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Telegiornaliste anno XII N. 35 (508) del 30 novembre2016
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Lidia
Tilotta e Lacrime di sale, un libro sulla tragedia dei migranti
di Tiziana Cazziero
Volto di
Tgr Sicilia, molto impegnata sul tema dell’informazione
legata all’immigrazione, abbiamo incontrato
Lidia Tilotta che proprio
sull’argomento ha dedicato un libro, pubblicato nello scorso mese di
settembre da Mondadori.
Lacrime di sale, un libro che narra la verità, spesso
nascosta, dei migranti che arrivano sulle nostre coste, come nasce
l’idea di questo libro e la collaborazione con il Dottor Pietro Bartolo?
«Il libro nasce da uno dei tanti incontri che ho avuto con Pietro
Bartolo durante le mie trasferte a Lampedusa per la Tgr, la testata
giornalistica regionale della Rai: stavo realizzando un reportage per la
nostra rubrica Mediterraneo per l’anniversario della strage del 3
ottobre del 2013; davanti alle foto scattate il giorno della strage da
Nino Randazzo ed esposte al poliambulatorio a Lampedusa Pietro ha
iniziato a raccontare storie di uomini, donne e bambini e mentre lo
faceva l’emozione era talmente forte che riusciva a comunicare a me e al
mio collega Marco Sacchi, l’enormità di ciò che stava e sta ancora
accadendo. Per anni da Lampedusa, e anche dall’altra sponda del
Mediterraneo, ho raccontato per le diverse testate della Rai le storie
dei profughi che scappano da fame e guerra e il loro arrivo sull’isola
della speranza ma in quel momento ho capito che la forza di un libro
avrebbe potuto essere dirompente».
Qual è stata la parte più difficile da raccontare?
«Non c’è stata una parte facile da raccontare, perché ognuna delle
storie raccolte da Pietro Bartolo è devastante e drammatica; certamente
le parti che riguardano i bambini e le loro sofferenze sono le più
atroci, ma quello che emerge è un dolore fortissimo e universale. Ogni
racconto è un pugno nello stomaco.»
Il libro racconta i retroscena di alcuni migranti che hanno vissuto
l’inferno sulle acque nella speranza di avere un futuro migliore: che
idea ti sei fatta di loro? Puoi raccontarci in breve qualche aneddoto su
quelle storie?
«L’inferno comincia da molto prima: da quando decidono di partire, di
affrontare il deserto e, se lo superano, devono sopravvivere nei campi
di prigionia libici alle torture, alle sevizie, alle violenze sessuali
ripetute. Se riescono a rimanere vivi si imbarcano e se superano anche
quest’ultimo girone infernale allora chiedono solo di poter ricominciare
a vivere. Nel libro raccontiamo ad esempio di un uomo siriano
sopravvissuto a un naufragio che per restare a galla, nuotando a dorso,
teneva con una mano la moglie, con l’altra uno dei suoi figli e sotto il
maglione il più piccolo. Stremato dalla stanchezza per non far finire
tutti sott’acqua ha dovuto lasciare in balia delle onde il figlio che
teneva per mano… tutto ciò non è umano, come non lo è il fatto che una
donna, corrosa dalle ustioni del carburante che nei gommoni fatiscenti
si mischia all’acqua di mare e diventa miscela letale, abbia dovuto
lasciare la sua bimba ad una compagna di traversata sconosciuta prima di
chiudere gli occhi per sempre.»
Cosa vi è narrato di forte ed emozionante che i media non riescono
lasciar trasparire?
«Il problema non è il cosa ma il come: perché spesso i tempi del mezzo
televisivo sono talmente stretti da non consentire a noi cronisti di
approfondire; noi abbiamo scelto di raccontare le storie di uomini,
donne, ragazzi e bambini per raccontare la storia. Una storia che non
appartiene al passato ma al presente e che ci riguarda tutti, nessuno
escluso.»
Com’è stata l’esperienza di aver scritto questo libro? Quali
sensazioni ti ha lasciato parlare di un tema tanto forte e importante,
del quale spesso molti hanno timore di conoscerne i veri retroscena?
