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Telegiornaliste anno IX N. 30 (374) del 16 settembre 2013
 
	
		
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			| TGISTE Sara 
Bucci, orgogliosamente Emilia Romagna 
di Giuseppe Bosso 
 Incontriamo Sara Bucci, volto 
dell'emittente San Marino 
RTV.
 
 Com'è arrivata a San Marino RTV?
 «La storia di libertà della Repubblica di San Marino mi ha sempre affascinata; 
la televisione di Stato ha una sede splendida, in una posizione privilegiata: 
nelle giornate limpide dalle finestre della redazione si vede il mare di Rimini; 
lavoravo per un’altra emittente televisiva, E’Tv Romagna, un giorno feci un 
servizio proprio sulla televisione di San Marino ed una volta arrivata sulla 
cima del monte Titano pensai: mi piacerebbe lavorare qui. E così, con un po’ di 
determinazione e di fortuna eccomi qua».
 
 Ricorda il suo primo servizio o la sua prima conduzione?
 «Impossibile dimenticare l’emozione della prima conduzione! Le edizioni sono 
tutte in diretta, la prima alle 7:15; ricordo la voce del regista che mi dava il 
‘minuto’ e poi sulla sigla mi sembrava che il cuore battesse così forte da 
entrare nel microfono; riuscii a mascherare, per fortuna. O almeno credo, visto 
che nessuno chiamò l’ambulanza (ride, ndr)… e ricordo bene anche il mio primo 
servizio, costruito su una serie di interviste ad alcuni ragazzi di San 
Patrignano, sul finire del percorso di recupero. Stavano per lasciare la 
comunità per tossicodipendenti fondata da Vincenzo Muccioli e si erano 
raccontati davanti alla telecamera senza riserve, con tutto l’entusiasmo di chi 
si conquista la sua seconda possibilità nella vita; mi contagiò il loro slancio: 
ci misi il cuore, in quel servizio».
 
 A distanza di un anno dal grave terremoto che ha devastato l'Emilia quali 
sensazione avverte, come giornalista e come cittadina?
 «Già, è passato più di un anno. Ciò che il terremoto del maggio 2012 ha lasciato 
dietro sé è un marchio a fuoco nella mente di chi l’ha vissuto; dimenticare 
impossibile, ricordare inevitabile, raccontarlo molto delicato… ricordo i 
continui collegamenti con l’inviato sul posto, le edizioni straordinarie che si 
susseguivano ad ogni scossa. E poi gli aiuti che erano partiti tempestivamente 
anche da San Marino; proprio nei momenti di difficoltà e di dolore i due Stati 
si riscoprono e si stringono. Ricordo a questo proposito il titolo della 
Gazzetta di Parma che lessi in rassegna stampa, dopo la seconda scossa: 
abbracciamoci. Andare avanti è stato difficilissimo, un nodo in gola. A più di 
un anno dal terremoto che l’ha devastata, la mia Emilia Romagna ancora lotta per 
rialzarsi, con l’orgoglio tenace di una regione così generosa… si capisce che 
sono fiera della mia terra?».
 
 Le sta stretto l'ambito locale?
 «In realtà da quando la televisione di San Marino è sul satellite, sul canale 
520 di Sky, c’è una attenzione maggiore a raccontare non solo quello che accade 
dentro i confini della Repubblica. Un’ informazione da San Marino dunque e non 
esclusivamente di San Marino, con l’ambizione di fare della propria identità una 
realtà dinamica, di relazioni, proiettata nel suo tempo e nel suo spazio. Che 
sappia approfondire, con interviste e commenti di studiosi del posto, fatti 
geograficamente lontani come una guerra che si combatte dall’altra parte del 
mondo. Ripensando alla domanda la grande sfida del ‘locale’ è tutta qui. Ed è 
difficile che vada stretta».
 
 Quali sono, se ci sono, gli accorgimenti che segue nella scelta del look per 
andare in onda?
 «Sicuramente sono una donna che cura il proprio aspetto; andare in onda con 
trucco e capelli in ordine è una forma di rispetto verso chi sta guardando il 
telegiornale. Tendo ad evitare orecchini o collane troppo appariscenti: nulla 
dovrebbe distogliere l’attenzione dei telespettatori dalle notizie del 
telegiornale. Ed ora che il tavolo è di nuovo ‘blindato’, torno a mettere le 
gonne».
 
 Un aggettivo per descrivere Sara Bucci?
 «Autodefinirsi è la cosa più difficile, con un solo aggettivo poi! Direi… 
determinata».
 
 Da grande sarà..?
 «Guardo mia figlia entrare nella prima adolescenza e mi sento fin troppo 
‘grande’… ora tocca a lei. Mi auguro che diventi una persona vera, che sappia 
scegliersi una strada da percorrere fino in fondo, salite comprese. Con impegno, 
a testa alta».
 
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			| NONSOLOMODA Un 
				hotel che ti cattura 
				di Michela Tortolano 
 Benvenuti al Karosta Prison: qui non serve delinquere per 
				diventare prigionieri, è sufficiente pagare per essere sbattuti 
				in gattabuia!
 
