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Telegiornaliste anno IX N. 40 (384) del 25 novembre 2013
 
	
		
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			| TGISTE Claudia 
Carbonara: sognavo di fare la guida turistica, e poi… 
di Giuseppe Bosso 
 Volto familiare non solo ai telespettatori pugliesi, da dieci anni
Claudia Carbonara lavora alla 
storica emittente Telenorba 
come giornalista sportiva. Un percorso, il suo, decisamente diverso da quello 
che aveva in mente.
 
 Giornalista sportiva per scelta o per caso?
 «Sono giornalista per caso in tutti i sensi. Sono laureata in beni culturali e 
sognavo di fare la guida turistica a Firenze o a Roma. Poi, un giorno, venni a 
sapere che Telenorba faceva dei provini per una trasmissione della domenica. 
Credevo di fare la comparsa, partecipai con questo spirito, e invece mi ritrovai 
a fare la cronista sportiva, scoprendo un mondo che ho subito amato».
 
 Ti sta stretta Telenorba?
 «No; quello che conta è fare ciò che si ama, e io amo tutto di questo lavoro: i 
tg, i servizi, le programmazioni… e non ci segue solo la Puglia, con il digitale 
terrestre Telenorba, un’emittente storica, è visibile anche in altre parti 
d’Italia, e i risultati si vedono».
 
 Da anni il Bari, che segui da dieci anni, è sistematicamente penalizzato 
dalla giustizia sportiva e i risultati dei ‘galletti’ ne risentono: non si 
rischia di creare un allontanamento della tifoseria dalla squadra?
 «Purtroppo il distacco c’è e non solo dalla società ma anche dalla squadra; al 
di là delle vicende che comunque hanno coinvolto non la società ma singoli 
tesserati che sono rimasti coinvolti nel calcioscommesse, tanti fattori hanno 
inciso, dalla crisi economica alla difficoltà che la famiglia Matarrese, che 
pure da oltre vent’anni controlla la società, ha incontrato nel tentativo di 
vendere per mancanza di acquirenti. Davvero un peccato perché la squadra, per 
l’impegno che ci sta mettendo, non merita questa situazione».
 
 Perché non ci sono significative conseguenze alla ricerca di una svolta?
 «Se ci fosse una maggiore serenità societaria qualcosa potrebbe smuoversi, ma 
come ti dicevo i Matarrese per quanto ci provino non riescono a vendere. 
L’indebitamento del club non incoraggia».
 
 Hai mai ricevuto proposte indecenti?
 «Sì, ma non in ambito di Telenorba, quanto dal mondo del calcio…».
 
 Sei tra le tgiste più seguite. Ti fa piacere?
 «La cosa più importante per una giornalista è la credibilità, per cui spero di 
essere apprezzata per questo. Se si tratta solo di interesse fisico allora non 
puoi dire di aver raggiunto il tuo scopo. Se chi mi segue, e non solo tra i 
vostri lettori, ha interesse per quello che dico e per quello che esprimo, posso 
dire di avere raggiunto il 70% di questo».
 
 Quali sono i tuoi accorgimenti dal punto di vista del look?
 «Dipendono molto dalle luci: se sono basse poco trucco. E sto scoprendo che il 
capello chiaro funziona più di quello scuro».
 
 Sogno per il futuro.
 «Parlare più di calcio giocato e meno di violenza e illeciti».
 
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			| NONSOLOMODA Contro 
				freddo e gelo una tisana ci salverà 
				di Giuseppe Bosso 
 Si è fatta aspettare con una lunga coda del caldo estivo che ha 
				continuato a imperversare fino a poche settimane fa, ma alla 
				fine la stagione del freddo è inesorabilmente iniziata 
				anche per noi... con annessi e connessi.
 
 E tra questi, inevitabilmente, quei fastidiosi malanni 
				che il cattivo tempo ci crea: raffreddore, tosse... e chi più 
				ne ha più ne metta!
 
 Ma niente paura, contro questi 'ospiti indesiderati' non mancano
				rimedi, da quelli più tradizionali ai recenti ritrovati 
				della moderna medicina.
 
 E, tra quelli del primo tipo, non possiamo non parlare delle 
				tisane, rimedio naturale e gustoso per prevenire o attenuare 
				gli infausti effetti del clima rigido dell'autunno e 
				dell'inverno.
 
 Ne esistono di svariati tipi e per tutti i gusti:
				mal di gola? Sarà appropriato un infuso a base di 
				erisimo, anche detto 'erba dei cantanti' per l'azione 
				antinfiammatoria sulle vie respiratorie; raffreddore? Un 
				misto di sambuco, tiglio e rosa canina è un 
				ottimo rimedio preventivo.
 
