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Archivio Telegiornaliste anno IX N. 32 (376) del 30 settembre 2013
 
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TGISTE Cristiana Matano, la serenità di mia figlia il mio sogno nel cassetto di Giuseppe Bosso

Professionista dal 1996, volto di Tgs, Tele Giornale di Sicilia, sorella di Monica, ormai veterana di Rai Sport, incontriamo Cristiana Matano.

Da Salerno alla Sicilia. Quali sono state, se ci sono state, per te le difficoltà maggiori di ambientarsi in una nuova realtà?
«Non ho avuto particolari difficoltà. Avevo 19 anni e mi guidavano l'entusiasmo e una dose di incoscienza. Ho incontrato persone fantastiche, avevo la voglia di dimostrare di riuscire a cavarmela da sola. Certo la nostalgia per la lontananza dai miei genitori e dalla mia amica del cuore salernitana c'è stata. Piano piano, però, ho costruito la mia vita in Sicilia, così come volevo e adesso ho vissuto più a Palermo che nella mia terra d'origine».

Com'è la tua giornata tipo?
«Fino a qualche mese fa si divideva tra lavoro e famiglia; anzi più che altro figlia, da accompagnare e riprendere da scuola, palestra ed altri impegni… poi la spesa, cucinare, organizzare le esigenze di chi ti vive accanto… da qualche mese mia figlia si è diplomata ed ha lasciato la Sicilia, quindi anche la mia giornata tipo d'ora in avanti subirà molti cambiamenti».

Sei la sorella di una delle tgiste più seguite e amate del nostro forum, volto ormai storico di Rai Sport: sei tu che le hai trasmesso la passione per il giornalismo?
«É stato nostro padre che ci ha affascinato con la sua immensa passione per questo mondo. Certo avendo iniziato qualche anno prima di lei a svolgere questa professione, probabilmente ho alimentato il desiderio che lei già possedeva».

Se non sono indiscreto, non sei un po' invidiosa, da sorella maggiore, nel vederla lavorare in Rai?
«L'invidia è un sentimento che non riesco a provare per nessuno, pensa se posso averla per mia sorella; le sue gratificazioni sono gioia per me. Io ho fatto una scelta di vita, quella di costruirmi a 20 anni una famiglia che ho messo al primo posto. Non sarei mai andata a lavorare altrove, lasciando marito e figlia a Palermo. Monica ha invece scelto la professione e solo dopo anni di gavetta ed aver centrato il suo obiettivo ha potuto pensare alla sua vita privata. Per me l'importante è fare ciò che faccio con l'amore di cui sono capace. O farlo in Rai o in un'altra qualsiasi tv, non fa differenza».

Per molte giornaliste è difficile conciliare lavoro e vita familiare: è stato così anche per te?
«Difficilissimo quando Marta era piccola: quando poi c'è l'aggravante di avere sposato un collega che ha i tuoi stessi orari, tutto diventa ancora più complesso».

Il look della tgista secondo Cristiana Matano.
«Semplice, fatto di tinte unite e tagli semplici ed eleganti. Amo i tubini, i vestiti smanicati e le giacche. L'immagine deve essere sobria ed essenziale, mai eccessiva».

Sogno nel cassetto?
«La serenità di mia figlia. Non ho desiderio più grande di vederla sempre appagata e soddisfatta».
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NONSOLOMODA Il caffè è in gamba di Michela Tortolano

Asciutto e… profumato! Si può dire basta al supplizio dei piedi maleodoranti: adesso c’è Atlas, il calzino antiodore.

Un’invenzione tanto semplice quanto efficace: le fibre utilizzate per la realizzazione delle calze sono trattate con il caffè, ad alto potere assorbente; le sue proprietà sono un rimedio naturale contro le fragranze sgradevoli, già note alle nonne che suggeriscono di lasciare in frigo del caffè in polvere, per esempio, o di utilizzarlo per lavare le mani dopo aver tagliato aglio e cipolla.

I cattivi odori sono in gran parte composti da carbonio, il quale è fortemente attratto dal caffè: infatti i supercalzini intrappolano gli odori, rilasciandoli solo durante il lavaggio; questo vuol dire che possono essere trattati come un normale capo, conferendo maggiore praticità di utilizzo. Il trattamento è concentrato sulla punta e sul tallone, essendo questi i punti di maggiore “produzione”.

