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Telegiornaliste anno XII N. 10 (483) del 14 marzo 2016
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Roberta
Cardarelli. Ho lasciato il mondo del giornalismo perché cercavo nuovi
stimoli e adesso… di Giuseppe Bosso
Ha lasciato il mondo del giornalismo da più di dieci anni, ma ancora
oggi i lettori e gli utenti di Telegiornaliste la ricordano come uno dei
volti più amati nel panorama delle anchorwoman italiane. L'abbiamo
contattata e con grande gioia Roberta
Cardarelli ci ha gentilmente concesso questa bella intervista in
cui spaziamo tra i ricordi del passato e i progetti del presente e del
futuro.
Di cosa ti occupi adesso, dopo aver lasciato oltre dieci anni fa il
lavoro di telegiornalista?
«Dopo essermi dimessa da Mediaset, nel 2001, con il fondo inglese di
Private Equity Cambria ho fondato
Paypermoon,
che è diventata ed è ancora oggi una delle più importanti realtà nel
campo dell'ideazione e produzione di fiction, con sedi a Roma e Milano e
Holding a Londra. Da fondatrice, ho seguito il progetto a 360 gradi,
scegliendo il personale, organizzando le strutture e avviando i contatti
con il mondo della tv; da allora, fino al 2014 sono stata amministratore
della società con deleghe editoriali e responsabile dei contenuti. Ho
anche ideato e diretto una rivista on-line, ma la società cresceva e i
tanti impegni non hanno consentito di sviluppare l'iniziativa. Anche la
realtà produttiva cominciava però ad andarmi stretta. Ho deciso di
dedicarmi a un nuovo progetto. Per mettere a frutto da un lato
l'esperienza professionale e manageriale acquisita negli anni e
dall'altro tutti i corsi, i seminari, gli studi e le passioni coltivati
negli ultimi 20 anni. In particolare quelli sulle neuroscienze e lo
sviluppo delle qualità personali che mi hanno portato anche a ottenere
un Master e diventare Coach certificata. Nel 2014 ho dato vita a
TheQuidFinder, società di consulenza e coaching; ho aperto
uno studio nel centro storico di Roma e ho iniziato la nuova avventura
elaborando un metodo con il quale ogni persona ha la possibilità di dare
il meglio di sé, raggiungere obiettivi che pensava impossibili e
ottenere risultati in ogni settore della vita, professionale, personale
e fisico».
Pur nella diversità, un lavoro che comunque ha molti punti in
contatto con la tua precedente vita giornalistica.
«Sì, perché le discipline e le materie studiate sono davvero tante e
spaziano in ambiti diversi uno dall'altro; questo mi offre l'opportunità
e il vantaggio di poter utilizzare una gamma di tecniche e strumenti
infinita e di poter aiutare chi vuole comunicare meglio ma anche chi
vuole mettersi in forma e nutrirsi nel modo giusto. Vengono da me tante
persone che hanno bisogno di parlare in pubblico o davanti ad una
telecamera, altri per trovare un lavoro più adatto, altri ancora per
comunicare meglio in famiglia o con i colleghi di lavoro e poi ci sono
gli studenti che imparano nuovi metodi di studio e apprendimento rapido.
Non è sempre facile, ma quando i risultati sono positivi è un'enorme
soddisfazione per me e per loro!».
Cosa ti ha portata a questa scelta?
«Le mie dimissioni da Mediaset risalgono all'ormai lontanissimo 31
maggio 2001; ho un carattere inquieto e curioso. Avevo bisogno di
stimoli nuovi e di testarmi in qualcosa di diverso dalla professione
giornalistica e di anchor woman. Per questo decisi di lasciare il certo,
un contratto giornalistico a tempo indeterminato (e quindi a vita) in
una grande azienda, per lanciarmi in una nuova promettente avventura:
lanciare un progetto mio, in un momento in cui il mondo della
comunicazione era in fase di espansione e ci sarebbe stato sempre più
bisogno di contenuti multimediali».
Molti dei nostri utenti che ti hanno sempre
seguita ci chiedono spesso tue notizie: Cosa vuol dire a questi tuoi
fans?
«Che mi emoziona sempre vedere come a distanza di tanti anni si
ricordino di me: mi succede spesso che ancora mi chiedano se sono io o
perché non mi vedono più in tv. Fa effetto e li ringrazio per avere
questo ricordo di me e per l'affetto che continuano a dimostrarmi».
Sei rimasta in contatto con tuoi colleghi-colleghe?
«Sì, con alcune colleghe e colleghi sono ancora in contatto con altri
sono rimasta o diventata amica».
Come trovi, da spettatrice, cambiato il mondo del giornalismo
rispetto a quel tempo?
«Il contesto è cambiato completamente: ai miei tempi internet stava
iniziando e giornali e tv la facevano da padrone; oggi è difficile fare
programmi di informazione, le piattaforme si sono moltiplicate. Detto
questo, le qualità che un giornalista deve avere non sono cambiate
molto; e di bravi colleghi e colleghe in circolazione ce ne sono tanti».
