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Telegiornaliste anno IX N. 28 (372) del 15 luglio 2013
 
	
		
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			| TGISTE Ilenia 
Petracalvina: così entro in contatto con le persone che intervisto 
di Giuseppe Bosso 
 Incontriamo Ilenia Petracalvina, 
da anni inviata di diverse trasmissioni Rai, attualmente spesso ospite a Uno 
Mattina Estate con Duilio Giammaria e Benedetta 
Rinaldi, che ringraziamo per aver reso possibile questa intervista.
 
 Ricordi il tuo primo servizio?
 «Sì. Quando iniziai a lavorare a Verissimo andai a Monreale, dove il 
sindaco aveva emesso un’ordinanza che vietava ai cittadini di baciarsi nella 
villa comunale. Era l’estate 1997. Poi iniziai a seguire soprattutto casi di 
cronaca nera».
 
 Che è l’argomento di cui ti sei occupata negli ultimi anni, dal delitto di 
Avetrana al naufragio della Costa Concordia: riesci a mantenerti distaccata in 
queste situazioni?
 «Ci vuole innegabilmente un certo distacco, per un giornalista come per un 
medico; ma ritengo che occorra anche entrare in contatto con la gente e quindi 
stabilire un rapporto diretto con le persone che intervisti, comprendere il loro 
stato d’animo anche nelle situazioni più dolorose. E in questo ho capito negli 
anni che il giornalista è lo strumento che consente di portare a conoscenza del 
pubblico la vita di tutti i giorni. Per cui ho imparato a sviluppare un certo 
equilibrio nel pormi con le persone con cui interagisco».
 
 Si dice che la cronaca sia il diversivo con cui l’informazione tende a non 
occuparsi dei problemi reali dell’economia e della politica: pensi sia così?
 «L’informazione, l’ho imparato, è rappresentata da due aspetti l’uno speculare 
all’altro. A partire dal 2010, credo, c’è stata una crescente attenzione per la 
cronaca, che ha finito per riguardare anche i colleghi che non erano disposti a 
occuparsi di questi casi. I delitti come quello di Avetrana hanno suscitato un 
crescente interesse credo, soprattutto, perché la gente si è meravigliata e ha 
pensato che situazioni del genere potessero capitare anche a pochi passi di 
distanza. Negli ultimi anni comunque noto che si è registrata un’inversione di 
tendenza, e la politica e l’economia hanno preso il sopravvento sulla cronaca. 
L’importante è comunque non eccedere nelle esposizioni, sviando nella morbosità 
e nello scandalo».
 
 Cliccando il tuo nome sui portali capita di scoprire anche pagine non proprio 
lusinghiere nei tuoi confronti.
 «Sì, l’ho notato, ma ci sono anche gruppi più simpatici. Per il resto non ci 
faccio caso più di tanto, al limite cerco di capire da cosa nascono questi 
commenti».
 
 Preferiresti continuare la tua vita da inviata o condurre un programma tuo?
 «È bello essere inviata, girare l’Italia e raccontare tante storie. Guardando 
avanti però non mi spiacerebbe sperimentare un’esperienza diversa».
 
 C’è tempo per gli affetti nella tua vita?
 «La vita privata è inevitabilmente sacrificata quando non puoi programmare la 
tua giornata ma sei in balia degli eventi. Sta agli altri, ai tuoi cari, trovare 
il giusto equilibrio nei rapporti.
 
 Come ti vedi tra 10 anni?
 «Mamma e conduttrice di un programma di cronaca che racconti la realtà».
 
 Hai mai avvertito condizionamenti?
 «No, occupandomi di cronaca non ho mai avvertito particolari pressioni. Semmai a 
volte, come con Sabrina Misseri, mi è capitato di scontrarmi con il fatto che i 
protagonisti delle vicende provano a scappare, non amando domande scomode».
 
