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Telegiornaliste anno XI N. 13 (444) del 13 aprile 2015
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TGISTE Titti
Alvino. Stavo andando via da Napoli ma poi... di
Giuseppe Bosso
Incontriamo Titti Alvino,
volto dell'emittente napoletana
Julie Italia.
Julie è un canale ‘scomodo’, come dimostrano le vicende in cui
l’emittente è stata spesso coinvolta?
«No, mi sento fiera e orgogliosa di far parte di questo progetto, dove
ho trovato persone splendide che mi hanno aiutato moltissimo, a
cominciare dal direttore editoriale Livio Varriale».
Non guardare in faccia è una scelta che paga?
«Paga essere se stessi, dare sempre il massimo. Credo che le realtà
territoriali non abbiano nulla da invidiare ai grandi network».
La tua giornata tipo.
«Non c’è una giornata tipo standard, faccio tante cose diversificando il
lavoro dalle 8 di mattina alle 22».
Le Iene hanno recentemente mostrato il video di un vigile
urbano napoletano ‘fraternizzare’ con un parcheggiatore abusivo: dal tuo
punto di vista è una cattiva immagine di Napoli?
«Credo che ci sia una sorta di impegno dei media a raccontare il peggio
di Napoli, e anche noi partenopei forse diamo il nostro contributo a
rappresentare questa cartolina. Bisogna invece parlare anche della parte
sana, fatta soprattutto di giovani che non vogliono rientrare in questo
stereotipo pizza, mandolino e Gomorra; la polvere non si nasconde
sotto il tappeto, certo, ma nemmeno si deve amplificare».
Anche tua sorella gemella Rosa lavora a Julie: lavorate spesso
insieme?
«Sì, anche se adesso siamo un po’ distaccate; non credo che le gemelle
per forza debbano essere uguali, ognuna ha la sua individualità e il suo
carattere».
Il calcio, che è diventato tua quotidianità con il programma
Settimana Azzurra, è stata una scoperta casuale?
«Il calcio mi piace da sempre, tifo assiduamente Napoli (e durante le
partite – ride, ndr – a casa mio padre mi autorizza a anche a dire
parolacce…) e non è stata una scoperta casuale. Ho iniziato
quest’avventura con piacere, la cosa che più mi appassiona è raccontare
la voce dei tifosi, i loro umori».
Ti sta stretta la realtà napoletana?
«No. Inizialmente, certo, l’aspirazione di andare fuori c’era e avevo
anche avuto l’opportunità. Ma proprio all’ultimo ho avvertito come uno
strappo che mi ha fatto ‘riappropriare’ della città e dell’identità
napoletana. Comunque certo ci fosse una possibilità, la coglierei al
volo, per respirare aria nuova… ma probabilmente tornerei a casa dopo un
mese!».
Accetteresti compromessi?
«Assolutamente no. I miei genitori mi hanno insegnato di credere nel
dovere, nell’impegno che paga, anche se non sempre è così; ma bisogna
tornare a casa consapevoli di aver fatto quello che si doveva fare».
La cosa a cui sei più legata tra quelle che hai fatto?
«Ogni cosa mi ha sempre emozionato; sicuramente l’incontro con la madre
di Ciro Esposito è stata un’esperienza forte, per tornare a quello che
dicevamo sul non cadere negli stereotipi negativi».
Un aggettivo per descriverti.
«Testarda e permalosa. Capatosta in tutto…».
Cosa ti fa venire in mente la parola bavaglio?
«Censura. Cosa che non avverto per quanto mi riguarda, fortunatamente…».
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NONSOLOMODA Fru Frù van il temporary shop itinerante di
Francesca Succi
dal blog
TheGlossyMag del 2 aprile 2015
Il progetto nasce dall’idea di Ilaria Dognini,
giovane imprenditrice milanese, già Brand Ambassador per
importanti brand stranieri.
L’obiettivo era creare un’operazione che gli consentisse di
mantenere un’assoluta libertà d’azione e di pensiero creando un
impatto autoalimentante, una forza portante con un’energia
propria.
Fru Frù Van
è un Renault Estafette d’epoca, trasformato in
un beauty temporary shop itinerante.
