Archivio
Telegiornaliste anno X N. 4 (392) del 3 febbraio 2014
indice della pagina:
Tgiste |
Nonsolomoda |
Tutto TV |
Pink News |
Donne |
TGISTE Sara
Pagnanelli: nel 2014 tante novità in vista per me
di Giuseppe Bosso
Professionista dal 2012, Sara Pagnanelli ha lavorato per undici anni presso
l’emittente marchigiana Tvrs, che ha da
poco lasciato.
Ricordi la tua prima volta in onda?
«Sì, certamente: è stata un'emozione inaspettata, non solo e non tanto perché in
diretta avrei condotto il telegiornale, prerogativa fino a quel momento dei
colleghi più anziani, ma per il fatto che la decisione fu presa a mia insaputa.
Un giorno arrivai in redazione e mi fu detto che di lì a poco sarei dovuta
scendere in studio per l'edizione della sera e... dopo essermi accertata che non
fosse uno scherzo, non ebbi neppure il tempo di guardarmi allo specchio che ero
già in onda, con il carico di ansia che solo una prima volta così importante può
provocare».
Tvrs ti stava stretta?
«La mia storia professionale con Tvrs, durata undici anni, si è conclusa lo
scorso settembre; ad un certo punto un'emittente che non si rinnova e si rifiuta
di crescere ti sta stretta, non c'è dubbio. Rimarrò sempre grata a chi mi ha
dato, giovanissima, la possibilità di introdurmi nel mondo del giornalismo e
fare questo mestiere bellissimo, ma ora le strade si sono divise e dalla
prossima primavera sarò protagonista di una nuova avventura professionale, per
ora top secret! Spero che chi mi ha seguito fino ad oggi con tanto affetto lo
faccia ancora».
Un aggettivo per definire la tgista Sara Pagnanelli?
«Non saprei, forse più di uno; dietro la tgista c'è sempre la persona. Comunque
direi professionale, vera, animata da tanti ideali. Sono ancora convinta di
poter cambiare il mondo, sono una che lotta sempre».
Cosa ti aspetti dal 2014?
«Il 2014 sarà l'anno di molte scelte importanti. Spero naturalmente di
realizzare tutti gli obiettivi che ho in mente».
Quali sono i tuoi accorgimenti dal punto di vista del look?
«Niente di speciale. Prendersi cura del look è un'attività divertente; A me
piace farlo, ma non vorrei mai essere schiava dell'immagine. Quello che posso
dirvi è che non c'è nulla di ricercato in me: mi trucco in dieci minuti la
mattina e non pettino quasi mai i capelli; ho la passione degli abiti su misura,
che disegno e faccio poi cucire su di me. Vado spesso a comprare stoffe, una
delle mie passioni. So bene che l'immagine è importante in tv, ma la Sara di
tutti i giorni non è diversa da quella che va in onda. Non c'è una preparazione
particolare: come farebbe dire Antoine di Saint-Exupéry al suo Piccolo
Principe - ed è una farse che mi piace molto - se qualcuno ama un fiore,
di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle, questo basta per
farlo felice quando lo si guarda».
Cosa farai da grande?
«La giornalista, non c'è dubbio: lo dissi a mio padre quando avevo otto anni con
una determinazione minacciosa e tengo fede a quella scelta, come una delle più
difficili ma emozionanti della mia vita».
Che effetto ti fa essere tra le
tgiste più seguite dai nostri utenti?
«Ma ne siete sicuri? (scoppia a ridere) Scherzo! Beh, mi fa immensamente
piacere; è difficile da credere, ma ne sono piacevolmente colpita. Speriamo che
un simile affetto mi segua anche nelle prossime avventure professionali; per ora
approfitto della domanda per ringraziare tutti, di cuore. In passato non l'ho
fatto abbastanza, lo faccio ora: grazie! Grazie! Grazie!».
Hai mai ricevuto proposte indecenti?
«Beh, qualcuna c'è stata. Essere donne nel mondo nel lavoro non è facile. Simone
de Beauvoir diceva che nessuno è di fronte alle donne più arrogante,
aggressivo e sdegnoso dell'uomo malsicuro della propria virilità. Non mi
sono mai fatta comprare, né tanto meno piegare: resisterò ancora, saranno sempre
i miei valori e non le ambizioni ad orientare il mio cammino professionale e
non». |
indice della pagina:
Tgiste |
Nonsolomoda |
Tutto TV |
Pink News |
Donne |
NONSOLOMODA Annalisa
Betti:
la mia vita tra Style Papers e la mia Beatrice
di Giuseppe Bosso
Abbiamo incontrato
Annalisa Betti,
neodirettore di Style Papers, primo mensile italiano interamente
dedicato a moda e bellezza.
