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Telegiornaliste anno IX N. 33 (377) del 7 ottobre 2013
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TGISTE Adele
Ammendola: ho imparato il mestiere sul campo di
Giuseppe Bosso
Napoletana, trasferitasi ormai da 20 anni a Roma dove è diventata una dei volti
storici del Tg2,
intervistiamo Adele Ammendola.
È stato difficile per lei ambientarsi a Roma?
«No. La capitale ha uno spirito molto simile a quello di Napoli, anche se più
ordinata sotto molti punti di vista. Non ho avuto tempo di provare nostalgia, mi
sono subito immersa nella realtà romana; e comunque non è poi così lontana dalla
mia città natale, e non sono pochi i colleghi partenopei che ho ritrovato al Tg2
dopo aver condiviso l’esperienza al Tgr».
Rispetto ai suoi esordi ritiene che oggi per un giovane sia più difficile
entrare nel mondo del giornalismo?
«Io ho vissuto un’altra epoca, con altre difficoltà; non avevo certo intorno a
me tutte le scuole di giornalismo che sono fiorite in questi anni, la mia è
stata un’esperienza che si è formata soprattutto sul campo; romantica, se
vogliamo definirla così, pur con tutte le problematiche connesse al trovare
qualcuno che ti assumesse, che ti offrisse un contratto. Oggi, oltre alla
possibilità di formarsi in una scuola e avere a disposizioni maggiori strumenti
tecnologici, le difficoltà maggiori sono quelle legate alla crisi economica che
ha inevitabilmente avuto i suoi riflessi anche nel nostro campo».
Qual è stata l’intervista o il servizio che l’hanno maggiormente gratificata?
«Più che un servizio o un’intervista le soddisfazioni maggiori me le hanno date
le edizioni straordinarie, legate a eventi come terremoti o attacchi militari,
notizie che piombano all’improvviso in redazione e che ti danno grande libertà
di gestione. Non sempre fatti negativi, preciso; adesso stando nella redazione
politica del Tg2 mi trovo, per così dire, un po’dietro le quinte rispetto a
quando mi occupavo di cronaca. Tra i personaggi che ho intervistato sicuramente
molti mi hanno colpito, principalmente artisti».
È una delle tgiste maggiormente seguite dai nostri lettori: cosa le suscita
questo interesse nei suoi confronti?
«Disincanto. Mi diverte questa cosa, ma la vivo con molta ironia senza pensarci
più di tanto. È carino scoprire che c’è qualcuno che ti segue, anche creando un
filo diretto; l’importante è saper tenere alla larga quelle persone che ti si
attaccano in maniera ‘patologica’, maniacale; in quei casi è meglio non
alimentare questi pensieri».
Quali sono, se ne ha, gli accorgimenti che segue sul look, sull’abbigliamento
e sulle pettinature?
«La giacca, per quanto non apprezzata dalle nuove generazioni, rimane sempre
l’abbigliamento ideale per me. Quanto ai capelli… è un travaglio! Un conflitto
perenne che mi porto dietro dai tempi del Tgr Campania, quando avevo un
panettone in testa – scoppia a ridere, ndr – e che adesso, avendo ormai
declinato sul biondo, è un continuo alternarsi tra riccio e liscio. È la
conseguenza di avere dei capelli molto sottili, anche se fortunatamente ci sono
delle persone che sanno come occuparsene tra gli addetti ai lavori della
redazione. A proposito di questa domanda, ricordo con simpatia i tempi in cui
lavoravo a Napoli e mi capitava di incontrare per strada persone che, nel modo
tipico partenopeo, mi davano consigli e osservazioni su come mi avevano visto in
televisione».
La notizia che vorrebbe dare un giorno?
«Fine della crisi, se non altro economica; non fa piacere dover vedere gente che
perde il lavoro, negozi che chiudono… qualche segnale, non dalla politica, sta
arrivando, ma l’attenzione deve rimanere alta e a maggior ragione per chi fa il
nostro lavoro».
Come si vede tra vent’anni?
