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Telegiornaliste anno IX N. 13 (357) del 1 aprile 2013
 
	
		
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			| TGISTE Natascha 
Lusenti:
Caterpillar AM una bella sfida che non mi pesa di 
			Giuseppe Bosso 
 Da settembre la possiamo ascoltare tutte le mattine su Radio 2 
nell'effervescente 
Caterpillar AM, con Marco Ardemagni e Filippo Solibello, dopo varie 
esperienze televisive, tra cui l'edizione estiva di In onda, l'anno 
scorso, con Filippo Facci, e QB Quanto basta su Rai 5. Incontriamo 
Natascha Lusenti, che coglie l'occasione dell'intervista per smentire un 
ricorrente aneddoto sulla sua carriera.
 
 In rete si dice che prima di diventare giornalista è stata modella: è così?
 «No. In realtà, durante il mio primo anno di università, per guadagnare qualche 
soldo, ho fatto qualche servizio fotografico; ho partecipato a qualche casting, 
ma definirmi 'ex modella' è decisamente esagerato. Intendiamoci, non ho nulla 
contro quell'ambiente, ma da qui a dire che ne ho fatto parte...».
 
 Si è trovata a suo agio più al fianco di Facci o adesso tra i due suoi 
irriverenti compagni di Caterpillar AM?
 «Mah, non ho mai ragionato in questi termini; le mie scelte professionali sono 
sempre state esclusivamente orientate dal punto di vista lavorativo. Con Facci è 
stata una bella sfida, per me è stata la prima esperienza in un programma 
politico, non ci siamo scelti, è La7 che ci ha messi insieme; ma sul lavoro è 
importante mantenere la massima professionalità, come le dicevo, non 
necessariamente diventando amici. Anche se devo dire che con Filippo e Marco ho 
trovato una certa consonanza dal punto di vista personale».
 
 Cosa importerebbe dal giornalismo svizzero, suo Paese di origine, in Italia?
 «Sono nata lì e ho cominciato in terra elvetica il mio percorso professionale, 
ma ormai vivo in Italia da anni e ho perso i contatti con i miei colleghi 
svizzeri; anche sotto questo aspetto devo dire che non ritengo giusto 
generalizzare, non si può fare di ogni popolo o Paese un'immagine unica. Il 
giornalismo anglosassone è innegabilmente di eccellenza, ma non è che gli 
scandali siano mancati anche lì. In Italia ci sono delle ottime professionalità 
nel mondo dell'informazione, che sono ancorate a quelli che ritengo i due 
pilastri essenziali per il nostro lavoro, la libertà di pensiero e l’aderenza ai 
fatti ».
 
 Sempre su La 7 ha avuto modo, nel programma Il mondo che verrà, di lavorare 
con Romano Prodi: è una personalità di cui la politica italiana avrebbe ancora 
bisogno?
 «Come potenziale Presidente della Repubblica - e non a caso è uno dei potenziali 
candidati per il Quirinale - innegabilmente sì. Non invece per il Parlamento o 
per il Governo, e del resto lo ha anche ripetuto più volte quando, appunto, ho 
avuto modo di lavorarci insieme, che era soddisfatto della sua vita di 
professore, che aveva ripreso dopo la sua seconda parentesi come Premier, e di 
viaggi in giro per il mondo. Ritengo che sì, la politica italiana abbia bisogno 
di un sostanzioso rinnovamento di uomini e di idee, ma non per questo dovrà fare 
a meno di personalità importanti e autorevoli che con la loro esperienza possono 
dare ancora molto».
 
 Dalla tv alla radio: pro e contro di questa sua nuova esperienza?
 «Ne sono molto felice, anzitutto perché ho la possibilità di avere un rapporto 
più diretto e continuo con il pubblico, maggiore di quel che potevo avere in 
ambito televisivo. Non mi pesa affatto il dovermi alzare tutti i giorni all'alba 
per la trasmissione. E poi è un grande privilegio poter lavorare per uno dei 
programmi radiofonici più popolari e importanti».
 
 La vedremo ancora in tv?
 «Al momento non ci sono novità in questo senso. So che su Rai 5 va ancora spesso 
in onda il programma gastronomico QB che ho condotto tempo fa, ma si 
tratta di repliche. In futuro chissà».
 
 Cosa farà da 'grande'?
 «Cerco sempre di diventare una persona migliore. Dal punto di vista 
professionale per me è importante dare sempre il meglio; ma per esperienza cerco 
di non fare progetti a lunghissima scadenza; tante cose mi sono capitate senza 
che le aspettassi, come per esempio il tornare a Milano dopo tanti anni a 
Roma.Le sorprese possono sempre arrivare, e per questo vivo giorno per giorno 
senza pensare tanto a quello che potrebbe accadere più in là».
 
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			| NONSOLOMODA Rimettiamoci 
				in riga! 
				di Michela Tortolano 
 Le righe ritornano a movimentare il look delle prossime 
				calde stagioni: che le si ami o le si odi certo non passano 
				inosservate.
 
