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Telegiornaliste anno IX N. 25 (369) del 24 giugno 2013
 
	
		
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			| TGISTE Perla 
		Dipoppa: la politica non riesce a parlare ai cittadini anche per colpa 
		nostra 
		di Giuseppe Bosso 
 Volto noto e apprezzato del
		
		Tgr Lazio, dove è arrivata dopo 3 anni passati al Tgr pugliese e, 
		tra le altre cose, anche una parentesi ad una tv spagnola, questa 
		settimana incontriamo Perla Dipoppa.
 
 La sua sensazione da giornalista e da cittadina della fortissima 
		astensione che c'è stata alle elezioni comunali di Roma: avverte 
		maggiore rassegnazione o rabbia nei cittadini nei confronti della 
		politica?
 «La politica non riesce più a parlare in modo diretto, non riesce ad 
		appassionare; e una parte di colpa ce l’hanno anche la televisione e un 
		certo modo di fare giornalismo mettendo il microfono sotto il naso del 
		politico di turno. Sull’astensionismo a Roma, la cosa più efficace 
		(anche se un po’ triviale) l’ha detta il presidente della Regione 
		Zingaretti: i romani, se li prendi in giro, s’incazzano…».
 
 Il suo esordio televisivo è legato a un'emittente spagnola: come ci è 
		arrivata e cosa le ha dato quella parentesi?
 «Ero all’università, un periodo di studio all’estero. Nei primi anni 
		2000 la Spagna, e in particolare i Paesi Baschi dove mi trovavo io, 
		erano in pieno boom: si trovava lavoro, c’erano mille opportunità. Ora è 
		tutto finito, la Spagna è tra i paesi con la disoccupazione giovanile 
		più alta d’Europa. Mi avevano chiesto di restare, decisi di tornare e 
		provare a fare la giornalista in Italia: forse è stata la scelta 
		giusta».
 
 Cosa ha provato quando ha vinto il concorso per entrare in Rai?
 «L’avevo provato quasi per scherzo, pensando: figuriamoci, prenderanno 
		solo raccomandati; sono stata smentita».
 
 Dalla Puglia al Lazio: quali differenze ha riscontrato tra le due 
		realtà, anche dal punto di vista dell'informazione?
 «In Puglia non ci sono tutte le agenzie di stampa che si trovano a Roma. 
		Questo lavoro si fa soprattutto andando sul posto o attaccandosi al 
		telefono per farsi dare le notizie: questa impostazione mi è rimasta. Il 
		Tgr Puglia, poi, è stata la mia scuola».
 
 Lei è molto seguita dai nostri lettori come potrà vedere nel nostro
		
		forum: questo interesse nei suoi confronti cosa le suscita?
 «Immaginarsi persone in carne ed ossa che seguono il nostro lavoro, si 
		soffermano sui dettagli, spinge a metterci ancora più impegno, ad essere 
		più scrupolosi».
 
 Ha mai ricevuto o avvertito proposte indecenti?
 «Purtroppo sì! Volevo entrare in una scuola di giornalismo; un 
		professore di quella scuola mi propose una corsia preferenziale rendendo 
		chiaro cosa avrebbe voluto in cambio… dissi di no e il concorso lo 
		passai lo stesso! Per fortuna non mi è più capitato, in Rai ho trovato 
		sempre colleghi molto corretti».
 
 Il servizio o l'intervista che l'hanno maggiormente soddisfatta?
 «L’intervista ad una ragazza maghrebina picchiata dal padre perché si 
		vestiva all’occidentale e si rifiutava di sposare un uomo di religione 
		islamica. Mi disse: “continuerò a disobbedire alla mia famiglia perché 
		ci tengo alla mia libertà”. Un coraggio che mi ha lasciato senza 
		parole».
 
 Se non fosse stata giornalista avrebbe fatto...
 «La giornalista!».
 
 Come si descrive come donna e come giornalista?
 «Una persona a cui piacciono le cose fatte per bene e che non sopporta 
		il pressapochismo».
 
