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Telegiornaliste anno XII N. 1 (474) del 11 gennaio 2016
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TGISTE
Annamaria
Esposito, tgista ‘in ordine’ di Giuseppe Bosso
Volto di Rainews,
incontriamo Annamaria Esposito.
Com’è arrivata a Rainews?
«Lavoro in Rai dal giugno del 1989; ho avuto contratti a termine da
giornalista fino al gennaio del 1999 quando è nata la testata di
Rainews24; in quella data sono stata assunta insieme con altri precari,
come prevedeva l'accordo siglato tra l'Usigrai e la Rai».
In un’intervista che le fu fatta insieme ad Angela Buttiglione ha
dichiarato che rimpiange di non essersi fatta le ossa all’estero a
fronte di un lunghissimo precariato in Rai: è un invito anche alle nuove
generazioni che si avvicinano al giornalismo?
«Il lavoro di giornalista è diventato molto più precario e sottopagato,
in particolare in Italia. Credo che fare esperienza all'estero sia
indispensabile, soprattutto con un'evoluzione così rapida delle nuove
tecnologie e dei modelli produttivi. I grandi network si muovono con
troupe numerose ma spesso vediamo colleghi lavorare in totale autonomia
e con il loro Iphone fanno riprese, interviste e collegamenti».
L’esperienza che ritiene sia stata la più formativa per lei in questo
percorso?
«È stato un percorso lungo cominciato prima della Rai, nell'emittenza
privata locale, nella carta stampata e poi anche a Mediaset; ho sempre
cercato di imparare a fare tutto, ad essere autonoma in ogni situazione.
Ho avuto la fortuna di cominciare in Rai, nel Tg3 di Curzi, con grandi
professionisti, e mi riferisco anche a operatori e montatori, mi hanno
insegnato "la vecchia scuola". E le basi sono importanti: ho preso in
mano la prima telecamerina nel 1996 grazie a Gregorio Paolini, che in
quel momento stava partendo con l'avventura di Verissimo,
diventato un format di successo, a cui il pubblico è molto affezionato.
E poi l'all news, l'esperienza più adrenalinica che mi ha completata
professionalmente; e che mi stimola ancora moltissimo per la possibilità
che offre di sperimentare e di stare allo stesso tempo sulla notizia».
Rainews è per lei punto d’arrivo o di ripartenza?
«È una parte molto importante della mia maturazione professionale, ma
non è un punto di arrivo».
I suoi accorgimenti nel look, se ne ha?
«Cerco di essere in ordine il più possibile, per quanto possibile, nel
rispetto di chi ci guarda. Ricordo che nei primi anni di Rainews non
avevamo neanche il servizio trucco, e chi andava in onda doveva
provvedere da solo a rendersi presentabile».
Guardandosi indietro, c’è qualcosa che non rifarebbe?
«Direi di no... ho sempre cercato di fare del mio meglio e di dare il
massimo; imparando dagli errori; e spesso bisogna sbagliare per
imparare». |
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NONSOLOMODA Smalto effetto gel di Euphidra:
unghie perfette fino a 6 giorni! di
Francesca Succi
dal blog
TheGlossyMag del
8 dicembre 2015
Euphidra non smette di stupirmi! Nel corso di questi anni avevo
già provato i loro smalti con grande piacere.
Infatti sono gli unici che non mi rovinano le unghie e hanno
una durata lunghissima (più di cinque giorni!).
Quando ho provato questi effetto gel ne sono rimasta ancora più
entusiasta.
Il perché è riassunto in più punti che ho raccolto in questi
mesi dopo aver provato tutti i colori che vedete in foto.
1. Il pack è comodo e permette l’applicazione
da sola anche per una imbranata come me.
2. Il pennellino è pratico.
3. Il colore è pieno e già alla prima
applicazione copre bene l’unghia.
4. L’asciugatura è veloce.
5. Le unghie rimangono perfette fino a 6
giorni dopo!
6. L’effetto gel è veritiero: le unghie sono
colorate – di un colore pieno – e lucidissime.
Insomma, per chi non vuole rovinarsi le unghie con trattamenti
troppo aggressivi questi smaltini sono perfetti.
