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Telegiornaliste anno XI N. 16 (447) del 4 maggio 2015
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TGISTE Erika Baglivo. Mai accettare compromessi
di Giuseppe Bosso
Volto della redazione umbra del
Tgr,
incontriamo Erika Baglivo.
Come sei arrivata alla redazione umbra di Tgr?
«Nel 2008, in occasione dell’inizio di Buongiorno Regione, dopo
un colloquio col caporedattore, che ha avuto esito positivo».
Com’è la giornata tipo di una tgista a Perugia?
«Dipende dal lavoro che mi aspetta. Se devo condurre l’edizione di
Buongiorno Regione, rimango in redazione tutta la mattina e poi mi
occupo dell’edizione delle 14 del Tgr e di quella delle 19:30; se invece
sono in conduzione, arrivo alle 15:30 in redazione e faccio l’edizione
serale, e anche quella di mezzanotte, che si inserisce nel programma
Linea notte; poi, a livello standard, mi occupo di pezzi che oltre
che per l’edizione video vanno trasmessi anche al giornale radio».
Qual è stato l’evento che ti ha maggiormente colpita?
«Sicuramente il processo per l’omicidio di Meredith Kercher, uccisa
quando frequentavo la scuola di giornalismo, che ha creato, come
ricorderete, grandi polemiche legate a Perugia e al tipo di vita
condotto dagli studenti, ritenuti coinvolti in un giro vizioso. Ho
seguito il primo processo d’appello, che si è concluso a Perugia con
l’assoluzione di Amanda e Sollecito, e ricordo la rabbia seguita a
quella sentenza, annullata dalla Cassazione, che sta per pronunciarsi
sull’appello-bis celebrato a Firenze, che ho seguito allo stesso modo,
così come il definitivo processo in Cassazione che si è recentemente
concluso».
Avverti sinergie tra le vostre redazioni regionali, che al mattino si
coordinano in Buongiorno Italia?
«Sì, avverto questo stretto legame fatto di continui contatti tra le
varie redazioni; ma si può fare sempre meglio».
Anche nell’era del digitale arrivare in Rai è un punto d’arrivo per
un giornalista, dal tuo punto di vista?
«Credo proprio di sì; soprattutto con le trasformazioni in atto, con il
digitale sempre più in evoluzione, credo proprio che ci sarà sempre più
spazio per i giovani, e in particolare per quelli che sapranno proporre
e sviluppare nuove idee».
Accetteresti dei compromessi per uno scoop o un avanzamento di
carriera?
«Assolutamente no. È una questione caratteriale, per me o è tutto bianco
o tutto nero. Se iniziassi ad accettarne, poi non potrei più
continuare».
Il tuo sogno nel cassetto?
«Che domandone (ride, ndr)… se me l’avessi chiesto all’inizio della mia
carriera avrei probabilmente risposto lavorare al Corriere della Sera;
oggi non posso dire di averne uno in particolare, a parte quello di
poter continuare a seguire questo percorso che sto seguendo sempre con
impegno e attenzione».
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NONSOLOMODA International Motorfest:
la festa dei motori a favore della sicurezza stradale di
Francesca Succi
dal blog
TheGlossyMag del 29 aprile 2015
Dal 22 al 24 maggio all’Autodromo Enzo
e Dino Ferrari di Imola,
tempio dei motori per moltissimi appassionati, ci sarà
l’International Motorfest. Si tratta di una manifestazione che
nasce dalla necessità di avere nell’ambito del territorio
emiliano un evento che avvicini i giovani e le famiglie
attraverso il divertimento, la passione dei motori e i
personaggi famosi, al delicato tema della sicurezza stradale
che in Italia causa più feriti e decessi rispetto agli altri
paesi Europei.
Le giornate in cui si terrà l’evento non sono state scelte a
caso, ma vanno ad inserirsi nel periodo con il numero più alto
di incidenti stradali, quello precedente la stagione estiva.
