Premium».
Lei fa parte di una generazione di ragazze che si affacciano al
giornalismo sportivo con grande competenza e professionalità: possiamo
dire che il binomio donne-pallone è stato definitivamente sdoganato?
«Fortunatamente le donne hanno sempre più spazio nel giornalismo
sportivo: sono sempre di più le giornaliste che dimostrano, oltre ad un
bell'aspetto, di avere tutte competenze necessarie per poter parlare ad
alti livelli di sport; purtroppo le velleità televisive di alcune
ragazze e la non competenza, alle volte, rischia di incrementare il
pregiudizio nei confronti delle donne appartenenti al mondo dello sport,
ma fortunatamente sta diminuendo sempre di più rispetto ad un tempo».
Tema caldo di questo primo scorcio della nuova stagione è sicuramente
l’introduzione della Var, che ha subito diviso favorevoli e contrari:
qual è la sua opinione?
«Stiamo imparando a conoscere il Var giornata dopo giornata: non è
facile abituarsi improvvisamente ad un cambiamento così radicale; era
anni che si richiedeva a gran voce la tecnologia in campo per fugare i
dubbi sulla regolarità delle partite e dunque era necessario andare al
passo con i tempi. Ma ora che c'è molti sono contrari al suo utilizzo;
devo dire che per il momento non mi ha convinto, ma sono pronta a
ricredermi».
Come è stata accolta dai giornalisti ‘veterani’ della redazione di
Mediaset e come si pone nei loro confronti?
«Sono entrata nella redazione di Premium Sport in punta di piedi e con
estrema umiltà: ho sempre cercato di mettermi a disposizione e penso che
tutto ciò sia stato apprezzato da tutti; devo ammettere che quando mi è
stato comunicato che avrei iniziato a lavorare a Premium un po' di
timore mi era venuto soprattutto al pensiero di dovermi confrontare, a
soli 23 anni, con grandi giornalisti che hanno fatto la storia dello
sport di Mediaset. Invece sono stata accolta divinamente da tutti i miei
colleghi».
Quanto conta per lei l’immagine?
«Sarò sincera, l'aspetto in televisione conta: ma attenzione, non basta;
sembra una frase retorica ma è così; il giornalismo è fatto di passione,
sacrifici e tanto studio. Senza tutto questo non si fa molta strada».
Molto apprezzata dai nostri lettori-utenti, come potrà vedere nel
nostro
forum: cosa le suscita questo interesse nei suoi confronti?
«Come detto, nel mio lavoro metto tanta passione e quando ricevo
complimenti sulla mia professionalità non posso che essere estremamente
felice: quindi ringrazio di cuore tutti coloro mi seguono con affetto e
che apprezzano il mio lavoro».
Cosa farà Jessica da grande?
«Spero da grande di poter affermare di essere soddisfatta del mio
lavoro. Ovviamente nel giornalismo sportivo, questa è la mia strada e
continuerò a percorrerla con grande tenacia». |
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TUTTO TV Roberta De Roberto,
la mia voce per Karen nel ricordo di Laura Latini
di Alessandra Paparelli
Abbiamo incontrato
Roberta De Roberto, attrice di teatro,
doppiatrice di grandi film e telefilm di successo, da pochi
giorni alla ribalta come nuova voce, nella versione
italiana, della vulcanica Karen Walker (interpretata da
Megan Mullaly) coprotagonista della serie cult Will &
Grace, da pochi giorni tornata anche sui teleschermi
italiani - su Premium Joi - dopo dieci anni di assenza.
Sostituisce
Laura Latini, purtroppo venuta a mancare nel
2012, e ci racconta come sta affrontando questa nuova
esperienza, oltre a ricordare la collega.
Il mondo del doppiaggio è molto interessante e
affascinante, come hai iniziato, quanti anni avevi e cosa ti
affascina di questo lavoro che esercita un immaginario
collettivo incredibile, usando soltanto la voce?
«Il doppiaggio é un mondo meraviglioso, dove a te spetta il
compito di completare e interpretare a tua volta il ruolo di
un'attrice, quindi hai la responsabilità doppia verso una
"collega" e verso il pubblico. La cosa affascinante è
proprio questa sfida che offre il mio lavoro: entrare in un
personaggio che ha già un volto e delle caratteristiche e
che devi completare, adattandoti su di esse. Ho iniziato a
circa 20 anni, quando in Accademia Corrado Pani, diretta da
Claudio e Pino Insegno, ho conosciuto la meravigliosa arte
del doppiaggio. Ne rimasi completamente folgorata e così
cominciai a fare dei corsi intensivi di solo doppiaggio, per
poi seguire in sala, fare provini e dopo poco piccoli e
grandi ruoli».
