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Telegiornaliste anno XII N. 11 (484) del 21 marzo 2016
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TGISTE
Alessandra
Del Mondo.
Expo è stata una grande occasione per l'Italia
di Giuseppe Bosso
Volto di Sky Tg24
incontriamo Alessandra Del Mondo,
ormai veterana della sua redazione.
Com’è arrivata a Sky?
«Avevo 24 anni e collaboravo con diversi quotidiani campani ed un canale
che trasmetteva sul digitale terrestre quando decisi che era arrivato il
momento di cambiare: entrare nella redazione di Sky Tg24 era uno dei
miei sogni, trascorrevo le giornate in redazione guardando il loro tg,
mi piaceva l'idea di entrare a far parte di una grande squadra fatta di
colleghi giovani che macinavano ore e ore di dirette; così inviai il mio
curriculum sperando in un colloquio e alla fine la mia costanza è stata
premiata: ho iniziato con dei contratti a progetto e delle sostituzioni
ed eccomi ancora qui dopo 10 anni!».
Si è autodefinita capatosta in un’intervista
al blog di Andrea Atzori: è così che dovrebbe essere un aspirante
giornalista della nostra epoca?
«Credo che determinazione, curiosità e passione dovrebbero essere il
punto di partenza di chi aspira a diventare un buon giornalista: non
basta il tesserino per essere un buon cronista, oggi il mercato
dell'informazione è cambiato, è tutto più veloce, frammentato e
variegato che bisogna essere al passo con i tempi. Familiarizzare con le
nuove tecnologie, studiare ed essere sempre ben informati. Il valore
fondamentale che non dovremmo mai perdere di vista è il rispetto non
solo nei confronti di chi fruisce della notizia ma anche dei
protagonisti della vicenda stessa».
All’inizio di Expo ha raccontato i gravi disordini scoppiati a
Milano: cosa le hanno suscitato quei momenti?
«In passato mi sono già capitate situazioni 'critiche' di questo tipo,
come ad esempio gli scontri e le guerriglie urbane scatenate
dall'emergenza rifiuti in Campania; in quei momenti pensi solo a
coniugare prudenza e necessità di raccontare quello che sta accadendo;
sono eventi imprevedibili e di cui non puoi prevedere l'epilogo. Quello
che è più difficile è tenere a bada i manifestanti più facinorosi che
spesso se la prendono con noi giornalisti».
A conti fatti possiamo dire che è stato un bene per il nostro Paese
ospitare questo evento?
«Credo di sì: superando le polemiche sui costi, le inchieste giudiziarie
e le beghe politiche sui pro e i contro dell'evento credo che per
l'Italia e gli italiani sia stata una bella occasione. Ho visto anziani,
giovani e bambini girare tra i padiglioni osservando con curiosità e
divertimento le novità sul tema dell'alimentazione facendo un giro
virtuale in ogni angolo del mondo. Nei mesi dell'esposizione si
respirava una bell'atmosfera».
Ha dovuto accettare compromessi o proposte indecenti?
«No, no, nessuna proposta indecente! Per quanto riguarda i compromessi
invece credo che in ogni ambito della vita si debba scendere a
compromessi che non sono per forza una cosa negativa: si deve trovare un
equilibrio in tutte le cose. Ogni conquista comporta una rinuncia».
Segue qualche accorgimento dal punto di vista del look?
«Nessun accorgimento particolare. Credo che per i giornalisti televisivi
sia però doveroso andare in onda osservando un abbigliamento ed un look
rispettosi di chi guarda; ovviamente il mio modo di vestire è diverso
anche in base all'evento; certamente una manifestazione di protesta è
diversa da un evento istituzionale. Per sicurezza ho sempre con me uno
zainetto in cui ho tutti i generi per l'emergenza!».
Cosa farà Alessandra Del Mondo da grande?