 Molti altri istituti di massima sicurezza sono divenuti hotel: 
				in Inghilterra, in Finlandia e in Olanda, per esempio, ci sono
				prigioni trasformate in alberghi di lusso; per 
				Alcatraz, addirittura, si sta progettando una soluzione 
				dello stesso genere.
 
 Ma quello di Karosta è l’unico in cui ci si può sentire 
				veramente un po’ al fresco.
 
 In Lettonia si può “soggiornare” presso quella che per quasi 
				tutto il ventesimo secolo è stata una dura prigione. Tutto è 
				rimasto invariato e fedele allo stile originale: ad accogliere 
				gli ospiti c’è tanto di omino in uniforme sovietica; alla 
				reception si viene deportati per depositare le proprie 
				generalità; in fase di prenotazione è possibile scegliere celle 
				“adattate”, con letti a castello, o celle tradizionali, arredate 
				con materassi originali riposti su tavole di legno.
 
 Mani dietro la schiena, faccia al muro, esercizi fisici, 
				maltrattamenti verbali, sorveglianza; si scherza, sì, ma molto 
				seriamente: viene infatti fatta firmare una liberatoria con 
				la quale si accettano le condizioni di soggiorno.
 
 E i pasti? Neanche a dirlo, ovviamente si tratta di soluzioni 
				culinarie nel pieno della tradizione…
 
 Un conto è visitare un luogo in memoria di un trascorso periodo 
				storico e culturale, un conto è costituirsi liberamente. Fatto 
				sta che le recensioni lasciate dichiarano piena 
				soddisfazione e inviti a provare vivamente.
 
 E la struttura accontenta i più esigenti: non manca la 
				possibilità di pernottare indisturbati nella suite-cella, quella 
				di isolamento!
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			| TUTTO TV Striscia, 
				si cambia! 
				di Silvia Roberto 
 Al via la nuova stagione di Striscia la notizia-la voce 
				dell’irruenza, a partire dal 23 settembre, la numero 
				ventisei.
 
 Tante news per il tg satirico più amato dagli italiani, 
				a partire dai conduttori: sarà la nostra amatissima Michelle 
				Hunziker con una new entry ad aprire le danze: 
				Virginia Raffaele, definita dal papà di Striscia 
				Antonio Ricci "un’imitatrice eccezionale, bravissima”.
 
 Dopo tre settimane alla Raffaele subentrerà Piero Chiambretti 
				che ci delizierà fino alla fine di ottobre, quando riprenderà il 
				timone la consolidata coppia Hunziker-Ezio Greggio fino 
				alla fine dell’anno; da gennaio 2014, invece, al fianco di 
				Greggio riecco Enzo Iacchetti, per poi cedere il passo in 
				primavera all'altro consolidato duo Ficarra e Picone.
 
 Un’altra novità riguarda, invece, Capitan Ventosa, fino 
				ad ora interpretato da Luca Cassol, che ha motivato le sue 
				ragioni di distacco dal tg satirico affermando di sentire il “bisogno 
				di riflettere sul suo futuro, di rimettersi in gioco e di 
				trovare una strada diversa da quella del supereroe”, 
				aggiungendo, comunque, che “gli undici anni con Striscia sono 
				stati fantastici, ci saranno altre occasioni di collaborazione".
 
 Le ultime parole le ha dedicate al suo successore ed 
				amico con il quale condivide la passione automobilistica: 
				Marco Della Noce, lanciato proprio da Antonio Ricci a 
				Drive In tanti anni fa e riconosciuto da tutti come il 
				divertentissimo Oriano Ferrari di Zelig, a 
				indossare il costume dell’intrepido Capitan Ventosa.
 
 Ma la novità delle novità sono le veline, o per 
				meglio dire i velini: eh sì, perché quest’anno 
				l’intraprendente Antonio Ricci ha voluto puntare sul maschile; 
				sarà perché le veline dell’ultima edizione non hanno riscosso 
				quel successo dei tempi della Canalis e della Corvaglia? Sta 
				di fatto che l’autore televisivo ha voluto portare un 
				cambiamento radicale al tg satirico, dalla conduzione tutta 
				al femminile ai velini tutti al maschile. E se è vero che un 
				velino c’era già stato ( ricordate Edo Soldo?) è pur 
				vero che il grande Antonio Ricci ha sempre giocato sul ruolo di 
				uomini e donne. Come dimenticare Giorgio Faletti che 
				conduceva col tailleur o la Signora Coriandoli, 
				interpretata da Maurizio Ferrini che gli ha fatto vincere 
				la copertina di Gay Babilonia.
 
 Non ci resta quindi che attendere pochi giorni per ammirare la 
				nuova Striscia La notizia in tutto il suo splendore.
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			| PINK NEWS Cervelli 
				rosa in fuga, non solo America 
				di Maria Cristina Saullo 
 La fuga dei cervelli si tinge di rosa: sono anni, ormai, 
				che assistiamo ad una migrazione “culturale” verso i Paesi 
				extraeuropei; menti che scelgono di recarsi all’estero per
				perfezionare gli studi ed eccellere nelle arti e nei mestieri.
 
