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Telegiornaliste anno XIII N. 28 (538) del 4 ottobre 2017
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Francesca
Cutino, il mio libro per le mamme (e non solo) di
Giuseppe Bosso
Incontriamo, dopo aver intervistato sua sorella
Lia, la giornalista
Francesca Cutino, autrice del libro 28
giorni – Storie di madri (Albatros).
Francesca, a chi è dedicato il tuo libro e quale messaggio hai
cercato di trasmettere?
«A tutti, uomini e donne, anche se a queste ultime intendo lanciare
l’invito a superare i freni del pudore riguardo a temi come la maternità
e il concepimento; nel libro, racconto sette storie di madri, storie
vere ed emozionanti in cui le protagoniste si mettono a nudo, senza
nascondersi; diciamo che tra la reticenza e la condivisione, le mamme
hanno scelto la seconda opzione».
Qual è a tuo giudizio il ritratto della mamma di oggi, in Italia e
nel mondo?
«Multitasking, cioè una mamma non solo madre ma anche impegnata ad
affermarsi nel lavoro a 360°».
L’Italia e il Sud sono un Paese per mamme?
«Proprio riguardo questo aspetto ho creato una pièce teatrale ispirata
al libro, Mamme imperfette, che parte dal presupposto che i dati
Istat certificano come le nascite siano sempre meno e l’Italia sia, come
si dice, un Paese per vecchi; da qui, l’idea di portare lo spettacolo
nelle scuole e confrontarmi con i giovani sul tema della paternità e
della maternità; ne ho dedotto che le nuove generazioni non solo sono
assolutamente ferrate sul tema ma anche molto mature. Se non si fanno
figli non è per loro volontà, ma per la mancanza di lavoro, di sicurezze
nel futuro».
Qual è stato finora il riscontro che hai avuto dalle persone che
hanno letto il libro?
«Positivo: tantissime donne, leggendo le storie, hanno colto l’occasione
per raccontarmi la loro ‘esperienza’, chiedendomi di inserirla nel
sequel del libro; in realtà non ci sarà una seconda parte, preferisco
che il libro rimanga questo, ho un altro lavoro in cantiere che
riguarderà tutt’altro».
Quella della mamma non è però una figura che non solo i libri ma
anche cinema, tv e altri media hanno usurato?
«Sicuramente il tema è stato trattato a 360°, ma credo che per i suoi
infiniti aspetti non sarà mai esaurito: non è vero che le madri compiono
gli stessi gesti o vivono le stesse emozioni, le storie delle mamme sono
uniche e irripetibili; ogni mamma vive la maternità con una maturità e
una consapevolezza diversa, che abbia 18 o 45 anni, che sia diventata
mamma naturalmente o che abbia adottato dei bambini, che abbia scelto di
diventarlo o meno».
Progetti in cantiere?
«C’è come ti dicevo un secondo libro in lavorazione, un romanzo vero e
proprio, in cui si sovrappone il tema del lavoro, dell’amore e della
politica».
La dimensione provinciale ti sta stretta?
«Tutti mirano sempre a qualcosa di più grande, ma se non si parte dalla
conoscenza del territorio non si può aspirare ad andare oltre. In ogni
caso, quello che faccio oggi, non mi va assolutamente stretto ».
In che modo cerchi di raccontare il tuo territorio, nel bene e nel
male?
«Non è facile l’esperienza del quotidiano locale che deve andare avanti
ogni giorno e, come ci è capitato, senza finanziamenti; è difficile, ma
quando c’è passione e volontà si può fare tutto».
Ti sei mai imbattuta nella parola ‘compromesso’?
«Per mia fortuna no, e semmai la incontrassi so già che risponderei
negativamente; ho sempre cercato di fare le cose con correttezza, lealtà
e massima serietà».
Hai mai incrociato la parola ‘bavaglio’?
«Personalmente no, né da giornalista, né da responsabile della
comunicazione e degli uffici stampa. Il ‘bavaglio’ ridimensiona e
circoscrive il mestiere e la libertà del giornalista... anche se va
detto, ci sono dei giornalisti che vogliono sostituirsi alla
magistratura. E i processi si fanno nelle giuste sedi». |
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TUTTO TV Il
ritorno di Rosy Abate nella fiction più attesa dell’anno
di Antonia Del Sambro
Dai vertici Mediaset non c’è ancora conferma della
messa in onda e neppure del giorno settimanale scelto
eppure la fiction su Rosy Abate, malavitosa
protagonista di molte serie di Squadra Antimafia
e personaggio amatissimo dal pubblico, è già stata
battezzata la serie dei record.