Hai doppiato moltissime attrici, hai una bellissima voce
e sei molto brava, in film e telefilm, un lungo curriculum.
Volevo chiederti se conoscevi e hai avuto modo di conoscere
la doppiatrice Laura Latini, scomparsa da qualche anno e
come cercherai di caratterizzare il personaggio, come lo
personalizzerai e personalizzi.
«Con Laura c’era un’amicizia che andava al di là del lavoro:
lei mi ha insegnato che cos’è la vita; e oggi mi insegna
come mettere il cuore nel lavoro. Laura resterà per sempre
Karen Walker, quello che faceva lei è inarrivabile, io farò
tesoro del suo grande esempio e ci metterò tutto l’amore che
posso»
Grey's Anatomy e Will & Grace, due telefilm
di grande successo e affetto da parte del pubblico. Come ti
poni verso i tuoi personaggi femminili, come caratterizzi i
personaggi, naturalmente ti attieni al copione ma cosa metti
del tuo lavoro e cosa invece del tuo essere donna, cosa
della tecnica e cosa della tua anima?
«Queste serie fanno parte del costume e della cultura del
pubblico ormai, sono molto di più che semplici telefilm:
affrontano temi sociali e culturali enormi con la leggerezza
di un linguaggio contemporaneo e sarcastico oltre che
raffinato. Il mio tentativo è più che altro quello di
sposare questo tipo di mood, di lavorare sul particolare dei
miei personaggi senza tralasciare l'importanza del quadro
generale e quindi del tono generale di queste serie di
culto».
Usare la voce è affascinante: ti piace la tua voce quando
ti riascolti?
«Sono molto critica con me stessa, perciò trovo sempre
qualcosa da migliorare».
Una curiosità, come proteggi la tua voce, il tuo
importante strumento di lavoro? Utilizzi accorgimenti per i
cambiamenti climatici, fai anche degli esercizi?
«Ovviamente cerco di proteggere la voce, faccio una vita
sana, presto attenzione ai locali eccessivamente
climatizzati, per esempio. Per quanto riguarda l'esercizio
diciamo che mi esercito naturalmente con il continuo studio
e l'esercizio della mia professione, soprattutto a teatro,
il punto su cui mi concentro di più».
Il tuo percorso è iniziato tra cartoni animati,
animazione, soap, telenovelas, film tv, telefilm e
miniserie, cinema: cosa ti piace maggiormente doppiare, dove
senti di dare il meglio della tua professionalità?
«Mi piace recitare, mi sento un'attrice: il doppiaggio è uno
degli aspetti del mio lavoro di attrice che amo molto e
ovviamente doppiare serie che hanno segnato un'epoca è una
cosa che mi rende molto orgogliosa».
Il doppiaggio è una bellissima realtà italiana, in
particolare; costituisce un settore dello spettacolo spesso
ingiustamente sottovalutato, ma che ha dato molto al cinema
e a noi spettatori regalandoci grandissime emozioni. Quella
del doppiatore, della doppiatrice è una figura
indispensabile, non un mestiere a sé, ma un volto della
poliedrica arte dell’attore, un vero attore/attrice: cosa ne
pensi, al riguardo?
«Credo che il doppiaggio sia - come dicevo in precedenza –
una eccellenza italiana e che sia davvero un dono poter
vedere i film senza ricorrere ai sottotitoli, grazie al
grande lavoro che si è sempre svolto in questo campo, nel
nostro Paese. Come accennavo prima, io mi sento un'attrice e
ovviamente un doppiatore non può che essere un attore, non
mi sono neanche mai troppo applicata nella distinzione delle
due cose perché distinzione non c'è e come giustamente
dicevi sono due facce della stessa medaglia»
Hai degli aneddoti da regalarci, in sala doppiaggio o
curiosità da dirci? Per esempio a chi ti ispiri tra le
doppiatrici degli anni passati, mitiche voci degli anni 50,
60 e 70? Quale la doppiatrice donna che apprezzi
maggiormente, sia del passato che di oggi?