 C'è mai stato qualcuno che ha cercato di imbavagliarla?
 «Ho ricevuto alcune minacce di querela. Querele no, i miei pezzi erano a 
		prova di avvocato!».
 
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			| NONSOLOMODA Con 
				Pitti Immagine 84 Firenze diventa capitale della moda italiana
				di Francesca Succi 
 Firenze, Fortezza da Basso – 18 giugno 2013. 1043 
				marchi per l’uomo e 64 collezioni per la donna. 
				Queste sono solo alcune delle cifre di questa 84esima edizione 
				del Pitti dedicata alla moda maschile e, in forma limited, a 
				quella femminile.
 
 Una conferma che il made in Italy, inteso come location ma 
				soprattutto come stile, funziona e viene apprezzato in tutto il 
				mondo! Una boccata di aria fresca per la nostra economia, 
				sorretta alle prime posizioni dal comparto moda, che fa 
				presupporre voglia di ripartire e ridimensionare un mondo che 
				tutti inevitabilmente tocchiamo con mano.
 
 Un cambiamento che ha visto come protagonista la città di 
				Firenze, ora più che mai, consacrata capitale della moda 
				italiana grazie ad un cuore pulsante di eventi, 
				focus-formazione e street-style.
 
 Anche in questa edizione troviamo una forte impronta 
				internazionale definita da una presenza del 40% di aziende 
				estere composte tra 30 paesi stranieri. E a proposito di estero, 
				quest’anno la guest nation è stata la Turchia, una realtà 
				tra le più interessanti della ricerca fashion di oggi. Uno dei 
				paesi in grado di abbinare alla forte e qualificata struttura 
				industriale, una diffusa cultura del design contemporaneo, 
				soprattutto tra le nuove generazioni. Quindi, dimenticate la 
				Turchia delle ultime cronache drammatiche, ma ripulite gli occhi 
				sui nuovi potenziali orizzonti che può donare perché sono tutti 
				belli e positivi.
 
 Le tendenze uomo in mostra hanno presentato l’uomo classico,
				informale e avant-garde.
 
 TENDENZE CLASSICHE. L’uomo ritorna un gentlemen che si 
				accosta al mondo dei naturali. Così il guardaroba dell’uomo per 
				la P/E 2014 trae ispirazione dal mondo del viaggio in un 
				tripudio di tessuti grezzi che al tatto si dimostrano 
				pregiati e una serie di accessori che puntano ad esprimere l’effetto 
				materico. Ritornano le fibre naturali e i sapori 
				antichi di colonie classiche. Ritorna un uomo gentile che 
				veste in maniera pratica e comoda ma senza 
				abbandonare lo stile. Seta, lino e cotone sono i tessuti 
				utilizzati. I toni della terra assieme a quelli neutri 
				definiscono le cromie delle collezioni. Insomma, un nuovo Marco 
				Polo con smartphone e tablet a portata di mano per affrontare le 
				24 ore in maniera tradizionale in chiave futuristica.
 
 TENDENZE INFORMALI. L’informalità dei capi uomo della 
				prossima primavera/estate ruotano attorno a tre concetti chiave 
				che esprimono da soli il sale di tutto: mobilità, 
				funzionalità e leggerezza. Se già con il classico 
				suddetto abbiamo comodità, con l’informale il suo valore viene 
				raddoppiato. I capi proposti in questo filone sono 
				apparentemente semplici ma innovativi grazie all’utilizzo di 
				tessuti ad effetto gommato, leggeri e resistenti 
				all’acqua. I parka si convertono in sacchi a pelo e le felpe 
				con cappuccio una volta piegate si trasformano in borse da 
				viaggio. Tutta questa multifunzionalità fa pensare all’uomo di 
				mondo che ha bisogno dell’essenziale e del 2 in 1. 
				Sempre.
 
