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Telegiornaliste anno X N. 31 (419) del 29 settembre 2014
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TGISTE Giulia
Salmaso: orgogliosamente BarbieTurica
di Giuseppe Bosso
Incontriamo nuovamente Giulia Salmaso, che
ai nostri microfoni ci racconta, in anteprima, una interessante novità
che appassionerà di certo i nostri lettori.
Come nasce il tuo nuovo
blog?
«Dopo 12 anni di cronaca, politica e cultura, il mio focus quotidiano è
lentamente cambiato: sono arrivati i reportage all’estero, alcuni
incarichi da inviata, le esperienze di Libano e Afghanistan, progetti di
co-produzione internazionale... insomma il tavolo della redazione stava
un po’ stretto, i tempi televisivi ancora di più; mi sono accorta che
c’erano tanti aspetti che rimanevano esclusi dal mio lavoro e così ho
voluto restituirli a me stessa e ai lettori attraverso un Blog».
Perché l'hai chiamato BarbieTurica?
«È chiaramente una provocazione: volevo sottolineare (e
contemporaneamente distruggere) il cliché che spesso, in quanto donna e
telegiornalista, ti viene appiccicato addosso: l’essere cioè una
bambola, o quantomeno una donna un po’ più di plastica rispetto alle
altre; non posso negare di essere una donna di immagine, perché quello è
il mio mestiere, ma la mia verve si avvicina di più ad una medicina
indigesta che al sorriso di una Barbie. Da qui, BarbieTurica: perché
non tutte le bambole sono innocue».
Questa novità rappresenta anche un cambiamento nella tua vita?
«Rappresenta un’evoluzione nell’approccio con il mio pubblico - più
diretto, senza filtri - e nella visione del mio lavoro di giornalista,
perché sono io a dirigere me stessa in questo esperimento».
Stai facendo la spola tra l'Italia e gli Stati Uniti: come stai
vivendo questa situazione?
«Da pendolare; da immigrata; da cervello in fuga; da vacanziera. Un
misto tra tutto questo. Parte della mia vita è ora all’estero, e questo
mi impone spesso un confronto tra Italia e Stati Uniti. E l’Italia non
ne esce sempre vincitrice; ma neppure gli Stati Uniti sono un luogo
facile ed accogliente. Quindi le emozioni sono ambivalenti: mi divido
tra la convinzione di fuggire e la tentazione di rientrare. Nel
frattempo arricchisco le compagnie aeree».
Prossimamente potresti compiere una scelta definitiva?
«No, perché inscatolare con confini temporali questa fantastica
avventura che è la vita? Al momento non metto briglie al destino. Ma
sono certa che prima o poi il mio conto in banca deciderà per me e mi
fermerò. Più verso di là che verso di qua, comunque».
DDa quando ci siamo sentiti
nella tua vita c'è stato anche qualche cambiamento più personale, vero?
«Dici? Sì, sono ingrassata di due kg ma non pensavo si vedesse… scherzo!
Mi sono sposata, era anche ora!».
Ti senti una donna realizzata?
«Una domanda complessa per cui non ho una risposta semplice. Diciamo che
nella vita ho sempre avuto la fortuna di fare quello che mi piaceva,
senza compromessi. Ma certe libertà si pagano, in termini di carriera,
prima di tutto, e poi anche a livello personale ed economico. Questo ha
fatto di me una donna sicuramente realizzata… ma con sacrificio».
Cosa vuoi dire ai nostri lettori?
«Che discorsi... di leggermi! Ah, e di guardarmi (anche) sul mio blog. I
video non mancheranno!». |
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NONSOLOMODA Turismo
d'autunno di Giuseppe Bosso
Sebbene non verrà certo ricordata come la più calda,
l'estate 2014 è ormai lontana; l'autunno è da poco
iniziato e ben presto ci toccherà tirar fuori dagli armadi
cappotti e vestiti pesanti.
Tuttavia questo non impedisce, a chi ne ha la possibilità e la
voglia, di viaggiare anche in questo periodo: il
turismo autunnale è tutt'altro che un fenomeno isolato
e coinvolge annualmente tantissime persone: chi non ha
potuto, per lavoro o per altri impedimenti, approfittare
dell'estate ha modo di rifarsi del tempo perduto; chi
ancora non è pago dei mesi precedenti può concedersi un'ultima
fuga in attesa del ritorno alla quotidianità.
E lo sanno bene i tour operator, che anche per questi
mesi mettono a disposizione della loro esigente clientela
pacchetti e offerte da cogliere al volo, per tutti i
gusti e per tutte le tasche.
