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Telegiornaliste anno IX N. 24 (368) del 17 giugno 2013
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TGISTE Micol
Sarfatti: icone, esteri e… di Giuseppe Bosso
Questa settimana incontriamo Micol Sarfatti, volto familiare agli
spettatori di
Tgcom 24, dove cura l'angolo meteo, ma non solo come ci dirà...
Dunque, Micol, anzitutto sfatiamo l'immagine che alcuni dei nostri
lettori hanno di lei: non si occupa solo di meteo.
«È vero: in realtà mi sono occupata e mi occupo di attualità, esteri e
temi sociali; ma ho raccolto con interesse anche questa nuova sfida».
Come si è trovata in questa collocazione a Tgcom 24?
«Casualmente: appena finita la scuola di giornalismo e superato l'esame
da professionista mi è stato offerto un contratto dal Centro Epson
Meteo: volevano affiancare ai meteorologi una redazione giornalistica.
Gli eventi meteorologici e i cambiamenti climatici sono ormai parte
integrante della cronaca e dell'attualità internazionale e come tali
vanno analizzati e raccontati. Per me è un'esperienza molto formativa
perché, per la prima volta, mi sono confrontata con il mezzo
televisivo».
Chiusa questa parentesi. Scrive nel suo
blog "mi piace scrivere di icone": quali, in particolare?
«Le icone sono i protagonisti di oggi, dalla politica allo spettacolo;
sono soprattutto persone che hanno un forte impatto mediatico, al punto
da diventare simboli. Ma parlo anche di icone tradizionali, cioè di arte
e di comunicazione politica».
Ha viaggiato molto in giro per il mondo: quale Paese e quale
avvenimento tra quelli che ha seguito le sono rimasti particolarmente
impressi?
«Sicuramente le elezioni presidenziali in Russia del marzo 2012, che ho
seguite come free lance. È stato un momento intenso dal punto di vista
civile e politico; purtroppo il movimento che si era formato ha subito
una battuta d'arresto, ma credo sia stata comunque un'esperienza
importante per il Paese; lo scorso gennaio sono tornata in Israele in
occasione delle elezioni parlamentari: è un angolo di mondo bello e
complesso, molto interessante da raccontare. Gerusalemme è una delle mie
città preferite».
È originaria della Svizzera: cosa porterebbe in Italia dal
giornalismo elvetico?
«In realtà in Svizzera sono solo nata, ma ho avuto modo di collaborare
con RSI Radio Svizzera Italiana. Ho notato che, forse, lì c'è un maggior
interesse per i fatti internazionali. I media italiani tendono ad essere
un po' troppo ripiegati sulla politica nostrana, che è comunque un
argomento di prim'ordine, e sulla cronaca, soprattutto quella nera, ma
spesso sono un po' distratti su quello che accade nel resto del mondo».
Lei ha un blog e collabora con una webradio: è questo il futuro
dell'informazione?
«Sì, ma non solo. Non sono tra quelli che celebrano convinti il funerale
della carta stampata; il sistema mediatico e l'editoria stanno vivendo
un momento di crisi profonda e di transizione. Le cose stanno cambiando,
ma credo che molti giornali e riviste tradizionali sopravvivranno, anche
grazie ai nuovi dispositivi mobili come smartphone o tablet».
Come potrà vedere
è molto seguita dai nostri lettori: cosa le ha fatto piacere leggere
in rete e cosa meno tra i commenti di chi la segue?
«Mi lusinga il solo fatto di essere seguita: sono sempre attenta ai
commenti ai miei pezzi pubblicati su internet. Anche se a volte sono in
disaccordo per me rimangono importanti spunti di riflessione, utili per
migliorarmi».
Come si vede tra dieci anni?
«Ancora giornalista, su quale media non lo so: in questo momento sono
più impegnata in radio e in tv, ma sono sempre aperta a nuove
esperienze. Mi piacerebbe, però, continuare a raccontare i fatti e i
protagonisti del mondo, magari proprio dalla mia amata Gerusalemme».
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NONSOLOMODA Tanto
di cappello
di Michela Tortolano
Alti, tondi, quadrati e a punta: dalle passerelle alle vetrine i
copricapo hanno conquistato uno spazio in prima fila.
È appunto l’accessorio più cool della stagione, dal quale non si
può prescindere se si vuole un guardaroba completo e versatile.
Si adatta certo ad ogni condizione climatica: in montagna e al
mare assicura sempre riparo, sia dal fresco sia dal sole; e
l’utilizzo non è solo funzionale, perché conferisce all’estetica
un aspetto molto trendy, qualunque sia il genere. Sì,
perché si può spaziare generosamente con tessuti e fantasie e
niente è bandito: così lo intendono i brand come Burberry,
Gucci, H&M, Prada e Diesel.