«Una grandissima doppiatrice di quegli anni, che ho sempre
apprezzato tantissimo, è
Rosetta Calavetta, strepitosa voce di Marilyn
Monroe; oggi m’ispiro alla grandissima Laura Latini, grande
esempio di artista e donna».
Il mondo del doppiaggio è un argomento che appassiona da
sempre un numero sempre maggiore di italiani, molti si
avvicinano a questo argomento probabilmente partendo dalla
curiosità di scoprire il nome associato ad una voce,
accostare un volto a una voce, che continuano ad apprezzare
e a riconoscere. Ti riconoscono dalla voce magari in un bar
o in un negozio, a contatto con il quotidiano, le persone
capiscono che tu sei attrice-doppiatrice? Non so, dal tono o
dalla dizione perfetta?
«A volte mi succede che al bar o in qualche negozio, mi
chiedano: “scusi ma la sua voce... è per caso una
cantante?" e questa cosa mi diverte moltissimo».
Ultima domanda, progetti e programmi futuri?
«Mi auguro di riuscire presto a riprendere a lavorare in
teatro, mio primo grande Amore. Nell’ultimo anno, per i
tanti impegni nel doppiaggio, ho dovuto metterlo da parte.
Ma sono certa di ritornare presto in scena, perché il primo
amore non si scorda mai». |
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Edda
Cioffi: restare al Sud e affermarsi si può, parola mia
di Giuseppe Bosso
Il pubblico napoletano che segue la trasmissione sportiva
Globuli Azzurri, condotta il lunedì da Samuele Ciambriello
su Julie
News, da qualche tempo la conosce come la
professoressa. Ma non è certo un soprannome perché Edda Cioffi
lo è davvero; non solo volto televisivo di punta, ma anche
docente e preside e psicologa; un personaggio davvero notevole
che sa coniugare fascino e intelligenza, come ci dimostra
raccontandoci della sua vita, dei suoi progetti e delle sue
scelte, per lanciare un messaggio soprattutto ai giovani del
sud.
La tua giornata tipo?
«La mattina sono a scuola, insegnante e preside di un istituto
alberghiero e di ragioneria; poi al pomeriggio mi dedico alla
mia attività di psicologa, sedute con i miei pazienti, salvo
che non ci siano eventi che seguo di solito la sera che
capitano di giorno. Mi adatto a seconda delle giornate, poi
capitano anche i giorni in cui non lavoro e sono contenta di
potermi dedicare ad altre cose».
Cosa ti aspetti da questa edizione di Globuli Azzurri?
«Potrei definirmi un’appassionata, non tecnica; la mia
partecipazione non è legata esclusivamente al calcio e al
Napoli, perché Globuli Azzurri si distingue da altri
programmi calcistici dal momento che mi consente di fare
dirette dall’esterno, come mi è capitato presso il Centro
sportivo Sant’Antimo, una splendida struttura polivalente, e di
parlare anche di temi come l’ospedale psichiatrico, che non
riguardano il calcio in senso stretto, ed è una cosa che ho
apprezzato fin da subito».
Come ti sei avvicinata all’argomento calcio?
«Come psicologa dello sport, poiché il calcio ha capacità di
aggregazioni come pochi altri sport, dal punto di vista
sociale».
Non solo tv, ma anche radio, eventi, psicologia, danza (in
passato), insegnamento… possiamo dire che rappresenti nel tuo
piccolo un vero e proprio spot per invogliare i giovani campani
e meridionali a non lasciare la loro terra?
«Lo faccio tutti i giorni con i miei studenti; anche quando
faccio domanda per insegnare, mentre tutti di solito non
scendono più a giù di Roma io ho scelto Napoli, dobbiamo
valorizzare la nostra realtà: esiste una miriade di eventi
legati soprattutto all’enogastronomia che dimostrano come
possiamo contare come poche altre realtà di risorse e ricchezze
uniche. E anche dal punto di vista cinematografico, come sta
dimostrando il grande successo di Gatta Cenerentola…
anche se devo dire che mi hanno condizionata anche delle
varianti di tipo personale nella mia scelta di non lasciare la
Campania. Ma ripeto, sì, posso testimoniare che si può lavorare
e bene qui».
Per te è stato difficile farsi accettare dagli uomini e
dalle donne di un mondo come quello della tv locale come,
perdonami l’espressione, ‘bella con cervello’?