 Naturalmente ognuno ha le proprie esigenze ed eventuali
				problemi allergici, per cui sarà appropriato essere 
				informati preventivamente sulla composizione degli 
				ingredienti per evitare ulteriori sgradite sorprese.
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			| TUTTO TV Anche 
				i Simpson prendono in giro l’Italia 
				di Silvia Roberto 
 E come non dedicare un’intera pagina alla famiglia più 
				divertente del pianeta? Una famiglia che si distingue per 
				l’ironia, la semplicità, la stravanga e, perché no, per 
				questo modo un po’ goffo di rappresentare alcuni aspetti della 
				vita umana ma che realmente rispecchiano la società dei nostri 
				giorni.
 
 Una parodia dello stile di vita americano trasmesso 
				attraverso la comicità di 5 personaggi, protagonisti della 
				sitcom più vista di tutti i tempi, a partire dal capo 
				famiglia, Homer Simpson, un ispettore di sicurezza presso 
				la centrale nucleare di Springfield, la cittadina che fa 
				da sfondo alle incredibili storie vissute dalla famiglia più 
				stramba che si potesse ricordare; all’apparenza un uomo 
				insensibile, che si interessa solo di due cose: cibo e 
				birra, esclusivamente Duff: come non ricordare le sue 
				famosissime ciambelle o le succulenti costolette di 
				maiale? Padre pigro, obeso, inetto, irresponsabile ed 
				incompetente sul lavoro: ma a noi, chiaramente, piace così.
 
 Così come ci piace sua moglie, Marge Simpson, che 
				rispecchia il classico modello di madre statunitense, 
				iperprotettiva verso i figli, molto casalinga ma con uno 
				spiccato senso della moralità; anche se si fa trascinare 
				dalle avventure di Homer, in realtà è colei che mantiene sempre 
				unita la famiglia.
 
 Chi invece pensa a dar la nomina di famiglia non esattamente 
				educata e modello di comportamento è il maschietto di casa,
				Bart Simpson, molto rivoluzionario delle regole che lo 
				circondano. In ogni puntata c’è sempre lui che tiene alto 
				il livello di scherzi combina guai, soprattutto a scuola nei 
				confronti del preside, Seymour Skinner; è pur vero che, 
				comunque, sotto quella scorza così dispettosa si presenta 
				anche un ragazzo dal cuore d’oro, soprattutto nei 
				confronti della sorella, dimostrandolo in più di una occasione.
 
 A proposito di Lisa, la sorella in questione… lei è 
				completamente diversa da Bart: grandi ambizioni, 
				come quella di diventare Presidente degli Stati Uniti d’America, 
				Lisa si presenta come la ragazza modello; studiosa, 
				dotata di una grande intelligenza, vegetariana, buddhista, 
				anticonformista e femminista... con la passione di uno strumento 
				quanto mai inusuale per una ragazzina di otto anni, il 
				sassofono. E poi c’è lei, la piccolina della 
				famiglia, conosciuta meglio per il suo continuo succhiare un 
				ciuccio, parte integrante del personaggio: Maggie Simpson, 
				la figlia neonata che ancora non riesce a camminare e ogni 
				qualvolta ci prova cade per terra in avanti.
 
 Si configura come la narrazione di una tipica famiglia USA, ma 
				in realtà è molto di più. Infatti l’obiettivo della sitcom è 
				quello di affrontare, con risate e prese in giro, temi della 
				società moderna. E di prese in giro si ritrova, di questi 
				tempi, coinvolta la nostra Italia. Il nostro Paese, 
				protagonista oramai da tempo di vicende non molto eleganti, 
				è stato preso di mira anche dalla famosa famiglia “gialla”.
 
 La frase che ci ha fatto conoscere in tutto il mondo anche da 
				chi ancora ci ignorava: il Parlamento italiano è corrotto; 
				una citazione contenuta nell’ultima puntata della serie.
 
 Nell’episodio 
				in questione un giornalista Tv fa un reportage segreto in una 
				scuola; si accorge, fin da subito, che tutti i temi dei ragazzi 
				sono uguali, sintomo che qualcuno ha passato loro le tracce; si 
				dirige, quindi, dal Preside affermando chiaramente come il suo 
				Istituto sia, appunto, più corrotto del Parlamento italiano; si 
				scatena l’immediata reazione del web a differenza di politici e 
				parlamentari che invece restano in assoluto silenzio.
 
 In realtà, però, c’è anche da dire che la “corrotta” nel cartone 
				risulta essere la moglie del preside che cede ad uno studente i 
				titoli delle prove che si sarebbero dovute svolgere il giorno 
				seguente. Il motivo di questo “generoso” gesto? Una bottiglia di 
				un superalcolico data in cambio.
 