«La giornalista, la mamma e la moglie». |
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NONSOLOMODA Art
Therapy, combattere ansia e stress colorando
di Lisa Pinto
Stress ed ansia sono sempre più diffusi
complice lo stile di vita che spesso mette a dura
prova il corpo e la mente e che influisce non
poco sulla quotidianità.
Scacciare via emozioni negative e liberarsi dalla
fatica di una giornata di lavoro si può, dedicando
pochi minuti al giorno all’Art Therapy: colori,
matite, pastelli, acquerelli, tempere,
un mondo ricco di sfumature che aiuta a ritrovare la
calma e la concentrazione. L’Art Therapy nasce
tra gli anni '40 e '50 in Gran Bretagna e negli
Stati Uniti come modalità di cura per reduci di
guerra traumatizzati, accolti in ospedali psichiatrici.
Praticata inizialmente da artisti sensibili al potenziale
comunicativo dell'arte e da psicologi e
psichiatri attratti dal linguaggio pittorico, si è
sviluppata in seguito come disciplina autonoma,
ampliando il suo campo di applicazione alla prevenzione
e riabilitazione di diversi disturbi psicologici e
sociali.
Dedicare del tempo all’Art Therapy è come regalare del tempo
a se stessi, un po’ come tornare bambini,
liberando la fantasia e riscoprendo la gioia di
lasciarsi andare al proprio estro creativo.
Non solo, è provato che colorare comporta benefici anche al
sistema nervoso, concentrarsi in un’attività manuale
consente di lasciare fuori tutti i problemi, la mente
allontana pensieri negativi permettendo così anche al corpo di
rilassarsi: colorare quindi calma i nervi
e permette di ritrovare il proprio equilibrio. Secondo
gli studiosi infatti, bastano solo 20 minuti al giorno
dedicati a questo piacevole passatempo per migliorare la
qualità della propria vita.
Grazie al recente boom sono sempre più infatti le
librerie fornite di album da colorare dedicati agli amanti
dell’Art Therapy, un vero e proprio antistress che
diventa una piacevole pausa quotidiana praticata da
grandi e piccini.
Paesaggi, animali, scritte e mandala,
sono questi i disegni più gettonati, ognuno con un
proprio scopo e significato. Cedere all’Art
Therapy non è difficile: un semplice disegno diventa un
viaggio alla scoperta di se stessi, un appuntamento
fisso con il bambino che c’è dentro di se grazie ad una
pausa che aiuta a rigenerarsi in ogni momento della
giornata.
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TUTTO TV
Le
mille facce di Supersimo, dal muretto all'Isola
di Giuseppe Bosso
Indiscutibilmente la sua partecipazione è l'evento
che più di tutti ha catalizzato l'attenzione sull'edizione
2016, undicesima in Italia, seconda sugli schermi
di Canale 5 dopo le nove su Raidue,
otto delle quali da lei condotta.
Vedere Simona Ventura sulla spiaggia di Cayo
Paloma, al fianco degli altri concorrenti de
L'Isola dei famosi ha suscitato reazioni
contrastanti: ma come, Simo? Proprio tu che sembravi
voler chiudere con quel tipo di tv, come puoi,
superati i cinquant'anni rimetterti così in bella
mostra tra tanti aitanti giovanotti e prosperose
ragazzotte? Grande Simona! Per te il tempo non
sembra passare, e riesci ancora a tenere testa a
queste fanciulle in erba che, magari non dicendolo
chiaramente, a te si ispirano e in te hanno trovato un
modello come tu, agli inizi della tua carriera, dicesti
di aver individuato nella super Raffa nazionale Raffaella
Carrà.
Sia come sia, è un nuovo, avvincente capitolo della
storia della ragazza di Chivasso, Torino, che dalla
provincia piemontese era partita per sfondare,
vincendo, nel 1986, Miss Muretto, per poi affiancare
personaggi come Giancarlo Magalli in Domani
Sposi e Pippo Baudo da inviata nell'edizione
1992 di Domenica In; il sogno di
diventare giornalista sportiva che non trova
coronamento con il superamento del famigerato esame da
professionista.
