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Telegiornaliste anno IX N. 43 (387) del 16 dicembre 2013
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TGISTE Antonella
Rondinone:
giornalista che indossa sempre il sorriso
di Giuseppe Bosso
Volto di
Telepuglia,
Antonella Rondinone dal 1999 è iscritta all’albo dei professionisti.
Ricorda la sua prima volta in tv? Cos’ha provato?
«Prima assoluta in tv solo in audio: fantastica! Avevamo le immagini della
partita di calcio Monopoli – Turris; il collaboratore che avrebbe dovuto curarne
la cronaca non si era presentato; impensabile non farne niente. Ho visto le
azioni dei gol e ci ho costruito un servizio… io che quella domenica ero andata
in redazione per “ambientarmi” un po’; finì 3-1 per il Monopoli. La prima volta
in video alla conduzione di un telegiornale, invece, fu in una giornata di
sciopero: il Cdr decise che toccava a me la finestra da 5 minuti. Ma era anche
un modo simpatico per farmi capire che era arrivato il mio momento».
Pro e contro di essere giornalisti in Puglia?
«Se sei un giornalista, lo sei allo stesso modo ovunque. A quel punto i pro e i
contro non ti interessano; certo, se fai il giornalista in Puglia, ti può
capitare anche di intervistare Umberto Eco su una panchina del lungomare di Bari
in una assolata giornata invernale: molto piacevole».
Com’è la sua giornata tipo?
«In questo mestiere esiste una giornata tipo? Non mi risulta».
É di questi giorni la notizia del pericolo batterio per una coltura
essenziale per la sua regione come quella degli ulivi, che pare seguire la scia
dello scandalo della terra dei fuochi in Campania: cosa prova, da cittadina e da
giornalista, di fronte a queste improvvise emergenze che forse avrebbero
richiesto a tempo debito maggiore attenzione e interesse?
«Non entro nel merito delle questioni specifiche: so che occorre da parte dei
cittadini, e a maggior ragione dai giornalisti, conoscere, studiare,
approfondire. Senza, si fa solo un cattivo servizio a sé e agli altri».
La dimensione provinciale le sta stretta?
«L’aggettivo provinciale messo così è malizioso».
Come riesce a conciliare lavoro e vita privata?
«Semplice, non ci riesco! Ma ho una gran fortuna: le persone deputate
istituzionalmente ad amarmi continuano a farlo malgrado questa mia incapacità. È
evidente che sono ricambiatissimi!».
Dal punto di vista del look segue qualche accorgimento?
«Sì, cerco sempre di indossare un sorriso (lo so, la battuta l’ho presa in
prestito) in apertura e chiusura di una conduzione. Qualunque notizia ci sia in
mezzo, basta una pausa. La vita continua, perciò… auguri di buon Natale e buon
anno a tutti voi!».
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NONSOLOMODA Mete
di Capodanno
di Valentina Dellavalle
Cosa facciamo a Capodanno? Questa domanda diventa
presente verso dicembre, quando il freddo si fa più pungente e
si respira già l'aria natalizia.
Premesso che voglio esprimere tutta la mia solidarietà verso
chi, a causa della crisi economica, non avrà un capodanno
spensierato, i cenoni con amici e parenti restano
sempre i preferiti dagli italiani, con le tradizionali e
beneauguranti lenticchie da mangiare dopo il brindisi
di mezzanotte.
A proposito di lenticchie: mia nonna consiglia di metterne un
pochino anche nel portafoglio; proviamo, non si sa mai...
Ma torniamo al nostro Capodanno: sempre gettonata la montagna,
adatta a grandi e piccini, dove si possono ossigenare i
polmoni, provati dall’inquinamento delle città; per chi non
vuole sciare, ci sono anche le sled dog, gite con le
slitte trainate dai cani (che fa tanto Zanna Bianca)
o le terme, con l'acqua della piscina a trentotto gradi
in mezzo alla neve.
Le capitali europee sono mete facilmente raggiungibili, e
consentono, soprattutto a gruppi numerosi ed eterogenei, la più
assoluta libertà: La Ville Lumière, Londra, la
magica Praga, Vienna, Madrid, possono
essere una valida combinazione, sopratutto se si affitta un
appartamento.
Molti i siti internet dove rivolgersi, e ultimamente se ne trova
anche uno di scambio appartamento: io do una casa a te e
tu la dai a me. Naturalmente è indispensabile il rispetto
verso l'altro; a nessuno piace vedere il proprio
appartamento trasformato in Fort Apache dopo il massacro.
Ma osiamo andare più in là, e vediamo parecchie offerte per
il mare d'inverno: Canarie, Sharm El Sheikh,
Kenya, Zanzibar, Capoverde… mete
raggiungibili con poche ore di volo e senza una grande
differenza di fuso orario, ideali per chi può disporre di
una settimana di ferie e sa che due giorni sono impegnati con il
viaggio; il clima è mite, sono consentiti i bagni, anche
se la sera l'escursione termica è sempre presente e una
giacca pesante è necessaria.
