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Telegiornaliste anno IX N. 37 (381) del 4 novembre 2013
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TGISTE Frediana
Biasutti: informare sempre
di Giuseppe Bosso
Incontriamo Frediana Biasutti, veterana del
Tg2, di cui da
ottobre conduce l’edizione delle 13.
La conduzione delle 13 per lei è un punto d'arrivo?
«No. Ce ne sono tanti nella vita, sicuramente è una bella soddisfazione, ma non
mi sento ‘arrivata’ così».
Ricorda il suo primo servizio?
«Sì, quando frequentavo la scuola di giornalismo a Perugia per il Tg5 realizzai
un pezzo su una competizione di tori in Spagna, piuttosto pittoresca».
Si parla di privatizzare la Rai: sarebbe favorevole?
«Ritengo che la tv pubblica debba restare tale; le logiche di un'azienda privata
non sono quelle della Rai così com'è stata concepita; privatizzarla - anche solo
in minima parte - significherebbe inevitabilmente snaturarla. Certo non si può
negare che la gestione dell'azienda, in alcuni periodi, sia stata davvero poco
efficiente e molto criticabile. Specie in tempi di crisi è una questione molto
complessa, ma la privatizzazione non sarebbe la soluzione».
In un momento di crisi come questa qual è il ruolo dell'informazione?
«Quello di sempre: informare, soprattutto portare notizie importanti, magari
evitando di dare troppo spazio a notizie 'innocue', di poca sostanza».
Segue degli accorgimenti nella scelta del look per andare in onda?
«Non diversi da quelli che seguo nella vita di tutti i giorni. Mi ritengo una
persona semplice che non è ossessionata dall'immagine e dall'apparenza. La cosa
importante è che sia consapevole del fatto che chiunque mi può vedere, dal
bambino all'anziano, dalla donna musulmana a quella cristiana, per cui è
importante cercare di apparire in modo da non offendere nessuno dei potenziali
spettatori. E comunque come le dicevo quello che conta è la sostanza, le cose
che dico e le notizie che trasmetto».
Come si vede tra dieci anni?
«Più vecchia (ride, ndr)? Più saggia spero, ancora giornalista... ma ho imparato
a non fare previsioni. Se mi avesse intervistato dieci anni fa, quando lavoravo
agli esteri, sicuramente non le avrei risposto nel modo in cui poi la vita ha
scelto per me. Non avrei certo immaginato di arrivare alla conduzione, non era
la mia aspirazione e invece eccomi qui».
C'è una notizia che vorrebbe dare un giorno?
«Una... difficile sceglierne una, mi piacerebbe dare una notizia positiva di
portata planetaria!».
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NONSOLOMODA A
tu per tu con Vladimir Luxuria di
Francesca Succi
Attrice, scrittrice, conduttrice televisiva, autrice teatrale e
prima transgender eletta nel Parlamento di uno Stato europeo,
Vladimir Luxuria il mese scorso è stata ospite di
TAG - Festival
della Cultura LGBT per presentare il suo nuovo romanzo edito da
Bompiani, L'Italia Migliore.
Fresco di stampa, L'Italia Migliore racconta la storia di
Camilla e Marianna, due sorelle separate da una vita
diversissima.
Camilla vive in un paese di provincia e conduce
una vita tranquilla, anonima, con il marito, un bambino e la
vecchia madre malata di Alzheimer.
Marianna è invece una nota
conduttrice tv che si fa di coca e ha ottenuto il programma L’Italia Migliore andando a letto con il disgustoso direttore di
Italia tv, una immaginaria rete privata.
La trasmissione prevede
sei personaggi che hanno compiuto atti di eroismo, uno per
puntata.
Gli ascoltatori eleggeranno con il televoto il
vincitore, e questi otterrà un premio in denaro. Ma i
concorrenti sono davvero degli eroi votati all’accoglimento
degli altri? E Marianna è proprio solo una star tutta bizze e
tic nervosi?
Forse no. Forse la falsa cartomante che a Roma l’ha
convinta a tornare al paese per un incontro con l’anziana madre
malata non aveva torto, era uno strumento di un destino bizzarro
ma necessario.
C’è un dramma alle spalle di Marianna, episodi
di violenze domestiche, e molti sono i colpevoli nella sua
famiglia. Tornare a casa significherà confrontarsi con gli
attori di quel dramma, con se stessa, con una vita che reclama
un senso finale.
Vladimir Luxuria sa parlare con semplicità e forza del dolore e
della violenza, in un libro in cui la critica corrosiva ai vizi
della società dello spettacolo si salda alla rappresentazione
cristallina della femminilità violata del suo personaggio più
riuscito.