Nessuno, però, avrebbe scommesso su quella ragazza
che, all'alba dei trent'anni, approdava alla Domenica
Sportiva risultando, ai più, impacciata e
poco in sintonia davanti alla telecamera.
Ma il destino burlone che evidentemente aveva
altri progetti rispetto all'opinione comune,
decise che proprio quei ragazzacci della
Gialappa's Band che tanto l'avevano irrisa a
Mai dire Gol diventassero, nella stagione
1994-95, trampolino di lancio per una Simona
Ventura nuova: slanciata, istrionica e
finalmente padrona di casa, prima al fianco di Teo
Teocoli e Claudio Lippi e poi, nell'annata
1996-97, padrona assoluta sia pure alle prese con
"disturbatori" come Raul Cremona nei panni del
Mago Oronzo, Francesco Paolantoni e il trio
Aldo, Giovanni e Giacomo, anche loro destinati, come
lei, a grandi successi.
Da allora per Simona è un'ascesa continua: quattro anni da
Iena graffiante; il ritorno in quella
mamma Rai che dopo averla allontanata dalla porta
di servizio la riabbracciava all'ingresso nel
2001 per affidarle la conduzione di Quelli che il
calcio al posto dello storico conduttore Fabio
Fazio, che ha guidato per dieci anni; e poi,
appunto, L'Isola dei famosi dal 2003, l'edizione
2004 del Festival di Sanremo condotta con
l'esplosivo trio Gnocchi-Crozza-Cortellesi;
Music Farm e le prime edizioni italiane di X
factor; premi a gogò, dai Telegatti al
Premio Regia Televisiva come personaggio dell'anno.
Non mancano, è vero, scivoloni, sia professionali (poca
fortuna come attrice al fianco di Massimo Boldi in
La fidanzata di papà e come conduttrice del game
show Le tre scimmiette) che privati (il
matrimonio con Stefano Bettarini, apparentemente
solido e indissolubile, finisce male quando l'ex
calciatore di Venezia e Sampdoria rimane coinvolto nel
calcioscommesse, dal quale poi riemerge per riscoprirsi
personaggio tv, proprio al fianco di Simona, con cui
aveva avuto due figli, Niccolò e Giacomo).
L'abbandono alla tv generalista e l'approdo, con
alterne fortune, alla tv satellitare, fino alla
amara conclusione dell'avventura di Agon Channel, in
cui come altri personaggi di spicco aveva incautamente
creduto; il ritorno a Rai Uno come giudice di
Notti sul ghiaccio 2015 e, per la serata del
28 febbraio scorso a Le Iene sono gli ultimi -
per ora - capitoli della Super Simo's story, compreso
ovviamente lo sbarco da naufraga in Honduras.
Vedremo a cosa porterà questa nuova esperienza (o
avVentura, fate voi...) al curriculum e al futuro di una
donna che, comunque, non si è mai tirata indietro di
fronte alle sfide, che non ha mai disdegnato di
cimentarsi con nuovi orizzonti e che, anche e soprattutto
per questo, è destinata in ogni caso a restare nella
storia della televisione italiana.
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PINK NEWS Suffragette: dal film alla storia
di Daniela D’Angelo
Carey Mulligan è il volto delle Suffragette,
la pellicola diretta da Sarah Gavron che ha debuttato
nelle sale cinematografiche il 3 marzo scorso e che ha
riscosso enormi favori da parte della critica. Il
film narra le lotte di alcune donne britanniche
che agli inizi del Novecento chiedono di poter
ottenere la parità di genere, in ispecie il diritto al
voto. Le vicende narrate si ispirano a protagoniste e a
fatti realmente avvenuti tra il 1912 e il 1918
in Inghilterra che hanno portato poi all’approvazione
nel 1928 della prima legge sul voto alle donne.