Io non ne posso più fare a meno. I miei colori preferiti sono i
rossi, in particolare quello sangue e borgogna.
Nell’ultima manicure li ho usati tutti per una gradazione di
colore originale.
Sono partita dal pollice color rosa chiaro, l’indice rosa
antico, il medio fucsia, l’anulare rosso sangue e il mignolo
borgogna (perdonate se non vi faccio vedere le foto delle mie
unghie ma Madre Natura non me le ha donate bellissime, quindi
preferisco non condividerle).
E se sei curiosa guarda la mia
video review generale della collezione autunno/inverno
2015-2016 di Euphidra. |
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Megan Montaner, icona di stile e bravura
di Crilly
È una delle icone storiche della famosa soap opera
Il Segreto; in Italia è conosciuta e
amata con il suo nome più famoso, Pepa: parliamo
dell’attrice spagnola Megan Gracìa Montaner,
sinonimo di bellezza e bravura.
La sua carriera artistica inizia da lontano; la
recitazione non è mai stata uno dei suoi obiettivi
primari.
Agli esordi, Megan diventa una make-up artist e
inizia a lavorare in una tv locale a Huesca. Di li a
poco, capisce che la sua propensione non è dietro le
telecamere ma di fronte ad esse. Si trasferisce,
quindi, a Madrid e inizia a studiare recitazione
nella scuola diretta da Cristina Rota.
Molte le sue apparizioni davanti il piccolo schermo, ma la
fama la raggiunge grazie alla serie Tv Il
Segreto dove interpreta una giovane levatrice,
bella e coraggiosa, chiamata Pepa Aguirre. In
questi giorni abbiamo ammirato anche il suo ritorno
virtuale, sempre nel ruolo di Pepa Aguirre, anche se
solo in un flashback.
La soap opera ottiene un successo senza precedenti:
all’inizio in Spagna e poi anche in Italia; qui ha
catalizzato un surplus di pubblico; grandi e
piccini sono letteralmente incantati e presi
dalle trame d’altri tempi, degne di un romanzo 10 e lode.
Ma non è tutto: a coronamento dei suoi grandi successi, ad
ottobre del 2013, Megan Montaner viene scelta da Antena 3
per interpretare la protagonista della nuova serie
Senza identità in onda anche nel Bel Paese; in
questa fiction Megan interpreta María Fuentes, una
giovane avvocatessa molto ricca che, dopo aver scoperto di
essere stata rapita da piccola, decide di indagare sul
suo passato.
La bravura di Megan Montaner viene apprezzata anche da
Claudio Caligari che la sceglie per interpretare,
accanto a Raoul Bova, il ruolo di Samira, nel suo
ultimo lavoro, Task Force, in onda su Canale 5
tra qualche settimana. |
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PINK NEWS Donne
e università: l'ultimo studio dell'Istat ci premia
di Antonia del Sambro
È incoraggiante e molto positivo l’ultimo
studio Istat sulle immatricolazioni al femminile
presso le università italiane, che spiega come dal
1900 a oggi la parabola crescente delle donne che
hanno deciso di conseguire una laurea non ha mai
conosciuto sosta o fermo di sorta.
Il 2015 sì è chiuso con un progresso ulteriore
che vede le iscrizioni femminili sempre un passo indietro
a quelle maschili, ma con una diversificazione e un
aspetto di costanza che fa ben sperare per il prossimo
futuro e che ci si augura sia di incoraggiamento a nuove
immatricolazioni in “rosa”.
Naturalmente il gruppo delle materie letterarie la fa
ancora da padrone nelle scelte delle iscrizioni da parte
delle donne che si concentrano soprattutto sulla laurea
triennale, preferito quasi dal 25% delle iscritte.
Anche in questo caso, però, c’è da fare un distinguo tra
uomini e donne per quello che riguarda l’intero percorso di
studi e di conseguimento del titolo finale.
E quindi, se è vero che le iscrizioni alle facoltà
considerate storicamente maschili sono quasi il
doppio delle iscrizioni alle facoltà considerate
prevalentemente femminili, per quello che riguarda il percorso
della laurea triennale si scopre che ben l’80% degli
iscritti che proseguono con la laurea specialistica
sia nelle facoltà scientifiche e tecnologiche sia in
quelle umanistiche e pedagogiche sono donne.