«Dipende dalle persone; non nego che talvolta è stancante dover
sempre dimostrare più degli altri la mia preparazione, le mie
competenze; la danza in questo senso mi ha aiutato molto; ma è
una rabbia molto relativa, col tempo quando mi si conosce, e
soprattutto parlo dei miei allievi, si riesce a capire che non
sono solo immagine. Faccio ancora adesso campagne
pubblicitarie, e sfortunatamente non mancano persone che
tendono ad associarmi a quel contesto e basta; ma ritengo che i
greci avessero ragione a dire mens sana in corpore sano, se
sono piacevole dal punto di vista dell’immagine penso di poter
trasmettere anche positività, secondo questa filosofia».
Ti senti realizzata?
«No. Ho ancora degli step da compiere, non mi riferisco al
mondo dello spettacolo, ma alla mia professione quello che
chiamo ‘lavoro serio’, vorrei compiere e realizzare questo
progetto nei prossimi due-tre anni. Ho ottenuto moltissimo, e
presto, sul versante professionale, indubbiamente, dalla laurea
a tempo di record a tanti premi e riconoscimenti, ma la mia
strada non finisce certo così. Sul versante personale il mio
sogno è ovviamente generare dei figli, sono consapevole che per
una donna c’è un orologio biologico inesorabile e quindi per
questo i tempi sono piuttosto stretti, anche se sono ancora
molto giovane. Per una donna è difficile conciliare sfera
personale e professionale. Poi si vedrà, la vita può anche
darti altre gioie se non quella della maternità. Vedremo, per
ora sono molto più concentrata sul lavoro».
Hai mai dovuto confrontarti con proposte indecenti, se posso
chiedertelo?
«La proposta indecente non arriva se non da parte di chi
avverte di poter agire così; bisogna essere intelligenti nel
prevenire in tempo, carpire quella intenzione e dissuaderla; è
un mondo, quello dello spettacolo, che per me va vissuto dopo i
19 anni, quando hai una piena maturità che ti consente di
fronteggiarlo; per questo all’inizio magari è d’aiuto un
supporto come quello che possono dare i genitori, ma poi
bisogna saper essere autonomi, saper distinguere quando una
cosa va fatta e quando si deve rifiutare».
Da psicologa che profilo hai tracciato dell’Italia e dei
giovani in particolare?
«Non solo da psicologa ma anche da insegnante e giornalista
televisiva avverto stanchezza, demoralizzazione nei ragazzi,
che non riescono a inseguire le loro aspirazioni, non sanno
cosa fare. Dire sempre c’è crisi, c’è crisi ha finito per farli
adagiare, non stimolati a impegnarsi anche perché vedono
persone che dal nulla conseguono facilmente un successo
televisivo mentre chi studia e si impegna, e vedi tanti
ricercatori, che non vedono premiati i grandi sforzi,
soprattutto neuronali, come meriterebbero; bisogna motivare i
ragazzi nel reagire a questo stato d’animo; in fondo questo
tipo di successo come facilmente arriva altrettanto facilmente
passa, e quanto più si è saliti in alto più ci si fa male
cadendo, questo dovrebbero saperlo. E da qui nascono malattie
mentali, pazzia… è deleterio!».
I tuoi prossimi impegni, oltre a Globuli Azzurri?
«Il lavoro di sempre, eventi da presentare come la Fiera di
Paestum, un evento enogastronomico a Sant’Antonio Abate, cose
che non mi limito solo a condurre ma che curo a 360 gradi.
Tante cose, amo questi eventi enogastronomici in cui arte e
gusto si conciliano in modo splendido, come è stato per la
Festa della pizza a settembre, con grandi personaggi».
Un aggettivo per descriverti?
«Difficile dirlo, penso che non si possa descrivere ognuno di
noi con un solo termine visto che siamo ciascuno tante
immagini, tante facce che stimolate da persone diverse
producono tante cose diverse… posso comunque dire di essere
un’eterna insoddisfatta, perché voglio sempre migliorare,
raggiungere nuove cose. Sono ambiziosa in senso positivo ma
negativamente insoddisfatta, così mi si potrebbe descrivere in
breve. Rimanendo nella mia realtà regionale».
Ti sei mai dovuta misurare con la parola ‘bavaglio’?
«Tante volte… se dicessi sempre quello che penso non potrei
lavorare davvero. Dico quello che penso sempre ma con molta
educazione, consapevole che in questa realtà non è che ci sia
proprio tutto questo diritto di parola…». |
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