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Telegiornaliste anno XIII N. 11 (521) del 22 marzo 2017
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Federica
Salpietro: stare al passo con i tempi è la nostra sfida quotidiana di
Antonia Del Sambro
Incontriamo Federica
Salpietro, volto di
Sky Sport 24.
Federica sei al momento uno dei volti più amati del giornalismo
sportivo in televisione, ti va di raccontarci il tuo primo giorno e come
sei arrivata a Sky?
«Arrivare a Sky era il mio sogno dal giorno in cui ho smesso di giocare
a tennis a 18 anni: volevo raccontare, raccontare e raccontare. Così,
dopo la laura triennale, ho iniziato a mandare curriculum in giro per le
redazioni sportive di tutta Italia. Il fatidico sì mi arrivò da Sportal:
uno stage di 3 mesi a Milano e un’esperienza che mi ha cambiato la vita.
Tranquilla mamma, solo qualche mese e torno a Roma" la mia frase alla
partenza dicevo... lo stage si è prolungato, poi qualche esperienza
breve in tv locali e infine, dopo aver vissuto tutte le domeniche nella
zona mista di San Siro e passato giornate a fare interviste in Lega
Calcio, la possibilità di fare uno stage a Sky Sport 24 durante il
Mondiale 2010. Mi hai chiesto del mio primo giorno: beh mi sembrava di
essere in un parco giochi; tutto quello che avevo sognato era a portata
di mano. Ricordo esattamente ogni attimo, come ero vestita, le prime
presentazioni... il futuro era nelle mie mani e dovevo sfruttare ogni
giorno al massimo. Pensare ora ad una mia vita pre-Sky mi sembra
stranissimo visto che ormai quel palazzo di Santa Giulia è sinonimo di
casa. Dentro, oltre a colleghi, ci sono fidanzato e migliori amici».
Oltre alla televisione tu sei anche seguitissima sui social, come è
il tuo rapporto con i fan e i tuoi tanti estimatori?
«Non esagerare, ci sono tante mie colleghe molto più seguite di me!
Diciamo che leggo tutti, ma mi piace tenere i social (specialmente
Facebook, il più privato) per rimanere in contatto con i miei amici,
quelli veri, molti dei quali sono rimasti a 600 km da me. Infatti metto
pochissime foto della Federica giornalista».
Se potessi cambiare qualcosa del giornalismo sportivo in televisione
cosa ti piacerebbe cambiare o cosa vorresti introdurre per farlo essere
più al passo con le nuove tecnologie e i nuovi mezzi di comunicazione?
«Stare al passo con i tempi è la nostra sfida quotidiana: ormai tutti si
svegliano e guardano le app, si aggiornano su Twitter... e fare bene
televisione vuol dire dare qualcosa in più senza dimenticare il mondo
che avanza; non possiamo chiudere la finestra e far finta che sia sempre
tutto immutabile. Quello che mi piacerebbe cambiare non è qualcosa di
interno ma è la percezione che si ha dei giornalisti: è vero che
chiunque può scrivere e dare notizie sui social, ma l'autorevolezza che
ha un giornalista che ha studiato e lavora in una tv come Sky non può
mai essere messa sullo stesso piano. I social servono a far girare le
notizie, ma non ci si può improvvisare giornalisti. Mai».
Raccontaci il tuo sogno nel cassetto: come ti vedi tra dieci anni?
«Tra 10 anni mi vedo mamma, ma anche un punto di riferimento all'interno
di Sky Sport 24. Una che fa da dietro le quinte il tg, con sempre
maggiori responsabilità; il coordinamento è sicuramente il settore del
tg in cui mi vedo di più; da qualche mese mi vedete meno in Tv, ma spero
si vedano sempre più le mie idee». |
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TUTTO TV Benedetta
Gargari, alla scoperta di un'attrice emergente
di Daniela D’Angelo
Sugli schermi italiani da alcuni anni appare un volto
fresco, professionale e sempre avvolto da un
sorriso: stiamo parlando di Benedetta Gargari,
una giovane attrice che ha debuttato dapprima in televisione
girando alcune pubblicità per poi muovere i primi
passi in alcune serie tv come Una donna
per amico, Casa famiglia e Una
donna per amico 3.
Nata a Roma nel 1995, il suo debutto
cinematografico tuttavia avviene nel 2003 col regista
Ferzan Özpetek nel film La finestra di fronte
in cui interpreta il ruolo di Martina per poi ricalcare i
panni di Sara, un’adolescente affetta da disturbi
alimentari, nel film Maledimiele diretto
dal regista Marco Pozzi nel 2011.
In merito a tale ruolo la Gargani ha spiegato che la
parte più difficile è stata quella in cui ha dovuto
fingere gli attacchi di bulimia: “dovevo
mangiare in maniera compulsiva e poi andare in bagno a
rimettere... ho ripetuto una scena in cui mi ingozzavo di
biscotti per 24 volte, alla fine ero nauseata.”
La sua professionalità e il suo amore per la
recitazione l’hanno aiutata a calarsi al meglio nella
parte: “per questo ruolo ho perso 5 chili. Non mi era
stato chiesto, l’ho deciso io per entrare meglio nella
parte.”
Meritevolmente la Gargari pertanto ha vinto il premio
come miglior attrice al Festival Annecy del 2011 per
la sua encomiabile interpretazione e molti altri sono i film
e le fiction in cui è stata invitata a partecipare, alcune
di grande successo, come Un medico in famiglia 3,
Incantesimo 7, Distretto di polizia 6,
Don Matteo 8. E ancora Amanti e segreti,
Nati ieri, La terza verità,
Dov’è mia figlia?, Paura d’amare 2,
Non è stato mio figlio fino ad oggi dove è nel
cast della fiction di successo di Canale 5 Amore
pensaci tu. |
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DONNE
Barbara
Schiavulli una giornalista sul campo
di Tiziana Cazziero
Barbara Schiavulli, inviata di guerra, ci racconta
una giornalista sul campo.