Madrina delle più importanti manifestazioni glbt, da Mister Gay
al Festival del Cinema Gay di Torino, Vladimir Luxuria a TAG ha
raccontato il suo impegno per i diritti civili e di cittadinanza
delle persone omosessuali, condividendo il suo punto di vista
sulla legge contro l’omofobia e la transfobia, e sui matrimoni
tra omosessuali.
A fine presentazione sono riuscita anche a fare una
chiacchierata
con lei sul suo essere donna e il suo stile sempre molto curato.
Ecco cosa mi ha detto. Buona visione!
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TUTTO TV Telegiubando,
la tv secondo Giubo.
Come 'gavettavano' i big di oggi: Paolo Ruffini, musica e risate
di Giuseppe Bosso
Dal 2011 è il brillante e irriverente padrone di casa di
Colorado, prima al fianco di Bélen Rodriguez e,
quest'anno, delle due non meno splendide Olga Kent e Lorella
Boccia.
Ne ha fatta di strada
Paolo
Ruffini, 35 anni a breve, ormai volto noto del piccolo
schermo, e non si può certo dire che il simpatico attore
livornese si sia fatto mancare qualcosa nel suo curriculum, già
molto ricco nonostante la ancora giovane età.
Come tanti suoi colleghi, gli inizi sono soprattutto particine -
a tenerlo a battesimo è il concittadino Paolo Virzì, con un
piccolo ruolo in Ovosodo nel 1997 - e spot. Poi,
la svolta nel 2002 quando entra a far parte della famiglia di
Mtv (tramite il concorso Cercasi vj) dove
lavorerà per tre anni.
Ma la sua strada è quella di far ridere, da degno
esponente della rinomata scuola toscana che tanti comici
di spessore ci ha regalato, da Benigni in poi. E per far
ridere ci sono due percorsi: cinema e televisione.
Approda così a Raidue dove partecipa al demenziale Bla Bla
Bla con gli altrettanto esplosivi Lillo & Greg, voluto
dal conterraneo Marco Giusti, autore televisivo che
contemporaneamente lo porta a Stracult, programma
dedicato al cinema dove intervista divi del calibro di Donald
Sutherland e John Woo.
Anche per il grande schermo però Ruffini si dà da fare, e
infatti per due anni di fila è tra i protagonisti
dell'immancabile cinepanettone targato Neri Parenti,
prima a Miami - l'ultimo del duo Boldi-De Sica - e poi a
New York, dove affianca sempre il 'solito idiota' Francesco
Mandelli nel ruolo di due giovani italiani alla ricerca di
facili conquiste a stelle e strisce.
L'alternanza tra piccolo e grande schermo prosegue anche negli
anni seguenti: inviato per le trasmissioni Matinée e
Soirée, sempre targate Marco Giusti; conduttore di Comedy
Central, canale satellitare dello stesso gruppo Mtv; inviato di
Scalo 76 condotto da Paola
Maugeri e Daniele Bossari; coprotagonista di La
seconda volta non si scorda mai con Alessandro Siani -
celeberrima la battuta "te sei di Napoli? Napoli provincia?"
- e nuovamente con Virzì nella loro Livorno in La prima
cosa bella; e poi le due pellicole firmate Fausto
Brizzi Maschi contro Femmine e Femmine
contro maschi.
Contemporaneamente scopre un'altra passione, il teatro:
nel 2008 partecipa a Portami tante rose.it, firmato dal
duo Maurizio Costanzo-Enrico Vaime; affianca Luca Argentero e
Paola Cortellesi nel musical 80 voglia di... '80 ed è
coprotagonista, con Arianna Bergamaschi e Justine Mattera, della
commedia Tre cuori in affitto e della squadra di The
Full Monty, musical ispirato alla celeberrima pellicola,
composta, tra gli altri, da Paolo Calabresi, Sergio Muniz e
Pietro Sermonti.
Arriviamo così ai giorni nostri, quando Italia 1 lo chiama a far
parte della squadra di Colorado: veste i panni di
Pinocchio e di Ulisse nelle irriverenti parodie della serie
Sto'classico e, come detto, affianca la show girl
argentina nell'edizione del 2011, in cui mette in mostra tutta
la sua ironia e la sua verve, confermandosi anche quest'anno;
nel frattempo si è dato anche alla regia con Fuga di cervelli,
prossimamente in sala. |
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PINK NEWS Essere
donna oggi
di Valentina Dellavalle
Donna. Un nome che nasce all'inizio del tempo: la donna
che viene ammirata, richiesta, desiderata; ma anche posseduta
e negata.
Perché l'uomo, dopo anni di certezze e di identità distinte,
attraversa un clima di insicurezza, di contraddizioni;
traballa la cultura del “forte e maschio” e si rifugia nel
gruppo, dove è facile essere accettati. Niente timori e
responsabilità, si può permettere di aggredire il debole,
anche come stalker.
