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Archivio Telegiornaliste anno XI N. 7 (438) del 23 febbraio 2015
 
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TGISTE Maria Beatrice Crisci, forza di volontà e impegno per realizzare i propri sogni di Giuseppe Bosso

Incontriamo Maria Beatrice Crisci, giornalista che dopo diverse esperienze su varie testate e emittenti è oggi direttore responsabile di Ondawebtv.

Fare il giornalismo per passione è la home page del tuo sito: è stato questo che ti ha avvicinata alla professione?
«Mi sono avvicinata alla professione per una di quelle inaspettate congiunture che nella vita ci sorprendono. Con il passar del tempo, però, è diventata una passione totalizzante; un grande amore, professionale si intende, nato quasi per caso, un amore che dura ormai da più di vent’anni (ahimè come passa in tempo) e che ogni giorno mi conquista perché sempre diverso, imprevedibile e mai noioso. Chissà forse si nasce giornalisti televisivi: è una scelta difficile, strana, controcorrente, soprattutto in una realtà provinciale come quella in cui vivo ormai da tantissimi anni, ma mai dimenticando le mie origini romane. Ho scelto la televisione perché preferisco il suo dinamismo al tempo più allungato, riflessivo, della carta stampata. Mi piace la comunicazione attraverso l’immagine e sono contenta quando le persone mi riconoscono perché vuol dire che, pur bombardati da mille messaggi, si ricordano di me e del mio lavoro. A differenza di un articolo dove la firma del giornalista rimane, il volto televisivo ha bisogno di costruire una credibilità, di crearsi un seguito. I tempi televisivi sono sincopati, per comunicare i contenuti nel miglior modo possibile bisogna lavorare di cesello e bisturi con le parole, ci vuole professionalità e passione. Insomma, il linguaggio televisivo deve essere in un tempo contenuto, deve raccontare e coinvolgere, far comprendere e memorizzare, servendosi di tutti gli strumenti a disposizione di un giornalismo corretto ed efficace. Ed è questo che mi ha sempre appassionato».

In questi anni hai lavorato in varie emittenti, tra Caserta e Benevento: sei soddisfatta del tuo percorso o avresti preferito tentare un’avventura fuori dalla Campania?
«Se guardo indietro posso sinceramente sentirmi felice e soddisfatta del mio percorso professionale. Ho fatto la “gavetta” necessaria per acquisire quella credibilità, professionalità ed esperienza che oggi mi hanno permesso di rimettermi in gioco. Ma quando si tratta di passioni, tutte le sfide hanno un sapore diverso. Non ho mai pensato a un’avventura fuori Regione perché sono stata sempre presa intensamente dalle cose che facevo e in cui credevo. Dunque, nessun rimpianto».

Ricoprire la carica di responsabile delle comunicazioni anche di enti e associazioni ti ha posto dei limiti nel tuo modo di essere giornalista?
«Assolutamente no. Non esistono modi diversi di fare giornalismo, esiste soltanto un mestiere, fatto di tecnica e soprattutto missione professionale. La qualità prima di tutto. E tutto questo negli anni mi ha ripagato in termini di credibilità e affidabilità, cose non semplici in questo settore».

Com’è nata l’avventura di Ondawebtv, di cui sei direttore responsabile? Quali difficoltà hai incontrato e quali sono le soddisfazioni maggiori che ti ha dato?
«La decisione di diventare imprenditrice è maturata quando ho capito che volevo fare un giornalismo diverso. Ho sentito l’esigenza e la necessità di creare qualcosa che mi rispecchiasse, che fosse mio. Un progetto ambizioso, certo, ma nato per dare voce al territorio e andare oltre la mera informazione, facendosi così interprete e portavoce di un giornalismo differente, che spesso manca online.
Ho comprato una telecamera e da autodidatta ho acquisito esperienza nelle tecniche di ripresa e di montaggio video. A dicembre del 2013 è nata Ondawebtv: l’aver dato le gambe all’idea di investire in una mia impresa ha l’impagabile vantaggio di poter scegliere cosa fare, in che modo e con quali tempi. E anche se questa libertà comporta tutte le preoccupazioni di una quotidiana gestione va bene, è il risvolto della medaglia, perché non posso e non voglio far a meno di questo lavoro che è parte di me. Mi piace ricordare che Ondawebtv attualmente ha stretto una convenzione con l’Università Parthenope che permette agli studenti di gestire, sotto la mia supervisione, una sezione del sito dedicata alle parole. In questo modo imparano sul campo quello che per me è il mestiere più bello del mondo. Intanto, è in via di definizione anche la collaborazione con la Sun, e in particolare con il Dipartimento di Beni Culturali. E ancora ci tengo a ricordare che la rubrica Campania 3.0 Tgr andata in onda il 25 novembre scorso ha dedicato uno spazio anche al mio portale Ondawebtv.com. Un occhio speciale sulla realtà di Terra di Lavoro, esempio dell'informazione locale ai tempi della transmedialità, così è stato definito il progetto Ondawebtv: una soddisfazione e una gratificazione al lavoro che sto facendo».

