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Telegiornaliste anno X N. 35 (423) del 27 ottobre 2014
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TGISTE Mariatolmina
Ciriello: Super Mimma in difesa della buona tavola di
Giuseppe Bosso
Incontriamo Mariatolmina Ciriello, volto dell’emittente
Piuenne,
dove conduce il format Dire, fare, mangiare, dedicato alla
gastronomia e non solo.
Come nasce il format Dire, fare, mangiare e come scegli gli
ospiti?
«Si tratta di un’idea che coltivavo da anni; avevo anche elaborato una
sigla con il supporto di una mia amica fumettista. Poi l’ho proposta
all’emittente, che ha sposato con entusiasmo il progetto di un programma
in cui i protagonisti si raccontano mentre cucinano. Gli ospiti li
scelgo a senso, in base anche ai fatti del momento; ma non devono
necessariamente essere personaggi famosi, nella mia cucina sono tutti
bene accetti, basta scrivermi e chiedere di venire a cucinare».
Chi si è dimostrato maggiormente abile tra i fornelli, tra gli uomini
e le donne?
«La puntata che mi ha dato maggiori soddisfazioni è quella in cui ho
ospitato la mia amica
Vladimir Luxuria, che si trovava in Irpinia e che ha partecipato con
molta gioia, ma non si può dire abbia cucinato; per rispondere alla tua
domanda, devo dire che le donne hanno dimostrato maggiore bravura; se
escludiamo chi cucina per professione, quella che ricordo in particolare
è Marcella Granito, attrice e autrice, che segue una particolare
alimentazione e mi ha coinvolto in quella che ritengo essere stata la
puntata più difficile, abbiamo fatto una frittata senza uova,
sicuramente buona ma non agevole da preparare; qualche uomo si è
salvato, anche se sono stati presenti più per aiutare che per cucinare…
e dire che gli chef più famosi sono tutti uomini!».
Come mai secondo te la gastronomia è sempre un argomento vincente?
«Premetto di aver iniziato a scrivere di cucina molto tempo prima di
questo ‘boom’ iniziato con La prova del cuoco e con le altre
trasmissioni che hanno seguito il successo della
Clerici, anche tramite la mia Super Mimma, questa eroina che
andava in giro a ‘salvare’ le persone dai surgelati insegnando loro la
buona cucina della tradizione italiana. Credo che il successo di questi
format oggi sia una conseguenza della crisi economica; seguire il
procedimento di preparazione di un piatto, contenuto di un programma di
intrattenimento, aiuta senz’altro a distrarre la mente dai pensieri
infausti del momento. Ma è anche un fatto ancestrale per così dire: la
nostra vita, di popolo mediterraneo, è sempre stata incentrata in
cucina, e quindi tutto legato a un luogo rassicurante, il focolare. E non
dimentichiamo che noi italiani usiamo il cibo per trasferire affetto:
una madre chiede prima hai mangiato? e poi come stai?”».
Seguendo l’esempio di tue colleghe illustri come
Tessa Gelisio e
Benedetta Parodi potresti realizzare un libro di raccolta delle
ricette che hanno animato il programma?
«Me lo chiedono in tanti e non nascondo che ci sto pensando, magari per
celebrare il primo anno della trasmissione o in qualche altra
ricorrenza. Ma più che questo una cosa che avrei sempre voluto fare e
che farò quando avrò tempo è una ‘guida ai ristoratori’; non ai
ristoranti, come ce ne sono già tante».
Come mai?
«Io credo che quando vai a mangiare in un posto la prima cosa importante
sia l’accoglienza, il rapporto con l’oste, la persona con cui
interloquisci».
Non ti senti un po’ ridimensionata in questo contesto?
«Occuparmi di gastronomia è un divertimento, ma non lavoro solo in
questo ambito; c’è il tg di Piuenne, e poi c’è il lavoro che amo di più
che è quello del coordinamento di un format, la costruzione di una
puntata, scovare i temi, costruire la scaletta; l’ ho fatto per il
format di approfondimento di Piuenne sull’attualità Ianus. Il
ruolo di producer mi piace moltissimo, mi sono sorpresa ad amare più lo
stare dietro le quinte che davanti alla telecamera. In fondo io nasco
come giornalista della carta stampata, e scrivere mi manca sempre un
po’. Non credo di essere un animale da tv come la collega
Rossella Altamura, che ammiro moltissimo per il suo naturale talento
nel gestire una diretta».
Segui qualche accorgimento nel modo di porti davanti alla telecamera?
«Nessuno, a parte cercare di essere il più naturale possibile, senza
mitizzare il linguaggio legato alla cucina come si fa oggi; il cibo è
cibo, è un piacere. Insomma, non mi preparo con assiduità, sono come mi
vedete».