 TENDENZE AVANT-GARDE. In questa linea l'uomo è 
				sbarazzino e pieno di freschezza. Abbiamo sempre a 
				che fare con un esploratore metropolitano dal forte spirito 
				avventuroso che ha bisogno d’indossare giacche sartoriali 
				di lino su felpe over size dall’aria vissuta, ma anche t-shirt, 
				cardigan e gilet. Anche qui regna la comodità raggiunta grazie a 
				capi di qualità prodotte con le classiche fibre naturali. Le 
				stesse fibre che possono essere strette, annodate e piegate fino 
				all’estremo ma indossate all'infinito. L’accessorio perfetto di 
				questo tipo di uomo è senz’altro la borsa. Di pelle, 
				capiente, oversize e resistente dove mettere tutto dentro anche 
				alla rinfusa, tanto nulla si stropiccia. In ultima battuta? Un
				panama, magari a colore neutro o colorato.
 
 PITTI W. La parte dedicata alla donna ha presentato 
				un’esclusiva selezione di 64 marchi internazionali. Una dedica 
				particolare è stata fatta agli accessori tra collane in 
				pietre dure, borse, calze gioiello e accessori hi-tech. Gli 
				abiti, nei toni neutri e con le stampe, erano puliti nelle 
				linee; come a voler essere definiti dalla linea dalle curve del 
				corpo. Uno spazio quello dei Pitti W incentrato sulla donna di 
				una primavera/estate che verrà. Una donna sicura che sarà 
				ben accompagnata dallo stile dell’uomo cosmopolita descritto 
				finora.
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			| TUTTO TV Telegiubando: 
				la tv secondo Giubo.
				Guardavamo negli anni '90: 
				l’Harem di Catherine Spaak, pioniera della tv in rosa
				di Giuseppe Bosso 
 Tra le tante dive del grande e piccolo schermo che nel 
				nostro Paese, come si suol dire, hanno trovato l’America,
				
				Catherine Spaak è indiscutibilmente una di quelle che 
				meglio hanno saputo farsi apprezzare, sia dagli uomini 
				(che ha fatto sognare e fantasticare negli anni d’oro della 
				commedia all’italiana, interpretando film come L’armata 
				Brancaleone, Adulterio all’italiana, La schiava io 
				ce l’ho e tu no) che dalle donne, che l’hanno sempre 
				stimata e ammirata.
 
 Cantante e attrice di successo, a un certo punto della 
				sua carriera decide di rimettersi in discussione battendo 
				la strada del giornalismo e della conduzione televisiva: 
				su Canale 5 è al timone delle prime tre edizioni di Forum, 
				per poi girarlo a Rita Dalla Chiesa.
 
 Ma è a Rai 3 che la bionda francese naturalizzata italiana 
				legherà la sua più longeva parentesi. È il 1986 e il terzo 
				canale del servizio pubblico decide di sperimentare un nuovo 
				format; una trasmissione dedicata alle donne, donne 
				famose che con la Spaak avranno modo di raccontare le loro 
				storie e di confrontarsi: e questo sebbene il titolo, 
				Harem, evocasse scenari orientali suggestivi ma 
				decisamente non proprio compatibili con le esigenze di una 
				maggiore emancipazione femminile.
 
 In ciascuna puntata la conduttrice ospita tre donne che, 
				come detto, sedute su un divano damascato e circondate da una 
				scenografia richiamante appunto gli spazi delle corti arabe 
				riservate alle donne dei sultani, raccontano la loro vita, 
				pubblica e privata. Non del tutto banditi gli uomini, visto che 
				alla fine di ogni puntata c’è ‘l’ospite misterioso’ che 
				ha modo di confrontarsi con le protagoniste di puntata.
 
 E negli anni saranno tante le protagoniste del programma:
				esponenti politiche, attrici, conduttrici,
				cantanti, donne in carriera che in questo periodo 
				iniziano a crescere numericamente; non mancano, naturalmente, 
				anche le telegiornaliste protagoniste della nostra 
				testata, da Luisella Costamagna 
				a Paola Ferrari.
 
