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Telegiornaliste anno X N. 1 (389) del 13 gennaio 2014
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TGISTE Matilde
Calamai: una 'telegiornartista' a New York di
Giuseppe Bosso
Incontriamo Matilde Calamai, giornalista pubblicista dal 2011, alle spalle diverse
esperienze televisive sull’emittente Rtv38. Non solo protagonista del mondo
dell’informazione, Matilde è anche una apprezzata pittrice che ha da poco
esposto nel suggestivo scenario della Grande Mela le sue opere all’Agora Gallery
di Chelsea. Titolo della mostra: The Odyssey Within.
Matilde, come nasce questo giro del mondo a colori?
«Il mio giro del mondo inizia a quattordici anni quando ho iniziato la mia
carriera da fotomodella. Viaggiando spesso da sola ho usato la scrittura e la
pittura per comunicare, per esprimermi, per farmi ascoltare e così sono
diventate compagne di viaggio inseparabili; le mostre sono iniziate "per caso" tramite persone che ho conosciuto durante il cammino; la prima è Lilly Brogi,
grande artista fiorentina e poetessa che ha creduto in me e che mi ha
organizzato una personale alla galleria La Pergola Arte; dopo quella sono
arrivate tutte le altre fino alla collettiva di New York».
Africa, New York... posti così lontani che eppure la globalizzazione vorrebbe
più vicini: cosa ne pensa?
«Scrivere di globalizzazione non è argomento facile poiché prevalentemente
riferita al campo economico; ma se parliamo di globalizzazione sociale-culturale
per me è positiva finché non si rischia di perdere la propria identità: dobbiamo
proteggere le nostre identità culturali».
Dal continente nero alla Grande Mela: cosa la affascina di queste due
ambientazioni e cosa ha cercato di trasmettere?
«Sono due mondi così diversi ma che amo proprio per questo; in Kenya mi sento me
stessa e connessa con la mia anima, totalmente; a New York invece mi sento come
un vulcano, piena di energia. Qui tutto sembra possibile e anche i sogni più
ambiziosi pare di poterli realizzare, come in Africa quando guardi il cielo di
notte e hai l'impressione di potere afferrare le stelle; i miei dipinti come le
mie poesie amo definirle fotografie dell'anima, attimi rubati all'io più
profondo, perciò cerco di raccontare quello che sento e vedo mentre osservo la
savana o un grattacielo».
Cos'è per le lei la pittura?
«Una visone di una realtà nascosta e un mezzo per regalare e provare emozioni».
Se dovesse rappresentare l'Italia di oggi con un quadro, sarebbe...?
«Una signora con lo stivale rotto e con espressione dolorante».
Si sente una giornalista prestata all'arte o un'artista che opera nel mondo
dell'informazione?
«Sicuramente un'artista che opera nel mondo dell'informazione».
Cosa c'è nel suo presente e nel suo domani?
«Il mio presente è ricco di belle cose e con ciò che ho cerco di costruire un
futuro migliore; anche se ringrazio per tutto quello che mi è stato dato fino a
oggi».
Ha anche partecipato al nostro forum alla
discussione a lei dedicata: cosa le è piaciuto di Telegiornaliste e come ha
vissuto questo filo diretto con i suoi fans?
«Quando ho trovato il mio nome per la prima volta nel vostro forum è stato
emozionante, ero stupita e felice così sono intervenuta ringraziando le persone
che mi seguono. Ogni volta è piacevole leggere i commenti dei fans, oramai
voglio bene a tutti».
Il suo augurio per il 2014.
«Un'Italia migliore, più felice e più ricca». |
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NONSOLOMODA Alcune
piccole regole per ritornare in forma dopo le feste
di Maria Cristina Saullo
Ritornare in palestra, rimettersi a dieta, stop
ai dolciumi: questi i propositi post natalizi.
In effetti, alla fine delle festività, rimane, in noi, quel
senso di appagamento addominale, direi, tipico delle
grandi abbuffate di Natale, Santo Stefano e fine anno...
una miriade di leccornie che hanno coronato il periodo
più magico dell’anno e fatto da cornice a tavole imbandite
di prelibatezze.
Gonfiore, difficoltà di digestione e senso di
pesantezza generale sono l’eredità classica degli eccessi
con il cibo, a volta accompagnati da quel chilo o due in più.
Ma la domanda è d’obbligo, soprattutto per le donne:
come tornare rapidamente in forma?
La ricetta, per fortuna, è semplice e non richiede grossi
sacrifici: si parte da un’alimentazione leggera e depurativa,
concentrata su alcuni cibi capaci di aiutare l’organismo ad
eliminare le tossine in eccesso e recuperare la forma
fisica.