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			| NONSOLOMODA Di 
				natura in natura: i giardini verticali 
				di Michela Tortolano 
 Dalla campagna alla città, dalla città alla campagna… finché la 
				città si colora sempre più di verde.
 
 Vivere in contesti adornati di piante migliora la qualità 
				della vita, oltre ad abbellire gli ambienti. E questo decoro 
				green non si limita agli spazi domestici, ma esce per le strade, 
				con effetti maestosi.
 
 La passione dei living wall è la nuova concezione del 
				vivere il verde.
 Nelle grandi superfici questo speciale giardino si presenta come 
				un’opera d’arte: un esempio di grande effetto è dato 
				dalla creazione viva su una parete esterna di 
				quattrocentosessanta metri quadri del Caixa Forum di 
				Madrid. L’autore della composizione, Patrick Blanc, è 
				anche l’ideatore di questa tecnica.
 
 Le decorazioni esterne risultano di forte efficacia visiva, 
				riducono notevolmente il tasso d’inquinamento e migliorano 
				l’isolamento termico. Questi vantaggi da ammirare all’aria 
				aperta, e ancora definibili fenomeno di nicchia, possono essere 
				coltivati anche negli spazi domestici.
 
 A tal proposito il design del verde sviluppa costantemente idee, 
				offrendo soluzioni sempre più accessibili: le pareti in casa, in 
				balcone o in giardino, possono diventare quadri viventi; 
				la scelta delle piante più adatte dipende dalla complessità 
				della composizione e dal loro collocamento, oltre che, 
				naturalmente, dal budget disponibile.
 
 Addirittura esistono dei muschi di lunga vita suggeriti per il 
				bagno e per la cucina, visto il grado di umidità a loro più 
				confacente, capaci di autoalimentarsi.
 
 Ma per “scendere” a livelli più fattibili e alla portata di 
				tutti, si possono consultare le ricche guide fai-da-te che 
				propongono il riciclo di pedane di legno, sacche di tessuto e 
				bottiglie di vetro o di plastica; questo settore abbatte 
				fortemente i costi senza lasciarci al verde, stimola la 
				creatività e soprattutto contribuisce alla creazione di un 
				ambiente ad alto impatto qualitativo.
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			| TUTTO TV Estate 
				in musica! 
				di Silvia Roberto 
 È arrivata l'estate e tanti sono gli appuntamenti 
				musicali: successo strepitoso per la prima puntata del 
				Music Summer Festival, spettacolo musicale estivo, 
				realizzato da Tezenis con la collaborazione del Comune di Roma.
 
 Quattro serate all'insegna della musica, ogni giovedì in 
				prima serata su Canale 5, condotte da Alessia Marcuzzi e 
				Simone Annicchiarico: la manifestazione, che si svolge nella 
				suggestiva location di Piazza del Popolo, a Roma, prevede che in 
				ogni puntata sei giovani gareggino tra loro; in ogni tappa si 
				decreterà un vincitore e, tra questi, l'unico number one che 
				alla fine si aggiudicherà il titolo di vincitore.
 
 Durante ciascuna serata si terrà anche un contest per giovani 
				deejay presieduto da Gabry Ponte con il supporto di Angelo 
				Baiguini, speaker di RTL 102. 5; tante anche le risate 
				con i talenti di Colorado; e numerosi gli ospiti 
				annunciati,come Biagio Antonacci, Mario Biondi, Moreno, Emma, 
				Alex Britti, i Modà e tanti altri.
 
 Ma l'estate ci dona anche un'altra sorpresa: un programma 
				che prenderà il via dal 15 luglio e che ci terrà compagnia per 5 
				settimane in prima serata su Italia 1: Nord Sud 
				Ovest Est, questo il titolo del format; un déjà vu che 
				ci riporta alle estati passate, riproponendoci tormentoni, 
				hit e brani che ci hanno fatto ballare sulle spiagge italiane di 
				qualche anno fa.
 