Avete a disposizione più giorni? L'America esercita
sempre una grande attrazione, ma se vogliamo proprio qualcosa di
diverso si può scegliere una vacanza-natura in barca a vela:
si parte per Miami o Fort Lauderdale, e ci si
imbarca per una crociera ai Caraibi. A San Silvestro,
bollicine e un tuffo in mare. Lo spazio in barca a vela è
ridotto, pertanto sono banditi gli abiti superflui, tanto
si vive in costume tutta la giornata.
Se relax e riposo sono quanto richiedete, allora un
viaggio alle Maldive o Seychelles vi consente una
settimana a tu per tu con i pesci.
Non voglio esplorare ora tutto il mappamondo, non finirei più;
ma mi soffermo un pochino su una meta che ultimamente sta
riscontrando grandi consensi: Dubai. Abbastanza
vicina, una enorme capacità recettiva per tutte le tasche,
clima mite, e in più... c'è tutto, a cominciare dall'aeroporto,
dove tra vetrate, specchi e fontane, si può attendere l'imbarco,
oltre che con un mega shopping, anche con una serie di
massaggi, passando direttamente dalle braccia dell'estetista
a quelle di Morfeo. Poi si può scegliere tra una gita nel
deserto, o giocare e nuotare con i delfini in un parco
acquatico, e cenare in un ristorante dove le pareti sono
formate da un immenso acquario. Moltissimi gli shopping
center, ma se volete sciare, niente paura: dentro
al Mall of Emirates esiste una vera pista da sci, innevata e con
lo skilift, per portarvi in cima alla montagna, ovviamente
indoor.
E allora: buon Capodanno a tutti! |
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TUTTO TV Reika
Hinch: radio e musica a tutto volume di
Giuseppe Bosso
Da un paio di settimane anima i pomeriggi di
Radio Punto
Zero con l’amico di una vita Mino Monelli nel programma
Radio Pausa Zero. Reika Hinch è una voce familiare per i
radioascoltatori campani e non solo.
Come è iniziata questa esperienza?
«È stata un’opzione che ho colto con enorme piacere perché mi dà
la possibilità di lavorare in un’importante emittente regionale
con un amico come Mino».
Le tue prime impressioni.
«Ottime. Il programma dura due ore; nella prima parte, più
‘ludica’, ci dedichiamo ad un’artista mettendo alla prova la sua
preparazione e anche in cucina, in modo giocoso visto l’orario
in cui andiamo in onda. Nella seconda parte invece ci dedichiamo
a temi più sociali, offrendo spazio a comuni e pro loco sulle
loro attività».
Prima puntata il giorno del tuo compleanno, il 13 novembre:
segno del destino?
«Voluto, direi. È stato un regalo che mi ha fatto molto
piacere».
Non solo radio nel tuo presente, vero?
«Lavoro in radio da anni ma mi occupo anche di musica. Sto per
lanciare il mio secondo brano, dopo Tela portami con te;
per scaramanzia non dico ancora niente, se non che ancora una
volta sarà il frutto della collaborazione con la 10 Records…
diciamo che sarà un po’ soul, un po’ beat e leggermente rock. E
poi in vista di Natale ci saranno tre serate che, con la società
che gestisco con Mino, la ReM Eventi, animeremo a Licola:
il 20, 21 e 22 dicembre saranno all’insegna dello shopping
natalizio e non solo, ovviamente con la presenza della radio;
non mancheranno spazi musicali e di
cabaret che spero coinvolgeranno i partecipanti».
Pro e contro di essere una speaker al sud e a Napoli in
particolare.
«Non trovo che sia una condizione ghettizzata. Anzi, ultimamente
soprattutto vedo con piacere che si fanno tanti programmi a due
voci, maschile e femminile, come nel nostro caso, e mi trovo
benissimo in questa condizione».
Hai mai ricevuto proposte indecenti?
«No. Quando ho ricevuto proposte che non mi piacevano le ho
sempre bocciate a prescindere».
Reika Hinch secondo Reika Hinch.
«Una semplice scheggia impazzita – ride, ndr – nella sua
poliedricità, amante dell’arte».
Il tuo augurio per il 2014.