 Oggi, nell’epoca del digitale terrestre che ha fatto nascere e 
				prosperare emittenti dedicate esclusivamente al mondo rosa, 
				possiamo dire che con Harem Catherine Spaak è stata una 
				vera e propria pioniera della tv al femminile, sebbene 
				oggi non siano poche le spettatrici che lamentino le differenze 
				di contenuti rispetto alla trasmissione che ha chiuso i 
				battenti nel 2002, quando Rai 3 decide di puntare sulla 
				programmazione sportiva nello spazio della seconda serata del 
				sabato dove era collocato.
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			| PINK NEWS Legge 
				Merlin al capolinea? 
				di Giuseppe Bosso 
 Maria Spilabotte, 41 anni da Frosinone, una laurea in 
				valorizzazione e promozione dei beni culturali e un’altra, in 
				arrivo, in archeologia, eletta per la prima volta al Senato 
				con il Partito Democratico quest’anno rischia subito di entrare 
				nella storia come colei che, a distanza di 55 anni, 
				se non ad abrogare del tutto potrebbe realmente far decadere la
				legge Merlin che, nel 1958, riscrisse drasticamente la 
				legislazione italiana in materia di prostituzione.
 
 Intervistata da un noto settimanale della sua terra d’origine,
				Qui sette, la senatrice democratica ha dichiarato che, 
				sulla materia, sarebbe ora «di superare un tabù e 
				decidere di governare il fenomeno. Una regolamentazione è 
				necessaria perché con la mancanza di regole o, peggio, con 
				la proibizione, si produce solo una sostanziale 
				indifferenziazione tra libere scelte di autodeterminazione e 
				prostituzione coatta, sfruttata e gestita dalle 
				organizzazioni criminali di tutto il mondo. Per me il 
				primo passo è superare la Legge Merlin che ora va 
				sostituita con una legge al passo con i tempi, a partire 
				da un presupposto imprescindibile: una divisione netta tra 
				prostituzione volontaria, che rientra nella sfera della libera e 
				piena disponibilità del proprio corpo, e prostituzione coatta, 
				dietro la quale ci sono le organizzazioni internazionali dedite 
				alla tratta delle donne, specie minori, i cartelli mafiosi, il 
				malaffare».
 
 Lungi dal riaprire le case chiuse, dunque, l’onorevole 
				Spilabotte si sta facendo portavoce di una proposta di legge 
				che legalizzi, con tanto di patentino e partita Iva, il 
				cosiddetto ‘mestiere più antico del mondo’, in modo 
				anzitutto di sottrarre alla criminalità organizzata un 
				business che produce annualmente introiti non inferiori a 
				quelli derivanti dal traffico di droga; e, nel contempo, 
				garantire un’adeguata tutela, sanitaria e tributaria, a chi 
				compie una scelta che si può discutere fin ch si vuole, 
				ma che è sempre e comunque rimessa alla libera determinazione di 
				chi la compie.
 
 La proposta della neo parlamentare segue un articolo 
				dell’ex giudice Bruno Tinti, già Procuratore di Torino ed 
				Ivrea, oggi giornalista de Il Fatto Quotidiano 
				che, dalle righe della testata diretta da Antonio Padellaro, 
				commentando l’ennesimo scandalo politico-sessuale che 
				stavolta ha colpito Firenze, rilancia la proposta di una legge 
				che regolamenti, legalizzandola, la prostituzione, evidenziando 
				soprattutto i vantaggi che ne ricaverebbe lo Stato, più 
				che mai bisognoso di entrate finanziarie: anziché continuare 
				a tassare dipendenti e pensionati e dibattere di Imu o di 
				Iva perché non mettersi al passo degli altri Stati europei, 
				anche confinanti con il Belpaese, dove da tempo tali norme sono 
				una realtà consolidata e duratura? Perché non consentire a 
				queste donne di poter esercitare alla luce del sole un’attività 
				che inoltre, se venisse davvero abrogata la Legge Merlin, 
				consentirebbe anche di creare nuovi posti di lavoro 
				legati alla manutenzione e all’amministrazione delle nuove case 
				chiuse?
 