L’interno del van è stato studiato e progettato insieme ad una
giovane designer, Jessica Mariani, con
divanetti comodi, un tavolo a forma di petalo
per contenere i prodotti beauty e non, un lavandino
all’occorrenza e delle mensole per posizionare
gli articoli del brand.
Di notte s’illumina con luci led e
durante l’inverno è dotato di riscaldamento.
Un contenitore di idee, progetti, pensieri che quotidianamente
possono trovare trasversale espressione di comunicazione.
L’evoluzione del concetto di punto vendita in grado di
raggiungerti ovunque in città.
Il Contemporary Van più vezzoso che ci sia si aggira per le vie
di Milano, con le sue lunghe ciglia, l’allure un po’ vintage e
maliziosa da pin up e le sue curve bombate che ammiccano ai
passanti.
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Valentina Pallavicino, eterna ragazza del doppiaggio
di Giuseppe Bosso
Tra le più apprezzate doppiatrici dell'ultima generazione,
abbiamo il piacere di intervistare
Valentina Pallavicino.
Come ti sei avvicinata al mondo del doppiaggio e qual è
stato il tuo esordio?
«Buongiorno a tutto lo staff e ai lettori di
Telegiornaliste, molto piacere; ho scoperto il meraviglioso
mondo del doppiaggio a 8 anni perché da bambina facevo parte
di un coro, I piccoli cantori di Milano, e per delle
registrazioni canore mi capitò di entrare a registrare nelle
storiche sale della Merak; nella sala accanto alla nostra
due bravissimi colleghi, Pietro Ubaldi e Jasmine Laurenti,
stavano incidendo un episodio di un cartone animato; rimasi
come ipnotizzata dalla magia del riuscire a dare vita
tramite la voce e l’interpretazione a dei disegni e quel
giorno decisi che da grande avrei fatto la doppiatrice. Il
mio esordio avvenne dopo qualche anno e molti studi presso
il Centro teatro attivo a Milano da adolescente, e l’Accademia
teatrale Corrado Pani a Roma da adulta, fino all’esordio
nel 2007 a Roma nella miniserie Salem witch trials in
cui diedi voce ad Abigail, una bambina decisamente
antipatica e crudele nella miniserie che trattava della
storia di Salem e dei roghi delle streghe».
Che effetto ti fa lavorare con doppiatori che magari da
ragazzina ti capitava di ‘ascoltare’ da spettatrice?
«È sempre emozionante lavorare con doppiatori più grandi,
che per anni ho solo ascoltato e che mi hanno fatto amare
questo bellissimo, divertentissimo e impegnativo lavoro;
ancora oggi adoro imparare e cercare di assorbire i segreti
e i suoni della loro bravura, e la fortuna in più è che
adesso, che sono anche colleghi posso finalmente conoscere
anche “le persone oltre le voci” con cui sono cresciuta».
Spesso hai modo di doppiare ragazzine adolescenti o anche
bambine – ad esempio, nella sitcom attualmente in onda su
Super! I Thunderman – caratteristica in fondo comune
a molte tue colleghe: possiamo dire che in un certo senso
sei un’eterna ragazza?
«Oh, si! È uno degli aspetti che più amo del mio lavoro,
un’eterna ragazzina o una bimba sperduta… “Dimenticali
Wendy, dimenticali tutti, vieni com me dove non dovrai mai,
mai pensare alle cose dei grandi…” diceva Peter Pan; o “Si
può sapere che ti prende? La smetti di comportarti come un
bambino!? Ma io sono un bambino!” rispondeva Peter
Banning, alias l’indimenticabile e amato Robin Williams per
me il miglior attore esistito, nel mio film preferito
Hook-Capitan Uncino… ecco, è proprio questo, posso
continuare a restare bimba o ragazzina ad emozionarmi,
giocare e ridere vivendo le avventure dei personaggi più
piccoli che interpreto continuando a divertirmi e a sognare
come solo la loro spensieratezza e innocenza permettono».
Dove potremo ‘ascoltarti’ prossimamente?
«Stiamo proseguendo con le registrazioni di nuove puntate
dei Thunderman, oltre che di cartoni animati come
Pokemon XY, Daniel Tiger, Yo-Gi-Oh, Arc
V; in reality come Ex on the beach, The
Bachelor; nel film Nannerl, nei telefilm
Disney Mighty Med e Binny e il Fantasma… e in
progetti di cui ancora non posso parlare».
