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Telegiornaliste anno XIII N. 25 (535) del 13 settembre 2017
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Paola
Cervelli, consumare la suola delle scarpe
di Giuseppe Bosso
Incontriamo Paola Cervelli, volto del
Tg1,
che nelle ultime settimane abbiamo visto in conduzione alle edizioni
notturne.
Come ti sei avvicinata al giornalismo?
«Ho frequentato la scuola di giornalismo di Perugia; ho fatto stage alla
cronaca di Roma del Giornale, a
Gr Parlamento e nel Tg regionale del Lazio. Il primo vero
contratto a Rainews, poi sono arrivata al Gr. Devo molto alla radio, lì
ho potuto davvero imparare questo mestiere sul campo, come si dice
"consumando la suola delle scarpe".
Cosa ha rappresentato per te l’approdo in Rai e ultimamente alla
conduzione del Tg1?
«Una grande opportunità che mi è stata data dal mio ex direttore, Mario
Orfeo: la conduzione è capitata per la necessità di sostituire una
collega che tornerà, non so se proseguirà in futuro, ma l’ho vissuta
come un'esperienza formativa. Anche lavorare nel servizio pubblico è per
me motivo di orgoglio e di responsabilità».
Giornalista di politica per scelta o per caso?
«Un desiderio avverato direi. Ho fatto i primi stage in una redazione
politica, in Transatlantico. Mi piace l'idea di provare a rendere
comprensibile ciò che accade nei ‘palazzi’. Mi divertono i retroscena,
mi piace il lato "umano" della materia; so che la politica suscita
diffidenza in questo periodo, ma credo abbia sempre una sua nobiltà,
compito di noi giornalisti è trovare il modo corretto di raccontarla».
Rispetto ai colleghi più esperti che tipo di rapporto hai sviluppato?
«Mi hanno accolta molto bene, come del resto vengono accolti i giovani
colleghi che arrivano. Sono grata dello spazio che mi è stato dato e
cerco di imparare sempre più ogni giorno; ho incontrato grandi
professionalità della Rai, una grande fortuna, tutti mi hanno trasmesso
- e mi trasmettono tuttora - molto».
Come ti poni nei confronti degli esponenti politici che ti capita di
intervistare?
«Cerco di essere il più professionale possibile, come lo devono essere
loro con noi».
In vista delle elezioni del prossimo anno avverti maggiori carichi di
lavoro in redazione?
«Indubbiamente ci saranno, e ci stiamo preparando proprio per questo.
Negli ultimi anni la politica ha uno spazio sempre maggiore
nell’informazione e nei tg, non si può dire ci siano periodi di
‘stanca’, indipendentemente che si voti o meno i grandi eventi sono
all’ordine del giorno».
Quale immagine ti resterà di questa estate e quale vorresti
cancellare?
«Non saprei, sono successe davvero molte cose».
Alla luce del tuo percorso, di quello che hai vissuto, consiglieresti
ai giovani di tentare la strada del giornalismo?
«Se c’è passione sì. È un mestiere che richiede sacrificio, dedizione,
spirito di sacrificio… se ci sono questi ingredienti, curiosità, umiltà,
lo consiglio; soprattutto se si riesce a far capire in modo onesto
quello che accade, in questo modo si assolve il nostro ruolo di
‘mediatori’». |
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TUTTO TV Paolo
Conticini, il “bello” della prof di Raiuno
di Sara Ferramola
Giovedì 14 settembre Paolo Conticini tornerà in Tv,
su Rai 1, sempre al fianco di Veronica Pivetti
per la nuova serie di Provaci ancora Prof!,
ormai giunta alla settima stagione, dove scopriremo
le nuove avventure di Camilla e Gaetano,
appunto; con loro, sempre presente anche Enzo Decaro.
Conticini nella sua carriera ha preso parte anche a numerose
trasmissioni televisive, partecipando tra le altre cose a
Tale e quale Show di Carlo Conti.
L'attore toscano non solo si è impegnato per le riprese
delle avvincenti avventure della fiction televisiva, ma ha
lavorato anche in teatro per il musical
Mamma mia, diretto da Massimo Romeo Piparo e
debuttato lo scorso luglio, insieme a Luca Ward e
Sergio Muniz; presente anche nello scorso biennio con lo
spettacolo Vacanze Romane di Luigi Russo.
Quanto al cinema, quando si pensa a Conticini è impossibile
non pensare subito ai film in cui è stato
protagonista con il suo grande amico Christian De Sica
negli anni duemila, a cominciare dai cinepanettoni;
un sodalizio che si è espresso anche nella fiction di
successo Lo zio d'America; è infatti grazie a
De Sica che Paolo Conticini si è fatto strada nel cinema e
nello spettacolo, lavorando soprattutto con registi del
calibro di Carlo Vanzina (tra gli altri,
Un'estate ai Caraibi, Sapore di te) e
Neri Parenti (Bodyguards, Natale
sul Nilo, Natale in India).