 Insomma, noi italiani ci facciamo sempre riconoscere. 
				Come ha affermato Max Badalamenti “che bella figura da 
				italiani. Siamo ciò che siamo”.
 
 Ma, in tutto questo, c’è da dire che Matt Groening, 
				creatore della strepitosa famiglia gialla, come anche di Life 
				in Hell o Futurama, ha avuto un’idea alquanto 
				innovativa: il suo obiettivo era quello di rappresentare, 
				con ironia, prese in giro e una sana risata una società 
				contorta, quanto mai distorta, dagli aspetti negativi e non.
				Dite che c’è riuscito?
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			| PINK NEWS Cleopatra, 
				il ciclone dal nome di donna che ha portato morte in Sardegna
				di Deborah Palmerini 
 In preda alla sua furia, l’acqua ha ucciso di nuovo: il 
				bilancio della devastazione conta 16 morti, un uomo 
				disperso e 2800 sfollati.
 
 Ammontano a milioni di euro i danni alle abitazioni, alle 
				attività produttive e alle infrastrutture; nel computo entrano i
				ponti crollati, alcuni non per la prima volta; gli 
				argini dei fiumi esondati; i black-out elettrici e i 
				danneggiamenti alle reti fognarie.
 
 Bisognerà ripristinare le strade, le ferrovie e i servizi 
				nei centri abitati rimasti isolati, privi di acqua potabile, 
				luce e gas.
 
 Undici miliardi di euro basterebbero a prevenire i 
				dissesti idrogeologici sul territorio ma l’Italia non se ne 
				cura, preferisce l’emergenza e, annualmente, ritrova la tragedia. 
				In 48 ore il Governo ha stanziato 20 milioni di euro per far 
				fronte alla sola prima emergenza, ai quali si aggiungono i 5 
				milioni della Regione Sardegna.
 
 Si stima ne serviranno dieci volte tanti. Strano Paese 
				l’Italia: non ha soldi per la manutenzione ambientale o li 
				ha vincolati da un Patto che si fa complice nelle disgrazie, 
				eppure li trova, in misura ben superiore, quando è travolto 
				da lutti innocenti.
 
 Si potrebbero raccontare tante storie di vittime e di 
				sopravvissuti; ognuna potrebbe essere, a proprio modo, 
				l’emblema del disastro. Fra le vite spezzate c’è quella di 
				Luca, il poliziotto eroe accanto all’ottantottenne Maria e a 
				Giuseppina, 87 anni; il suo cuore non ha retto alla paura del 
				boato e dell’inferno. Abitava nella frazione di Torpè, in 
				provincia di Nuoro, dove la bomba d’acqua ha avuto via facile 
				poiché un contenzioso burocratico aveva fermato i lavori di 
				rinforzo degli argini.
 
 Sarebbe diventata una donna Morgana, appena due anni; 
				lei e Enrico, che di anni ne aveva tre, sono le vittime più 
				piccole.
 
 La bambina è morta accanto alla sua mamma Patrizia, 
				nell’auto trascinata dall’impeto irragionevole di fango e 
				detriti; Enrico era abbracciato stretto stretto al papà.
 
 Insieme erano disperatamente aggrappati a un muretto che la 
				furia di Cleopatra ha sradicato dalla terra fradicia di 
				pioggia, lacrime e negligenze; ingoiati e trascinati via sotto 
				gli occhi agghiacciati di un soccorritore che nulla ha potuto né 
				contro l’acqua né contro l’indifferenza.
 
 Nel giorno dei funerali la mamma di Enrico, Carolina, ha 
				voluto che il suo bambino e il papà riposassero insieme, 
				nella stessa bara. Ora Carolina consuma i minuti di una 
				esistenza non più viva.
 
 I necrologi raccontano di Vannina, la prima vittima, 
				morta in una casa nei pressi della diga. C’è la storia di 
				Laine, aveva 16 anni, anni belli: è morta insieme 
				alla sua famiglia, nel seminterrato in cui viveva da 
				quando papà Isael aveva perso il lavoro e non poteva 
				permettersi di meglio; trenta metri quadrati sommersi dal 
				fiume melmoso che ha invaso l’alloggio uccidendo il papà, la 
				mamma, Laine e suo fratello ventenne.
 
 Di una giovane donna è anche la cronaca, via 
				smartphone, della fuga della sua famiglia sul tetto d’un 
				casolare: ha filmato Cleopatra mentre travolgeva la 
				sua abitazione, ingoiando le sue cose.
 