Alla luce della tua esperienza consiglieresti a un giovane giornalista di cercare di mettersi in proprio anziché bussare, spesso infruttuosamente, da una redazione all’altra?
«Non credo di poterlo consigliare per quanto detto poc’anzi. Sono convinta che sia importante avere spirito di determinazione: porsi degli obiettivi e cercare di raggiungerli. Credo molto nella forza di volontà e nell’impegno. Sono strumenti fondamentali. Ma sono tutte cose che si conquistano con l’esperienza, senza improvvisazione».

Pro e contro di essere mamma e lavoratrice per te.
«Sinceramente non è stato facile. Devo molto a mio marito e ai nonni, senza di loro non sarebbe stato possibile sostenere il ritmo e crescere mio figlio Pietro. Non credo che altre colleghe siano state così fortunate. Questo lavoro per me è sempre stato totalizzante, forse proprio perché è stato ed è una grande passione. Di conseguenza affetti e privato sono stati sempre sacrificati. Ed ora ancora di più: dirigere un sito, essere contemporaneamente dietro e davanti la telecamera e seguire tutte le fasi della lavorazione richiede un dispendio di energie fisiche e di tempo non da poco. È una bella sfida ma ne vale la pena».

Di cosa non vorresti più dover parlare?
«Non vorrei più parlare di camorra, di Terra dei fuochi, di cronache di malavita. E non vorrei neanche parlare di una provincia come quella di Caserta che viaggia sempre agli ultimi posti delle classifiche sulla qualità della vita. Vorrei parlare di una Terra di Lavoro in positivo, vorrei dare solo buone notizie. È un sogno?».
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NONSOLOMODA Oriana Fallaci: dalla realtà alla fiction. Come donna, giornalista e ispirazione stilistica (non solo nella moda) di Francesca Succi
dal blog
TheGlossyMag del 2 febbraio 2015

Parlare di questa donna provoca sempre un po’ di timore perché quando stai per rievocare i grandi del passato i sentimenti che scaturiscono sono contrastanti.
Sicuramente si sarà sentita così anche Vittoria Puccini che nella fiction L’Oriana, andata in onda questa settimana su Rai 1, ha recitato proprio nei panni di Oriana Fallaci; un personaggio del secolo scorso difficile quanto unico da proporre al pubblico.

Con questo post non voglio alimentare critiche strutturali alla fiction, per me ha peccato solo di approfondimento, ma il mio desiderio è piuttosto quello di analizzare lo stile di una donna – la prima giornalista donna italiana a partire per il fronte in più situazioni – al fine di prendere qualche spunto stilistico; anche se è difficile, tanto difficile da imitare perché lo stile che aveva Oriana Fallaci passava dalla personalità alla penna. Dal modo in cui teneva il microfono per registrare le interviste sul posto fino a quello in cui incrociava con le dita la sigaretta (compagna di vita della giornalista). Quest’ultima unica cosa che non consiglio di imitare perché il fumo fa male!

Prima di tutto, giornalisticamente parlando, la Fallaci era unica nel suo genere. Non ha studiato giornalismo ma l’ha fatto. Ha creato un modo tutto nuovo di documentare e intervistare dimostrando che si può essere cristallini e veritieri; e che questo paga. Nel rapporto con la testata giornalistica e con i lettori.
Questo stampo, prettamente fallaciano, l’ha portata ad essere un punto di riferimento nel panorama mondiale!
Quindi la prima cosa che mi sento di dire a chi ha intrapreso o vuole intraprendere questa strada è quello di prendere in esame questa donna come professionista perché ha insegnato tanto. Le sue teorie di base possono essere applicate anche ai giorni nostri. Devono!