«Mi piacerebbe potermi dedicare maggiormente alle mie passioni, le letture e i
viaggi in posti come l’Egitto che, in questo momento così travagliato, non
possono essere visitati; e poi senz’altro dedicarmi alla cucina, fare dolci per
i nipotini…».
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NONSOLOMODA Cronaca
del blogger tour: la 19enne Daria Locchi vince la Borsa di
Studio Anna Monesi di Modartech di
Francesca Succi
Pontedera - Dopo lo splendido blogger tour della
settimana scorsa è stato comunicato il nome della vincitrice
della Borsa di Studio Anna Monesi (la borsa di studio
prevede la copertura totale del Percorso Triennale in Design e
Progettazione della Moda per un valore di Euro 19.500,00). Si
tratta della 19enne Daria Locchi di Sarzana che per
partecipare al concorso ha presentato il bozzetto di un abito
tempestato di fiori sorretto dall'indimenticabile crinolina,
elemento importante per dare alla parte inferiore dell'abito una
forma a campana.
Daria Locchi è diplomata al Liceo Artistico. Sentiva che le basi
acquisite nella pratica dello schizzo dovevano essere
perfezionate mediante studi tecnici per avvicinarsi,
professionalmente, al mondo della Moda. Ecco perché ha deciso di
partecipare al bando di concorso lanciato dall’Istituto
Modartech. La Giuria ha decretato la sua vittoria praticamente
all’unanimità, colpita in primis dall’impatto cromatico
originale, dal tratto romantico e leggero, dalla
tecnica precisa, dal talento e dal contenuto
stilistico che rivela autentica passione per l’universo che
da quest’anno scoprirà in tutti i suoi aspetti più tecnici.
L’assegnazione della Borsa di Studio tuttavia non è stata
semplice, tantissimi erano i progetti pervenuti e in particolare
i dieci finalisti erano di altissimo livello, ognuno meritevole
di attenzione. Una finale tutta al femminile, con una fascia di
età dai 19 ai 28 anni, proveniente da tutta Italia. Fra queste
anche una partecipante iraniana.
Partner dell’iniziativa la Fondazione Piaggio, spesso
partner di convegni, mostre e iniziative legate all’Istituto,
che ha offerto il patrocinio all’iniziativa, così come AIL
di Firenze, l’Associazione Italiana contro le
Leucemie-linfomi e mieloma (a cui la vincitrice dovrà
versare il 10% del valore complessivo della Borsa di Studio),
Gattinoni Couture, il cui Amministratore Delegato Stefano
Dominella è anche Direttore Scientifico dell’Istituto,
Cafè Noir, la prestigiosa azienda calzaturiera presente
da oltre 20 anni nel mercato, il marchio di Argenteria
Giovanni Raspini, Monnalisa, marchio internazionale
nel mercato dell’abbigliamento per bambini, Lectra,
leader mondiale nelle soluzioni tecnologiche integrate.
Quindi un successo nel successo che ha visto il blogger tour di
Modartech uno degli eventi più riusciti degli ultimi tempi dove
giornaliste di moda e blogger hanno partecipato con vivo
interesse. Interesse negli headquarters di Viola Vinca, alle
prese con la visione della produzione delle calzature di lusso.
Interesse in continuo aumento al Museo Piaggio dove, tra una
spiegazione della guida sull'origine dell'Ape e della Vespa e
una risata tra amiche, è andato in scena anche un originale
shooting fotografico. E, infine, altro interesse (con una vena
malinconica per la chiusura dell'evento stesso) anche da Leo
Novi nella giornata di domenica 29 settembre.
Tutto è riuscito. Noi di Telegiornaliste.com auguriamo un
futuro roseo a Daria Locchi e a tutti gli studenti
dell'Istituto Modartech, scuola di qualità che permette
d'inserire in maniera sicura nel mondo del lavoro ragazzi dalla
grande creatività. |
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radio che diventa tv
di Silvia Roberto
Ricordate la coppia Cruciani-Parenzo,
protagonisti della trasmissione radiofonica
La Zanzara su Radio 24? Il programma più
chiacchierato, più amato (e perché no, a volte anche odiato)
dagli ospiti per le domande troppo punzecchianti?