Che ricetta consiglieresti alle nostre lettrici per una serata a due?
«Punterei sul crudo, con una bella tartara di carne o di tonno, che
trovo decisamente sexy – sorride – e per chiudere, anche se non sono
un’appassionata dei dolci, qualcosa al cioccolato, magari al
peperoncino, o un rhum e cioccolato» .
Come ti vedi tra dieci anni?
«Non mi piace fare progetti a lunga scadenza, tendenzialmente vivo alla
giornata. Comunque, parafrasando Moretti, vorrei vedermi come una
splendida cinquantenne. A parte questo, spero di proseguire con questo
lavoro e sicuramente mi piacerebbe, come ti dicevo prima, ritornare a
scrivere con assiduità. Non disdegno la tv, sono due diversi piaceri
ciascuno con la sua particolarità. Anche essere riconosciuta dai
telespettatori è una bella soddisfazione».
In alternativa?
«Magari, se non dovessi continuare su questo percorso, andrò a New York
ad aprire un ristorante che chiamerò Dire, fare, mangiare o da
Super Mimma – ride, ndr – per sfuggire da questa situazione italiana
piuttosto avvilente».
Un aggettivo per descriverti come donna e come giornalista?
«Rompiballe! In senso di onesta, diretta e rigorosa, come richiede un
lavoro come il nostro dove non possiamo diventare degli ‘impiegati’».
Ti senti a prova di bavaglio?
«Fin dalla nascita, visto che sono nata asfittica, e per questo provo
avversione per tutti i tipi di bavaglio, materiali e immateriali...
battute a parte trovo odioso tanto il fatto che siano gli editori e i
capi a metterti paletti quanto tu a creartene; l’autocensura è molto più
viscida e odiosa, di un bavaglio imposto. La dignità di un giornalista
si misura in molti modi, il primo è il rispetto di se stessi e dei
propri lettori. Con loro è necessario costruire un rapporto di fiducia
basato sulla onestà intellettuale, i compromessi morali minano
definitivamente questo rapporto privilegiato». |
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NONSOLOMODA Accessorio
A/I 2015:
pendente prisma in cristallo o quarzo di
Francesca Succi
dal blog
TheGlossyMag
L'avevo già scritto per un editoriale fashion sul quotidiano
La Nuova
Ferrara: l'accessorio della stagione autunno/inverno 2015 è un
semplice prisma in cristallo o quarzo.
La versione a ciondolo è
più diffusa, e personalmente la preferisco, ma ho visto anche
la soluzione per anello con dettaglio incastonato.
Io adoro questo tipo di accessori per diversi motivi:
l'alimentazione della psiche, la vicinanza alla terra e la
leggerezza degli elementi.
Trovare questo accessorio sul web è una grande impresa perché
si può facilmente incappare in un pezzo di plastica, bello ma
di plastica. Per evitare i fake il mio consiglio spassionato è quello di
recarsi in un negozio di minerali, pietre, cristalli e
gioielli.
Nelle grandi città ce ne sono parecchi con proposte a
prezzi che variano dai 20 ai 50 euro. E per il vostro benessere
non dimenticate di acquistare anche pietre per la casa:
influiscono sull'energia e l'armonia personale.
Per colore e caratteristiche il mio elemento preferito è il
quarzo rosa. Nella cristalloterapia dona e attira amore; è
legato al perdono e produce sollievo immediato.
Quando avrete l'esigenza di acquistarla, basterà praticare
meditazione collegandosi alla pietra per far esplodere la sua
energia dentro di noi. |
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Roberta
Zanfranceschi:
difficile emergere per le personalità forti
di Giuseppe Bosso
Molto probabilmente il suo volto è familiare alla maggior
parte dei telespettatori come protagonista di svariate
televendite, sia sui circuiti nazionali che locali; ma
Roberta Zanfranceschi ha alle spalle un curriculum di tutto
rispetto, fatto di tv, radio e cinema.
Quali sono, se ne ha, gli accorgimenti che segue per
impostare una televendita?
«Ho studiato dizione e recitazione fin da ragazza, seguendo
una formazione che speravo mi avrebbe portato a diventare
conduttrice in maniera totale; poi è capitato per caso,
quando facevo radio negli anni’90, che un’azienda che era
intervenuta nel mio programma mi proponesse di fare una
promozione per loro; gli accorgimenti che seguo riguardano
sempre il tono di voce, la modulazione».
Si tende a non dare molta importanza a questi spazi
televisivi: alla luce della sua esperienza cosa
risponderebbe?