L’International Motorfest è un vero e proprio contenitore di
eventi volti a coinvolgere pubblico e a promuovere la sicurezza
sulle strade. Il grande evento ha in programma sei situazioni
correlate tra cui hot laps, corse podistiche, minipiste,
minimoto, test drive, esposizione prodotti e servizi legati al
mondo delle 2 e 4 ruote, raduni, convegni e la maratona
televisiva di 24 ore di Guidopervivere promossa da Rai.tv e
Rai.it – giunta alla sua 11a edizione – che si terrà il sabato
sul palco centrale in autodromo con la presenza di personaggi
famosi, cantanti e ospiti istituzionali. Tra questi anche
Cacioppo direttamente da Zelig e i GemBoy da Colorado.
Tra le situazioni più coinvolgenti per gli appassionati del web
vi è la diretta facebook in collaborazione con Tiscali dove vip
e personaggi comuni attraverso la piattaforma Streamago
potranno caricare il loro contributo sulla manifestazione. Il
tutto verrà archiviato attraverso un hashtag sulla sicurezza
stradale così da poterlo visualizzare anche dopo l’evento!
L’entrata alla manifestazione è interamente gratuita.
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L'addio di Derek e una nuova era per Grey's Anatomy di
Sara Ferramola
Un vero e proprio lutto per gli appassionati di
Grey's Anatomy la morte di Derek, o meglio
soprannominato Dottor Stranamore, marito della
protagonista Meredith.
Nella puntata andata in onda in America lo scorso
23 aprile, Derek, dopo aver soccorso madre e figlia in
seguito a un incidente stradale, viene a sua volta
travolto da un camion al cui urto non riesce a
sopravvivere.
La decisione di far morire questo personaggio
adorato da tanti anni, probabilmente dovuta a
incomprensioni tra l'attore Patrick Dempsey e l'ideatrice
Shonda Rhimes, era già stata annunciata da quest'ultima
giorni prima e poi smentita.
Anche nelle puntate della serie la produzione sembrava
intenzionata già ad abituare il pubblico all'assenza di
Derek, in quanto le sue apparizioni diventavano
sempre meno frequenti con il suo trasferimento a
Washington DC.
L'attore potrà dedicarsi alla sua passione, quella
delle corse, ma ha in cantiere altri progetti,
anche televisivi, come lui stesso ha dichiarato: «mi
prenderò il resto dell’anno libero per sviluppare progetti,
non escludo un ritorno in tv per una serie di 10-12 episodi,
ma non credo farò mai più una serie da una stagione
completa, è difficile anche se economicamente conveniente‘
(..) Voglio provare a fare qualcosa di nuovo, ne sarà
capace? Questa sarà la sfida, vedere se i telespettatori mi
ameranno nei panni di qualcun altro».
L'uscita di scena del marito di Meredith ha portato lo
sconforto totale in tutto il mondo presso i fan più
affezionati, i quali si stanno impegnando in una
petizione per far tornare il dottor Shepherd
nella serie; chissà se questi fan seguiranno ancora
le prossime puntate di Grey's Anatomy il quale, a sua
volta, deve cercare di sopravvivere, in tutti i
sensi, alla morte di una colonna portante della serie
come lo è stato Derek. La serie, così come la sua
protagonista Meredith, inizieranno una nuova vita.
Come affermato da Shonda Rhimes: «Derek Shepherd è sempre
stato e sarà un personaggio importante, per me, Meredith e i
fan: non avrei mai immaginato di dover dire addio a Mc
Dreamy, e la sua perdita sarà immensa per tutti noi. Ora,
Meredith e tutto Grey’s dovranno entrare in un territorio
inesplorato, in un nuovo capitolo della vita di lei: le
possibilità su quello che potrebbe succedere sono infinite,
come direbbe Ellis Grey, la ruota non smette di girare».
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PINK NEWS Il
primo maggio delle donne italiane…
aspettando il lavoro
di Antonia Del Sambro
Una contraddizione costante l’occupazione femminile nel
nostro paese che vede una diminuzione del genere in posti e
lavoro ma una crescita di qualità professionale e
culturale.