La particolare lavorazione permette il loro impiego anche durante l’attività fisica. L’azienda produttrice, Ministry of Supply, garantisce che un utilizzo ripetuto non diminuisce l’efficacia: si lavano insieme agli altri indumenti, senza richiedere trattamenti specifici, preferibilmente a basse temperature.

Una critica però viene avanzata: l’impiego del poliestere in notevole percentuale potrebbe rendere il calzino innovativo un po’ lontano dalla sensazione di confort data dai tessuti più comuni, che si è abituati ad indossare. Inoltre in commercio esistono già da anni soluzioni per la stessa finalità, e per giunta made in Italy, traspiranti e antibatteriche.

Chi non ama molto il caffè non storca il naso: l’aroma dello stesso è neutralizzato attraverso un processo chimico della fase di produzione.

Come si dice, i propri odori sono tollerati sempre molto bene, perciò è il caso di dire alle donne di tirare un profondo e bel sospiro di sollievo, poiché è proprio del genere maschile la “facoltà” di produrre i cattivi odori
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TUTTO TV Soap opera dal sapore argentino di Silvia Roberto

A partire dagli anni ’80 le telenovelas fanno il loro ingresso televisivo tramite le allora reti Fininvest e le reti locali, dando il via ad un fenomeno che sarebbe durato decenni e decenni.

L’Argentina è il Paese con produzione maggiore di soap opera sbarcate poi in Italia… ma vi siete mai domandati quale è stata la prima telenovela che ha fatto da pioniera? La Schiava Isaura, Escrava Isaura, una telenovela brasiliana realizzata da Rete Globo nel 1976, venduta in altri 65 Paesi e approdata nel 1982 in Italia.

In realtà bisogna fare una distinzione tra Telenovela e Soap Opera, perché a volte si suole accomunare i due generi quando, in realtà, risultano differenti; a partire dalla durata, in quanto la soap opera è destinata a durare per decenni (come dimenticare la celebre Santa Barbara della NBC che si concluse dopo ben 2137 puntate?) mentre la telenovela, invece, spazia dalle 120 alle 200 puntate.

Inoltre, quest’ultima ha una struttura più semplice raggruppando una coppia di protagonisti al contrario, invece, della soap opera che si concentra su interi gruppi familiari.

La prima telenovela italo–argentina è Manuela, co-prodotta nel 1991 dalla sudamericana Crustel S.A. e da Reteitalia.

In Argentina ha raggiunto le 228 puntate per approdare poi in Italia e contarne 193. In Sudamerica il serial venne trasmesso in prima visione da Canal 13 nel day-time; in Italia, invece, venne mandato in onda in prima visione e in prima serata su Rete 4 dal 29 aprile 1991 al 6 dicembre 1992.

E poi Maria de Nadie, tradotto nella nostra penisola in Maria, che ha debuttato dapprima su Odeon Tv e poi, con un nuovo doppiaggio, su Rete 4. Sia Manuela che Maria sono state interpretate dall’allora ricercatissima Grecia Colmenares che interpretò talmente tanti ruoli in così tante soap che è difficile ricordarla esclusivamente per una.

Nel 1993 si concretizzò una produzione tra la rete italo-spagnola Telecinco e l’Argentina dal titolo Primer Amor, che andò in onda in Italia sempre su Rete4 con il titolo Primo Amor. Ma contemporaneamente debuttava anche un’altra super co-produzione italiana intitolata Màs Allà de l’Horizonte o Milagros, così chiamata in Spagna e in Italia. Un’altra grande telenovela fu El Dia Que Me Quieras in Italia, meglio conosciuta come La Voce del Signore.

A dispetto delle tradizionali telenovelas, ricche di intrighi che facevano rimanere incollati al teleschermo le nostre nonne, le nostre mamme, noi, l’ultima generazione, spasimiamo invece per telenovelas che parlano di sogni, aspettative di ragazzine, amori, musica

Violetta ne è un esempio. Una delle più celebri telenovele argentine di oggi, prodotta da Disney Channel ,ha spopolato tra le teenager latino americane, italiane, spagnole e francesi.

Insomma, le soap opera sono state fin dagli esordi una carta vincente, un modo per entrare in un mondo fatto di sogni, di intrighi amorosi che ci tengono in continua suspense; una puntata che termina inevitabilmente nel bel mezzo di una scena “clou” e mentre stiamo lì in attesa dell’epilogo… sigla finale! E dobbiamo aspettare la puntata successiva… ma va bene così, sotto con il prossimo episodio!
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PINK NEWS La protesta delle belle donne... Luci e ombre del movimento Femen di Malvina Podestà

Donne e ragazze: belle, bellissime, tanto da sembrare dive del cinema o top model, con corpi perfetti, che si presentano quasi sempre scoperti.