La parte che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
«Sicuramente la piccola Anna in Sorridi piccola Anna,
prequel del famoso cartone Anna dai capelli rossi con
cui sono cresciuta! È stata importante per me perché era la
mia prima protagonista in una serie di cartoni animati e il
suo personaggio viveva pur parlando di una bambina…emozioni
e storie molto forti e difficili, e riuscire a renderle il
più reali ed umane possibile è stato impegnativo ma
soddisfacente; e insieme ad Anna un altro ricordo di una
lavorazione difficile, ma che mi ha sicuramente lasciato il
segno è stata la perfida Kelly Parker, del telefilm Make
it or break it-Giovani campionesse, un’ adolescente
davvero perfida, ben lontana dal mio carattere, il che l’ha
resa uno dei personaggi più difficile e affascinanti che ad
oggi mi sia capitato di affrontare».
Oltre che doppiatrice hai anche alle spalle una notevole
carriera musicale, come corista: quanto è stata importante
per te questa parentesi?
«È stata importantissima, un’esperienza stupenda, che mi ha
formata e portata a scoprire il doppiaggio quindi: a creare
il mio sogno da realizzare: diventare una doppiatrice. Il
"Coro" e stato il mio punto di partenza e gliene sarò sempre
grata».
Sfogliando la tua pagina del sito di Antonio Genna
scopriamo che hai lavorato anche con Celentano: che effetto
ti ha fatto?
«Sicuramente nel percorso affrontato con il “Coro”
l’incontro con Adriano Celentano è stata personalmente una
dell’esperienze più forti; ho un ricordo bellissimo di
questo “mito” che ci parlava e cantava con noi per spiegarci
al meglio cosa fare; era gentile, perfezionista e
simpaticissimo… solo una cosa: non mi è piaciuta di quei due
giorni di sala di registrazione non essere riuscita…a fare
il suo “passo” di ballo che ha cercato di insegnarci
sfidandoci a riuscirci – scoppia a ridere, ndr - ma ci
riproverò!».
Tornando alla domanda di prima sull’eterna ragazza mi
viene spontaneo chiederti: cosa farai da grande?
«Non lo so, mi piacerebbe riprendere a studiare canto che
amo profondamente e che un po’ mi manca… e magari un bel
corso di cucina, che è l’altra mia grande passione! Ma
sicuramente spero di continuare al meglio nel mio lavoro,
affrontando sempre nuove sfide e personaggi, cercando di
emozionarmi, crescere ed emozionare… sempre! Grazie allo
staff, ai vostri lettori… e alla mia famiglia, a mio marito,
agli amici e a tutti gli amanti del doppiaggio! Un
abbraccio!».
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PINK NEWS I
pilastri della famiglia: lontani ma vicini di
Daniela D'Angelo
“La festa della mamma non si festeggerà!”.
Questa la decisione dell'asilo nido La Giostra di
Ortola, in Toscana, che ha fatto già discutere ma
anche, e soprattutto, riflettere, in occasione della
scorsa festa del papà.
Le reazioni sono state tante, a partire da un papà
deluso per non aver ricevuto, come da tradizione, un
lavoretto fatto a mano dal figlio per festeggiare la
ricorrenza. Ecco l'amara scoperta: le educatrici hanno
deciso di non celebrare la festa del papà né tanto meno di
voler festeggiare a maggio la festa della mamma <<per non
turbare la sensibilità di quei bambini che hanno i genitori
lontani per diversi motivi >>.
Secondo le educatrici conta più un gesto spontaneo dei
bambini, quando manifestano il desiderio di regalare ai
genitori un disegno fatto in classe, non legato
dunque a delle ricorrenze calendarizzate.
Una scelta che se per alcuni risulta stravagante, per
altri, al contrario è educativa, perché in un mondo così
dinamico e talvolta superficiale, viene a porsi l'attenzione
sul ruolo che al giorno d'oggi ricopre la famiglia,
sul ruolo dei genitori nel contesto familiare e
sull'importanza del benessere dei figli.
Alla vigilia delle recenti modifiche legislative in tema di
divorzio breve, che prevedono una diminuzione dei tempi
di attesa da 3 anni a 6 mesi per lo scioglimento del
vincolo matrimoniale, la famiglia è ancora un punto di
riferimento saldo?