Naturalmente il problema occupazionale è trasversale in
Italia, e se tante giovani donne non battono il chiodo e
restano a casa disoccupate altrettanti uomini il lavoro
lo perdono o non fanno molta difficoltà a trovarlo anche
loro.
Eppure a confronto di quasi uno 0,4% di occupazione
femminile in sei anni c’è il rovescio della medaglia
a livello di leggi e di tutele alle donne che
lavorano o cercano un impiego e soprattutto la qualità delle
lavoratrici in rosa che si immettono nel mondo del
lavoro o si propongono ad aziende, terzo
settore e manifatturiero.
Le donne del nuovo millennio sono laureate: le
statistiche in questo caso contano più del sessanta per
cento tra quelle che cercano il primo lavoro o un
nuovo impiego dopo un licenziamento o una
maternità; inoltre, sempre più giovani e ragazze si
affacciano al mondo occupazionale con master o corsi
di qualifica in tanti settori, dalla sanità alla
ristorazione, dall’ambito delle manifatture al
mondo dei prodotti per l’infanzia, dell’imprenditoria
editoriale a quella dei terzi servizi.
Nonostante questo la crisi è spietata e tante di queste
giovani non riescono a farsi assumere o imporsi in
ambienti che restano di fatto a esclusivo appannaggio degli
uomini.
E così anche per questo primo maggio 2015 le donne che
sono scese in piazza o a sfilare per le strade in
cortei pacifici e colorati hanno chiesto ancora una
volta che il nostro Paese apra le porte del mondo
lavorativo anche a loro: a loro che sanno lavorare quanto e
come i loro colleghi maschi e che soprattutto nel corso
degli anni hanno saputo dimostrare di essere capaci e idonee
a fare mestieri e lavori a loro preclusi fino al secolo
scorso.
In prospettiva le notizie a riguardo possono apparire anche
incoraggianti: ad esempio le nuove leggi permettono
anche agli uomini di occuparsi della prole e di potersi
mettere in aspettativa o in permesso parentale;
il che significa che molti imprenditori o impresari che non
assumevano donne per timore di essere lasciati
“scoperti” una volta che le stesse diventavano mamme
possono avere una tutela in più. Inoltre il nuovo
jobs act anche se non copre tutte le categorie
lavorative del mondo femminile, una buona spinta nel
senso di garanzie e assistenza comunque sembra offrirla.
Per cui, ancora un primo maggio festeggiato in sordina e
solo in minima parte dalle donne italiane, ma la
speranza resta ancorata e vigile al prossimo futuro. |
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DONNE
Tania
Della Bella. Io non ho paura del buio,
guardare il mondo
attraverso gli occhi degli animali
di Daniela D'Angelo
Io non ho paura del buio, edito dalla casa editrice
C'era una volta (prefazione a cura di Marco
Anelli di CGTV Channel) per già tre edizioni, l'ultima delle
quali pubblicata nel dicembre 2014, è il romanzo rivelazione di
Tania Della Bella, avvocato con una forte passione per la
scrittura, con la quale riesce a catturare le sfumature della
vita e il cuore dei lettori, e animata da un ammirevole spirito
di solidarietà che l’ha spinta a decidere di devolvere i
proventi dalla vendita del libro in beneficenza. Il romanzo
narra le vicende di Buck, un cane randagio solitario che ha
perso la fiducia negli esseri umani; di Senza Nome, un
cucciolo di cane che invece ritrova la fiducia e l’affetto
attraverso gli occhi sinceri di un bambino; di Maia, una gatta
spaventata dopo aver subito il trauma dell’abbandono.
Io non ho paura del buio è un romanzo che pone un
confronto e una riflessione tra mondi diversi: quello degli
animali e quello degli esseri umani. Ma nella loro diversità
possiamo riscoprire anche delle affinità? E come possono
conciliarsi tra loro?