In secondo luogo, come ho potuto analizzare dal materiale presente in rete, la Fallaci – pur essendo impegnata nella causa giornalistica a tutto tondo in maniera netta quasi come un uomo – non ha mai abbandonato la femminilità desiderando sottolineare il suo essere donna. Si è ritagliata un suo stile anche sul campo di guerra: le trecce sotto il caschetto militare diventarono, e diventano ancora oggi, un trend difficile da dimenticare.

Ma ci sono altre caratteristiche da prendere in considerazione per avvicinarsi allo stile di Oriana Fallaci. Ad esempio tra gli elementi beauty della Fallaci troviamo:

1. Lo smalto rosso: in molti scatti, rubati e non, c’è un’Oriana Fallaci con le unghie sempre laccate di un rosso intenso. Unghie attaccate a quelle dita così sapienti che battevano con forza ed energia la macchina da scrivere in maniera ineguagliabile, oppure, che prendevano con grande fascino l’accendino e la sigaretta sulla scrivania.

2. L’eyeliner: quasi come un marchio di fabbrica, amava tracciare sulla palpebra mobile vicino alle ciglia una linea di eyeliner marcata con codina verso l’alto all’estremità dell’occhio. Ha applicato eyeliner sugli occhi sempre, anche in guerra, fino alle ultime interviste.

3. Il rossetto rosso: anche questo prodotto molto utilizzato da Oriana Fallaci lo troviamo soprattutto nelle interviste dell’ultimo periodo. In rete si trovano dei video interessanti da vedere per capire appieno la sua personalità.

4. Il caschetto fino alle spalle: o come viene chiamato ora long bob. Si tratta del taglio del momento, ma Oriana Fallaci l’ha portato per una vita rendendola unica e riconoscibile a tutti. Come si può notare dal materiale che abbiamo a disposizione non ha mai tinto i capelli, ma li ha lasciati naturali puntando di più al taglio curato. Della serie: invecchiare bene si può anche senza tanti artifizi.

Invece, per quanto riguarda abiti ed accessori, Oriana Fallaci è rimasta sempre molto vicino ad elementi essenziali ma molto particolari. Tra i suoi must più evidenti troviamo:

- La collana di perle: vedendo un documentario dedicato alla giornalista ho scoperto che la collana di perle è stato l’acquisto del primo stipendio. Questo ci fa capire quanto tenesse alla sua femminilità!

- L’anello all’anulare: se notate bene le piaceva indossare l’anello sempre all’anulare. Chissà?! Forse per lei era il simbolo di una vita o di un legame particolare.

- Gli occhiali con lenti XL: gli occhiali con lenti extra large erano un altro marchio di fabbrica dello stile Fallaci. Li indossava spesso, soprattutto con le lenti fumé.

Per quanto riguarda l’abbigliamento, invece, possiamo notare la sua predilezione per i capi comodi ma pur sempre femminili: bluse, jeans, slippers e borse a tracolla. Oppure classiche gonne a tubino abbinate a twin set di lana, calzature a tacco medio e borse vintage. Ad esempio nella fiction, proprio nell’interpretazione dell’Oriana molto matura, vediamo che la Puccini indossa su una spalla una deliziosa Chanel. Chissà se anche l’Oriana Fallaci reale l’aveva?! Probabilmente sì! Altra passione di Oriana Fallaci erano i cappelli, a falda larga e molto appariscenti.

Inoltre un’altra caratteristica di questa donna è la passione per le lampade Tiffany, cioè quel tipo di lampade di origine americana, create dall’artista Louis Comfort Tiffany, con paralume disegnato e base preziosa (per quelle da tavola). Nella casa di Oriana Fallaci a New York ce n’erano tantissime e tutte diverse!
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TUTTO TV Chica Vampiro, il fenomeno cult tra i giovani di Maria Cristina Saullo

È ormai diventata un cult della tv per ragazzi: dalla Colombia è arrivata sugli schermi italiani la serie Chica Vampiro, in onda su Boing.

Un surplus di personaggi vampireschi che si mescola a situazioni piene di divertimento, musica e sentimenti.