Prima regola: ricominciare da una giusta alimentazione,
partendo dalla prima colazione, arricchita da fibre e
cereali; una regolarità aiuta il fisico a
ripristinare il regolare ritmo di vita sana.
Altra regola fondamentale è quella di variare il menu di
pranzo e cena con tanta verdura, frutta, pesce,
formaggi leggeri, carne bianca senza eccedere nei
condimenti.
Insomma, una dieta sana per smaltire le calorie in eccesso,
senza dimenticare il movimento sano che aiuta la mente e il
corpo a ristabilirsi, dopo tanta beltà di piatti della
tradizione nostrana.
Una buona ora di palestra serve a mantenersi in forma e
ristabilire l’equilibrio fisico perfetto per giungere, nel
periodo estivo, senza rinunce e in pieno benessere. |
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TUTTO TV Heather
Parisi, la pupa rock
di Deborah Palmerini
Bionda, sorriso travolgente, marcato accento
americano e nelle gambe l’energia che tutte le
invidiano:
Heather Parisi, 54 anni fra qualche giorno, il suo
sogno americano l’ha coronato in Italia alla fine degli anni ‘70.
Con sangue calabrese nelle vene, da parte della madre
Anita, Heather Parisi nasce a Los Angeles il 27 gennaio 1960.
Trascorre l’infanzia a Sacramento, poi a quindici anni si
trasferisce a New York per studiare all’American
Ballet.
Durante una vacanza in Sardegna, quella gamba sottile
tesa verso l’alto e spinta fin dietro l’orecchio della
diciottenne Heather, viene notata dal famoso coreografo
Franco Miseria che ne intuisce le potenzialità. La presenta
a Pippo Baudo, esperto talent scout oltre che conduttore
al massimo della popolarità nazionale.
Nel giro di pochi giorni un provino definito non
convenzionale, eseguito con l’improvvisazione di un
balletto sulla scrivania di un dirigente Rai, le procura
la prima scrittura nella trasmissione Apriti Sabato.
È il 1979 e l’inizio di una sfolgorante carriera di
ballerina, cantante e attrice, consacrata con la
partecipazione, nello stesso anno, alla prima edizione di
Fantastico, trasmissione ammiraglia del sabato sera
di Rai1, condotta da Loretta Goggi e Beppe Grillo;
la sigla dello show Disco Bambina, cantata
e ballata dalla giovanissima Heather Parisi, rimane al primo
posto della hit parade per molte settimane, lanciando
l’esuberante americana anche nel mondo della musica.
Alcune delle sigle dei tanti programmi televisivi di cui è stata
protagonista, ballate negli scintillanti costumi
realizzati nelle sartorie Rai, sono annoverate fra i brani
evergreen della musica italiana: Ti rockerò,
Cicale, Crilù.
Memorabili i lunghi e articolati balletti durante le
trasmissioni di cui Heather è protagonista per oltre un
decennio, fino al 1989 con le coreografie di Franco
Miseria, suo scopritore e, per un periodo, compagno anche nella
vita.
Dopo una breve parentesi in Mediaset torna in Rai, con
impegni altalenanti fino al 2005: iniziano anni di
brevi apparizioni come ospite in alcune trasmissioni,
al fianco di personaggi famosi della televisione; al tempo
stesso è impegnata in teatro e al cinema, nel ruolo di
attrice in musical di successo ma anche in quelli di regista,
sceneggiatrice e produttrice di pellicole a sfondo
sociale; una di esse, Blind Maze viene
presentata alla 68° Mostra Internazionale d’arte
cinematografica di Venezia, nel 2008.
Instancabile sul palcoscenico, anche nella vita privata
gli impegni non le sono mancati: già mamma di Rebecca
(1994) e Jaqueline Luna (2000), all’età di
cinquant’anni, nel 2010, dà alla luce i gemelli Elizabeth
e Dylan, figli dell’imprenditore italiano Umberto Maria
Anzolin, suo attuale compagno; con l’eccezione della bellissima
primogenita, rimasta in Italia a vivere con il padre, un
imprenditore bolognese, la grande famiglia di Heather si
trasferisce a Hong Kong nel 2011, seguita da uno strascico
di chiacchiere sui possibili problemi finanziari dell’azienda di
Anzolin, alla base della scelta di vita nella città asiatica.
A Hong Kong Heather Parisi si occupa di moda, senza
tuttavia escludere un possibile ritorno alla tv. |
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PINK NEWS Come
diventare una wedding planner con una laurea in architettura: la
storia di Olga Mascolo
di Silvia Roberto
È strano pensare come si passi una vita a studiare per
realizzare il grande sogno e poi si finisca per svolgere una
professione completamente diversa da quella ambita: ma come
si dice c’est la vie; l’importante è essere
felici.