«Quando ho iniziato a farle le televendite non erano diffuse
come adesso, ed erano presentate anche da persone abbastanza
bizzarre, la televisione italiana sul genere si è mossa
diversamente e un po' in ritardo, rispetto ad esempio, gli
Stati Uniti e la Germania, dove i televenditori vengono
trattati da sempre, come vere star. Con il passare degli
anni è tutto cambiato, le televendite sono presenti nei
canali nazionali e presentatori famosi sono ben lieti di
presentarle. Resterà comunque nella storia televisiva, il
programma Le grandi firme che ho avuto l'onore di
presentare anni fa, girato negli studi di Cinecittà e Videa
a Roma: un programma di televendite con prodotti di
stilisti, che a tutt'oggi resta, a detta degli esperti, il
miglior programma nel settore».
Ha mai avvertito ostacoli nel suo percorso professionale?
«Potrei dire molte cose, mi limiterò a risponderle che una
donna, soprattutto di grande personalità, trova maggiori
difficoltà per emergere».
Non solo televendite: anche radio, trasmissioni
televisive, fiction, film… cosa l’ha gratificata
maggiormente?
«Mi piace lo spettacolo e la comunicazione; ciascun canale a
suo modo è una forma di comunicazione; non mi sono solo
occupata di questo, ho anche affrontato tematiche di
rilevanza sociale: ricordo, per dirne una, delle persone che
vivevano nella ex Jugoslavia quando scoppiò la guerra, e
ascoltavano il mio programma alla radio; mi chiesero di
poter partecipare per denunciare cosa accadeva laggiù, e con
una scelta devo dire coraggiosa tanto da parte mia quanto da
parte dell’editore oltre all’intervento per mesi
raccogliemmo indumenti e generi di prima necessità per
quelle sfortunate popolazioni; ho ottenuto anche un
attestato di ringraziamento per questo, che mi ha molto
gratificato. Una cosa che sicuramente mi soddisfa è aver
imparato a gestire i tempi della diretta e di saperla
‘tenere’ in maniera che molti hanno apprezzato».
Guardandosi dietro, c’è qualcosa che rimpiange di non
aver fatto?
«Mi sarebbe piaciuto entrare nel mondo del doppiaggio e per
questo da Treviso, mia città di origine, per un certo
periodo mi spostai spesso a Roma, ma mi dovetti scontrare
con un ambiente piuttosto ‘chiuso’, dove se non hai una
famiglia inserita alle spalle le porte sono quasi sempre
chiuse… a Milano, dove andavo a fare casting, mi proposero
di partecipare come valletta a Ok il prezzo è giusto,
ma non essendo una cosa a cui aspiravo rifiutai; pensandoci,
però, da lì sono usciti molti volti noti di adesso, per cui
non posso nascondere un certo rammarico per quel treno
perso...».
E guardando avanti cosa farà?
«Difficile dirlo, soprattutto in un periodo di crisi così
pesante che attanaglia un po’ tutto; se dovessi continuare a
fare ciò che sto facendo sarò comunque molto felice, mi
piacerebbe poter tornare a fare radio, poter presentare un
programma tutto mio, o lavorare dietro le quinte, in veste
di organizzatrice».
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PINK NEWS Il
Volley femminile italiano è stellare
di Antonia Del Sambro
Una nazionale azzurra di pallavolo come non si era mai vista
prima ha tenuto incollati milioni di spettatori al
video per seguire le prodezze delle atlete di casa nostra negli
ultimi mondiali.
In realtà il
volley femminile nel corso della storia ha sempre cercato
di mantenersi a livelli molto alti e ha portato
all’Italia soddisfazioni non indifferenti fin dai Giochi del
Mediterraneo degli anni Settanta, dove a breve distanza la
nostra nazionale si è portata a casa prima la medaglia
d’argento e poi quella dorata.
Qualche appagamento arriva dalle ragazze del volley anche nei
successivi decenni, ma è con il Mondiale del 2002 che la
nazionale italiana diventa a buon titolo una delle squadre più
forti del pianeta, battendo gli Stati Uniti e
vincendo un oro che sarà ricordato per tutti gli anni
successivi.
Arrivando a questo 2014 la storia si apre con una squadra
che oltre a essere atleticamente preparata e fortissima è anche
molto bella da vedere, perché le azzurre del volley sanno
fare gruppo, supportarsi a vicenda, incoraggiarsi
e creare schemi vincenti e azzeccati.