«Assolutamente sì, e lo dico con fermezza. Sarebbe sufficiente
guardare all'animale come un essere vivente che, come tale, va
rispettato e amato: è possibile vivere in armonia gli uni con
gli altri, ma bisogna desiderarlo davvero e lavorare per
ottenerlo. Ogni cosa a questo mondo è frutto di una scelta;
possiamo scegliere di seminare l'amore piuttosto che l'odio. E
possiamo scegliere di seminare il rispetto per gli altri
piuttosto che l'egoismo sfrenato; viviamo in una società
fortemente individualista ma non per questo dobbiamo essere
automi e farci trascinare dal vortice del super Io. Spesso la
critica che viene mossa ai cosiddetti animalisti è quella di
anteporre l'animale all'uomo; e la classica risposta è quella
secondo cui l'animale, poiché privo della cattiveria umana,
merita di primeggiare. Ma in questo modo non si esce
dall'ottica della contrapposizione e dell'uno contro l'altro:
credo che il discorso sul rispetto per un animale altro non sia
che il punto di partenza per giungere al rispetto verso l'altro
essere umano: se avallassi la logica di chi prova
apparentemente amore verso gli animali ma poi è indifferente
nei confronti di un altro uomo, farei lo stesso identico errore
di chi, dall'altro lato, disprezza e fa del male agli animali.
Esseri umani e animali non debbono trovarsi su due piani
contrapposti; il rispetto reciproco passa per il rispetto verso
tutti gli essere viventi. Solo camminando affiancati si va
avanti; ma ciascuno con le sue peculiari caratteristiche: amare
un animale presuppone la conoscenza di esso e il rispetto di
ciò che è. E solo amando un essere indifeso si può arrivare ad
amare davvero il nostro simile: l'uno non può esistere senza
l'altro».
Il romanzo nasce in parte da un'esperienza da te vissuta
come volontaria al canile, quale episodio ti è rimasto
maggiormente impresso?
«Non esiste un episodio in particolare: ho tanti ricordi di
quel periodo, purtroppo la maggior parte negativi. Ma voglio
ricordarne qualcuno: ricordo in particolare la gioia che
letteralmente esplodeva all'interno delle gabbie nel momento in
cui i cani riconoscevano noi volontari; sapevano che il nostro
arrivo significava un po' di libertà e un po' di cibo: la
libertà perché le gabbie (a turno) venivano aperte soltanto in
presenza dei volontari e quei poveri cani lì rinchiusi non
vedevano l'ora di sgranchirsi le zampe; cibo perché purtroppo i
cani erano ridotti alla fame e molti erano letteralmente pelle
e ossa, e noi portavamo sempre qualcosa per loro. In quei
momenti i cani, o almeno quelli che riuscivano a farlo,
prendevano tutti a saltare e ad abbaiare, ansiosi di ricevere
le nostre attenzioni. C'erano due cani, perfettamente identici,
che noi avevamo soprannominati rampichini perché
riuscivano ad arrampicarsi sulle sbarre della gabbia. Ricordo
di un cane, reduce dai combattimenti illegali: aperta la sua
gabbia se ne stava sempre in silenzio e appartato. Poi ad un
certo punto si avvicinava a noi e si lasciava accarezzare sulla
testa, chiudendo gli occhi. Prendeva un po' di cibo e si
riallontanava, con calma. Faceva male al cuore vedere quel
corpo pieno di cicatrici e quel muso triste e così espressivo.
Ma voglio essere chiara: ho visto e sentito storie orribili
relativamente ai canili, ma questo non significa che non
esistano strutture serie. Il problema è, purtroppo, che laddove
la gestione è affidata a persone senza scrupoli, la corruzione
è una facile tentazione, soprattutto quando il malaffare
danneggia chi non può difendersi o chi non può parlare».
Il libro invita il lettore a riflettere sui valori, sui
sentimenti e a dare un significato anche ai più piccoli gesti
che si compiono quotidianamente. Qual è per te un sentimento o
un valore irrinunciabile?