Ovvero, il numero delle lauree specialistiche degli ultimi anni
vede una crescita e una affermazione di laureande a
scapito degli uomini.
Probabilmente questi ultimi trovano lavoro più facilmente
e prima delle colleghe e pertanto si fermano alla laurea
breve o magari decidono più facilmente di andare all’estero
e provare con il titolo di studio che hanno già conseguito.
In ogni caso, che si tratti di costanza o di collocamento le
donne all’Università ce la mettono tutta, e quando decidono
di iscriversi poi vanno quasi sempre fino in fondo.
Forse, l’unica nota negativa e stonata riguarda la
percentuale degli studenti fuori corso che sembra
davvero molto alta nelle facoltà letterarie e giuridiche e che
riguarda in particolar modo le donne; un dato che sfiora il
77% e che appare del tutto inspiegabile se si
paragona alla bassissima percentuale delle donne
iscritte alle facoltà di medicina, farmacia,
veterinaria e infermieristica tutte assolutamente in
corso e con una media di voti molto alta.
Anche in questo caso è probabile che la legge dei grandi
numeri penalizzi le facoltà con un maggiore numero di
iscrizioni femminili e meno una facoltà come farmacia dove le
stesse iscrizioni sono di portata sicuramente inferiore
da parte delle donne.
In ogni caso, la presenza femminile nelle università
italiane da nord a sud è cresciuta quasi del 40% dal 2008 a
oggi e il trend positivo fa ben sperare anche per gli
anni a venire e non ci resta che augurare a tutte una
sfolgorante carriera qualsiasi corso di studi decidano di
intraprendere. |
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DONNE
Fabiola
Gianotti e l'infinito amore per la scienza
di Daniela D’Angelo
«Una bambina curiosa, che spesso non si accontentava delle
risposte che gli adulti davano alle sue domande»: poche
righe ma che descrivono perfettamente la passione che ha
condotto Fabiola Gianotti al raggiungimento di grandi
traguardi, non da ultimo quello di essere divenuta la
prima donna a guidare il più grande e famosissimo
laboratorio europeo di fisica delle particelle con sede a
Ginevra.
Dal primo gennaio di quest'anno, infatti, l'illustre fisica
italiana è ufficialmente direttore generale del
CERN
da lei definito come una piccola città, che descrive come un
luogo in cui “si studia l’infinitamente piccolo poter capire
l’infinitamente grande”.
Nata a Roma nel 1962 da madre siciliana e padre
piemontese e proprio da quest’ultimo, che svolgeva
l’attività di geologo, la fisica ha ereditato «l’interesse
per le cose del mondo, l’amore per la scienza e il gusto per i
particolari». Iscrittasi poi a Fisica presso l’Università
di Milano dove nel 1989 ha conseguito il dottorato di
ricerca in fisica sperimentale subnucleare.
La sua attività presso il CERN di Ginevra ha inizio nel 1987
occupandosi della ricerca, dello sviluppo e della costruzione
di rivelatori, così come dello sviluppo di software
e di analisi di dati. Per la neo direttrice il
laboratorio europeo è un luogo che evoca un po’ di magia,
nonostante le rigide formule e le evidenze scientifiche che si
cercano e che spesso si trovano, come il bosone di Higgs che si
cercava da anni.
Ed è stata proprio la Gianotti la coordinatrice dal 2009
al 2013 dell’esperimento Atlas che ha fornito i dati che
hanno fatto scoprire la Particella di Dio, dandone così
l’annuncio il 4 luglio 2012. Non possiamo negare che
Fabiola sia uno dei volti più propositivi della
fisica contemporanea non isolandosi nelle fredde sale
di un laboratorio tra vetrini e telescopi.
«Le ricerche che noi facciamo non appartengono a noi
scienziati, ma appartengono a tutti – afferma la fisica-
Sono le ricerche dell’umanità. Quello che noi facciamo è
contribuire, come tanti altri settori, ad aumentare le
conoscenze dell’uomo. Ciò che noi impariamo appartiene infatti
all’uomo, non a noi, ed è bello poterlo condividere con gli
altri».
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