Un parallelismo importante anche per l'Italia,
dato che il 10 marzo di quest'anno ricorre il 70°
anniversario dal giorno in cui dopo la fine del fascismo si
sono svolte in Italia le prime elezioni amministrative
in cui poterono votare le donne: se alle donne italiane
è stato così riconosciuto il diritto di voto, il merito
principale è da tributare alle suffragette britanniche.
Il termine suffragette fu utilizzato in maniera
dispregiativa per indicare, appunto, le donne
partecipanti al movimento di emancipazione che
richiedevano sì il diritto di voto (suffragio appunto),
ma anche il riconoscimento della dignità della figura
femminile: il movimento storicamente ha visto la luce nel
1869, ma è nel 1897 che Millicent Fawcett
fondò la Società Nazionale per il suffragio femminile
(National Union of Women's Suffrage).
Le aderenti al movimento diffondevano le proprie idee
attraverso cartelli con slogan del tipo Votes for
women, scritte sui muri e giungendo persino a
incatenarsi alle ringhiere come azione dimostrativa.
Spesso queste manifestazioni terminavano con la violenza
e l'incarcerazione di molte femministe da parte delle
forze dell'ordine.
Nonostante le lotte, le contestazioni e le morti
che poterono seguire, le "suffragette" riuscirono a ottenere
in un primo tempo il diritto di voto nel 1918,
riservato inizialmente solo alle mogli dei capifamiglia con
età superiore ai 30 anni, in un secondo tempo il Parlamento
con la legge del 2 luglio 1928 ha approvato il
suffragio universale per tutte le donne del Regno Unito.
Ma a distanza di circa 88 anni possiamo affermare con
certezza che alle donne sia stata riconosciuta
totalmente la parità di genere? Oppure la parità si è
fermata solo su di una superficie di vetro scivolosa
ma nello stesso tempo fragile? |
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Matilde
Lauria. Quando lo sport supera le barriere
di Crilly
La sua è una storia da raccontare: quando sono il
cuore e la caparbietà a prendere il sopravvento,
viene fuori il meglio che una persona possa offrire
nella vita e, in questo caso, nello sport.
Matilde Lauria, 49enne napoletana, è la nuova
campionessa italiana di judo per non vedenti: ha vinto
nell’impianto del San Raffaele a Roma contro una
rivale ipovedente, portatrice di un handicap più lieve.
Due elementi, questi, che avrebbero potuto favorire la sua
rivale; ma così non è stato; la gara è stata
vinta dalla professionalità e dallo spirito di Matilde
Lauria che, per accedere alla finale, ha sconfitto atlete
molto più giovani di lei.
Matilde ha anche un’erede sportiva: si tratta di sua
figlia, Paola Napolitano, 21 anni, studentessa
universitaria al terzo anno di biologia; sette anni fa, quando
aveva 14 anni, è stata vincitrice della medaglia
d’argento nel campionato italiano cadetti e con una
storia simile a quella della mamma.
All’epoca Matilde incoraggiò Paola, giocatrice di
pallavolo, ad intraprendere la strada del Judo,
sotto la guida del maestro Gennaro Muscariello.
“Venivo da un periodo tribolato con la mia squadra di volley
– ha affermato Paola Napolitano in una recente intervista -
e fu mia madre che mi orientò verso il judo. Mi piacque subito.
Ho vinto diversi tornei a livello provinciale. Poi, la grande
soddisfazione con l’argento al campionato nazionale”.
Matilde è cieca da quattro anni, a causa di una malattia
degenerativa: è sempre stata una grande amante dello
sport. Oggi è una casalinga felice; vive a
Montesanto con la famiglia e con il marito
Alessandro, perito elettrotecnico, conosciuto quando
gareggiava in mountain bike.
Oltre a seguire Paola e Alessandra, ha anche un bimbo di 3
anni di nome Gabriele ed un sogno:
partecipare alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro.
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