Ebbene, Giuseppe Cruciani e David Parenzo tornano dal 9
ottobre, in prima serata, ogni mercoledì sera; ma questa
volta non sentiremo più solo le loro voci, bensì li potremo
guardare e ascoltare su Rete 4: eh sì, perché il programma
radiofonico più in voga sbarca in televisione; d’altronde era
stato già annunciato da Pier Silvio Berlusconi, il 2
luglio scorso, nel corso della presentazione dei palinsesti
autunnali delle Reti Mediaset quando disse che Rete 4 sarebbe
stata inondata di informazione e che sarebbe diventata la
spina dorsale dell’offerta della rete.
Il
promo della trasmissione è già in rotazione televisiva:
un video alquanto divertente ma molto furbo e
attinente al titolo alquanto aggressivo; Cruciani osserva,
quasi furibondo, un Parenzo prendere a martellate
presumibilmente una cassa di legno, urlando: «Io sto
distruggendo il talk show; è superato! Morto! É finito! Basta
con i due ospiti da una parte, due ospiti dall’altra,
centrodestra contro centrosinistra!».
Il video termina con Cruciani che, impossibilitato dal
continuare il suo lavoro, porta via Parenzo non prima di aver
dato un’ultima martellata al “talk show”.
Un video, non c’è che dire, alternativo. E in effetti è
proprio quello che vogliono fare i due giornalisti, prossimi
conduttori: portare qualcosa di diverso; di talk show ce ne
sono fin troppi, affermano.
«Quello che vogliamo è che il pubblico ci segua e ci ami per
l’innovazione che vogliamo dare al programma. Non sarà, quindi,
il classico talk con le sedie o due contro due»: questo
quanto affermato da Cruciani durante la conferenza stampa di
presentazione lo scorso 4 settembre.
Dai toni de La Zanzara sarà quindi un programma che avrà
l’obiettivo di punzecchiare portando quei “famosi”, tipici del
programma radiofonico, toni accesi e discussioni alquanto
animate che sicuramente non mancheranno.
Di recente, tra l’altro, Cruciani e Parenzo, finiti sulle prime
pagine di giornali e siti web,
hanno intervistato Guido Barilla, patron della pasta,
che ha affermato che mai penserebbe ad una pubblicità con
protagonista una famiglia omosessuale. Le polemiche? Inutile
parlarne.
Non ci resta quindi che annunciare il titolo del nuovo
programma: ovviamente Radio Belva.
Ci si domanda come mai sia stato scelto un titolo di così forte
impatto. Curioso sapere che Radio Belva era il soprannome
di Gustavo Selva, politico e giornalista italiano, ex
direttore del Giornale Radio di Radio 2, conosciuto per il suo
anti-comunismo.
Insomma un programma che ospiterà personaggi politici e non,
ponendo loro domande scomode, senza peli sulla lingua,
sollevando polveroni e discussioni e tutto questo per tenere
incollato al video il pubblico.
Ce la faranno i nostri eroi? Lo scopriremo mercoledì 9
ottobre in prima serata solo su Rete 4. |
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PINK NEWS Lo
sport contro la violenza
di Maria Cristina Saullo
La violenza sulle donne non è uno sport. Non è uno
slogan, non è un cartello da sventolare in questo macrocosmo,
contornato da una grave crisi di identità.
Adesso basta! Combattiamo a testa alta contro
questo cancro che devasta il nostro vivere quotidiano; un
fenomeno che colpisce in ogni dove senza un motivo, senza un
senso concreto
Ogni giorno siamo invasi da accadimenti che lasciano
nell’anima quell’amarezza che fa sbiadire quel rosa che
caratterizza il nostro essere luce nella luce, amore nell’amore:
un amore spezzato da una crudeltà inumana.
Vengono alla luce storie di donne scippate della loro dignità,
del loro orgoglio, della loro grande forza; donne
che diventano fragili, si sentono abbandonate, impaurite,
terrorizzate da uomini che dovrebbero amarle e proteggerle a
vita, ma che usano la violenza come arma di distruzione:
ma distruzione di chi?
Sicuramente di loro stessi, ne sono certa.