Non è una novità, ma la regola di quest’anno lo vuole di
qualsiasi forma e di qualsiasi tinta purché completi il look.
Nella storia dell’abbigliamento è un accessorio che non manca
mai, in nessuna epoca e in nessun luogo, benché in certi periodi
venga ridisegnato e completamente stravolto diminuendo così la
sua vistosità. È proprio la grande “modista” Coco Chanel,
ad esempio, a rinnovarlo drasticamente, stufa delle impalcature
tanto amate dalla Belle Époque.
Psicologicamente lo si sceglie in base alla personalità
ed anche in questo caso tutti i caratteri sono accontentati: una
visiera che copre appena un po’ il volto conferisce più
sicurezza nel fare e nel proporsi, un modello invece dall’ampia
falda calza bene agli estroversi.
Anche per il fatidico giorno del “sì” torna ad abbellire le
spose, in armonia con l’acconciatura dei capelli e meglio se
in coordinato con l’abito.
Un cloche, un floppy, un fedora, un berretto: totale libertà,
purché lo si metta bene in testa. |
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TUTTO TV Imma
Gargiulo: vi insegno le Conserve di casa su Alice
di Giuseppe Bosso
Quarta classificata alla prima edizione di
MasterChef Italia, ora in onda su
Alice.tv, al fianco di Umberto Salamone con il programma
Conserve di casa, intervistiamo Imma Gargiulo.
Come nasce Conserve di casa?
«Da una chiacchierata tra amici: nel senso che una sera con uno
degli autori di Alice stavamo parlando di varie cose e venne
fuori anche il mio interesse per le conserve, per la
stagionalità dei prodotti. Poi, ad aprile, mi telefona questo
autore e mi chiede se avessi qualche ricetta di conserva da
proporre per un nuovo programma. Elaborai così la prima serie
che poi si è sviluppata man mano; è stata una bellissima
esperienza, al fianco di persone molto vicine e positive».
Cosa stai cercando di trasmettere?
«L’idea di base era riportare le persone alla stagionalità degli
ingredienti, come facevano le nonne. Con le conserve non puoi
fuorviare come gli altri prodotti di oggi; siamo obbligati a
seguire le stagionalità. Spero di aver trasmesso proprio l’amore
e l’attenzione che richiede la loro realizzazione».
Si dice che un grande chef non svela i suoi segreti: ma
allora perché, secondo te, tanti tuoi colleghi sono così attivi
in televisione?
«Premesso che non mi ritengo una grande chef (spero di
diventarlo un giorno) almeno per quanto mi riguarda ho risposto
a chi mi ha chiesto se avessi paura di svelare i miei segreti
che non ne ho; la differenza la fa chi mette in pratica le
ricette, le tecniche e il modo in cui le realizza. Questo lo
chef non te lo svela».
Ma sono più affidabili gli chef che si prestano alla
televisione o i conduttori che si improvvisano chef?
«Lo chef racconta le tecniche, il conduttore racconta la storia
di una persona che cucina che può essere chiunque...
Benedetta Parodi, per dirne una, non cucina in maniera
professionale, ma trasmette quelle che sono le sue esperienze di
donna in carriera che ha cura della casa. È un altro tipo di
segreti che però non sono quelli di uno chef professionista».
Cosa ricordi di MasterChef?
«Sicuramente mi ha dato maggiore consapevolezza della mia
passione; ho partecipato con la iniziale convinzione di saper
cucinare e ho finito consapevole di avere caratteristiche che mi
portano a realizzare piatti particolari».
La cucina è ancora un’arma di seduzione?
«Perché, ha smesso di esserlo? Prendere l’uomo per la gola è una
frase ancora valida, ma che direi che si è ampliata anche alle
donne, visti i tanti uomini che si sono avvicinati alla cucina;
e loro sono più “tecnici”, mentre noi siamo più passionali».
Cosa farai da grande?
«Non so – ride, ndr – quello che mi accade lo vivo giorno per
giorno, lo sto vivendo. Un amico mi ha chiesto se ho un futuro
in tv, ho risposto che in tv ho un presente. Domani non so».
C’è una ricetta estiva che vorresti suggerire ai nostri lettori?
«Un veloce spaghetto al pomodoro al profumo di limone, per
quando tornate dalla spiaggia. O per essere esatti spaghettini:
spaghettini di Gragnano che richiedono pochi minuti di cottura.
Ce ne vuole un chilo circa. Dal fruttivendolo prendete dei
pomodorini piccoli, un limone freschissimo, aglio, e usate olio
extravergine della penisola sorrentina. Cuocete gli spaghettini
in acqua salata; lavate i pomodorini e tagliateli a pezzetti per
poi inserirli in una padella con l’aglio rosolato nell’olio;
fateli scottare, ma non cuocere del tutto, fino a quando non
iniziano ad addensarsi. Contemporaneamente gli spaghettini
inizieranno a cuocere; toglieteli dall’acqua dopo 5 minuti e
fateli saltare nei pomodorini per l’ultima fase di cottura,
magari aggiungendo un po’ dell’acqua usata per farli cremosi.