«É stata un’esperienza unica, e per me il completamento di un percorso
che mi ha visto, come dicevo, impegnata tante volte a Lampedusa ma anche
nei Paesi del Mediterraneo da cui parte chi scappa da guerre e fame; ho
sempre cercato di andare oltre i numeri, di raccogliere testimonianze e
il libro me lo ha permesso ancora di più. Ma soprattutto me lo ha
permesso quella straordinaria persona che è Pietro Bartolo che ha messo
a disposizione di tutti noi anche la sua storia personale che ci aiuta a
comprendere tante cose. Per me è stata una grande responsabilità e sono
orgogliosa della sua fiducia.»
Qual è il messaggio racchiuso nelle pagine di Lacrime di sale?
«É un messaggio netto: siamo davanti alla più grave crisi umanitaria; la
più grande tragedia dopo la seconda guerra mondiale l’ha definita Papa
Francesco. Servono scelte coraggiose da parte di chi ci governa ma serve
anche una assunzione di responsabilità da parte di tutti noi; ognuno può
e deve fare la propria parte. Dobbiamo comprendere che l’accoglienza e
il sostegno a persone che hanno avuto solo il torto di nascere dalla
parte sbagliata del pianeta sono un nostro dovere; che esiste un diritto
a lasciare il proprio Paese e che questo diritto vada tutelato per loro
così come lo è, e deve sempre esserlo, anche per noi. É un messaggio
contro l’egoismo, l’individualismo e soprattutto contro l’indifferenza». |
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festeggia 20 anni con i nomi che hanno fatto grande il
programma
di Antonia del Sambro
Michelle Hunziker, Christian De Sica, Ale e
Franz, Paolo Migone, il Mago Forest e
tanti altri storici comici della trasmissione
Mediaset si ritroveranno tutti dal 1° dicembre su
Canale 5 per festeggiare i 20 anni dello storico show
comico che ha fatto conoscere e apprezzare
i migliori comici italiani al pubblico di ogni età.
Sarà una vera e propria festa che dal palco di
Area Zelig di Milano accompagnerà gli spettatori nelle
prossime feste natalizie per ben quattro puntate.
Un compleanno importante questo dei 20 anni e che la
produzione del programma insieme con i vertici di
Canale 5 hanno deciso di festeggiare “richiamando” i nomi
più famosi del cabaret italiano, e che hanno reso grande
la trasmissione, con i loro sketch più famosi e le
loro battute diventate nel tempo dei veri e propri
tormentoni ripetuti da tutti.
Che
Zelig sia ormai una trasmissione cult
lo dimostra lo stesso promo che ne annuncia il
ritorno sulla rete Mediaset ammiraglia parafrasando
in maniera sublime La grande bellezza di
Sorrentino con la stessa Hunziker che balla sul cubo
muovendosi sinuosamente; come la pellicola vincitrice
di Oscar anche la trasmissione di Canale 5 mette
in scena, da tempo, i vizi e le virtù
degli italiani ma riuscendo a riderci sopra e
creando dei veri personaggi alter ego degli stessi
comici e cabarettisti.
L’appuntamento è quindi per il 1° dicembre in prima serata
su Canale 5 con Zelig Arena: uno spettacolo
da non perdere per passare qualche ora di sano
divertimento con i più bravi artisti italiani. |
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Nicoletta
Romano, la mia esperienza da vicesindaco
di Giuseppe Bosso
Nicoletta Romano, giornalista di Casalnuovo (Napoli) da un anno
è vicesindaco e assessore al volontariato e al bene comune
della cittadina alle porte di Napoli.
Come ti senti cambiata, dopo oltre un anno in cui ti sei
calata in questa avventura politica?
«Essere amministratori è un’esperienza che ti spinge a
migliorarti ogni giorno, soprattutto in un momento così
delicato di tagli al terzo settore, e in cui la priorità e la
sfida quotidiana è quella di offrire servizi migliori alla
cittadinanza. Per quanto riguarda me in particolare diciamo che
adesso sento un maggiore senso di responsabilità rispetto alle
problematiche collettive rispetto al passato. Da giornalista
vedere le cose dall’interno è un’esperienza altamente
formativa, che consiglierei a chiunque lavori nel mondo
dell’informazione, che permetterà in futuro, al termine
dell’incarico, di osservare le cose istituzionali con una
visione più completa».
