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Telegiornaliste anno XII N. 20 (493) del 8 giugno 2016
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Ilaria
Capitani: l’esperienza da giornalista sportiva mi ha aiutato tantissimo
di Sara Ferramola
Ilaria Capitani, giornalista
parlamentare del
Tg2
ci racconta, con il consueto garbo e disponibilità, come ha mosso i suoi
primi passi nel mondo dell'informazione.
In passato nel tuo lavoro ti sei occupata di sport. Com'è stato il
passaggio ad altri tipi di redazione?
«Ho iniziato proprio come giornalista sportiva, il mio primo contratto
in Rai risale al 1990, alla redazione sportiva del Tg3: direttore il
grande Sandro Curzi, caporedattore allo sport Aldo Biscardi, una grande
scuola; poi il passaggio a Rai Sport, ma dopo 8 anni di precariato in
Rai la possibilità di essere assunta a tempo indeterminato si aprì alla
redazione del Tg Lazio, ed è lì che è avvenuto il “passaggio” dallo
sport. E come avviene in ogni redazione regionale della Rai lì le
competenze si allargano a tutto campo, cronaca, politica, cultura e
ancora sport... l’esperienza nel settore sportivo mi ha molto aiutata».
Hai da sempre voluto fare la giornalista?
«Sì, sin da piccola: l’idea del racconto mi ha sempre esaltato; la
possibilità di informare è un privilegio e una grande responsabilità e
in particolare nel servizio pubblico radiotelevisivo».
Altrimenti cosa avresti fatto?
«Non so, ho avuto la fortuna e la determinazione di realizzare il sogno
che ho sempre inseguito».
Cosa ti piacerebbe fare in futuro?
«In futuro spero di continuare a fare quello che faccio adesso, la
giornalista parlamentare del Tg2. Non che non abbia altri desideri. Se
ci saranno proposte alternative le valuterò».
Che consigli daresti a chi vorrebbe intraprendere una carriera come
la tua?
«Determinazione, determinazione e ancora determinazione; ma la premessa
deve essere una passione vera per questo lavoro, insieme alla curiosità
e alla voglia di indagare la realtà di tutti i giorni; all’inizio è
importante imparare dagli altri, da chi ha più esperienza di te. Io ho
cominciato frequentando una scuola di giornalismo, che consiglio. Poi ho
collaborato con diverse riviste e giornali. La gavetta è importante, “ti
fai le ossa”; avere l’intuito di trovarsi al posto giusto nel momento
giusto. La fortuna non è sempre casuale; e poi non essere mai
presuntuosi, sapendo che nessuno è indispensabile e sono davvero pochi i
giornalisti che fanno la differenza. Insomma non prendersi troppo sul
serio: la professionalità è il migliore alleato».
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TUTTO TV Centovetrine:
le ultime settantadue imperdibili puntate
di Antonia del Sambro
E finisce anche un’epoca di soap italiane:
il tracollo era cominciato già con l’antenata soap
Vivere, degli stessi produttori e che per
qualche tempo era stata anche bacino di attori da
riciclare in
Centovetrine: agli inizi del nuovo
millennio le storie e i personaggi della soap
immaginata e creata e in un centro commerciale del
nord Italia che non esiste più da tempo, in realtà,
avevano appassionato milioni di spettatori facendo
credere a tutti che anche gli italiani potevano competere
e molto bene con i produttori di soap internazionali.
Di Centovetrine si parlava in talk e
riviste, gli attori protagonisti erano
invitati dappertutto e la fama che circondava la
soap italiana cresceva di anno in anno.
Poi, tutto all’improvviso si è spezzato: la trama
e i personaggi non hanno convinto più e la noia di
cliché ripetitivi si è fatta sentire su spettatori e
sponsor.
Risultato: Centovetrine viene prima spostata
su Retequattro e poi definitivamente chiusa;
nel magazzino della produzione restano, pero,
settantadue puntate già girate e montate con un
finale che se proprio non all’altezza dell’antica
fama della soap è comunque un finale e tanto
basta agli spettatori che la storia ha ancora.
Da martedì 7 giugno allora Centovetrine
torna alle 8,50 su Canale 5, rete ammiraglia che l’ha
sempre ospitata e luogo adatto per intrattenere gli
spettatori estivi orfani dei tanti programmi chiusi
per ferie; ritroveremo Carol, Sebastian,
Viola, Damiano e Cecilia e molti altri che
hanno fatto la soap dell’ultima ora. Il finale assoluto
e definitivo ci sarà il 5 agosto prossimo.