Annalisa, hai alle spalle esperienze giornalistiche presso
importanti testate nazionali. Parlaci di Style Papers.
«Il nostro è il primo e unico mensile italiano dedicato
esclusivamente alla moda, alla bellezza e al lifestyle, cioè a
tutto quello che fa tendenza, che piace alle donne. Ci
rivolgiamo infatti a un target piuttosto alto, con una fascia di
età dai venti a quarant’anni».
Quanto c’è delle tue precedenti esperienze in questa
avventura?
«Ogni giorno mi sforzo perché ci sia tutto il meglio di quello
che ho fatto fino ad ora, come giornalista e come donna, a
partire dal mio esordio ad Anna nel 2001. Ho sempre voluto
scrivere di bellezza e nella vita professionale non ho mai fatto
altro. Credo che non dimenticherò mai, ad esempio, la
soddisfazione del mio adorato papà quando il 18 febbraio 2005
sono tornata da Roma con il tesserino».
In tempo di crisi come può vivere un magazine dedicato alla
moda?
«Siamo consapevoli che la nostra sia una scommessa, dato che è
un periodo difficile per il mondo dell’editoria e che non è
semplice portare avanti un prodotto di alto livello, di nicchia
come il nostro. Ma se riusciamo a ritagliarci una fetta di
pubblico, se nonostante i tanti problemi andiamo avanti, è una
grande soddisfazione che ripaga gli sforzi miei e di tutti i
miei redattori. Tengo molto a dividere con loro questa gioia e
il merito. A proposito di merito e di gioia, posso ringraziare
Samuel Castagneri, editore di Style Papers, e tutto il suo staff
di Fanatica International? Lui ha avuto fiducia in me
proponendomi la direzione».
Parlando di fiducia e proposte… le sue lettrici le offrono
spunti da approfondire?
«Assolutamente sì. Ci deve essere un reciproco scambio tra noi e
le nostre lettrici. Stiamo attenti anche alle loro proposte, ai
loro suggerimenti; anche col mondo della rete, le blogger, che
svolgono un ruolo complementare a quello del giornalismo, c’è
molta sintonia. Direi che è una complementarietà, un arricchirsi
reciproco. Siamo molto attivi anche su Facebook,
ci trovate qui. Mi raccomando, non sbagliate!».
Da poco è diventata mamma di Beatrice: come convivono
Annalisa giornalista e Annalisa mamma?
«Felicemente, e se posso aprire un angolo personale, devo
riconoscenza soprattutto a mia madre, che per Beatrice è una
nonna super e per me un sostegno insostituibile, così come mio
marito è un appoggio importante sia dal punto di vista pratico
sia da quello affettivo. Se non ci fossero loro, i due pilastri
della mia vita, non potrei andare avanti, e non ho paura a dirlo
apertamente».
E se Beatrice volesse seguire le sue orme, la incoraggerebbe
o la indirizzerebbe su un’altra strada?
««Nessuna delle due, anche perché un’arietina è difficile da
reindirizzare! Seriamente: se si vuole fare qualcosa, veramente
e con impegno, con convinzione, un genitore – secondo me – non
può che lasciare un figlio libero di seguire le sue aspirazioni.
Essere giornalisti, dal mio punto di vista, è una vocazione,
credo che se si è giornalisti nel DNA non ci siano davvero
alternative, la professione è l’unica via. Poi Beatrice ha un
DNA 100% giornalista, dato che lo sono anche suo papà e anche
suo nonno paterno…». |
indice della pagina:
Tgiste |
Nonsolomoda |
Tutto TV |
Pink News |
Donne |
TUTTO TV I
segreti di Borgo Larici, torna lo sceneggiato televisivo
di Antonia Del Sambro
Bella e costruita bene la nuova serie televisiva che
Mediaset propone ai suoi spettatori ogni mercoledì
alle 21.15 su Canale 5.
Ambientata nel 1922 in un paesino della provincia del
Nord Italia, lo sceneggiato televisivo ricorda molto quelli
così in voga decenni fa e che piacevano a un pubblico del
tutto variegato.
A Borgo Larici succedono cose strane e inquietanti:
ci sono segreti inconfessabili e inconfessati e le
vicende si diversificano tra grandi amori, passioni
scandalose, omicidi e ricatti.
Più che una serie televisiva o una fiction moderna I
segreti di Borgo Larici è una vera e propria pagina
della storia italiana per immagini, dove la cura delle
ambientazioni, dei costumi e delle location non può che
affascinare lo spettatore che si ritrova a fare un vero tuffo
nel passato non molto lontano dove quasi tutte le donne
erano elegantissime e signorili e gli uomini severi e
circondati da amanti.