Con un semplice ‘no’, con la denuncia alle
autorità preposte e con il dialogo aperto e leale, si può
cercare di sopperire a questi avvenimenti che portano solo a
spazzare via il senso più alto della vita che caratterizza il
mondo di donne, madri, figlie.
Sono molte le iniziative e le manifestazioni di
sensibilizzazione che vengono organizzate per dire basta
alla violenza sulle donne, e nel caso specifico è lo sport che
la fa da padrona.
Un’unione di generi, di forza e solidarietà che contribuisce a
sensibilizzare tutti, e dico proprio tutti, verso un argomento
che deve indurci a scendere in campo lealmente per debellarlo
una volta per tutte.
A Busto Arsizio, ridente cittadina lombarda è stato
proprio il Coni
ad organizzare una kermesse, mettendo in scena un monologo
dell’indimenticabile Franca Rame, Lo stupro,
scritto nel 1974 dall’attrice per esorcizzare la violenza
subita due anni prima.
Un testo struggente, a tratti molto crudo, che colpisce
al cuore di ognuno di noi; lei sì che ha avuto coraggio e
come lei tantissime altre: coraggio di denunciare, rendere
partecipe l’opinione pubblica di un male, difficile da curare,
ma che con il tempo, affrontandolo, si riesce a superare; ne
sono certa. |
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DONNE Gilda
Valenza: gli uomini secondo me e Mariagrazia
di Giuseppe Bosso
Un confronto tra due donne di età ed esperienze diverse, nato
quasi per gioco e presto piombato nelle librerie: Noi & loro
- Uomini e donne edito da Eracle.
Mariagrazia Poggiagliolmi,
vecchia conoscenza di Telegiornaliste, e Gilda Valenza,
fotoreporter e giornalista, che incontriamo, hanno riscontrato
notevole successo.
Come nasce questo incontro letterario tra una fotoreporter
free lance e una giornalista?
«Da anni conosco Mariagrazia, occupandoci sia pure in ambiti
diversi di teatro; abbiamo subito simpatizzato, e del resto è
impossibile non legare con lei; magari a prima vista potrei
sembrare severa e distante, ma non è affatto così, siamo molto
simili. Inevitabilmente tra amiche si finisce sempre di parlare
anche di amore, lei del suo ragazzo ed io delle mie esperienze –
nel libro infatti io sono quella che ha superato gli ‘anta’ a
confronto con lei che è ancora lontana da questa meta – e così
abbiamo finito per ‘giudicare’ i signori maschietti, trovandoci
d’accordo su alcuni punti e in disaccordo su altri; in fondo
lei, ancora giovane, vive l’amore in maniera più possibilista di
me, che ho avuto qualche esperienza in più, ho alle spalle una
separazione, una convivenza, tre figli ormai grandi e un lavoro
prettamente maschile. Alla fine, confronto per confronto,
analisi per analisi ci siamo dette: perché non scriviamo un
libro su questi nostri scambi di opinione? Ma ci tengo a
precisarlo che il libro non è nato prima del dialogo, è stata la
conseguenza. Al tempo stesso una raccolta di dialoghi e di
consigli, appunto tanto per le persone che hanno superato gli
‘anta’ quanto per chi ancora è giovane».
Quanto c’è delle vostre esperienze nel libro?
«Molto. Ma non solo delle nostre; ci siamo avvalse anche di
nostre amiche e di persone che ho avuto modo di conoscere nel
mio lavoro di fotoreporter; persone che con me si confidano,
vedendomi come una donna che osserva ».
Nella copertina vediamo un uomo diviso tra una donna bionda
che gli porge un cuore e una bruna che gli punta un’arma: è una
casualità o l’espressione del fatto che Gilda è pistola e
Mariagrazia cuore?
«Come le dicevo ho sofferto decisamente di più e quindi rispetto
a lei il mio cuore è ‘armato’ nel senso di essere decisamente
più prevenuta rispetto a una ragazza ancora nel pieno della
gioventù e quindi più aperta e possibilista; è un mio disegno
infatti, ma il senso è questo: lei va con il cuore in mano, io
sto sulla difensiva».