 Già, perché no? Perché, come osserva amaro e sarcastico al tempo 
				stesso Tinti, secondo i rigidi dettami della Chiesa cattolica 
				ciò sarebbe immorale. Ed è questo il freno che 
				presumibilmente la proposta della volenterosa parlamentare 
				Spilabotte incontrerà già solo per venire discussa in 
				commissione. Comunque, già il fatto che finalmente ci sia 
				qualcuno disposto a formulare una proposta di legge rappresenta 
				un significativo passo in avanti. Chi vivrà vedrà, 
				come si dice.
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			| DONNE Una 
				donna, un mito: Maria Adelaide Aglietta 
				di Silvia Roberto 
 Tante sono le storie sulle donne da raccontare: donne che 
				hanno cambiato il modo di pensare, il modo di vivere. 
				E quando si parla di donne, non si può non menzionare il nome di 
				una grande che, nel bene e nel male, simpatica o no, ha 
				fatto storia, a partire dalla lotta per l'introduzione 
				della legge sul divorzio.
 
 Una campagna che, dopo una memorabile vittoria, l'ha portata a
				fondare il Centro d'Informazione sulla Sterilizzazione e 
				sull'Aborto di Torino, nonché a continuare la battaglia per 
				la legalizzazione dell'aborto: parliamo di Maria Adelaide 
				Aglietta, una politica italiana ricordata ed ammirata per la 
				sua forza e tenacia, ma soprattutto per il suo grande 
				coraggio; un coraggio con la C maiuscola.
 
 Come non ricordare quando è stata nominata giudice popolare 
				nel primo processo alle Brigate Rosse? Benché ci trovassimo 
				negli anni di piombo, gli anni cupi del terrorismo, e 
				Torino fosse una città in stato d'assedio ed in preda 
				alla paura, lei non si tirò indietro ed entrò a far parte di 
				quella giuria tanto temuta (su 122, solo in 7 accettarono 
				quell'incarico così delicato per quei tempi).
 
 Un'esperienza unica per Adelaide, che la portò persino a 
				scrivere un diario nel quale narra le sue vicende da 
				giurata, intitolato Diario di una giurata popolare al 
				processo alle Brigate Rosse ed uscito in prima edizione per 
				Milano Libri nel 1979 e ristampato nel 2009 da Lindau.
 
 Ma come non parlare della sua attività politica, sempre 
				in prima linea? Dal 1976 al 1978 fu segretario del 
				Partito Radicale; l'anno successivo entrò a far parte del 
				Parlamento italiano nelle liste dello stesso partito, e in 
				queste vesti intraprese una battaglia ostruzionistica sulle 
				leggi d'emergenza; si batté contro il nucleare e la
				pena di morte.
 
 Ma notevole fu il suo contributo nel 1987, quando si impegnò 
				attivamente sul problema carcerario a fianco dei detenuti e 
				dei detenuti politici, sostenendone gli scioperi della 
				fame, le lotte non violente, dando anche un 
				contributo al superamento del regime delle carceri speciali.
 
 Dal caso Tortora alla battaglia per migliorare le 
				condizioni di vita nelle carceri italiane, il suo impegno 
				sui temi della giustizia fu costante e si interruppe solo a 
				causa della malattia che la portò alla morte.
 
 Si ammala, infatti, di tumore al seno e dopo aver combattuto 
				anche questa ultima battaglia, muore nel 2000 all'età di 60 anni 
				e sepolta nel cimitero monumentale di Torino.
 
 A tredici anni dalla sua scomparsa per tenere vivo il suo 
				nome, il comune di Fossano le ha intitolato una via 
				per consentire alla gente che passi da quelle parti possa 
				ricordare la grande donna che é stata.
 
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