Il ruolo dei protagonisti è affidato ai giovani innamorati
interpretati da Giulio Berruti e da Serena Iansiti:
la loro storia tormentata e ostacolata si inserisce alla
perfezione nelle vicende della fabbrica di tessuti della
cittadina che a sua volta ingloba e aggrega le storie dei
protagonisti minori dello sceneggiato in una girandola di
drammi e thriller che fanno de I segreti di Borgo Larici
la vera novità in fatto di serie televisive del momento.
Ribattezzata già la Dowton Abbey italiana la serie
Mediaset ripropone con grande maestria e furbizia oltre che le
vicende dei signori anche quelle della servitù e del personale
di Villa Sormani, la residenza nobile dei signori
proprietari della fabbrica della città, dove il maggiordomo
Ettore finisce con il diventare uno dei personaggi chiave
delle oscure vicende familiari.
A rendere la serie più italiana e più realistica per gli
spettatori ci pensa però il perenne conflitto nazionale tra
Sinistra operaia e Destra più radicale con gli scioperi e le
rivendicazioni salariali dei primi socialisti e le opposizioni
delle prime camice nere, ancora non del tutto al potere ma
già qualificate nel ruolo che desiderano assumere.
E ancora la vecchia e mai sopita battaglia tra signori e
imprenditori e operai e sottoposti.
Francesco e Anita, i due giovani e innamorati protagonisti,
allora dovranno vedersela anche con tutte le convenzioni
sociali e di costume della loro epoca che distingueva ancora
le persone per classe, cultura e denaro. Tra signori e manovali,
tra servi e padroni.
Ciò che sorprende è che ne I segreti di Borgo Larici
viene rappresentata la realtà italiana del 1922 che
vedere bene sembra avere, purtroppo, una attualità davvero
sorprendente. |
indice della pagina:
Tgiste |
Nonsolomoda |
Tutto TV |
Pink News |
Donne |
PINK NEWS Torturata
e seviziata anche col peperoncino a 11 anni di
Valentina Dellavalle
Ancora una volta (ma quante volte l'ho scritta questa
frase? Troppe!) assistiamo all'ennesima brutale, inumana
tragedia, di una bambina indiana di 11 anni:
infanzia e adolescenza rubati ad una creatura indifesa,
lontana dalla sua famiglia, che l'ha venduta per 15.000
rupie, circa 180 euro, il prezzo di un paio di scarpe non
griffate in saldo da noi; venduta per povertà, per avere
un futuro migliore, per un'istruzione, una possibilità di vita.
Invece è stata trascinata all'inferno da due mostri, non
usciti dalle viscere della terra, ma dalla città di Mumbai.
Non demoni quindi, ma commercianti: Sargil Ansari, che
con la moglie Farhat, ha acquistato la bambina, assicurando
che avrebbe provveduto alla sua istruzione e alle sue necessità.
Per circa nove mesi invece, la piccola, è stata
regolarmente picchiata e seviziata, trattata come
una schiava, e costretta a svolgere tutti i lavori
domestici più umili.
Ma non è tutto, perché a questo punto, entrano in gioco dei
particolari agghiaccianti di efferata crudeltà: quando la
bambina urinava, per la paura o il dolore delle violenze, le
hanno inserito peperoncini nelle parti intime,
obbligandola poi a mangiarli. Naturalmente, quando la povera
vittima urlava, alzavano la musica ad alto volume per coprire le
sue grida: per fortuna qualcuno ha sentito e ha denunciato
i due seviziatori; l’uomo è stato arrestato, la moglie è
latitante.
La domanda che sorge spontanea è “perché"?
Perché umiliare a tal punto una bambina: non scomodiamo Freud,
non insistiamo su un probabile passato di abusi e violenze, ma
osserviamo un altro punto di vista. Perché tu, bambina
che ho comprato, sei un oggetto, una mia proprietà,
e ti tratto come tale. Perché non hai dignità, sei
un essere inferiore, e questo mi fa sentire onnipotente;
sapere di poter compiere sul tuo corpo ogni brutalità, perché mi
piace farlo, perché qui sono Dio, perché è un immenso piacere
leggere nei tuoi occhi il terrore, la paura, quando mi avvicino.
E sai che la sua vita dipende da te.
Questa violenza esasperata, con valori calpestati, negazione
della personalità, non vede protagonisti solo uomini, ma
anche donne, perché era una coppia a compere questi atti.
Una donna che partecipava alla violenza, o la procurava, la
stessa che poi è fuggita, quando hanno arrestato il marito.
Non è solo colpa dell'uomo, quindi, ma anche della donna, che
in alcuni Paesi vuole rimanere abbarbicata alla sua capacità di
sopraffazione, perché così si sente sicura, si sente
potente, potrà continuare a dominare. La paura è
un'arma potente, se ne sono serviti nei secoli; è difficile
da superare, emana un senso di onnipotenza, e riesce a
rendere una nullità la vittima, se non è in grado di
combatterla e di reagire.