Senza dati alla mano né un solo fotogramma di
pubblicazione, il pubblico italiano che ama le fiction è già
prontissimo a omaggiare questa nuova serie con tanto
di attesa, curiosità, affascinazione, e
centinaia di post su tutti i più importanti social.
Sarà perché nelle ultime stagioni di Squadra Antimafia
la
Taodue, come produzione e realizzazione, aveva
deciso che il personaggio di Rosy Abate aveva già dato
tutto quello che poteva e l’aveva relegato a un ruolo
marginale, prima facendola rinchiudere in un convento
e poi facendola credere morta in una esplosione
presso una pompa di benzina. O sarà perché di personaggi
come l’Abate non si sono mai più visti veramente nelle
fiction italiane, fatto sta che il ruolo interpretato
magistralmente da Giulia Michelini mancava così
tanto ai telespettatori italiani che l’idea di uno spin
off solo su di lei è stata accolta da subito con
assoluto e sincero entusiasmo e dagli addetti ai
lavori e dalla Mediaset e dai tanti fan di Rosy/Giulia che
davvero non vedono l’ora di poterla ammirare sul piccolo
schermo in un ruolo caro a tutti e che segnerà il ritorno
di una delle cattive più affascinanti e amate di sempre
nella televisione italiana.
Ritroveremo una Rosy Abate che ha cambiato vita,
nome, compagno e che vive in Liguria,
esattamente nella zona di Rapallo e tra i luoghi più
affascinanti di quella terra. La mafiosa di Palermo
sembra essere stata sostituita da una nuova donna,
che svolge un lavoro onesto e conduce una vita
tranquilla accanto al suo nuovo compagno che nulla ha a
che vedere con i partner con cui si accompagnava da boss in
Sicilia.
Eppure la natura tenuta silente e nascosta dalla
nuova Rosy cova sotto la cenere da tempo e basterà
una piccola scintilla, una rapina da nulla, un
piccolo ricordo per scatenare nuovamente in lei la
crudele, volitiva, vendicativa e
spietata Abate di un tempo.
Nella nuova fiction rivedremo anche qualche personaggio
notissimo al grande pubblico di Squadra Antimafia come De
Silva e l’ex politica Veronica Colombo che tanto
peso hanno avuto nella scomparsa dell’unico figlio di
Rosy, Leonardino.
Sulla messa in onda e sull’attesa dei tanti spettatori e fan
la Mediaset continua a tentennare ma con molta probabilità
il mese sarà quello del prossimo novembre.
Intanto, sui social e sul web impazzano le anticipazioni
e le indiscrezioni perché il ritorno di Rosy Abate
sul piccolo schermo sarà, senza alcun dubbio, l’evento
televisivo più importante del 2017. |
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Claudia
McDowell & Revox: la grinta, il rock, il nuovo disco
di Alessandra Paparelli
Abbiamo incontrato Claudia McDowell, vocalist di
Claudia McDowell & Revox e per molti anni
speaker a Radio Rock, nota radio della Capitale.
Una prima domanda rispetto alla libertà di scelta e al
margine che avete musicalmente, con la tua band. Come e quando
hai iniziato a cantare, coltivare la musica?
«Non ricordo quando ho iniziato a cantare, probabilmente è
successo così presto da non averne più memoria; mia madre dice
che il mio primo vagito è stato in effetti un vocalizzo!».
Ci sono artiste donna a cui ti senti maggiormente legata?
«Quando ero poco più di una ragazzina adoravo Annie Lennox,
tentavo di cantare come lei e vestire come lei: quel completo
da uomo con cravatta e quei capelli corti su un volto così
bello colpirono la mia immaginazione molto a lungo. Ora sono
molto affascinata da P.J. Harvey, la sua voce sa essere
graffiante, stridente e insieme sensuale e tenera».
Parlaci della band, i Revox, con la quale porti avanti il
progetto musicale.
«La mia band, i Revox, è stata un vero colpo di fortuna.
Siamo affiatati e amalgamati splendidamente. Lo so che si dice
sempre dei propri musicisti, ma nel mio caso è veramente così:
siamo amici, non c'è un leader, siamo quattro teste e quattro
cuori che creano insieme. Ho cantato nelle band più disparate,
dal metal al pop passando per il folk irlandese, ma credo che
siano i Revox a tirare fuori il meglio di me. Ora siamo
totalmente immersi nella lavorazione del nuovo disco: siamo
nella fase stampa copertine del CD e nell'approntamento del
video che farà da traino al nostro nuovo lavoro. Scalpitiamo
per salire sul palco perché è il palco il nostro posto
preferito, la dimensione live è quella in cui ci troviamo
meglio, ma dobbiamo pazientare. Non appena sarà tutto pronto
contiamo di organizzare una bella serata dal vivo».
Difficoltà nel gestire le date, i live, nel reperire date?