Salve e grazie per questa chiacchierata: giornalista inviata
di guerra, come e quando nasce la voglia di recarsi in luoghi
pericolosi a rischio della vita stessa? Cosa spinge una
giornalista seguire questo percorso?
«I miei compagni delle medie si ricordano che già allora dicevo
di voler fare la report di guerra, quindi direi che è una
passione nata presto. Poi nel 1997 mi trasferisco a Gerusalemme
dove resterò diversi anni e il conflitto israelo-palestinese, è
stata la mia scuola. La spinta a fare questo mestiere viene
dalla curiosità, dall’amore verso culture e posti diversi,
dalla voglia di raccontare la Storia mentre accade. E forse
anche un senso profondo di denuncia, di aver voglia di correre
dei rischi perché ci crede fortemente nel valore
dell’informazione come fondamento di una società civile reale».
La guerra dentro è l’ultimo dei tuoi libri pubblicati: cosa
dobbiamo aspettarci da questo libro, cosa racconta?
«Il mio ultimo libro è Bulletproof Diaries, storie di
una reporter di guerra, una graphic novel disegnata da Emilio
Lecce: mi son trasformata in un fumetto per raccontare i miei
15 anni di Afghanistan, ma anche per parlare di giornalismo, di
quanto sia difficile raccontare grandi eventi come la morte di
Bin Laden dove nonostante tu sia sul posto vieni avvolto nella
manipolazione delle notizie. Ma un buon giornalista non si
accontenta delle dichiarazioni, scava, prende tempo, domanda,
da fastidio e a volte scopre. La Guerra Dentro, invece è
un libro che parla delle conseguenze della guerra sui soldati:
si cambia dopo sei mesi di missione e come? Ho incontrato dieci
soldati con dei ruoli specifici e racconto le loro sensazioni,
le loro paure e in qualche modo condivido le mie. Un
esperimento perché preferisco raccontare chi la guerra la
subisce, i civili, le donne, gli intellettuali. Ma mi sembrava
mancasse qualcuno che aprisse uno spiraglio nelle vite di chi
la guerra la combatte».
Donna e giornalista coraggiosa, hai vinto e ricevuto diversi
riconoscimenti per aver affrontato situazioni rischiose: quali
sono state le difficoltà oggettive riscontrate in questi Paesi
ad alto rischio come Afghanistan?
«Le difficoltà sono le stesse che vivono le persone ogni
giorno, le autobombe, i colpi di mortaio, gli scontri a fuoco.
Negli ultimi anni per noi giornalisti è subentrato il rischio
di rapimento, che in parte ha modificato il nostro modo di
lavorare; ma tra giornalista maschio e femmina non c’è alcuna
differenza, forse i maschi vengono considerati più pericolosi
in una potenziale situazione a rischio. Le donne giornaliste
hanno un accesso più facile al mondo delle donne musulmane, un
po’ più chiuso soprattutto per chi ha subito violenza, ma in
linea di massima quando lavoro non mi sento particolarmente
donna o coraggiosa. Farei più una differenza monetaria tra gli
inviati assunti e i freelance, che fanno più o meno le stesse
cose sul campo, ma che quando tornano in Italia scoprono che la
guerra loro è qui per pubblicare ed essere pagati».
Qual è il luogo e il reportage che ti ha colpito in più in
tutti questi anni di giornalismo?
«Ce ne sono tantissimi, non c’è una storia più importante delle
altre. Sono lusingata di averle scritte tutte. Ho intervistato
presidenti, militanti, ma l’essenza di questo lavoro sono le
persone normali, quelle che lottano per sopravvivere, quelle
che creano una normalità intorno a sé, quando niente è normale.
Sono i piccoli eroi di tutti i giorni, dalla bambina che si
finge maschio per mantenere la famiglia, alla sopravvissuta
all’olocausto che sposa un palestinese e per cinquant’anni non
dice ai figli di essere ebrea per non metterli in difficoltà.
Al sunnita che viene salvato dal vicino sciita quando militanti
sciiti arrivano per ucciderlo, alla mamma che diventa una
prostituta per sfamare i propri figli».
Hai molti successi e una carriera importante alle spalle, ma
c’è ancora qualcosa che vorresti fare? Un luogo, un servizio
qualche personaggio che vorresti intervistare?
«Oggi la mia battaglia si svolge soprattutto qui cercando di
infondere passione per gli Esteri. Non ha senso che andiamo in
giro a rischiare la pelle, se qui la gente non ha voglia di
sapere e conoscere o se non trova degli spazi dove essere
sicuri che si faccia di tutto per i lettori non in nome degli
editori, o della pubblicità. Per questo abbiamo con dei
colleghi inventato una webradio che fa solo esteri
Radio
Bullets e cerchiamo di dare storie e notizie. In realtà
non ci sono posti nuovi dove vorrei andare per lavorare, ma
vorrei sempre ritornare nei posti dove son già stata, ritrovare
le persone, continuare a seguire le loro storie; partirei
domani se avessi i soldi».
Un’ultima domanda: come concili i tuoi impegni personali con
quelli lavorativi?
«Questo lavoro è una scelta e significa fare molti sacrifici, a
volte sacrificare i propri impegni personali. Ma va bene così.
E poi siamo donne e multitasking, quindi alla fine riusciamo a
fare tutto e bene!». |
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