«Il valore in assoluto: quello della tolleranza. Spesso viene
intesa come eccessiva remissività; non è così: la tolleranza ha
in sé una serie di valori essenziali. Innanzi tutto il
rispetto, quel rispetto che non consiste nel non offendere
l'altro; parlo di accettare l'altro per come è, senza
pregiudizi, senza diffidenza; parlo del costante tentativo di
calzare i panni dell'altro per provare, almeno un poco, a
comprendere il suo vero Io interiore. E ovviamente il rispetto
per sé stessi. Tutto ciò si traduce nel sentimento dell'amore;
l'unica cosa che realmente conta è l'amore che abbiamo dato
agli altri in questo breve tragitto. L'amore non è
l'innamoramento che due esseri umani possono provare l'uno
verso l'altro: due esseri umani possono essere innamorati ma
possono non amarsi se, per esempio, uno dei due cerca di
cambiare l'altro oppure se i due si chiudono totalmente al
mondo esterno. Nel primo caso viene a mancare il rispetto
dell'altro e senza rispetto non c'è amore, nel secondo viene a
mancare l'amore verso tutto ciò che li circonda e quindi anche
verso sé stessi. E se non si riesce ad amare sé stessi, in ogni
manifestazione della propria vita, allora non si può essere
capaci di amare un altro».
Avvocato, scrittrice... ma anche un'atleta! Come riesci a
coordinare le tue passioni?
«Sinceramente non lo so! È venuto tutto da sé, spontaneamente:
innanzitutto sono un avvocato, per cui svolgo la mia
professione regolarmente, come tantissimi miei colleghi. E
nemmeno a farlo apposta mi occupo prevalentemente di famiglia,
quindi non lavoro con freddi affari economici, ma con i
sentimenti delle persone. Inoltre da qualche anno opero
nell’associazione forense
M.G.A., acronimo di Mobilitazione Generale degli
Avvocati, che da tempo si occupa dei problemi relativi alla
categoria. Tuttavia ho sempre rifiutato l'idea di impiegare la
maggior parte della mia vita a lavorare. Mi terrorizzava la
prospettiva di ritrovarmi, un giorno, ormai vecchia e,
voltandomi indietro a chiedermi cosa avessi fatto nella vita,
sarei stata costretta a rispondermi di aver solo lavorato: da
lì il passo fu breve; era solo questione di organizzazione sul
lavoro. Pratico il podismo e riesco oggi ad allenarmi con
costanza almeno un paio di volte la settimana, oltre a
partecipare alle competizioni il fine settimana. E sono molto
contenta perché lo sport rinforza lo spirito prima che il
corpo. Un posto a parte merita la mia attività di scrittrice.
Per questo non ho bisogno di ritagliarmi spazi in quanto io
sono la classica scrittrice che scrive solo dietro ispirazione.
Ciò significa che possono trascorrere mesi, anche anni, senza
che io scriva assolutamente nulla. Ma se l'ispirazione arriva,
posso trovarmi in qualunque luogo, in qualunque momento e devo
scrivere ciò che ho in mente. E da lì è un fiume in piena...».
Hai in progetto dei nuovi romanzi e eventualmente quali
tematiche ti piacerebbe affrontare in futuro?
«Non ho in progetto nulla, proprio perché ciò che scrivo non è
frutto di un ragionamento o di uno studio preliminare: viene
tutto da sé. Mi piace pensare che la storia esiste già da
qualche parte e sceglie me per essere raccontata. Proprio per
questo non esiste nemmeno una tematica che mi contraddistingua
o che io prediliga; negli anni ho scritto veramente di tutto:
dai romanzi d'avventura e di spionaggio ai romanzi d'amore,
fino ad arrivare a Io non ho paura del buio».
Se potessi vivere in prima persona le avventure di un
eroe/ina di un'opera letteraria, su chi ricadrebbe la tua
scelta?
«Che domande! Su Buck, ovvio! E se non sapete chi è vi invito a
leggere “Io non ho paura del buio”. Potete ordinare il libro
presso tutte le librerie, oppure acquistarlo presso le librerie
convenzionate o direttamente on line. Troverete tutte le
informazioni sul sito della casa editrice». |
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