 Dato il titolo del programma, non poteva non presentarlo lui, il 
				grande Max Pezzali, leader degli 883 che ha inciso 
				questa indimenticabile canzone, pubblicata nel secondo album.
 
 Ricordate Vamos a la Playa dei Righeira? Il 
				Supercafone di Er Piotta? Giusto qualche assaggio per 
				ricordare canzoni che hanno segnato un'epoca e che ci lasciano, 
				nel riascoltarle, una inevitabile traccia di malinconia 
				per il tempo passato. Prepariamoci, dunque, ad un'estate 
				all'insegna della musica!
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			| PINK NEWS Stereotipi 
				e pubblicità: l'impatto dell'immagine femminile
				negli spot e nelle campagne pubblicitarie 
				di Linda Talato 
 Pubblicità sessista: è un dibattito sempre aperto quello 
				sulle campagne pubblicitarie che utilizzano l’immagine 
				del corpo femminile, alimentando stereotipi di genere 
				e discriminazioni.
 
 L’appello all’attenzione nei confronti di questo argomento è 
				arrivato anche dal presidente della Camera, Laura Boldrini, 
				che, recentemente, ha rilanciato l’allarme sulla condizione 
				femminile in Italia, in particolare facendo riferimento anche 
				alla mercificazione del corpo femminile negli spot.
 
 Accendendo la tv o sfogliando una rivista, sono quotidianamente 
				sotto gli occhi di tutti noi le campagne pubblicitarie che 
				reclamizzano prodotti di ogni tipo, utilizzando l’immagine 
				femminile, spesso calata nei classici stereotipi di moglie e 
				madre ma, altrettanto spesso, anche veicolando 
				un’immagine di donna ricondotta ad un mero oggetto del desiderio, 
				proponendo modelle e soubrette in pose ammiccanti ed in abiti 
				succinti.
 
 Se è vero che le multinazionali tendono a proporre campagne di 
				marketing in sintonia con i gusti e le aspettative del pubblico 
				e dei potenziali clienti, lascia sicuramente una certa amarezza 
				riconoscere che, in Italia, l’immagine femminile viene 
				utilizzata per reclamizzare la maggior parte dei prodotti, 
				anche quelli che, nei fatti, sono utilizzati sia da donne che da 
				uomini, facendo riflettere anche sulla considerazione che le 
				aziende hanno delle eventuali preferenze degli utenti femminili 
				italiani; oltre a ciò, va considerato il fondamentale 
				impatto che queste immagini e spot hanno sulla società civile 
				che, oggi più che mai, è un organismo sempre più complesso ed in 
				evoluzione, dove le tipiche figure che, da sempre, sintetizzano 
				all’estremo il mondo femminile, ovvero moglie e madre, da 
				un lato, e oggetto del desiderio, dall’altro, risultano 
				obsolete, limitanti ma anche fuorvianti, riproducendo una 
				situazione che sempre più raramente corrisponde alla realtà, con 
				tutte le conseguenze del caso.
 
 La donna sposata e con figli non sempre si dedica interamente 
				alla famiglia, riducendo le proprie priorità alla colazione 
				da preparare o ai panni da stirare, come la donna sensuale e 
				attraente non è detto che si riveli altrettanto disponibile e, 
				per certi versi, sottomessa, come viene presentata nelle 
				pubblicità.
 
 Alla luce delle svariate considerazioni che, in più occasioni, 
				sono state fatte da cittadini ed istituzioni sull'argomento, 
				viene spontaneo chiedersi se la pubblicità non sia da 
				rivalutare ed orientare ad un etica maggiormente consapevole dei 
				vari ruoli incarnati da ambo i generi; ma, anche, se non 
				sia lo stesso tessuto sociale italiano a dare un’immagine 
				fuorviante e limitata delle sue componenti, la quale viene 
				poi recepita dal marketing aziendale.
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			| DONNE Diana 
				Lama, la signora del giallo all’ombra del Vesuvio 
				di Giuseppe Bosso 
 Ricercatore ed ecocardiografista al Policlinico di Napoli, a 
				metà degli anni ’90 inizia a conciliare a questa già intensa 
				vita professionale – e familiare – l’attività di scrittrice, che 
				le ha regalato non poche soddisfazioni. Attualmente in libreria 
				con L’anatomista, edito da Newton Compton, incontriamo
				
				Diana Lama.
 