In poche parole, un’esplosione di gioia inattesa per grandi e piccini: il telefilm, è stato trasmesso nella nazione sudamericana due anni fa, con un buon riscontro di pubblico; ma le cose sono cambiate quando il network Nickelodeon lo ha acquistato, esportandolo negli Stati Uniti e in Europa.

In Italia, le vicende di Max e Daisy hanno suscitato grande entusiasmo tra i giovani che si sono appassionati alla saga: dagli episodi, in onda su Boing, si è, poi, sviluppato, da subito, il contorno fatto di marketing pubblicitario con annesso merchandising.

In stampa, infatti, libri editi dalla casa editrice Fabbri: Chica vampiro style, la storia illustrata di Daisy e Max. Per non parlare di un cd con le musiche della serie e un tour teatrale: il Vampitour.

Si tratta di un rock show con quattro dei protagonisti, Greeicy Rendòn, Santiago Talledo, Eduardo Pérez, Lorena Garcià, contorniato da un corpo di ballo; nell’ambito dello show, saranno cantate dodici canzoni della serie e i protagonisti reciteranno piccoli dialoghi in italiano. A curare la scrittura del musical la creatrice della serie, Marcela Citterio, autrice anche di un altro fenomeno internazionale come Il mondo di Patty.

Negli ultimi anni il tema vampiresco ha riscosso un grande successo tra i ragazzi; la serie Chica Vampiro ha, sicuramente, qualcosa che non hanno altre saghe vampiresche per i giovani. In una parola: il divertimento.

Ci sono tante situazioni quasi comiche e poi ci sono canzoni, musica e balli. Ci sono ovviamente i vampiri ma è l'insieme degli ingredienti che la fa da padrona. Cioè l'amicizia, la musica e la scuola. Un trinomio che caratterizza il mondo degli adolescenti.
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PINK NEWS La nascita di Nicole: dalla gioia alla tragedia di Daniela D’Angelo

Una donna in gravidanza è come un giardino che rifiorisce ai primi raggi di un sole primaverile; un percorso di 9 mesi costellato da ansie, gioie, paure, emozioni intense e tutto per poter stringere quella piccola manina, per guardare negli occhi quella piccola creatura a cui si è donata la vita.

Secondo una rilevazione effettuata dall'ISTAT nell'anno 2013, le mamme italiane, rispetto a quelle degli altri Paesi, sono quelle che vivono con molta più serenità ed emozione la dolce attesa.

Per chi vive la gravidanza in assenza di affetti importanti, lo Stato riserva numerosi centri di assistenza; un'assistenza attenta, forse anche troppo visto l'elevato numero di ecografie riservate alle neo mamme; ma che, indubbiamente, preserva dai rischi sia le mamme che i nascituri.

Purtroppo non mancano episodi che fanno riflettere sul nostro sistema sanitario e che minano la serenità psicologica delle neo mamme.

Stiamo parlando della vicenda che ha visto protagonista la piccola Nicole e della gioia dei suoi genitori durante i momenti della gravidanza e del parto; una gioia tramutata in tragedia in poche ore.

In seguito al parto, avvenuto presso la clinica Gibiino di Catania, la piccola ha avuto dei problemi respiratori che necessitavano di un urgente intervento presso una struttura sanitaria attrezzata per le problematiche sopravvenute. Molte le telefonate presso gli ospedali vicini, tese alla disperata ricerca di un posto in terapia intensiva neonatale, fino a quando la struttura sanitaria di Ragusa ha dichiarato la propria disponibilità. Purtroppo l'affannosa corsa contro il tempo è risultata vana: la piccola ha lasciato per sempre i suoi genitori, che non ha avuto il tempo di conoscere, nell'ambulanza che la trasportava verso Ragusa.

L'attenzione adesso è rivolta a ricercare i colpevoli della prematura e evitabile morte di Nicole; se da un lato il padre, Andrea Di Pietro, ha rotto le mura del silenzio chiedendo giustizia (non solo per sua figlia, ma anche per tutti i futuri neonati) perché situazioni del genere non devono più accadere, la madre, Tonia Laura Egitto, rivolge i suoi pensieri a quello splendido angelo che ha lasciato "un vuoto troppo grande”; queste le parole affidate al suo profilo facebook.