Amate mete lontane e suggestive accettando qualche
sacrificio dal punto di vista climatico? La fredda Islanda
è il posto giusto, con la sua aurora boreale che
caratterizzerà il periodo compreso tra la fine di ottobre e il
mese di novembre. Voglia di mare anche d'autunno? Alle
Seychelles e alle Maldive il freddo non arriva
mai.
Non volete allontanarvi troppo da casa? Niente paura, non
mancano anche nel Belpaese luoghi e itinerari buoni per
tutto l'anno; se amate la montagna il Trentino e
la Valle d'Aosta fanno proprio al caso vostro.
In famiglia o con il partner, con gli amici o le amiche la
compagnia non mancherà; ma non mancano all'appello anche quanti
(e quante) sentono il bisogno di staccare per qualche giorno
dalla routine quotidiana, e si imbarcano in
solitudine. Qualche giorno di lontananza non guasterà la
vita di coppia. |
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Paola
Barale sul set in Argentina
di Deborah Palmerini
Da esordiente con i riccioli biondi e le
labbra carnose rosso fuoco, imitando il look della
popstar Madonna versione anni ’80, oggi
Paola
Barale è una donna sofisticata, molto
contemporanea, che sa giocare con un’immagine fresca,
anche a 47 anni.
Malgrado non sia di quei personaggi onnipresenti nel
piccolo schermo, il curriculum della piemontese
Barale è lungo e ricco: da valletta a presentatrice, da
donna immagine per grandi marchi di moda ad attrice teatrale,
Paola aggiunge ora il ruolo di co-produttrice grazie
al serial girato in Argentina Canciones, del
quale nei giorni scorsi ha presentato l’episodio pilota al
Roma Fiction Festival. Una nuova esperienza in un
Paese lontano geograficamente ma forse non così tanto
diverso dall’Italia.
Prodotta da due donne, Paola Barale e Francesca
Chiappetta, il serial Canciones è una fiction
sull’amore nella quale si raccontano le vicende tragicomiche
di dieci personaggi che, felici o disperati, tentano di
sopravvivere all’unico sentimento che permette loro di
andare avanti.
È una nuova sfida per Paola Barale che torna
all’attenzione del grande pubblico sebbene, come lei stessa
dice, non essere in video non vuol dire essere lontana:
“in questi anni ho vissuto” afferma, dimostrando come
anche i personaggi molto popolari possano tenere
riservata una parte di sé.
Del futuro Paola Barale non parla volentieri
al microfono, perché a programmare troppo spesso si
rimane delusi; preferisce guadare al presente,
cogliere l’attimo e godere del successo, perché rari
sono stati i flop nella carriera dell’artista Paola.
A ben guardare la lieve amarezza che le vela lo
sguardo quando ne parla, periodi di sofferenza deve
averli conosciuti nella vita privata, ma è una donna
dalla scorza resistente, abituata a guardare avanti
per scoprire cosa riserva il domani. Dev’essere l’elisir
dell’eterna giovinezza di questa ragazza bellissima, un
po’ femme fatale un po’ simpatica canaglia.
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PINK NEWS L'importanza di chiamarsi Ghoncheh
di Antonia del Sambro
In una graziosa cittadina della provincia di Firenze c’è
un palazzetto dello sport tenuto bene e curato in ogni
suo particolare: in questo posto ogni sabato mattina si
riunisce un gruppo di ragazze dai sedici ai trent’anni
vestite in maniera casual e con sacchetti di merendine, frutta
e bibite analcoliche.
Ridono molto, urlano ancora di più ma soprattutto
fanno un tifo sfrenato. Una di loro in particolare:
Sabrina; ex giovane promessa del volley scolastico e
ora moglie e madre felice e appagata. Le giovani donne che tra
di loro si sono date il nome di “magiche”, da anni
seguono i loro rispettivi fidanzati, mariti, fratelli o
semplicemente amici di scuola o di università.
Sono talmente tifose e appassionate da essere diventate non
solo le mascotte dell’intera squadra di pallavolo maschile
della città di provincia ma anche le giocatrici in più
che dagli spalti tengono alto il morale dei loro uomini e anche
quello di tutti gli altri tifosi spettatori.
A raccontarla così sembra una storia banale e normale,
qualcosa a cui tutti in Italia, uomini e donne sono abituati a
vivere e vedere.
E questo è forse l’errore più grave: l’essere
talmente abituati alle libertà personali, sociali e
religiose da dimenticare che sono ancora moltissimi i Paesi
in cui queste stesse libertà non sono affatto contemplate né
riconosciute e che per una donna assistere a una
semplice partita di volley della propria nazionale maschile
equivale a una condanna al carcere.