Studio Aperto, un tg a cui è legata una parte importante dei
tuoi trascorsi da telegiornalista, è oggi nel mirino per gli spazi
lasciati alla cronaca nera e al gossip: era così anche quando ci
lavoravi?
«Il mondo dei tg Mediaset mi sembra un po' datato, fermo ad un tipo di
comunicazione anni'90, è un peccato per un'azienda nata con l'intento di
essere qualcosa di nuovo e diverso rispetto al concorrente iniziale Rai;
Studio Aperto ha sempre dato grande spazio alla cronaca. Per
quanto riguarda la deriva gossip e di cronaca nera, credo lo rendano più
simile ad un programma tv come se ne vedono in Rai e Mediaset, che ad un
tg, ma questo non vuol dire che sia meglio o peggio: solo diverso».
I tuoi progetti futuri.
«Ora sono concentrata sul progetto The QuidFinder. Siamo partiti
da poco ma le cose vanno bene e sono già impegnatissima per cui in
questo momento non penso a cambiamenti. Poi chi vivrà vedrà».
Cosa vedi nel tuo domani?
«Sempre in evoluzione, con la mia attività in espansione, con una
rubrica e un blog che stanno per nascere, con tanti piccoli libri, con
video, programmi web e... lo vedo con il mio amatissimo compagno con il
quale vivo da anni e con Lola, una dolcissima e bellissima golden
retriever che rende ancora più felici da un anno le nostre giornate
insieme». |
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NONSOLOMODA S.O.S.
setto nasale:
consigli per evitare (dolorose) sorprese
di Giuseppe Bosso
Piccoli problemi che, se trascurati, possono
diventare molto seri: si potrebbe, sinteticamente ed
eufemisticamente, definire così la deviazione del setto
nasale, un disturbo tutt'altro che infrequente e
molto diffuso, in Italia come nel resto del
mondo.
La sottile linea osteo-cartilaginea che separa le due
narici, stando a stime approssimative, in almeno
otto casi su dieci, non è perfettamente centrata a metà
del naso; spesso è un particolare trascurato che non crea
alla persona particolari disturbi, ma purtroppo altrettanto
frequenti e diffusi sono i pericoli che una pur
minima deviazione è potenzialmente idonea a creare.
Ostruzioni alle narici, frequenti sanguinamenti
nasali, infezioni e mal di testa sono solo
alcuni di questi; per non parlare del russamento che può
risultare fastidioso, di notte, a chi si trovi a convivere con
il malcapitato o la malcapitata di turno.
La chirurgia viene in soccorso con la settoplastica,
intervento che viene eseguito attraverso le narici, senza
lasciare cicatrici o segni sul viso o, accompagnato da
rinoplastica, per rimodellare il naso, unendo così
l'utile al dilettevole.
L'intervento, a seconda dei casi, può avvenire in anestesia
totale o parziale, a seconda delle caratteristiche e delle
eventuali allergie di cui soffra il paziente; la
durata varia dai sessanta ai novanta minuti e
prevede, per scongiurare emorragie postoperatorie,
l'inserimento di tamponi nel naso.
Prima di sottoporsi ai ferri del chirurgo, tuttavia, è
bene precisare che l'intervento non è eseguibile fino al
compimento del diciottesimo anno di età - perché fino a
tanto c'è la crescita del setto nasale - che per le deviazioni
minori o meglio trattabili sono più appropriate cure
farmacologiche e che gli effetti non sempre sono
permanenti, essendo il rischio recidiva probabile se
l'operazione non è stata eseguita a regola d'arte.
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Anna
Maria Baccaro. Oggi Rai Gulp, domani attrice di
Giuseppe Bosso
Da due anni volto di
Rai
Gulp, la salernitana Anna Maria Baccaro conduce il
format
Next Tv 3.0, in cui tv e web si coniugano
per la gioia dei giovanissimi telespettatori.
Come sei arrivata a Rai Gulp?
«Studio recitazione ad un’accademia che propone alle varie
agenzie i suoi ragazzi più meritevoli; la mia agenzia mi ha
proposto il primo provino importante proprio quello che mi
ha portata qui. Sono tre anni che porto avanti questa
esperienza».
Ricordi la tua prima volta davanti alla telecamera?
«Impacciata – ride, ndr – come del resto non poteva che
succedere a una ragazzina di sedici anni improvvisamente
catapultata in questo mondo, circondata da persone che mi
guardavano come la ‘piccolina’ della situazione… emozionata
tantissimo, ma ormai mi viene naturale».
L’esperienza che finora ti ha coinvolta maggiormente?
«Essere finora sempre riconfermata dopo tre anni è già
un’esperienza coinvolgente, è la soddisfazione che mi rimane
di più che gratifica l’impegno che ci metto nel lavoro che
mi piace».
In futuro le tue aspirazioni?
«Vorrei proseguire nell’ambito della conduzione, ma come ti
ho detto studio recitazione da cinque anni e ho da poco
interpretato il mio primo ruolo in una fiction che
prossimamente sarà trasmessa su Raiuno. Vediamo cosa mi
porterà il domani…».