In un mondo dove felicità è sinonimo di "vincita alla
lotteria" in realtà dal racconto di questa meravigliosa
storia si capisce come, invece, la felicità si trovi
dietro l’angolo (o quasi) senza rendersene conto.
La protagonista di questa settimana si chiama Olga Mascolo,
originaria di Imola, in provincia di Bologna, che da
qualche tempo si trova a vivere a Barcellona: ed è questo
il luogo che le cambierà la vita. Dopo una laurea in
architettura accompagnata da esperienze per specializzarsi
sia in Italia che all’estero, la giovane donna si ritrova con
una laurea in tasca e ancora nulla di concreto in ambito
lavorativo.
Sarà complice una crisi che ci accompagna oramai da fin
troppo tempo, sta di fatto che Olga compie una scelta già
collaudata da molti: trasferirsi; decide infatti di
stabilirsi in Spagna per cercare lavoro nel settore
dell'architettura, con la specializzazione dei paesaggi. Non sa
ancora, però, che la visita a Barcellona le cambierà
totalmente la vita: nel 2010, infatti, conosce una coppia
di spose e le assiste nell'organizzazione dei preparativi.
Poco a poco rimane sempre più affascinata da quello che
svolge e dall’aiuto che riesce a dare agli altri soprattutto
perché si trova di fronte coppie gay che, in altri Paesi, non
riescono a realizzare il sogno di sposarsi e di vedere
riconosciuti i loro diritti: Barcellona è infatti una
meta molto gettonata sotto questo punto di vista.
Donare aiuto agli altri la fa sentir bene, ma in realtà sono
proprio le coppie di persone che incontra che aiuteranno lei:
eh sì, perché grazie al loro aiuto e ai loro suggerimenti la
sua collaborazione si trasforma in un vero e proprio lavoro.
Sviluppa infatti il progetto
Sposaci Barcellona, dove molte coppie etero ma in
particolare gay riescono a realizzare il sogno di sposarsi.
«È l’esperienza più bella ed umanamente più appagante che io
abbia mai fatto», racconta la nostra protagonista. Tra
l’altro non c’è neanche molta concorrenza e nessun
organizzatore ha fatto pubblicità in Italia.
La nostra Olga rimpiange però la nostra penisola e anzi
ora le sta ancora più a cuore perché sa che può portare il
suo contributo nell’oramai diffuso dibattito sul diritto delle
famiglie gay.
Insomma una grande donna che nonostante le fatiche e i
sacrifici incontrati è riuscita a cambiare la sua vita e a
trovare la felicità non nella costruzione di palazzi ma di nozze
gay.
Il successo dell'iniziativa di Olga ha però anche creato qualche
equivoco che rende necessaria una precisazione da parte sua, per
evitare possibili disillusioni: «alcune coppie recentemente
mi hanno contattato nella speranza di potersi sposare come se
fosse Las Vegas; Barcellona è una città accogliente ma con una
sua legislazione da rispettare». Insomma, non è nel potere
di una wedding planner arginare le leggi che, nel nostro Paese,
ancora non attribuiscono pieno riconoscimento alle coppie
omosessuali.
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DONNE Agnese
Palumbo: vi racconto una Napoli che non conoscete
di Giuseppe Bosso
Napoletana, giornalista e scrittrice, Agnese Palumbo concentra
le sue opere principalmente sulle questioni femminili. E con un
numero ricorrente…
101 donne che hanno fatto grande Napoli: un titolo che
ha un significato?
«A Napoli i numeri hanno un significato anche quando sarebbero
solo marketing editoriale in verità. Il mio libro è un serpente:
il serpente straordinario sotto i piedi della madonna di
Piedigrotta; il serpente arcaico, puro, pagano; il serpente che
si rigenera. Cento avrebbe chiuso il cerchio, centouno lo
riapre: le donne che hanno fatto grande Napoli e, oltre le
cento, tutte quelle sottintese, contemporanee, che oggi hanno lo
stesso compito. Arduo».
Come lo hai impostato?
«Il libro comincia con la fondazione della città dal corpo di
Partenope, la sirena spiaggiata sulle coste, e si chiude con
Sophia Loren, la donna del cinema che ha restituito il
palcoscenico internazionale che la città aveva immotivatamente
perduto; il ritorno del mito in una città che è essa stessa
mito. Ho descritto Sophia nella sua aurea mitica, più che per
quella storico-biografica; l’unica volta in cui mi sono
allontanata dalle fonti storiche per concedermi un volo
pindarico. Con lei si assiste a una sorta di rifondazione».
Come hai rinvenuto le storie che ha raccontato nel libro
sulle donne che hanno fatto grande Napoli e cosa hai cercato di
trasmettere?
«Non ho cercato queste donne, sono loro che hanno trovato me. E
non è un artificio letterario, credimi: le ho incontrate nella
mia vita, lungo il percorso di letture, passeggiate, canzoni
ascoltate, libri letti, quadri ammirati… e ne ho preso appunti».