 Da cos’hai tratto l’ispirazione per L’anatomista?
 «Dall’idea di scrivere di un’ossessione per il corpo umano e dei 
				segreti che possono nascondere i significati reconditi degli 
				organi dell’apparato maschile e femminile. Ho sempre avuto 
				questa passione prima ancora di diventare medico e ho cercato di 
				trasmetterla in questo libro».
 
 Come coesistono la Diana scrittrice e la Diana medico?
 «Non sono più cardiochirurgo da anni, insegno ancora. Per 
				rispondere alla tua domanda, con fatica e con organizzazione che 
				porto avanti da quasi vent’anni. Le mani nel sangue, diciamo, le 
				metto nei libri. Scrivo di notte, visto che ho anche una 
				famiglia con tre figlie e un marito da portare avanti, che per 
				fortuna mi capiscono e mi sostengono».
 
 Sei definita ‘la signora del giallo napoletano’. In cosa 
				cerchi di diversificare le tue storie dai classici del genere, 
				di matrice anglosassone?
 «L’anatomista, come potrete leggere, è il primo mio libro 
				ambientato nella mia città, sebbene non venga esplicitamente 
				nominata. Alterno vari generi, quelli precedenti erano 
				ambientati in Toscana – Solo tra ragazze – e in Cilento – La 
				sirena sotto le alghe – terra che conosco molto bene perché mio 
				marito è originario di lì; l’ambientazione in luoghi che conosco 
				bene è una caratteristica dei miei libri, e cerco soprattutto di 
				evidenziare quegli aspetti lontani dallo stereotipo che si tende 
				a concepire di quei luoghi. Napoli è comunque presente in molti 
				dei miei racconti pubblicati in varie antologie, cerco di 
				esemplificarla lontana da quell’immagine negativa ma di 
				mostrarla secondo punti di vista inusuali, avvicinandola con 
				cautela».
 
 Il giallo è innegabilmente il genere più diffuso, anche in 
				ambito tv e cinema; ma una eccessiva produzione come quella che 
				abbiamo vissuto negli ultimi anni non rischia di inflazionare il 
				genere?
 «Sì. Anche di imbastardirlo, come vedo negli ultimi tempi. Una 
				volta era un genere riservato a pochi intimi, per così definire 
				i cosiddetti ‘duri e puri’; ricordo i tempi dei classici del 
				giallo Mondadori, in cui io come altri appassionati aspettavamo 
				mesi per trovare in libreria l’ultimo romanzo di scrittori 
				specializzati che però sapevano soddisfare l’aspettativa. Oggi 
				invece non sempre la vastità dell'offerta corrisponde a un alto 
				livello di qualità. Da qualche anno, per esempio, pare essere 
				esplosa la diffusione del ‘giallo archeologico’, che ha portato 
				anche gli operatori di questo settore a improvvisarsi scrittori, 
				senza che però, pur competenti nella loro materia, avessero 
				conoscenza di quelle regole basilari che riescono a tenere il 
				lettore con il fiato sospeso».
 