Una squadra giovane e compatta che all’ultimo mondiale
disputato a casa nostra ha saputo affascinare gli spettatori,
spiazzare le avversarie e imporsi come nazionale tra le
più forti del mondo. E così anche per team titolati come
Russia, Cina e Stati Uniti non è sembrato affatto una
passeggiata affrontare le azzurre, anzi, è divenuto
incontro dopo incontro un passaggio rischioso e stimolante
perché le nostre ragazze erano scatenate e feroci e per
qualche settimana hanno fatto sognare una intera nazione che
le vedeva già conquistare il podio più alto.
Così non è stato purtroppo ma l’emozione e il sogno sono
rimasti e la speranza che questa squadra potrà ancora
regalare all’Italia belle soddisfazioni sta diventando
sempre più una realtà.
Intanto, da Monica De Gennaro a Antonella Del Core,
da Nadia Centoni a Paola Cardullo le azzurre del
volley sono diventate delle vere e proprie stelle da
palcoscenico: belle, femminili e sempre pronte al
sorriso sono contese da programmi televisivi e da eventi
mondani dove non mancano di dimostrare quanto lo sport
femminile sia cambiato nel corso degli ultimi anni.
Le nostre atlete, fortissime e determinate sotto la rete,
sanno essere parimente incantevoli e graziose in abiti non
sportivi, con tacchi alti, trucco sofisticato e look alla
moda ma soprattutto con la loro disponibilità nei confronti
di fan e ammiratori.
Per questo le ragazze del nostro volley sono delle star
a tutti gli effetti: atlete che si fanno amare in campo e
nella vita di tutti i giorni, dimostrando di sapere
vincere anche con il loro sorriso.
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DONNE Joan
Fontaine, figlia minore in cerca d'amore
di Deborah Palmerini
Joan Fontaine fu attrice di grande talento nel
panorama internazionale; nata nel 1917 in Giappone da
genitori britannici, dopo il loro divorzio si trasferì in
California con la madre e la sorella maggiore, dove
trascorse poi tutta la sua lunga vita, fatta eccezione per due
anni di nuovo in Giappone, a casa del padre.
La ragazza proveniva da una buona famiglia, come si
sarebbe detto all’epoca: figlia dell’avvocato Walter De
Havilland, del foro britannico con studio legale a Tokyo, e
dell’attrice Lilian Fontaine, era la sorella minore
dell’altrettanto famosa attrice Olivia De Havilland.
L’infanzia di Joan non fu delle più felici: in
continuo contrasto con la sorella maggiore fin da quando
erano giovinette e con il tormento di sentirsi meno amata
di lei dalla madre. A ragione forse poiché fu Lilian a
proibirle di usare il cognome della famiglia per la carriera di
attrice, giacché facoltà esclusiva di Olivia; malgrado
avesse optato per il nome d’arte della madre, Olivia non le
perdonò il successo né la carriera parallela alla sua.
Fu per un destino bisbetico o per mera bizzosa
casualità che le due sorelle si trovarono nello stesso
anno, il 1942, candidate all’Oscar a contendersi il
riconoscimento di migliore attrice protagonista in due
pellicole di grande successo: vinse Joan quella volta
con la pellicola Il Sospetto per la regia di
Alfred Hitchcock; fu la rivincita più grande. Negli
annali della cerimonia di premiazione inoltre, si ricorda l’imbarazzo
di Olivia, raggelata dall’indifferenza della sorella
minore che rifiutò il suo saluto nel percorso felpato dal
parterre al palcoscenico.
Dopo quella sera si rividero una sola volta, molti anni
più tardi, nel 1975, in occasione del funerale della loro
madre.
Come travagliate furono l’infanzia e l’adolescenza nella
famiglia d’origine, altrettanto lo fu la vita privata da
adulta: quattro matrimoni tutti finiti in divorzi e
una figlia adottiva con la quale non riuscì mai a
stabilire un rapporto viscerale, tanto che la giovane
abbandonò dolorosamente la casa di famiglia non appena
maggiorenne, rompendo qualunque contatto con la madre
adottiva.
Joan Fontaine fu protagonista in decine di pellicole
brillanti per lo più nel ruolo di ereditiera capricciosa;
pur riconoscendole un indiscutibile talento, Hollywood nel
cinema e nel teatro non le offrì mai ruoli consacratori, al
punto che si dedicò per qualche anno anche alla televisione;
ma la carriera di Joan, dopo i meravigliosi anni Cinquanta,
segnò una inarrestabile parabola discendente; la sua
ultima apparizione in una pellicola cinematografica risale al
1966 mentre la carriera televisiva continuò con alti e
bassi fino al 1996, quando era già molto anziana.
La vita di Joan Fontaine è un’altalena di soddisfazioni e
interminabili sofferenze dell’anima; dallo scorso dicembre
riposa in California, a Carmel-by-the-Sea, la
cittadina degli artisti, nella contea di Monterey.
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