Come hai iniziato questi incontri?
«Tra le prime ho incontrato Eleonora Pimentel Fonseca, e ho
pensato che fosse straordinaria: ogni donna napoletana è stata
Eleonora, almeno una volta nella vita. E continuo a crederlo,
come credo che la sua storia andrebbe raccontata ancora,
ripulita dalle invenzioni postunitarie che le hanno cucito
addosso, dalle costruzione barocco-letterarie che l’hanno
imprigionata per secoli. Eleonora era una rivoluzionaria, una
poetessa, una politica; l’esempio perfetto per quello che ho
sostenuto durante l’intera redazione del testo: Napoli e le sue
donne sono in verità non un processo storico-biografico, ma
osmotico-chimico. Come per i corpi, il contatto permette un
passaggio, così per le mie donne: sono passate per Napoli
cambiando e cambiandola. L’una senza l’altra non avrebbero
scritto oggi quello scampolo di storia; un’altra forse, ma
diversa, non questa».
Come hai incontrato Maurizio Ponticello e com'è nata la
collaborazione che vi ha portato a scrivere Misteri, segreti
e storie insolite di Napoli?
«Il mio secondo lavoro, 101 storie su Napoli che non ti hanno
mai raccontato, un lavoro al quale sono particolarmente legata,
mi ha portata a incontrare Maurizio; il libro racconta per
storie la storia di Napoli: i ducati, gli angioini, gli
aragonesi, le rivoluzioni (e i rivoluzionari) e i Borbone…
profili privati di personaggi storici a cui andrebbe restituita
l’umanità che la cronologia fagocita. Maria Carolina sarebbe
stata così fredda e spietata se non le avessero ucciso la
sorella? Tommaso Aniello d’Amalfi è un’opera unica di
rivoluzionario o è il risultato di altri, meno noti, fuochi di
giustizia nati in questa terra? E Totò, se non avesse sofferto
fino allo struggimento avrebbe mai scritto Malafemmena?
Altro che canzone, quella è una dichiarazione di guerra! Ecco,
in tutto questo enorme sartù di memoria appassionata, ho voluto
personalmente ringraziare uno degli autori che ricorreva nella
mia bibliografia. E dall’incontro è nato il progetto dei
misteri: un progetto che raccontasse l’autentica anima pagana di
Napoli, nel rispetto delle grandi antiche memorie. Del resto io
ho adorato Napoli, la città velata».
L'ambiente partenopeo non è propriamente l'ideale per una
giovane scrittrice, eppure per te non sembra essere stato così,
vero?
«Nessun ambiente è generoso verso la scrittura in generale;
Napoli paga il prezzo della retorica, del folclore. L’editoria
pretende che i napoletani scrivano solo di pizze, camorra e
mandolini. Ma è il prezzo da pagare, la scrittura non può essere
comoda: deve essere fastidiosa, insidiosa, fascinosa… quando è
ben accolta non è scrittura, è ufficio stampa. A proposito di
questo, e del grande rischio di cui ci si carica andando sempre
in “direzione ostinata e contraria”, ti faccio un esempio: con
il regista e scrittore Massimo Piccolo stiamo sperimentando da
anni il teatro di narrazione; un percorso nuovo, che trova
grandi ostacoli; con la sua regia abbiamo messo in scena non
solo Sante, Madonne e Malefemmine ispirato proprio alle
mie centouno donne; ma anche Fùtbol-storie di calcio,
calciatori e di tifosi, uno straordinario spaccato sul mondo
della letteratura calcistica; o Il Grande Gatsby prima
del battage cinematografico, con grande cura e attenzione per il
testo, un capolavoro contemporaneo. Massimo Piccolo è anche il
fondatore della MoonOver Produzioni, una casa di produzione
cinematografica indipendente: un progetto che sceglie e valuta
prodotti e autori lontani da quelli che lui stesso chiama i
professionisti del piagnisteo napoletano».
Cosa spinge una giovane ragazza a scrivere libri nell'era del
digitale?
«Spariranno i libri, non spariranno i lettori. È dal Paleolitico
che qualcuno lascia tracce sulle pareti perché qualcun altro le
interpreti, le legga o semplicemente si emozioni nel trovarle
lì. L’uomo cerca da sempre il suo modo di raccontarsi; gli ebook
avranno il grande vantaggio di rendere i libri fruibili
recuperabili economici. Il problema riguarda piuttosto gli
editori: avranno voglia di investire su progetti veri che
richiedono sacrifici economici e di tempo o pubblicheranno solo
instant book, cotti e mangiati, sfornati il giorno prima e
incommestibili il giorno dopo? Il grande valore restano i
contenuti, i mezzi da soli possono davvero poco». |
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