Schiacciati da madri assillanti, da problemi economici e
incertezza sul futuro, dopo la fine di una relazione, non
riescono più ad impostare una nuova vita; non accettano il
rifiuto, il loro orgoglio e il senso del possesso
prende il sopravvento.
Il vero uomo sa che la violenza è l'arma degli incapaci e dei
mediocri: ma quanto sono importanti le esperienze e
la cultura nei rapporti?
In Italia si assiste a questa affermazione della
propria identità in modo violento, e in altri paesi,
sopratutto emergenti, la condizione femminile ha realtà
drammatiche: in alcuni paesi arabi le donne hanno
molte limitazioni alla loro libertà; in altri, come la
Siria, avevano raggiunto una certa indipendenza nel
sociale, pur rimanendo nel privato ancora legate alla
tradizione conservatrice della famiglia. In India,
nonostante sia stato uno dei primi paesi al mondo con un capo
di governo femminile, la tradizione resiste fortemente
strutturata, soprattutto nei centri rurali. Come descrive
la giornalista e scrittrice indiana Annie Zaidi, le
società emanano le leggi per un’effettiva parità dei cittadini,
ma nulla possono contro le menti abituate ad una cultura
patriarcale.
Le bambine sono considerate un peso inutile, e
risale a pochi mesi fa la notizia di un marito che ha
costretto la moglie al suicidio col veleno, perché aveva
partorito solo femmine.
Anche nella nuova e produttiva Cina, nelle campagne,
persiste la discriminazione. Serviranno cambiamenti in tutto
il mondo: nel frattempo, cerchiamo di educare le nuove
leve al rispetto degli altri, a fare in modo che la paura
non viva più altre stagioni da protagonista, lasciandoci ancora
il tempo per parlare di moda. Confrontiamoci con altre
culture per vivere un futuro tinto di “rosa”.
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DONNE Maria
De Villota: la scomparsa e l’esempio di
Deborah Palmerini
La vita è un dono è il titolo scelto, per il suo
primo libro, dalla sfortunata pilota madrilena Maria
De Villota, scomparsa improvvisamente a 33 anni per le
conseguenze riportate nel terribile incidente in pista di
cui era rimasta vittima lo scorso anno.
Lo avrebbe presentato l’indomani se, nel sonno, non le fosse
stato fatale quel mostro insidioso al quale è stato attribuito
il nome di causa naturale, rimasto latente per i danni
neurologici subiti nel luglio 2012.
Figlia e sorella d’arte nel circus delle corse
automobilistiche, Maria De Villota, dopo aver gareggiato nella
Formula 3 spagnola era approdata come collaudatrice in
Formula 1 nel team anglo-russo Marussia. Il 3 luglio
2012, durante la prima sessione di test aerodinamici,
rientrando ai box la sua monoposto è andata a incastrarsi sotto
il bilico del team (che forse non doveva trovarsi lì) facendole
urtare violentemente il capo contro la sponda aperta.
Il casco le aveva salvato la vita ma non aveva potuto
risparmiarle la perdita dell'occhio destro; Maria aveva
inoltre perso la sensibilità alla parte destra del capo e
il senso dell’olfatto: mangiava cibi dal gusto deciso
perché con difficoltà percepiva i sapori; conviveva con un mal
di testa ostinato, e ogni sua azione quotidiana doveva tener
conto della pressione cranica.
Un recupero lungo e difficile il suo, sia dal punto di
vista fisico che psicologico: durante la prima
convalescenza aveva temuto di non riuscire a riprendersi la sua
vita; tuttavia, la tenacia del carattere e l’amore per
il bello della vita l’avevano sostenuta e De Villota aveva
riconquistato il suo posto.
Non più negli autodromi ma, con generosità, aveva messo a
disposizione la tragica esperienza vissuta in favore di
importanti campagne sulla sicurezza; con coraggio era
tornata a mostrarsi in pubblico con una benda rossa
sull’occhio: una necessità con il tocco di un vezzo
femminile.
Raccontava di aver acquisito una diversa percezione delle
cose e del tempo. Anche nella vita privata era tornata a
progettare e a sognare, grazie a Rodrigo García Millán,
l’uomo che a un anno dall’incidente, a luglio 2013, era
diventato suo marito e che le era rimasto accanto nei momenti
più drammatici.
L’11 ottobre scorso la notizia della morte prematura ha scosso
il mondo dell’automobilismo. Maria De Villota rimane un
modello grande di forza e coraggio; nonostante le disabilità
sopraggiunte, aveva conservato il suo tratto distintivo, il
sorriso, aperto, rosso di fuoco e passione munifici verso la
vita.
Così la ricorda Pedro de la Rosa, pilota spagnolo,
collaudatore della scuderia Ferrari, amico personale
della De Villota: «Ovunque sia Maria, sono sicuro che starà
sorridendo. Sarà sempre un riferimento per noi tutti: una vera
super donna». |
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