Il bambino calandosi nella realtà riscopre nella
famiglia il primo nucleo, seppur embrionale, di
società; riscopre nei genitori dei pilastri che
sorreggono quella società embrionale e durante le fasi della
crescita si ispira ai genitori come modelli di
riferimento, anche allontanandosi da essi ma pur
sempre ancorati a quelle figure per lui tanto care.
L'allontanamento di uno di quei pilastri può risultare
destabilizzante di per sé e può essere accentuato anche
dai comportamenti dei genitori che spesso e
involontariamente coinvolgono in una spirale di sofferenze e
incomprensioni i figli e che li accompagneranno fino
all'età adulta.
Cosa resta allora della “famiglia”? Nient'altro che un
involucro vuoto, arido, una figura mitologica, un ideale
che si anela.
Ma chi lo ha detto che la famiglia è il luogo fisico in cui
possiamo ritrovare sia la mamma che il papà? La famiglia
non è un concetto, non è un dato ontologico, non è una semplice
parola a cui dare una definizione: la famiglia è la culla
dell'amore, del sostegno, della fiducia.
Un bambino deve essere alimentato ogni giorno da quell'amore
e deve poterlo esaltare anche in quelle ricorrenze
calendarizzate, non importa se i suoi pilastri siano vicini
o lontani.
La famiglia dunque avrà sempre un ruolo fondamentale
nella vita di ognuno, perché è lì che cresceranno le proprie
radici, è lì che verranno fortificate per affrontare
le avversità della vita.
Bisogna stare vicino ai propri figli e ricordare loro che
l'amore, l'affetto, la gioia, non saranno mai sciolti e
divisi attraverso un pezzo di carta, ed è con l'amore che
si tengono uniti i pilastri, nonostante le scelte di
vita li abbiano portati lontani. |
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Sigrid
Eichner, nonna maratoneta da record
di Deborah Palmerini
Correndo ha fatto e attraversato la storia.
Sigrid Eichner è una quasi settantacinquenne tedesca
nata a Dresda, che nei piedi ha accumulato 100mila
chilometri solo contando le sole, si fa per dire, 2500
gare podistiche disputate.
Trentacinque anni di maratone senza mai fermarsi le
hanno portato una grande popolarità nel suo Paese e nell’ambiente
sportivo; l’ultima gara disputata è stata la Maratona di
Roma lo scorso 22 marzo, dove Sigrid ha percorso i 42
chilometri canonici dell’anello cittadino portando con sé
un messaggio di forza, tenacia e
coraggio, per dire a tutti che “volere è potere”.
Il suo palmares conta numerose centinaia di premi,
coppe, medaglie e riconoscimenti: nel
2008, non più giovanissima, è stata nominata atleta
dell’anno in Germania dalla DUV (Deutsche Ultramarathon
Vereinigung) che si occupa di stilare statistiche di
ultramaratona, per essere stata l’atleta con il maggior
numero di partecipazioni a maratone a tappe, in una
stagione: nello specifico Sigrid Eichner aveva corso la
Baltic Run (320km) con un impegno di gara di 5 giorni;
la Trans Gaule (1150km), correndo per 18 giorni,
e la Deutschlandlauf (1250 km) disputata in 17 giorni.
Il Guinness dei Primati la annovera come atleta che
vanta il maggior numero di maratone e ultramaratone disputate
in carriera, peraltro primato in continua evoluzione;
con le ali ai piedi ha attraversato decine di Paesi e
non vuole fermarsi.
Insomma, Sigrid Eichner non ha intenzione di appendere gli
scarpini al chiodo malgrado non sia esente dagli acciacchi
dell’età: a Roma infatti, giunta al traguardo, registrando
un tempo di 6 ore 03 minuti e 01 secondi, ha dichiarato:
«Ho sofferto molti dolori, ma sono arrivata felice».
Come la gran parte delle persone nate negli anni ’40
Sigrid ha avuto un’infanzia difficile e povera:
tuttavia, come corre lungo le strade del mondo, ha corso
anche nella vita. È riuscita a laurearsi anche
grazie alle borse di studio vinte attraverso i
risultati sportivi e ancora oggi continua a lavorare a
Berlino, dove vive, per finanziare la sua passione.
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