Ma il lettore uomo non potrebbe essere portato a pensare che
siete troppo esigenti?
«E voi maschietti non lo siete? Perché dovremmo essere sempre
geishe? Lo diventiamo nel momento in cui l’uomo ci dà garanzie
di affetto, ma non si può pretenderlo fin dal primo incontro. È
una disparità che non mi va bene; dopo gli anta ho realizzato
che uomo e donna devono andare di pari passo, consigliarsi e
sostenendosi, ancora meglio per me facendo lavori diversi,
complici ma non in antitesi. Può darsi che il libro possa
spaventare i lettori, ma sono anche gli uomini a spaventare le
donne».
Qual è stato il riscontro che ha trovato nei lettori e nelle
lettrici?
«I lettori uomini stranamente non me ne hanno parlato o me ne
hanno parlato piuttosto alla lontana, limitandosi a dire che nel
libro non appaio per come mi hanno conosciuto nel mio lavoro,
sempre disponibile e alla mano. Ma è una caratteristica che mi
impone la mia professione; nel privato forse chi mi conosce mi
ha visto sotto una diversa luce. Dalle donne invece ho ricevuto
molti apprezzamenti e non sono poche quelle che mi hanno detto
di essersi riconosciute e di aver trovato degli spunti dal
nostro racconto».
E invece i suoi familiari cosa hanno pensato?
«Ho tre figli grandi come le dicevo; essendo una donna sola loro
mi hanno sempre vista come una virago – ride, ndr – ma
crescere tre ragazzi da sola non è certo facile. Avendo sempre
vissuto tra gli uomini, anche come fotoreporter, penso che sia
quasi un bene non aver avuto figlie femmine; ho saputo sempre
difendermi bene, ma non so quanto ci riuscirebbe una ragazza del
nostro tempo. Mi è sempre piaciuto impormi e imporre la
personalità che mi ha dato la mia macchina fotografica, che mi è
servita tantissimo come scudo. I miei ragazzi comunque hanno
apprezzato il libro, tanto che quando hanno dei problemi con le
loro fidanzate dicono: chiedi a mamma. Insomma, un vero punto di
riferimento…».
Rispetto a Mariagrazia si è sentita più confidente o, se non
sembriamo indelicati sottolineando il dato anagrafico, materna?
«Tutte e due le cose. Si può essere anche amiche adottando una
persona, cosa che mi viene spontanea essendo diventata madre
molto giovane; e io istintivamente i giovani li adotto, anche se
nel caso di Mariagrazia, che ha ricevuto il mio abbraccio fin da
subito, è evidente che prevale l’amicizia, trattandosi non di
una bambina ma di una ragazza matura».
Libro a parte chi è Gilda Valenza?
«Una donna che ha dovuto sempre lottare, tra le vicende
familiari di cui le ho parlato e il pormi con un lavoro in cui
ho dovuto sgomitare per affermarmi e far sì che gli altri
credessero in me. Ho conosciuto grandi personaggi, italiani e
stranieri, da Jack Lemmon a John Malkovich a personaggi di casa
nostra come Pino Daniele e Marcello Mastroianni. Stando al loro
cospetto e vedendoti donna molto giovane qualcuno può essere
portato a pensare che sei lì non per meriti tuoi ma per spinte
altrui; la foto è immediata, rispetto al testo che puoi
scegliere di leggere o no devi saper cogliere l’attimo. Però
vorrei sottolineare che in ambito lavorativo non sono stata
contrastata brutalmente, in maniera volgare come capita oggi; ho
vissuto gli anni ’70 in cui gli uomini erano ancora capaci di
attenzioni come aprirti lo sportello, cosa che oggi non fanno».
Cosa farà prossimamente?
«Ho già in mente un prossimo libro che sarà dedicato a
tutt’altro tema che quello di Noi & loro. Amo fare tante
cose anche se il tempo è sempre poco; per ora ci sono i corsi
che sto tenendo al Suor Orsola Benincasa. Vivo giorno per
giorno, a maggior ragione adesso che i miei figli sono grandi e
hanno una vita loro; mi piace ampliare».
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