Ma negli ultimi anni è stato interprete di altri film come
Natale al Sud, e il 21 settembre uscirà nelle
sale Tiro libero, per la regia di Alessandro
Valori, un film sul basket e sullo sport come
metafora della vita in cui i cambiamenti talvolta
divengono necessari, e in cui nascerà sicuramente
anche una storia d'amore; nel cast, oltre a lui,
Simone Riccioni, il protagonista, Antonio Catania,
Maria Chiara Centorami, Biagio Izzo,
Marianna Di Martino, Nancy Brilli e Jacopo
Barzaghi. |
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Venti
anni senza Madre Teresa, ma la sua opera continua in tutto il
mondo
di Antonia Del Sambro
La leggenda narra che Madre Teresa viaggiasse ovunque
senza passaporto. E non solo perché era nota in
tutti i continenti, ma perché nessuna istituzione o
Paese al mondo avrebbe mai osato dubitare della sua
buona fede e delle sue buone intenzioni.
Madre Teresa aveva preso i voti a diciotto anni,
nell'ordine delle Suore di Loreto, e aveva iniziato a
viaggiare subito, stabilendosi in Francia prima, a
Dublino poi e infine in India.
Aveva avuto la chiamata a Skopje sua città natale, ma
per quasi tutta la sua vita fu l'India la sua vera patria:
qui ella divenne la leggenda di amore e di misericordia
che tutti conosceranno e ameranno, e qui volle prendere la
cittadinanza definitiva per essere in pari in tutto
alle persone che voleva aiutare.
Celebre divenne il suo racconto di "chiamata nella
chiamata" quell'ordine divino che la strappò alla
sua congregazione originaria per farla andare a vivere da
sola, sempre da suora, ai confini della periferia di
Calcutta dove vivevano e ancora vivono i più miserabili
e sfortunati della terra.
Lei stessa disse che quando arrivò la seconda chiamata a
lasciare la sua congregazione e a occuparsi a tempo pieno dei
lebbrosi, dei malati e dei poverissimi di
Calcutta non fu un suggerimento di Dio ma un vero e proprio
ordine e lei non poteva assolutamente ignorarlo o
disobbedire; il cammino che la portò a fondare la
propria congregazione delle Missionarie della Carità nel
1950 non fu facile né immediato. Madre Teresa non
aveva soldi, non aveva fondi e non era ancora così
conosciuta; si affidò appunto alla misericordia divina e
all'aiuto di pochi volontari, tra cui giovanissime
ragazze della periferia dove aveva il suo quartier generale
e cominciò a curare per primi i malati di lebbra,
soprattutto quelli terminali in cui lei vedeva il
volto del Cristo sofferente e che non avrebbe abbandonato
mai per tutta la sua vita.
A mano a mano che la sua congregazione si consolidava e la sua
"opera" si intensificava a Calcutta e nei dintorni la sua
fama cresceva e si cominciava a parlare in tutto il
mondo della piccola suora che girava senza soldi, senza
risorse, senza documenti e che salvava vite o restava
al capezzale degli infermi anche giorni interi senza
mangiare né dormire per aiutarli a guarire o semplicemente
a non morire da soli.
L'insegnamento e l'eredità di Madre Teresa è
sempre stato questo: si può aiutare gli altri, i più
deboli, i più bisognosi, i poveri dei poveri anche solo con
la volontà e con l'amore per il prossimo; i soldi,
gli aiuti, i riconoscimenti se arrivano è meglio
ma se non si hanno non deve essere un buon motivo per
decidere di non fare nulla.
Madre Teresa ricevette il Nobel per la Pace nel 1979 e
lo andò a ritirare vestita del saio con il velo da suora
che aveva inventato lei per le sue consorelle e che
divenne la veste ufficiale del suo Ordine: una via di
mezzo tra una tunica tradizionale e un saio
indiano; senza avere soldi in tasca e senza documenti.
E gli venne riservato lo stesso trattamento che si
riserva ai maggiori capi di stato del mondo, anche se
lei non ci badò affatto e alla consegna del premio ribadì
che la cosa più importante della sua vita restavano i poveri
di Calcutta e la maniera in cui aiutarli.
Quando morì nel 1997 ai sui funerali c'era il
jet set internazionale, i maggiori capi della Chiesa
Cattolica e i più alti membri delle altre religioni del
mondo; oltre che ministri, capi di governo,
ambasciatori e tutto il popolo dell'India.
Nel 2003 Giovanni Paolo II che l'aveva incontrata
e amata come consorella in Cristo la nomina beata e
Papa Francesco la consacra santa il 4 settembre 2016.
Oggi le Missionarie della Carità sono un ordine
internazionale che prosegue l'insegnamento e l'opera di
Madre Teresa nel sostegno e nella cura degli umili e degli
infermi; un Ordine che è il testamento della personalità più
importante del '900, ovvero, una piccola suora di Skopje
senza risorse e senza mezzi che con il suo esempio ha
rivoluzionato il mondo. |
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