E quello che è successo qualche mese fa in Iran a una
giovane venticinquenne anglo-iraniana, Ghoncheh Ghavami
che per avere voluto assistere alla partita di pallavolo
Iran-Italia ora è in carcere da più di ottanta giorni. E
trattandosi di un Paese quale l’Iran dove la legge della
shari’ah non permette alle donne di fare praticamente nulla
oltre all’essere sottomesse agli uomini, padri o mariti che
siano, la giovane donna non solo vive in regime di prigionia da
mesi, ma tutti gli appelli e l’indignazione
internazionale per riuscire a farla liberare dal governo di
Teheran sono caduti irrimediabilmente nel nulla di
fatto.
Si potrebbero scrivere pagine su pagine sulla condizione
della donna in molti Paesi del mondo, indignarsi contro
precetti religiosi che sfociano nel fanatismo più cruento e
pericoloso o combattere con mezzi e strumenti occidentali
per l’emancipazione delle donne anche nei luoghi più arretrati
e pericolosi per loro.
Certo, è sempre meglio che non fare nulla; che girarsi
dall’altra parte e dire che tanto non c’è nulla che alla fine
si possa fare per cambiare davvero le cose.
Per cui, ben vengano gli appelli e le sottoscrizioni che nel
caso della giovane e coraggiosa Ghoncheh vedono anche la
partecipazione e la firma di molti atleti famosi, di politici
quotati e di tante altre persone che desiderano con tutto
il cuore che la ragazza venga liberata al più presto.
La vera battaglia però è un’altra, più difficile e su un
fronte molto più complicato: la vera lotta è quella contro
ogni forma di regime e di dittatura, origine di soprusi,
violenza, perdita delle libertà personali e del rispetto per
tutti gli individui. Donne prima di tutto.
Solo così i Paesi civili e democratici e i governi degli
stessi potranno aiutare veramente e concretamente Ghoncheh
Ghavami e insieme con lei le migliaia di donne sfruttate,
maltrattate, oppresse e imprigionate che ci sono nel mondo.
Intanto sicuramente una piccola goccia nel mare resta la
battaglia per liberare Ghoncheh, da oltre ottanta giorni
incarcerata senza un vero capo di imputazione e solo perché
come Sabrina e le ragazze fiorentine voleva sedersi sugli
spalti a tifare per uomini atleti in una semplice e banale
partita di volley.
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Franca
Falcucci: la donna dell'integrazione scolastica
di Maria Cristina Saullo
È stata la prima donna a ricoprire la carica di ministro
della Repubblica Italiana: una delega importante, quella
alla Pubblica istruzione, che ha visto primeggiare
la sensibilità, la concretezza e la
professionalità del genere femminile.
Il riferimento è a Franca Falcucci, democristiana, che
guidò il ministero dal 1982 al 1987 durante i governi
Fanfani V, Craxi I e II e Fanfani VI.
Nei giorni scorsi ci ha lasciati alla veneranda età di 88
anni, lasciando a tutta l’opinione pubblica italiana quel
sorriso e quella dolcezza che solo una donna
di grande cultura sa esternare; quella cultura a
fondamento dell’integrazione e dell’amore verso chi ne ha più
bisogno.
Nata a Roma nel 1926, insegnante prima e senatrice
poi, Franca Falcucci nel 1975 firmò uno dei primi
documenti per un impegno all’inclusione scolastica dei ragazzi
con disabilità; una relazione fondamentale per la legge
del 1977 per un nuovo approccio degli studenti portatori di
handicap, esseri umani la cui tutela deve essere
percepita come insegnamento per tutti; insomma, un
nuovo modo di intendere la scuola.
«La stessa – affermava - proprio perché deve
rapportare l’azione educativa alle potenzialità di ogni
allievo, appare la struttura più appropriata per far superare
le condizioni di emarginazione in cui altrimenti sarebbero
condannati i bambini handicappati».
«Il superamento di qualsiasi forma di emarginazione degli
handicappati – si legge nel documento Falcucci del 1975 -
passa attraverso un nuovo modo di concepire e di attuare la
scuola, così da poter veramente accogliere ogni bambino e ogni
adolescente per favorirne lo sviluppo personale. Lo stesso
criterio di valutazione dell’esito scolastico, deve perciò fare
riferimento al grado di maturazione raggiunto dall’alunno sia
globalmente sia a livello degli apprendimenti realizzati,
superando il concetto rigido del voto o della pagella».
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