Di chi stiamo parlando? Delle Femen, movimento di protesta nato in Ucraina nel 2008, che lotta per i diritti delle donne e degli omosessuali, divenuto famoso perché la forma di protesta usata è quella di apparire in topless.

Partito con l'intento di modificare la visione e il ruolo rilegato del sesso femminile in Ucraina, Femen si è ben presto espanso oltre i confini, diventando un fenomeno con attiviste in tutto il mondo e che ha manifestato ormai in tutte le maggiori città d'Europa.

Le donne e le loro manifestazioni sono ormai conosciutissime, e riescono a bombardare i media e l'opinione pubblica conquistando sempre una prima pagina.

Tra le loro proteste più celebri quella contro gli Europei di calcio in Ucraina del 2012, visti come mezzo per favorire la prostituzione; quella contro il presidente Putin citando la sua presunta relazione extraconiugale; l'apparizione senza veli nella cattedrale di Notre Dame a Parigi contro il papa e l'omofobia (che ha causato il primo processo a Femen) oppure la recente “gavettonata” a seno nudo contro l'arcivescovo del Belgio contrario alle nozze gay.

Femen ha dato voce anche a molte storie di ribellione, come quella di Amina, giovane tunisina, che postò su Facebook una foto a seno nudo con la scritta “il mio corpo mi appartiene e non è la fonte dell’onore di nessuno”, che le costò feroci minacce, il pericolo della morte e il carcere. Ma questa storia, che commosse il mondo, si è poi conclusa con un epilogo amaro, la drastica rottura con il movimento Femen, accusato dalla tunisina di essere islamofobo e poco trasparente nella propria organizzazione e nei finanziamenti.

Quella di Amina, in realtà, non è l'unica ombra gettata sulle Femen, fenomeno dagli scopi forse non così nobili come sembrerebbe.

Ombre che sono state accentuate recentemente dal film-documentario Ukraine is not a brotel, L'Ucraina non è un bordello, presentato nelle scorse settimane al Festival del film di Venezia.

La regista, Kitty Green, 28enne australiana di madre ucraina, fa un ritratto molto vivido e intimo delle Femen, con cui ha vissuto a stretto contatto per più di un anno.

E dalla pellicola emerge la verità forse più sconcertante e inaspettata, ovvero che al vertice delle Femen ci sia un uomo, Victor Svyatskiy, attento calcolatore, che ha sfruttato il potere sessuale delle sue adepte, scelte con grande attenzione ai canoni estetici e usate come un business.

Ma subito è arrivata la risposta della leader, Sasha Shevchenko, che ha dichiarato che Victor non fa più parte del gruppo e che «non siamo più sotto il suo folle potere, ora lavoriamo fra donne».

Che si sia sostenitori o detrattori è indubbio che il gruppo Femen sia diventato un fenomeno ormai epocale.

Ma oltre all'ideologia, così forte e chiara, fa riflettere il fatto che oggi il più potente e conosciuto movimento femminile al mondo usi come strumento non quello delle parole ma quello dei corpi, belli e rigorosamente nudi.
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DONNE Stefania Pezzopane, l’alchimia dell’ascesa di Deborah Palmerini

Aquilana eletta a febbraio nelle fila del PD, la senatrice Stefania Pezzopane da alcune settimane si ritrova catapultata all’attenzione dei media nazionali, nel ruolo di vicepresidente della Giunta delle Elezioni e delle Immunità Parlamentari: è l’assise senatoriale in seno alla quale si ragiona sulla decadenza dal seggio del senatore Silvio Berlusconi, dopo la condanna definitiva per frode fiscale.

«Non immaginavo di dovermi confrontare così presto con una materia tanto complicata» ha dichiarato.

Tuttavia, la sua storia politica descrive una donna dalla tempra forte, resistente, creativa. Poco incline alla bagarre dei talk-show televisivi, ferma sui contenuti e sui suoi valori, mai presta il fianco a degenerazioni maldicenti.