Questo vale per le band di lungo corso e per le band emergenti?
«Le difficoltà sono tante e di varia natura. Non riusciamo a
vivere di musica, perciò la prima difficoltà viene dal reperire
date che non si accavallino con i nostri lavori "ordinari".
L'altra difficoltà viene dalla precisa scelta di proporre solo
musica originale, il che significa che i locali in cui suonare
si riducono drasticamente; non molti sono così coraggiosi da
affidare un venerdì o un sabato sera ad un gruppo che propone
la sua musica e non suona quella di artisti famosi. Questo vale
sia per le band note o emergenti».
Quali possono essere le chiavi per il successo? Credi nei
Talent o preferisci la sana gavetta, il lavorare in maniera
libera e indipendente?
«Le chiavi per il successo sono un misto tra avere talento,
sapersi vendere, essere al posto giusto nel momento giusto: una
combinazione rara; io non credo nei talent, pochi di coloro che
hanno partecipato sono riusciti ad avere una carriera duratura.
E per i miei gusti quei pochi non fanno musica di qualità e
sembrano suonare e cantare tutti nello stesso modo: faccio
fatica a distinguere per esempio queste nuove cantanti, alle
quali piace tanto gridare per mostrare l'estensione vocale, una
dall'altra; è tutto troppo veloce, il lavoro sulla voce è
costante e si fa nel tempo, io credo più nella gavetta e nel
cimentarsi in molti generi. Lavorare da indipendente ti
consente di essere libero di modificare il tuo stile e
fluttuare tra vari suoni senza imprigionarti; detto ciò, un
contratto discografico come quelli di una volta non mi farebbe
certo “schifo!”».
Quanto costano gli obiettivi e i bisogni da raggiungere?
«In termini di denaro, nel modo in cui suoniamo noi, non è così
oneroso; siamo un gruppo che suona un rock classico, abbiamo
una strumentazione solida ma semplice e una nostra sala prove.
Lo è in altri termini perché gestire le prove, le registrazioni
e i concerti insieme ai nostri altri lavori può davvero essere
molto faticoso. Lo è meno però se prendi questa avventura con
ironia, senza dannarti dietro l'unico scopo di avere successo,
noi siamo musicisti appassionati ma con un pizzico di sano
distacco».
Hai fatto molta radio, sei stata per anni a Radio Rock, una
radio molto molto amata. Perché attualmente non sei più in
onda, te lo chiederanno in molti, immaginiamo. Che rapporto hai
con la radio?
«Me lo chiedono ancora in tantissimi: non vado più in onda
semplicemente perché non ho mai ricevuto una proposta economica
convincente per tornare in onda. Se mai accadrà sarò
felicissima di tornare a fare radio, sapessi quante volte mi
capita di sognare di essere in diretta... il mio rapporto con
la radio è stato straordinario. Ho trasmesso per molti anni, ho
avuto il privilegio di conoscere grandi artisti, di assaggiare
l'adrenalina della diretta, di ascoltare musica splendida e
soprattutto di essere ascoltata da persone meravigliose. Era un
continuo scambio di emozioni: un'esperienza indimenticabile».
A cosa ti ispiri o vi ispirate, come band, per i testi? Si
scrive con la malinconia, si scrive attingendo al proprio
vissuto, all'incontro con gli altri. Si scrive con la gioia nel
cuore?
«Per anni sono stata ispirata dalla malinconia, dalla mancanza,
dalla disperazione: credo dipendesse da una vita sentimentale
piuttosto travagliata; e proprio di quella parlavano i miei
testi, principalmente. Da qualche tempo scrivo canzoni meno
buie, anche se resto dell'idea che quando tutto va bene si è
troppo impegnati a bearsene per mettersi a scrivere. Oggi mi
ispira un po' tutto: ho scritto canzoni su colloqui di lavoro
crudeli, sull'incomunicabilità di una coppia di amici, su una
passeggiata notturna a Roma. Direi che qualsiasi cosa può dar
vita ad un testo se sono in una fase creativa; il nuovo disco è
molto "asciutto", abbiamo tenuto spesso la prima registrazione,
volevamo mantenere l'immediatezza. Abbiamo soltanto aggiunto in
una fase successiva qualche suono di chitarra in più e qualche
controcanto, ma nulla che ci distanzi troppo dal suono live;
ancora una volta abbiamo suonato un rock forte ma
essenzialmente classico, quello sappiamo fare E quello ci piace
fare. Mi attrae inoltre l'idea che sia facile poter
canticchiare subito uno dei nostri brani; in questo momento poi
mi sto divertendo molto nell'ultimare la sceneggiatura del
nostro video e con l'aiuto di amici esperti nel settore, mi
cimenterò anche nella regia». |
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