Ti manca il giornalismo a tempo pieno?
«Non potrebbe non mancarmi, visto che si è giornalisti e non lo
si fa semplicemente. Ma questa era una possibilità da cogliere
al volo, di quelle che capitano solo una volta nella vita, e
cerco di affrontarla con lo stesso impegno che ci mettevo in
passato, cercando di far venire a galla il sommerso e aiutare
le persone. Mi sono occupata variamente di sport, di radio, ho
scritto per Il Mattino, e se un domani dovessi ritornare
a quel tipo di percorso magari mi farebbe piacere occuparmi di
cronaca politica, con un bagaglio di esperienza come questo ».
Quanto c’è della Nicoletta giornalista nella Nicoletta
vicesindaco di oggi?
«Moltissimo. Negli anni ho assorbito le problematiche che oggi
affronto in via istituzionale, con la stessa voglia di fornire
risposte al cittadino».
Quali sono le problematiche che stai affrontando
maggiormente?
«La lotta alla povertà; l’assessorato alle politiche sociali
deve fronteggiare decine di emergenze di giorno in giorno;
cerchiamo di intervenire soprattutto per favorire lo sviluppo e
aprire la città agli investimenti degli imprenditori; bisogna
intervenire a sostegno dei giovani, certo, ma senza trascurare
la condizione di chi, purtroppo, si trova improvvisamente fuori
dal mercato del lavoro a una certa età che ne complica il
reinserimento. Prima di tutto si cerca di trasformare il
sussidio in servizio, per eliminare quella concezione di
assistenzialismo che in concreto non ha prodotto risultati;
quello che stiamo discutendo, negli ultimi consigli comunali, è
un progetto di assegno civico, sistema di borse lavoro che
permetterà, in forma sperimentale, alle aziende convenzionate
con il comune di assumere per sei mesi lavoratori appartenenti
a categorie svantaggiate (ovviamente i cui requisiti andranno
accertati preventivamente) e che sulla base di queste
convenzioni potranno nel corso di questo semestre non solo
imparare un mestiere ma anche mettere a frutto l’esperienza che
avevano accumulato in precedenza».
È di questi mesi la notizia dello chef Pietro Parisi che ha
allontanato dal suo ristorante di Palma Campania coloro che gli
avevano chiesto il pizzo, invitando contemporaneamente i
giovani napoletani e meridionali a non abbandonare la loro
terra: tu hai mai avuto questo desiderio?
«Mai. Chi crede nelle proprie capacità e nella propria terra
deve restare; se ci sono idee, se ci sono progetti, è nostro
dovere perseguirli e metterli in pratica nel nostro
territorio».
È cambiato qualcosa nel tuo rapporto con i colleghi
giornalisti da quando ti trovi ‘dall’altra parte della
barricata’?
«A volte un po’di imbarazzo mi crea questa situazione, non lo
nascondo. Quando per fatti di cronaca o per altri eventi
comunque legati al mio ruolo mi trovo a interagire con una
folla di colleghi ancora non mi abituo all’essere io a dover
interloquire con loro. Ma a parte questo non avverto
cambiamenti, continuo a chiedere consigli, suggerimenti e
spunti dalle inchieste di colleghi che mi aiutano moltissimo
quando si tratta di portare più velocemente a destinazione –
cioè, ovviamente, a conoscenza della cittadinanza – le notizie
che riguardano il nostro lavoro».
Hai avvertito più maschilismo nel giornalismo o nella
politica?
«In entrambi. L’impatto con la politica è stato forse un po’
più diretto, nel senso che a livello comunale man mano ci si
sta abituando ad avere a che fare con donne, giovani donne,
molto più rispetto al passato; adesso la legge Del Rio ha
aumentato le possibilità di accesso; però superato il momento
di impatto posso dire che l’approccio è stato più che positivo;
le donne, in politica, sanno esser più leali degli uomini,
sanno prendere decisioni sulle quali rimangono ferme e hanno
una maggiore sensibilità che arricchisce il risultato».
Cosa ti aspetti dal domani, parafrasando la canzone di
Cesare Cremonini?
«Il domani è sempre bello da scoprire. Spero di poter
continuare a lavorare con lo stesso spirito, cercare di dare il
meglio ogni giorno». |
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