Originaria di Onna, il paesino fra i simboli tragici del terremoto dell’Aquila, vive l’impegno politico concentrata principalmente sulle necessità della sua terra; ha iniziato la carriera politica ai tempi del liceo, costruendola con impegno e coerenza, fino a ricoprire le più alte cariche amministrative.

A spingerla furono la voglia di cambiamento e la passione per i diritti delle donne. E cominciò a praticarli in giro per i paesini del suo Comune, a bordo di una vecchia Fiat Cinquecento.

Giovanissima consigliera comunale, nel 1990 era l’unica donna in un’assise prevalentemente maschile; un’esperienza formativa di politica, amministrazione e autodeterminazione; doveva, infatti, valicare i preconcetti per affermarsi in un mondo di uomini.

Fu parte della giunta comunale prima di essere eletta consigliera regionale abruzzese, nel 1995 e nel 2000, con un numero di voti tale da diventare assessore al primo mandato e primo vicepresidente donna del consiglio regionale successivamente.

Lasciò per candidarsi alla guida della Provincia dell’Aquila; sotto la sua presidenza, gli aquilani scoprirono di avere un’amministrazione provinciale, prima semi-sconosciuta ai più.

Attentissima al valore della cultura, intesa in senso ampio, è riuscita a promuovere il territorio aquilano ideando partecipazioni clamorose alla BIT (Borsa Internazionale del Turismo) di Milano. Con lei in testa, la delegazione aquilana ha sfilato nei meandri della fiera, esportando le eccellenze e suscitando, anno dopo anno, grande attenzione da parte degli operatori turistici. Il letto funerario in osso di epoca ellenistico-romana; l’orso marsicano fatto di croccante e realizzato a grandezza naturale; il torrone morbido al cioccolato tipico dell’Aquila, lungo 22 metri, sul quale erano incisi gli stemmi di tutti i comuni della provincia: sono soltanto alcuni esempi della partecipazione della provincia aquilana nello stand Abruzzo alla Bit.

Piovevano critiche e qualche sberleffo, inefficaci e presto dissolti dagli echi dell’interesse da parte degli operatori turistici.

Poi, il terremoto dell’aprile 2009, l’evento che per lei, come per ogni aquilano, ha segnato una linea di demarcazione fra il prima e il dopo sisma; coordinatrice nelle operazioni di ricostruzione, referente nazionale per il suo partito, ha accompagnato tra le rovine del capoluogo abruzzese i capi di Stato venuti da tutto il mondo. Famosissima la fotografia che la ritrae al fianco di Barak Obama in Piazza Duomo, al cospetto della cattedrale sventrata. Sfollata come tutti, Stefania Pezzopane non è mancata un giorno dalla sua città.

Ma un anno dopo, nel 2010, a causa della diaspora fisica, e non solo, degli sfollati elettori, Stefania Pezzopane ha perso la corsa alla rielezione.

Dopo alcuni mesi, e prima di entrare in Senato, è stata Assessore alla Cultura e alle Politiche Sociali del Comune dell’Aquila.

Sostenitrice dell’idea che la ricostruzione non possa essere soltanto urbanistica ma debba essere principalmente sociale, perora con convinzione ogni iniziativa che possa riannodare la tela dell’appartenenza dei cittadini alla loro città: dalla Perdonanza Celestiniana ai Cantieri dell’Immaginario, fino all’idea visionaria di candidare L’Aquila a Capitale Europea della Cultura 2019, raccogliendo le adesioni dei maggiori comuni abruzzesi e della Regione. Una sfida di rinascita, nella sfida della ricostruzione.

Ci crede e vuole vincere: è questa la sua formula, l’alchimia dell’ascesa.

Nella sua amata città, L’Aquila, dove continua a vivere partendo ogni mattina in pullman alla volta di Roma, tutti la conoscono come Stefania. Interloquiscono con lei con semplicità, appellandola con il tu come fra vecchi amici, parlando di figli come si fa fra mamme al parco. Sanno che quella loro concittadina cinquantatreenne, di piccola statura ma dal carattere d’acciaio e dalla tenacia inattaccabile, ha una missione: la ricostruzione di uno dei più pregiati centri storici d’Europa.

E lei li ricambia lealmente, portandosi letteralmente addosso la città. Veste spesso abiti nero-verde, i colori che L’Aquila adottò dopo il terribile terremoto del 1703, in segno di lutto per le migliaia di vittime e di speranza per il futuro; indossa piccoli gioielli tradizionali, simboli della storia aquilana passata e recente.
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