Ci sono dei personaggi a cui ti ispiri o che consideri un
modello?
«Mi piace tantissimo Paola Cortellesi, una donna versatile
che può fare sia la conduttrice che l’attrice con la stessa
disinvoltura; ammiro anche Ambra Angiolini per le stesse
ragioni; e Laura Morante e Giulia Michelini…».
Cosa farà Anna Maria da grande?
«Spero l’attrice; e per questo continuo a studiare con
impegno».
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PINK NEWS Le
donne soldato italiane sono impegnate a fare la "pace"
di Antonia del Sambro
Come sempre in Italia ci si è messo un po’ per
aprire alle donne l’entrata nelle Forze Armate nazionali;
il primo esperimento è stato quella della Caserma 'Lancieri
di Montebello', dove fu consentito a ventinove ragazze
di svolgere per trentasei ore le normali attività di
addestramento: con il superamento di un percorso di
guerra, con tanto di filo spinato e lotta nel
fango, le aspiranti soldatesse fecero da pioniere
per tutte le altre che nel prossimo futuro avrebbero portato
con orgoglio la divisa dei vari corpi delle
Forze Armate.
In realtà la strada sarebbe stata ancora in salita fino
al 29 settembre 1999, con la proposta dell’onorevole
Valdo Spini e la successiva approvazione della legge del
2000; e ancora non era tutto per le soldatesse italiane che
indossavano sì la divisa ma di fatto non potevano andare in
prima linea né partecipare alle missioni all’estero.
Oggi per fortuna, le donne italiane nelle Forze Armate
sono oltre 12000 e (anche se rappresentano ancora un
numero davvero esiguo rispetto ai colleghi di sesso maschile)
vengono impiegate con successo in missioni nazionali e
straniere, soprattutto in missioni di pace.
Un percorso difficile, ma che in un momento cruciale
come questo in cui soffiano a giorni alterni venti di guerra
e di interventi armati le soldatesse italiane vogliono
ancora e sempre parlare di pace e di sostegno nei
luoghi più difficili del mondo: diventando
professioniste del peacekeeper.
Le donne italiane con le stellette hanno dimostrato di
essere più predisposte a svolgere attività
particolarmente delicate come il sostegno alle vittime di
violenza sessuale, il lavoro nelle prigioni femminili,
l'addestramento delle donne cadetto nelle
accademie di polizia; oltre a questo valore aggiunto,
le donne militari impegnate nelle missioni di pace
costituiscono anche un modello per le donne che vivono
in lontane comunità.
L'esempio delle donne peacekeeper è fonte di
ispirazione ed incoraggiamento per donne e ragazze
appartenenti a società spesso controllate da uomini,
dimostrando loro che è possibile per il genere femminile
diventare protagoniste delle loro esistenze. |
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DONNE
Danay
Ferguson,
una piccola imprenditrice amante dei libri di
Giuseppe Bosso
Ha solo nove anni, ma ha le idee chiare su
cosa farà da grande; stupore e ammirazione
sta suscitando nel mondo la storia di Danay Ferguson,
probabilmente la più giovane imprenditrice del mondo,
perlomeno nel settore dei libri.
Nata a Fresno, città di circa mezzo milione di anime nel
cuore della California, da sempre amante della
lettura, nel 2015 decide di tentare la sfida dell'alfabetizzazione,
che, per quanto possa sembrare incredibile, è un problema
molto sentito anche in questa zona della California,
lontana davvero anni luce dai lustri e dai
riflettori di Los Angeles e dal resto d'America.
Dà dunque vita a
Reading Heart, la sua azienda non profit, con
l'aiuto dei suoi genitori e di una squadra di
volontari, perlopiù coetanei, che si prefigge lo scopo di
facilitare la lettura soprattutto di bambini
disagiati, ricoverati in ospedale. Inizialmente,
racconta suo padre Dwayne, programmatore informatico, le
autorità cittadine non accreditano il progetto della
volenterosa, ma ritenuta troppo giovane in tutti i sensi
Danay; ma a dispetto dell'età Danay ha un carattere da vera
donna d'azienda, e si spinge fino alla capitale
californiana dove le viene offerto sostegno e aiuto
perché il sogno diventi realtà.
E la realtà è nei numeri di un'impresa che vive di
donazioni: in meno di un anno raccoglie circa 90mila
testi che vengono girati e scambiati tra i bambini
come una vera e propria catena di montaggio, che da
Fresno si sta progressivamente espandendo al resto degli
Stati Uniti e di lì a tutto il mondo.
Una bella storia di speranza e di fiducia per il
futuro, in cui si spera che piccoli esempi come quelli
di Danay costituiscano l'inizio di una nuova era in cui l'unica
guerra da combattere sarà quella alla lotta alla povertà
e alle diseguaglianze, da vincere non con armi
mortali, ma con gli unici strumenti della cultura e
del sapere.
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