 Il delitto è donna si dice: è così secondo te?
 «Da un certo punto di vista potrei essere d’accordo; 
				innegabilmente il delitto nella sua macchinazione richiede 
				caratteristiche che potrebbero essere soprattutto di appannaggio 
				femminile, mentre il delitto d'impeto è principalmente di 
				appannaggio maschile; caso a parte i serial killer, delitti 
				molto costruiti e in genere commessi da uomini. Ma credo che 
				tanto negli uomini quanto nelle donne queste caratteristiche 
				possano insorgere. Se intendi invece dal punto di vista 
				letterario innegabilmente le maestre del genere sono soprattutto 
				donne, è un campo dove si sono sempre fatte valere, 
				contrariamente a quanto è capitato in altri settori; per esempio 
				come chef o come pittrici non vedo molte figure femminili di 
				primo piano».
 
 Tra le giornaliste, che magari hai avuto modo di conoscere, 
				ce n’è qualcuna che potrebbe ispirare una tua storia o su cui 
				potresti modellare un personaggio di un tuo prossimo libro?
 «Oriana Fallaci sarebbe un meraviglioso personaggio per la sua 
				statura. Tra le mie conoscenze Santa Di Salvo – giornalista de 
				Il Mattino, ndr – e Anna Paola Merone – firma de Il Corriere del 
				Mezzogiorno – per la loro eleganza e il loro acume sarebbero 
				personaggi molto stuzzicanti su cui lavorare. Soprattutto per i 
				contrasti, aspetto a cui tengo molto».
 
 Premesso che ogni libro è una storia a sé, quali sono le 
				regole basi che cerchi di seguire per sviluppare un libro che 
				catturi l’attenzione del lettore?
 «Non regole base, mi ritengo piuttosto istintiva da questo punto 
				di vista anche se il libro appare costruito. Ho sempre un’idea 
				iniziale sul delitto e sul profilo dell’assassino sviluppando il 
				finale a man mano; non necessariamente questo percorso si 
				sviluppa come avevo inizialmente in mente. Mi ritengo abbastanza 
				organizzata, nel senso che cerco di scandire i tempi e 
				interrompere i capitoli in modo da tenere il lettore con il 
				fiato sospeso e stimolando la voglia di andare a vanti. 
				Soprattutto cerco di evitare di tenere alta la tensione troppo a 
				lungo, perché questo inevitabilmente a un certo punto finisce 
				per cadere. Lo chiamo ritmo interno».
 
 L’apprezzamento più bello che hai ricevuto e la critica che 
				ti ha fatto riflettere?
 «La cosa più emozionante è stata la vittoria al premio Alberto 
				Tedeschi del giallo Mondadori per il primo libro che scrissi, 
				nel 1995, con Vincenzo De Falco, Rossi come te; capii che 
				poteva essere un percorso che poteva darmi tante soddisfazioni. 
				Critiche ne ho ricevute ma se devo dirtene una particolare non 
				saprei; tendenzialmente credo che comunque è giusto che ci siano 
				e sono anzi importanti perché ti danno modo di riflettere e di 
				cogliere magari qualche spunto che mi era sfuggito mentre 
				scrivevo. Scriviamo non per noi stessi ma per i lettori, i 
				critici più importanti e fondamentali che possiamo avere».
 
 I tuoi familiari e i tuoi studenti come vivono il tuo 
				successo?
 «Mio marito è anche lui un lettore per cui capisce e supporta 
				questa mia attività; le mie figlie ci sono nate e cresciute per 
				cui è una parte della loro vita; gli specializzandi, che 
				cambiano ogni cinque anni, gli specializzandi vivono con 
				interesse e curiosità e sono venuti a qualche presentazione. Per 
				loro porto in università un cuore di maiale per sezionarlo e 
				fargli vedere esempi pratici in diretta, cosa che in un corso di 
				medicina non capita molto spesso».
 
 Hai mai pensato di sviluppare una storia con te protagonista 
				o con un personaggio modellato sulla tua figura?
 «No. A tempo perso ho scritto una storia divertente alla Bridget 
				Jones – ride, ndr – ma non credo di darla alle stampe… 
				nei personaggi che ho sviluppato magari c’era qualcosa di me 
				nascosto, ma molto celato».
 
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