«Che sia un futuro migliore per tutto a 360 gradi, sotto ogni
aspetto, dal lavoro che manca al cibo avvelenato che mangiamo. E
soprattutto smettiamo di essere nevrotici ma apprezziamo il
bello che ci offre la vita». |
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PINK NEWS Le
"veline" di Taranto: scatta la polemica sul web
di Malvina Podestà
Siamo abituate a vederle un po’ ovunque: donne con
vestiti succinti, gonne cortissime, tacchi alti,
scollature profonde, a volte seminude o addirittura
totalmente nude… sono continuamente proposte sui giornali,
sul web, nelle campagne pubblicitarie (di
qualsiasi prodotto) e in tv, sia nei programmi più
frivoli che in quelli più impegnati (vedi Ilary Blasi a
Le Iene).
Ma quando incappiamo in questa immagine di donna nella
quotidianità subito si urla allo scandalo, come nel
recente “caso veline” scoppiato a Taranto.
Di cosa stiamo parlando? Andiamo con ordine: è iniziato dicembre
ed è normale che le amministrazioni comunali parlino
degli eventi natalizi nelle proprie città, ed è così che
a Taranto viene indetta una conferenza stampa per
presentare A Natale regalati Taranto, il ricco programma
di iniziative ed eventi che si terranno dal 25 al 31 dicembre
nel capoluogo pugliese.
Presente, come in tutte le occasioni istituzionali, il
sindaco Stefano Ippazio, insieme all'assessore alle
Attività produttive Cisberto Zaccheo, a quello delle Politiche
giovanili e sport Gionatan Scasciamacchia e al dirigente
dell’Ufficio Sviluppo economico Carmine Pisano; fino a qui tutto
nella norma, se non che vicino alla fila di oratori ci fosse
anche un’altra presenza: quella di due ragazze immagine
con un corto e scollato vestito nero, tacchi e un
natalizio fiocco rosso alla vita.
Subito le foto di questo insolito accostamento si sono
diffuse sul web, hanno spopolato viralmente su tutti i
social network e centinaia di articoli e post sull’episodio
hanno iniziato a circolare a livello nazionale. I motivi della
polemica sono senz’altro chiari: la condanna
dell’immagine della donna oggetto messa in bella mostra come un
ornamento, senza nessun ruolo, usata in modo ancora
più sconvolgente in un evento solenne, formale e
riguardante l’amministrazione comunale.
Tra le aspre critiche anche quelle di donne vicinissime al
Comune di Taranto: l'assessore ai Servizi Sociali Lucia Viafora
e la consigliera di parità Barbara Gambillara, che si sono dette
rattristate e rammaricate di aver visto a pochi metri dal
sindaco e dagli assessori delle ragazze vestite in modo succinto
e associate all’idea di un pacchetto regalo, di un oggetto.
Altrettanto ferma condanna è quella delle attiviste Mary
Luppino e Marianeve Santoiemma, che hanno scritto una lettera
aperta al sindaco Ippazio.
In risposta a questo putiferio l’amministrazione
comunale ha dichiarato di essere stata all’oscuro di questa
scelta “scenografica”, decisa dagli organizzatori della
conferenza, come confermano le parole di Giuseppe Fornaro,
titolare dell’agenzia d’eventi: «il comune non era al
corrente dell’iniziativa, programmata all’ultimo minuto. Alle
ragazze va comunque il massimo rispetto e non devono essere
associate a veline o ad altre letture che provocano danno
all’universo femminile».
Sorge una curiosità: chi sono le due ragazze che con la loro
presenza e il loro abbigliamento hanno scatenato questo caso
mediatico? E soprattutto cosa ne pensano loro,
dirette interessate? Miriam e Francesca sono due giovani
studentesse universitarie, una studia biologia, l’altra
giurisprudenza, e si dichiarano infastidite dalla
polemica : «è stato creato un polverone inutile e siamo
indignate per gli insulti ricevuti. Abbiamo solamente usato un
tubino nero che avevamo nell’armadio e ci hanno suggerito di
usare un fiocco rosso. Cosa c’è di male?».
Forse le due giovani hostess non hanno poi tutti i torti:
cosa c’è di male nell’avere nel guardaroba vestiti scollati,
gonne corte o camicette trasparenti? Noi donne dobbiamo
forse privarci di un pizzico di vanità ed
esibizionismo solo per non essere additate come superficiali e
anti-femministe? Giudicare dall’abito non è che un modo di
limitare la libertà di ogni donna?
Beh, Miriam e Francesca avete ragione ad indignarvi: nessuna
critica deve essere mossa a voi, e nessun’altra donna al mondo,
solo per motivi legati all’aspetto fisico e all’abbigliamento…
ma ecco un consiglio spassionato: d’ora in poi
dividete il guardaroba a seconda delle occasioni d’uso!
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DONNE Dacia
Maraini: l’onore e il dolore della resa
di Deborah Palmerini
«Sono costretta a dire addio al Teatro di Gioia e alla Scuola
annuale di Drammaturgia. Non posso più andare avanti con
l’assenza delle Istituzioni e le promesse non mantenute».