Tonia non è l'unica che ha dovuto salutare il suo angelo: un'altra vicenda analoga è quella di Daniel, di quasi 2 anni, portato d'urgenza all'ospedale di Trapani dalla mamma a causa di una febbre molto alta. I medici lo hanno dimesso somministrandogli una tachipirina, ritenendo che fosse una semplice influenza, ma le condizioni del piccolo non migliorano e quella sera stessa Daniel viene riportato all'ospedale Sant'Antonio Abate di Trapani, dove è venuto a mancare poche ore dopo nel reparto di pediatria a causa di una meningite fulminante.

Esperienze dolorose ma che fanno emergere le debolezze del nostro sistema sanitario: strutture inadeguate, difficoltà nei trasferimenti da una struttura ospedaliera ad un'altra, lunghe attese al pronto soccorso sono il risultato dei vistosi tagli alla sanità pubblica. Uno Stato sociale quale è il nostro non può far rimanere disattese le aspettative dei tanti cittadini che si affidano alle strutture pubbliche e all'efficienza del personale ospedaliero. Investire sulla sanità equivale a investire sulla vita.
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DONNE  «Libertà, dignità, giustizia sociale» lo slogan universale di Amina Sboui di Deborah Palmerini

Il mondo ha conosciuto la blogger tunisina Amina Sboui nel 2013, dopo essere diventata attivista del movimento femminista Femen.

Vent’anni, figlia di un medico e di un’insegnante, oggi vive e studia in Francia, inseguita dagli anatemi dei fondamentalisti e dagli integralisti religiosi.

Essere nata in Tunisia, in una famiglia borghese che non l’ha costretta ad un matrimonio precoce e le ha consentito di studiare, non ha potuto salvarla, ancora bambina, dagli abusi sessuali.

È il triste destino delle donne, adulte o bambine non fa differenza, purtroppo vissuto come una normalità nel mondo governato dalle regole integraliste della religione; un mondo dove un semplice “no” pronunciato da una donna diventa un atto eroico che ne mette a rischio la vita.

Quell’esperienza ha segnato il carattere e l’indole di Amina: ha cominciato a scrivere sul web in favore delle donne e dei loro diritti; quando in India migliaia di donne scesero in piazza contro la “prassi” dello stupro, Amina ha sentito il bisogno di alzare il livello della sua protesta: ha contattato il gruppo Femen che notoriamente usa il corpo nudo come forma pacifica di dissenso; è nata così la foto che ha fatto il giro del mondo, a seno nudo e con una scritta in arabo sul torace.

Immediate le reazioni: da parte del mondo islamico che la condanna a morte, e della famiglia che temendo ritorsioni e per la sua stessa vita, la tiene segregata in una località sconosciuta.

Sfuggita al controllo dei familiari, è tornata a protestare in maniera eclatante tanto da essere tratta in arresto; durante la detenzione ha protestato ancora Amina, contro la condizione inumana delle donne in carcere. La sua vicenda aveva ormai travalicato ogni prevedibile confine mediatico, quindi viene liberata ma è costretta ad allontanarsi dalla Tunisia perché costantemente minacciata di morte.

Si trasferisce a Parigi, da dove continua la sua missione in favore dei diritti delle donne ma trovando anche delle delusioni, scoprendo che nei Paesi occidentali, moderni per antonomasia, benché libera la donna ha comunque ancora molto da rivendicare in fatto di diritti.

Oggi Amina ha preso le distanze dal gruppo Femen, per via di alcune posizioni ritenute islamofobe, ma continua la sua battaglia senza mai rinnegare le foto di nudo.

La sua ribellione contro le regole medioevali della condizione femminile nei paesi mediorientali è diventata un libro intitolato Il mio corpo mi appartiene, edito da Giunti, col quale intende essere di aiuto alle donne che escono di prigione, prive di ogni sostentamento.

Dal libro: Mi piacerebbe vivere in un mondo in cui non esiste la «nostalgia di casa» perché il mondo intero è la nostra casa […] Sogno un mondo senza razzismo, senza omofobia, senza xenofobia, un mondo d’amore, senza frontiere… un mondo di pace, di musica. Un mondo che abbia per slogan: «Libertà, dignità, giustizia sociale».
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