Quindi uniteli al basilico ed ad una grattata di scorza di
limone che li renderà più freschi e saporiti». |
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PINK NEWS Il
Dalai Lama apre ad una successione al femminile
di Linda Talato
Il Dalai Lama ha recentemente aperto alla possibilità di
una successione al femminile e, ora, anche l'altra metà
del cielo potrebbe ambire al ruolo di guida spirituale del
buddhismo tibetano.
La notizia, resa nota dalla stampa nazionale ed internazionale,
ha riportato le dichiarazioni della più alta autorità spirituale
tibetana, durante un suo viaggio in Australia; notizia che ha
lasciato piacevolmente sorpresa l'opinione pubblica mondiale,
lanciando un forte messaggio che ha aperto la strada a
importanti valutazioni sul ruolo odierno della donna, non
solo sociale ma anche religioso, in un contesto in cui,
proprio le religioni, spesso, precludono l'accesso femminile
alle cariche più elevate.
Il fatto giunge sulla scia dell'approvazione di una legge
sulla successione, stavolta monastica, in Gran Bretagna,
secondo cui si prevede che anche la figlia femmina della
coppia reale, se primogenita, potrà ambire alla Corona,
aprendo la strada ad un cambiamento epocale che porterà il
nascituro di William e Kate sul trono reale, a prescindere dal
sesso.
Cambiamenti, questi, che segnano il passo con i tempi e che
rendono sempre più evidente e riconosciuto il ruolo e la
presenza femminile in tutti gli ambiti della società.
Tuttavia, se da una parte si aprono spiragli, anche importanti,
verso la piena applicazione delle pari opportunità, dall'altro
lato è difficile non notare come l'immaginario collettivo non
sia ancora riuscito a svincolarsi da alcuni stereotipi e luoghi
comuni, che tendono a standardizzare i ruoli, delimitando la
personalità di uomini e donne all'interno di categorie ben
definite; secondo quanto riportato dai giornali, sembra che
il Dalai Lama abbia sottolineato come ci sia bisogno della
compassione femminile, nel mondo contemporaneo e,
biologicamente, che le donne hanno un maggior potenziale di
sviluppare affetto e amore verso l'altro.
Una concezione diffusa e, senza dubbio, positiva:
le parole del Dalai Lama vanno, ovviamente, connotate ed intese
all'interno del contesto di riferimento; ma concezioni di
questo tipo tendono a generalizzare e a non tener conto di
attitudini e caratteristiche personali proprie di ogni individuo,
uomini e donne, che, oltre ad essere diversi fra loro, si
differenziano, come persone, anche all'interno della
stessa categoria di genere. |
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DONNE Ciao,
Franca! di Silvia Roberto
«Riduciamo gli sprechi dello Stato italiano, facciamo
funzionare la burocrazia e puniamo veramente tutti i reati
finanziari, le truffe, la corruzione, l'evasione fiscale e il
falso in bilancio».
Questo era Franca Rame: una donna che ha sempre
combattuto, perché credeva in quello che faceva, in quello
che pensava; prima di tutto come appartenente a quel
movimento femminista, tanto caro quanto riconoscente.
Quei semplici cittadini, la maggioranza donne, che in suo
nome, anche nel giorno in cui lei non c'é più o, forse, proprio
in quel giorno in cui Franca è più che mai presente, hanno
indossato qualcosa di rosso: proprio come desiderava lei che
in un racconto aveva immaginato il suo funerale con molte donne
vestite di rosso e in sottofondo "Bella ciao"... e
le sue fedelissime hanno esaudito il suo desiderio!
Con il supporto della Banda degli Ottoni hanno cantato "Sebben
che siamo donne, paura non abbiamo", storico canto di
rivendicazione femminile; o ancora "Rosamunda".
Una vita passata a sostenere battaglie forti, ricorda il
figlio Jacopo Fo, come quella della chiusura dei
manicomi dove i pazienti erano rinchiusi in condizioni
disumane: vita passata accanto al suo Dario Fo, con il
quale componeva a quattro mani quei testi teatrali che li
hanno resi celebri; da quel 24 giugno 1954, quando si
sposarono, sostennero tante battaglie insieme, sempre vicini,
uno a fianco dell'altro, fino all'ultimo giorno.
Fino a quel 29 maggio 2013 che gli ha portato via la sua donna:
e lui ha detto: «la mia non sarà un'orazione funebre, ma
un commiato. Eh già, perché Franca è stata, è, e sarà sempre una
donna straordinaria».
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