Con queste parole, affidate al quotidiano Il Centro
d’Abruzzo, la scrittrice Dacia Maraini, probabilmente
per la prima volta nella sua vita, ha dovuto dichiarare la
resa, poiché nulla riesce ad intaccare il muro di
gomma eretto da un Paese, scrive nella missiva, «insensibile
alla cultura, nella quale non crede».
L’associazione culturale senza scopo di lucro denominata
Teatro di Gioia, di cui Dacia Maraini è
fondatrice e presidente, è nata nel 2000 per recuperare,
attraverso il Festival annuale e la Scuola di teatro,
l’antico borgo di Gioia Vecchio, in provincia
dell’Aquila: situato nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo,
il borgo fu abbandonato dopo il terremoto del 1915, che rase
al suolo Avezzano. Gli abitanti fondarono Gioia Nuovo, i cui
cittadini, nell’ultimo decennio, sono stati coinvolti nel
progetto teatrale, con l’obiettivo di recuperare storia e
identità, attraverso l’incanto dei sensi e dell’immaginazione.
Grandi nomi del teatro e della musica hanno calcato le pietre
dell’antico paesino diruto: ogni edizione ha ricostruito uno
scorcio di passato, l’ha fatto rivivere incastonandolo nel gioco
delle parole e nella poesia delle illusioni; ciò nonostante non
è bastato.
Nella lettera aperta di addio, Dacia Maraini descrive l’incresciosa
condizione di non poter «andare avanti con
l'angoscia dei tagli che stanno diventando sempre più drastici,
con l'assenza delle Istituzioni, con le promesse non mantenute e
la disperazione di non potere retribuire chi lavora».
Lei ed altri, con generosità, avevano scelto di lavorare per il
Teatro di Gioia gratuitamente; tuttavia, continua nella
missiva, «dopo tanti anni di entusiasmo, di passione civile,
di partecipazione collettiva, è uno strazio dovere constatare
che questo Paese non crede nella cultura, non ha nessuna
intenzione di investire in progetti seri a lunga scadenza».
Oltre che l’onore di una resa nobile, fra le righe traspare
tutto il dolore causato dal senso d’impotenza, non più
sopportabile per lei, intellettuale impegnata da sempre nel
raccontare la complessità, troppo spesso amara, della vita vera.
Dacia Maraini nasce a Fiesole, in provincia di Firenze,
nel novembre del 1936, da genitori con radici nobili
siciliane e inglesi; trascorre parte dell’infanzia in
Giappone, dove il padre, etnologo, studia una popolazione in
via di estinzione. Per aver rifiutato l’adesione alla Repubblica
di Salò, il governo giapponese, alleato con Italia e Germania
durante la seconda guerra mondiale, dispone l’internamento
della famiglia in un campo di concentramento. Per i genitori
e le loro tre bambine, fra le quali Dacia, sono anni di fame,
di atroci privazioni e sofferenze che termineranno
soltanto tre anni dopo, a guerra finita, con la liberazione
da parte degli americani.
Nel 1946 la famiglia rientra in Italia, prima in Sicilia, a
Bagheria, dove vive alcuni anni nella tenuta dei nonni materni,
in seguito a Roma. Nella capitale Dacia perfeziona la
sua formazione e avvia la carriera di scrittrice, saggista e
drammaturga, in un’ascesa continua nell’ambito della letteratura
italiana: scrive romanzi, racconti, alcuni
anche per bambini, sceneggiature teatrali e
cinematografiche, saggi e poesie. Le sue opere
teatrali, più di trenta, sono ancora rappresentate in
molti teatri europei e statunitensi.
Al centro della sua opera letteraria si trovano i grandi temi
sociali: i protagonisti dei suoi lavori letterari raccontano
la vita delle donne, colte nell’intimo delle diverse
età: i problemi dell’infanzia, la violenza di genere e sui
bambini, l’infanzia rubata e abusata, la povertà, quella
vera che affama e rende schiavi, e quella che
inaridisce l’animo umano.
Maraini ha scritto anche di mafia, raccontando la
Sicilia dei suoi nonni materni, superando i timori e il
rifiuto per una realtà arrogante e spietata, che pure le
apparteneva per discendenza.
Ha ricevuto quattro lauree Honoris Causa, di cui una del
College nello stato americano del Vermont, ed è stata
insignita di numerosi premi, fra i quali il Campiello
e lo Strega.
Oltre che presiedere ed essere giurato di alcuni importanti
premi letterari italiani, da alcuni anni tiene conferenze nei
teatri e nelle università italiane e del mondo, avvicinando i
giovani, stimolando in essi le sensibilità e i
talenti, attraverso la testimonianza delle sue esperienze.
Appena può, si ritira fra i monti abruzzesi, dove
nel silenzio e nella solitudine, in sintonia
con la natura, si dedica alla scrittura. |
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