Ci vuole coraggio e voglia di cambiare, liberando le
donne da questo oscurantismo che hanno respirato per secoli,
offrire una nuova scelta, consapevole e dignitosa, una
nuova società, che possa affrontare ogni situazione con la forza
della legge e della cultura, ma sopratutto con la scelta
dell'amore e della comprensione.
Se manca, non ci può essere società, futuro, integrazione
e possibilità di crescita, per tutti noi. Crescendo insieme,
uniti, si potranno superare le avversità, operare un
cambiamento, e abbattere mostri di qualunque nazione e
razza, per ricacciarli nel loro stesso inferno,
l’unico luogo adatto a loro.
|
indice della pagina:
Tgiste |
Nonsolomoda |
Tutto TV |
Pink News |
Donne |
DONNE Ikumi
Yoshimatsu:
una “Saviano” in gonnella contro i soprusi della mafia
di Malvina Podestà
Il mondo della moda, delle passerelle e dei grandi
stilisti è forse uno dei più ambiti e sognati; sono
moltissime le ragazze, a volte poco più che bambine, che
aspirano a diventare modelle e ad avere un proprio posto tra
le stelle del fashion.
Ma dietro a lustrini, sfilate, parties e guadagni
stellari spesso si nascondono anche aspetti bui e sofferenze,
quelle delle top-models, che vivono continuamente le
pressioni legate al loro aspetto e al loro peso, con criteri
rigidissimi. Sempre di più i media portano alla luce storie
vere che hanno dell'inquietante, come quella degli agenti di
moda svedesi che fuori dalle cliniche per anoressia
reclutavano ragazze malate come indossatrici, oppure la
famigerata dieta del cotone, usata dalle modelle per non
mangiare e non ingrassare durante le fashion weeks.
Insomma che la moda sia qualcosa, in parte, di pericoloso,
sopratutto per le fragili e giovani ragazze, è ormai noto. Ma
mai fino ad oggi si è parlato della moda come un mondo legato al
crimine, all'illegalità e addirittura alla mafia.
Le dure accuse vengono dal Giappone, più precisamente
dalla modella Ikumi Yoshimatsu, che lo scorso dicembre ha
pubblicamente denunciato i profondi legami tra la moda e la
Yakuza, organizzazione criminale, universalmente conosciuta
come la “mafia giapponese”.
Qualcuno potrebbe subito pensare che queste pesanti accuse siano
scaturite dalla frustrazione e dalla voglia di
notorietà di un'aspirante modella fallita; ma in realtà
Ikumi è un'indossatrice professionista, già famosissima
nel suo paese per essere stata Miss International 2012.
Ed è proprio in seguito alla vittoria dell'importante fascia che
Ikumi decise di interrompere i rapporti di lavoro con il noto
manager Genichi Taniguchi, in seguito alla scoperta dei suoi
profondi legami con la Yakuza. Da quel momento è iniziato
un incubo per la bella indossatrice nipponica, per la
quale forti pressioni si sono in fretta trasformate in vere e
proprie minacce, con lettere e telefonate indirizzate
anche alla famiglia. Alle intimidazioni si sono aggiunti i
continui rifiuti e le disdette dei contratti, che
hanno isolato e tolto ogni possibilità lavoro alla modella.
Lo scorso dicembre Ikumi Yoshimatsu ha quindi deciso di
denunciare alle autorità e pubblicamente i soprusi subiti e
ha indetto una
petizione, chiamata “Stalker Zero”.
La sua scelta, ci tiene a sottolinearlo, non è dettata da una
brutta esperienza personale ma dalla voglia di fare qualcosa
di concreto contro la criminalità che in Giappone ha rovinato
fin troppe vite senza che mai se ne parlasse, per colpa
della “cultura del silenzio”, per la scelta di subire
intimidazioni e stare zitti piuttosto che rischiare di perdere
il lavoro e di subire altre cose di gran lunga peggiori (Ikumi
vive infatti ora sempre con la scorta e sotto
protezione).
Questa vicenda, che ha sconvolto l'opinione pubblica
internazionale, è stata poco raccontata in Italia. Una
cosa molto negativa perché anche nel mondo apparentemente
frivolo della moda è giusto denunciare e combattere contro le
ingiustizie, perché il grande mostro che è la mafia,
in Giappone come in Italia, si può combattere solo tutti
insieme, quotidianamente, a partire dalle piccole cose.
|
indice della pagina:
Tgiste |
Nonsolomoda |
Tutto TV |
Pink News |
Donne |
|