 Nelle ultime Fashion Weeks, da Milano a New York, molti 
				brand le hanno riproposte creando modelli di ogni tipo e in 
				colori più o meno classici: larghe, stette, verticali, 
				orizzontali, diagonali e, soprattutto, sopra ogni capo, senza 
				censure; non solo su maglioni e pantaloni, ma anche su giacche, 
				intimo ed accessori; ma anche casual e per la sera, questa 
				fantasia veste da testa a piedi.
 
 Certo non mancano gli accostamenti rosso e blu alternati al 
				bianco, e ci si è spinti anche in nuance più “insolite” come il 
				giallo, l’arancione, il grigio ed il rosa.
 
 Ma il must have di quest’anno è indiscutibilmente in 
				black&white.
 
 Si dice che le righe allarghino le rotondità e non donino alle 
				meno slanciate: falso! Dipende dalla direzione, che va 
				scelta sapientemente; ce ne sono per alte e basse, magre e più 
				tonde, perché ognuno possa seguire il suo “verso” per 
				valorizzarsi.
 
 Per le linee più curvy meglio scegliere le righe 
				verticali, che slanciano la figura ed hanno un effetto 
				snellente. Quelle orizzontali, che tendono invece ad 
				“allargare”, sono più indicate per le figure più longilinee.
 
 Per un accostamento attento è bene sapere che, se si sceglie una 
				maglietta a righe, i pantaloni o la gonna debbono 
				preferibilmente essere a tinta unita.
 
 L’attenzione va rivolta anche agli accessori: gli esperti 
				preferiscono renderli protagonisti unici lasciando che sia solo 
				la borsa, ad esempio, ad essere rigata, preferendo abiti 
				monocolore e senza fantasia. A fascia larga sono più dinamiche, 
				a fascia stretta certamente più sobrie…
 
 Questi accorgimenti non si addicono certo ai più audaci, che 
				invece optano per il total look abbinando capi con righe 
				orizzontali a quelli con righe verticali o diagonali e, perché 
				no, se si sanno portare con disinvoltura e trasgressione.
 
 Un ritorno che fa voltare lo sguardo al passato, riconoscendo 
				alla grande Chanel il merito di averle rubate al contesto 
				marinaio per farne un debutto di successo, e che, se "letto tra 
				le righe" proietta invece al dinamismo, all’ottimismo ed al 
				futuro.
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			| TUTTO TV Sabrina colpisce ancora: che somari questi politici... 
				di Giuseppe Bosso 
 Verrebbe proprio da dire facce nuove, vita vecchia. 
				Cambiano, per quanto possibile, i volti dei protagonisti 
				della nostra politica dopo le elezioni dello scorso mese, ma 
				quando la pungente 'iena' Sabrina Nobile li interroga, come 
				un'inflessibile professoressa, il risultato sulla cultura 
				generale dei nostri onorevoli - o sedicenti tali - è a dir 
				poco catastrofico, non meno della nostra attuale 
				situazione economica e politica.
 
 Era il 2006 quando l'inviata del programma di Italia 1 chiedeva 
				a Elisabetta Gardini cosa fosse la Consob, senza che l'ex 
				attrice e conduttrice sapesse rispondere, così come il deputato 
				Giuseppe Fini non avesse saputo dire dove si trovasse il Darfur, 
				e anche allora non erano mancate polemiche e perplessità 
				nel constatare come molti dei ‘rappresentanti del popolo’ 
				necessitassero di migliorare non solo, evidentemente, dal 
				punto di vista morale ed etico, ben prima della pubblicazione di 
				‘La Casta’ di Rizzo e Stella.
 
 Chissà cosa avranno pensato gli elettori ‘grillini’ che un anno 
				fa avevano consacrato Federico Pizzarotti sindaco di 
				Parma nel sentire il loro primo cittadino collocare Kabul in 
				Iraq o confondere il premier russo Medvedev con un membro della 
				Commissione Europea. Decisamente peggio, si fa per dire, 
				è andata all’ex senatore Gustavo Selva – quello che anni fa pur 
				di arrivare in tempo negli studi di La 7 non esitò a fingere un 
				malore per essere portato in ambulanza – che alla domanda su chi 
				fosse Netanyahu, primo ministro israeliano, ha risposto con uno
				sconcertante «è un iracheno, ovviamente è implicato in 
				insediamenti di popolazioni musulmane» o al deputato democratico 
				Arlotti che colloca Seul nella Corea sbagliata.
 
 Sorridere o inorridire? Cosa deve fare il cittadino medio 
				di fronte a queste piccole ma non proprio trascurabili 
				‘pecche’ dei massimi esponenti della classe dirigente? Si 
				parla tanto di cultura come traino per il superamento della 
				crisi, ed è vero, ma è arduo, davvero arduo, dare credito a 
				questo messaggio di fronte a queste misere figure.
 