 Storie di morte e di vita: storie di donne giovanissime 
				che, volontarie nella loro terra, svuotano negozi e 
				abitazioni, recuperando il poco salvabile; storie di chi ha un
				ruolo pesante sulle spalle, come Antonella, sindaco di 
				Torpè: cerca l’attenuante allo strazio per renderlo 
				meno insopportabile; la trova, come sempre, nei soldi che non ci 
				sono e nella vaghezza degli allarmi.
 
 Eccola di nuovo la materia del contendere e del gran 
				polemizzare, dopo le alluvioni come dopo un terremoto: gli 
				allarmi; su di essi l’ignobile rimpallo di responsabilità. 
				Dicono gli amministratori sardi che nell’ultimo anno ne sono 
				stati lanciati oltre venti, troppi per essere credibili al 
				punto da indurre l’evacuazione dei centri abitati.
 
 Franco Gabrielli, il capo della protezione civile 
				nazionale, non ci sta. Si dice «stanco dei lamenti dei 
				sindaci» e consiglia: «meno sagre e pensare di più al 
				territorio». Tuttavia sa che i sindaci non possono da soli 
				pensare alla manutenzione perché è questione ampia e complessa.
 
 È materia in primo luogo per la Nazione se, come dicono le 
				statistiche, in Italia oltre l'82% dei Comuni si trova in 
				aree ad elevato rischio idrogeologico. Nelle aree a rischio 
				sono costruite l’85% delle abitazioni, il 56% delle 
				industrie, il 26% delle attività commerciali e dei 
				servizi, 6250 scuole e 500 ospedali. Sono 
				circa sei milioni i cittadini che vivono in una situazione di 
				potenziale pericolo. E nonostante questo si costruisce 
				negli alvei dei corsi d’acqua, si lasciano accumulare i detriti 
				nei fiumi, si prosciugano e si spostano i rivoli che la natura 
				ha voluto lungo lo stesso tragitto per millenni. Si argina, 
				si cementifica, si brutalizza, si condona, si allentano 
				le briglie normative e si sottovaluta.
 
 Eppoi, sempre più spesso, dolorosamente si conta.
 
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			| DONNE Valentina 
				Maio: umiltà e tanto lavoro, binomio irrinunciabile nel calcio
				di Maria Cristina Saullo 
 Lo sport, il calcio: l’attività agonistica più amata 
				in Italia.
 
 Una squadra, la
				Virtus Lanciano, affidata alle sapienti mani di una donna:
				Valentina Maio, classe 1983, nota imprenditrice, 
				presidente dal 2008 di un team la cui storia è scritta negli 
				annali del calcio nostrano.
 
 Partiamo dal padre Franco, patron della società; suo fratello 
				Guglielmo che ricopre la carica di amministratore delegato e 
				suo marito, il calciatore Manuel Turchi, dal quale ha avuto 
				due figli: Francesco e Ginevra; per non parlare dell’intera rosa 
				di giocatori, parafrasando un gergo sportivo, fiore 
				all’occhiello del popolo chietino: un’unione sportiva, gestita 
				in famiglia e come una famiglia.
 
 Una squadra che sta raccogliendo i frutti di anni di duro 
				lavoro grazie anche ad una gestione oculata di una donna 
				che ha saputo fare di questo sport una missione di vita.
 
 Con il passare delle stagioni la Virtus Lanciano ha saputo 
				scalare categorie, raggiungendo traguardi insperati, 
				approdando in serie B, dove milita all’insegna del 
				motto del lavoro, costante e curato ogni giorno nei minimi 
				dettagli in un luogo magico, un territorio affacciato sulle 
				colline ridenti che si inerpicano a ridosso del Mar Adriatico; 
				e tra una vegetazione ridente e rigogliosa ecco apparire, 
				all’orizzonte, lo stadio "Guido Biondi".
 
 All’interno, ogni giorno, si scorgono i giocatori che si 
				allenano con i metodi più moderni; ore ed ore di sedute 
				sportive scrupolose per migliorare la reattività del corpo e di 
				quelle gambe che devono correre e fare gol.
 
 Il tutto, sotto l’occhio attento di Valentina, che sta 
				realizzando un sogno con passione e umiltà. Il suo 
				humus è quello di essere sempre vicina ad una squadra che 
				trasmette emozioni al pubblico; una passione cresciuta nel 
				tempo, e diventata grande con la forza e la caparbietà.
 
 Valentina Maio è tutto questo: un surplus di emozioni 
				trasmesse al suo team che ha saputo realizzare un miracolo, 
				scalando quotidianamente quei gradini che puntano alla gloria.
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