È ora di guardare avanti e di sperimentare
altre forme di intrattenimento considerando anche
che la regina indiscussa di tutte le soap
internazionali sembra essere arrivata al capolinea
anche essa; e se si può diventare orfani di Beautiful
allora possiamo farci una ragione di tutto! |
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DONNE
Marialuisa
Moro ci parla di noir di Tiziana Cazziero
Abbiamo chiesto all’autrice
Marialuisa Moro di parlarci del noir, un genere
misterioso, con enigmi da risolvere, un poliziesco moderno i
cui risvolti non sono mai chiari fino alla fine; la Moro con la
sua ampia collezione di pubblicazioni del genere, è una vera
esperta; personalmente ho letto molti dei suoi libri, ne sono
rimasta affascinata, la sua penna creativa conquista. Adesso
facciamole qualche domanda.
Noir, quando e perché hai cominciato a trattare questo
genere? Cosa ti affascina di questo mondo?
«I miei esordi non riguardano il noir, bensì storie di vita
contemporanea romanzata. Il mio primo noir è stato Storia di
follia, il mio terzo romanzo in assoluto. Da lì è partito
il filone; ne ho scritti molti altri, ma di rado mi sono
discostata da quel genere, che ho scoperto a me congeniale;
sono attratta dai risvolti della psiche umana, di cui mi piace
scandagliare gli anfratti più segreti; il genere noir si presta
meglio degli altri ai miei studi psicologici e alla creazione
di personaggi e vicende, senza contare che amo il mistero e le
atmosfere gotiche in genere».
Come definiresti questo genere letterario? E quali sono
secondo te gli ingredienti per un buon giallo?
«Il noir si differenzia dal giallo tradizionale per la sua
atmosfera cupa e tesa, ricca di suspense, i personaggi
complessi di cui viene fatta una profonda analisi psicologica.
Nel noir, contrariamente al giallo, è assolutamente secondario
che la giustizia trionfi e che venga identificato il colpevole.
Attinenti ad essi, esiste il genere thriller, che, come dice la
parola, è caratterizzato da uno stato emotivo di eccitazione
costante (ansia, paura)… di fatto, i tre generi finiscono molto
spesso per mescolarsi uno con l’altro nella maggior parte delle
opere di quel tipo».
Hai cominciato diversi anni fa, trattando anche altri
generi, com’è avvenuto il passaggio quasi definitivo al noir?
«Credo di aver anticipato questa risposta rispondendo alla
prima domanda. Dopo i primi due romanzi di vita contemporanea,
mi sono discostata dal noir solo con L’uomo sulla panchina
(il tema della reincarnazione) e Vite sbagliate, storia
di un uomo mai cresciuto, vittima di una libido irrazionale».
Orrore a Helsinki, un thriller finlandese, è la tua
ultima opera pubblicata. Periodo natalizio e location inusuale,
come mai questa scelta? Cosa ti ha ispirato?
«Il mio viaggio in Scandinavia mi ha ispirato Puzzle,
ambientato presso Capo Nord, e Orrore a Helsinki, una
città che mi ha affascinata moltissimo. Sono luoghi che si
prestano particolarmente alle mie fantasie noir, come anche la
mia città, Milano, soprattutto d’inverno».
Parliamo un po’ dell’essere scrittrice, cosa significa
scrivere e come si svolge questo lavoro per molti diventato un
vero mestiere?
«Per me scrivere non è un mestiere, ma un modo di essere. Io
non vivo se non scrivo. Ė il mio sistema di comunicare con gli
altri. Naturalmente mi fa molto piacere essere letta e
apprezzata. Inutile nascondere che si scrive anche per essere
letti, indipendentemente dai risvolti economici».
Concludendo, perché un lettore dovrebbe leggere il noir,
cosa si deve aspettare, quali sono gli elementi che lo
contraddistinguono dagli altri generi?
«Alcuni dei miei lettori hanno confessato di non essere amanti
del genere noir, ma di aver cominciato ad apprezzarlo
leggendomi. Questo mi ha fatto molto piacere; per gustare un
noir bisogna essere interessati alla psicologia umana, al
mistero e alla suspense. Da non dimenticare che in un noir
possono comparire gli stessi elementi degli altri generi:
amore, avventure e quant’altro. Ė l’atmosfera che lo
contraddistingue».
Grazie della disponibilità. Ricordo che potete trovare i
romanzi dell’autrice Marialuisa Moro su Amazon.
«Grazie mille a te, Tiziana!». |
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