 Un fenomeno che, negli ultimi tempi, ha interessato, 
				soprattutto, le donne: giovani neolaureate, ricercatrici, 
				professioniste del settore con un’alta specializzazione che 
				lasciano la propria terra per acquisire competenze.
 
 Un fenomeno preoccupante perché rischia di rallentare il 
				progresso culturale, tecnologico ed economico delle nazioni 
				dalle quali avviene la fuga, silenziosa e preoccupante.
 
 Vuoi per la crisi economica e congiunturale che attanaglia il 
				mondo da anni, vuoi per la mancanza di risorse e tecnologie, i 
				“cervelli rosa” in migrazione stanno crescendo a dismisura.
 
 Una percentuale altissima in svariati campi, 
				dall’informatica alla medicina, dall’economia alle scienze; 
				trend alto se si considera la percentuale maschile “in 
				trasferta”, in netto calo.
 
 La risposta potrebbe ricercarsi negli oneri contributivi più 
				bassi e meno opportunità di carriera che provocano un'alta 
				mobilità lavorativa e geografica nelle donne specializzate 
				che possiedono una formazione post-laurea, un dottorato di 
				ricerca, un master e via dicendo.
 
 Il fatto che in tante prestino i loro saperi in atenei e centri 
				di ricerca di altre nazioni è ormai divenuto un fattore 
				fisiologico perché insito nella forte globalizzazione. Da 
				qui, la richiesta, da parte dei grandi centri di ricerca che 
				inglobano persone brillanti, provenienti da tutto il mondo.
 
 Dall’Europa all’America, dall’Africa alle terre australiane, 
				un continuo via vai di giovani italiane che intraprendono una 
				nuova carriera e che, il più delle volte, preferiscono non 
				tornare nel Bel Paese, una volta perfezionato o acquisito nuove 
				competenze.
 
 Sicuramente uno dei principali fattori è rappresentato dalla 
				scarsa richiesta di lavoro in Italia. Un dato certo che, 
				comunque, non aiuta, ma che induce la classe dirigente ad 
				interrogarsi sulla problematica e a fare in modo che il fenomeno 
				si arresti.
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			| DONNE Elena 
				Cattaneo, una vita per la scienza a Palazzo Madama 
				di Giuseppe Bosso 
 Simbolicamente si può dire che sostituisce Rita Levi 
				Montalcini, scomparsa all’inizio di quest’anno, non solo per 
				un percorso non molto diverso da quello seguito dal compianto 
				premio Nobel per la medicina.
 
 Elena Cattaneo, designata dal Presidente Napolitano 
				lo scorso 30 agosto insieme a Claudio Abbado, Renzo Piano e 
				Carlo Rubbia, ad appena cinquant’anni è la più giovane 
				senatrice a vita della storia italiana e la terza donna, 
				dopo la stessa Montalcini e Camilla Ravera.
 
 «La mia nomina? Inaspettata, sono una persona normale; è 
				piuttosto un riconoscimento alla ricerca scientifica italiana, 
				troppo spesso sottovalutata è bistrattata» è stata la pacata 
				reazione dell’accademica, che già in passato proprio per questa 
				sua opinione non ha mancato di criticare la politica dei 
				tanti, troppi tagli a un settore essenziale come quello della 
				ricerca; e infatti ha da subito precisato che andrà a 
				Palazzo Madama proprio con questo spirito: non per la 
				politica ma per la scienza.
 
 Brianzola, laureatasi negli anni’80 con lode in Farmacia, 
				dopo il dottorato si è trasferita negli Stati Uniti, a 
				Boston, dove ha lavorato sulle cellule staminali cerebrali.
 
 Quindi, tornata in patria, nello scorso decennio è diventata 
				dapprima professore associato e poi ordinario alla 
				Statale di Milano.
 
 Gli studi compiuti dalla professoressa Cattaneo sulla 
				malattia di Huntington e sulle staminali le sono valsi, dodici 
				anni fa, il prestigioso premio Le Scienze e la medaglia d’oro 
				attribuitale dall’allora titolare del Quirinale Carlo Azeglio 
				Ciampi, che nel 2006 le conferirà anche la carica di 
				cavaliere ufficiale; ma vanta anche altri prestigiosi 
				riconoscimenti tra i quali l’Ambrogino d’oro e il 
				Maria Bellisario.
 
 Riservata nel privato, ha un marito architetto e due 
				figli adolescenti.
 
 Senza entrare nell’aspro dibattito che hanno suscitato le nomine 
				di Napolitano relativo alla utilità dei senatori a vita, non 
				possiamo che rallegrarci di vedere questo sia pur simbolico 
				riconoscimento ad un’italiana che, nel pieno spirito 
				dell’articolo 59 della Costituzione, ha realmente illustrato per 
				altissimi meriti il nostro Paese, e che speriamo tenga 
				davvero fede all’impegno preso di operare per il bene di 
				un campo più che mai bisognoso di tutela come quello della 
				ricerca.
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