 Di sicuro un plauso a Sabrina Nobile e alle Iene, che da 
				anni conducono con successo inchieste di questo tipo, con 
				ironia certo, ma al tempo stesso con la massima attenzione 
				nell’interesse di uno spettatore-cittadino che saprà meglio 
				orientarsi.
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			| PINK NEWS L'amore 
				'urlato' al mondo di Ludovica Virgili 
 Dopo Iker Casillas, portiere del Real Madrid e della 
				Nazionale spagnola, che aveva stupito tutti con il «ti amo mio 
				amor» seguito dal bacio dato in diretta alla fidanzata 
				giornalista Sara Carbonero durante un’intervista a seguito 
				della vittoria della Spagna ai Mondiali del 2010 in Sudafrica, 
				ora è la volta delle proposte di matrimonio made in Italy.
 
 Tutte le donne sognano una proposta di matrimonio 
				romantica fin da piccole, ma forse la giornalista di Sky 
				Sport Anna Billò non si aspettava che l’ex allenatore del 
				Milan, Leonardo, le chiedesse la mano in diretta tv 
				davanti alle telecamere.
 
 Il dolce siparietto è avvenuto durante la diretta dei 
				sorteggi di Champions League: Leonardo intervistato in qualità 
				di direttore sportivo del PSG, chiede di poter fare una 
				domanda alla sua fidanzata Anna, e nel modo più naturale 
				e romantico possibile le chiede: vuoi sposarmi?
 
 Molto imbarazzata e commossa la futura sposa, che 
				rendendosi conto di essere in diretta televisiva risponde 
				con un «ma per carità, ne parliamo a casa, andiamo avanti va 
				bene»; ma alla fine, incalzata anche dagli ospiti in studio e 
				dal suo fidanzato risponde con un «va bene, va bene: sì!».
 
 Un gesto che poi è stato molto apprezzato dalla giornalista Sky, 
				riferendo in seguito che si ritiene molto fortunata ad 
				avere un futuro marito così dolce e romantico.
 
 Una favola dunque a lieto fine, ma non solo per loro: infatti, 
				poche settimane dopo, si scopre che Leonardo ed Anna hanno fatto
				scuola.
 
 Allo stadio di San Siro, un tifoso del Milan nella 
				partita contro il Palermo ha esposto uno striscione dello 
				stesso tenore: «Eleonora mi vuoi sposare?», naturalmente in 
				rossonero e a caratteri cubitali.
 
 È proprio vero che l’amore fa compiere follie, 
				anche quelle più incredibili!
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			| DONNE Enza 
				Alfano: nel mio libro tre generazioni a confronto 
				di Giuseppe Bosso 
 Tre donne, tre generazioni diverse che però sono unite, oltre 
				che da un legame di sangue, dalla lotta disperata contro la 
				follia e la solitudine che inesorabilmente colpiscono insieme. 
				In sintesi questo il leit-motiv di L’unica ragione, 
				quarta fatica letteraria di Enza Alfano, scrittrice e insegnante 
				– oltre che giornalista pubblicista – napoletana.
 
 Cosa hai cercato di trasmettere nel romanzo?
 «Ho cercato di esprimere la voce interiore di chi è alla ricerca 
				di un rapporto equilibrato con la realtà e non riesce a farsi 
				ascoltare; non è facile, soprattutto oggi. Le tre donne 
				protagoniste sono una nonna, una madre e una bambina che, 
				ciascuna nel suo momento particolare, si trovano a combattere 
				questa battaglia da sole; non si ha consapevolezza del degrado 
				che la pazzia può suscitare, si tende a fare finta di niente di 
				fronte a queste situazioni, a voltarsi dall’altra parte come se 
				niente fosse. La malattia è una piaga dei nostri giorni ed è il 
				tema che ho cercato di affrontare in questo libro.
 
 A cosa ti sei ispirata?
 «In un primo momento avevo pensato di dare ad uno stesso 
				personaggio tre volti diversi, ma a poco a poco che sviluppavo 
				l’idea sono passata a parlare di queste tre diverse generazioni 
				che però, come ti dicevo, sono annodate tra loro per la mancanza 
				d’amore che segna le loro vite, rendendole incapaci di costruire 
				un rapporto duraturo e di dialogare con gli altri. La prima 
				protagonista è un’orfana di guerra, affidata ad uno zio, che 
				sviluppa una forte aridità proprio per la mancanza dell’amore 
				materno, il primo e vero amore che tutti dovremmo conoscere; si 
				sposa e nasce la figlia, secondo personaggio-chiave del libro, 
				che vede la sua vita segnata da una malattia che molto 
				probabilmente è facilitata da questo malessere che deve 
				affrontare fin dall’infanzia. Infine c’è Ines, la bambina, che 
				sembrerebbe l’unica destinata a salvarsi, ma non è detto che sia 
				proprio così, come il lettore potrà constatare».
 
 Quali difficoltà hai incontrato nella diffusione?
 «Non avere visibilità agli occhi dei grandi editori, anzitutto. 
				Chi entra in libreria deve in qualche modo essere attratto dalla 
				tua opera, a volte ciò è dovuto per la copertina, per 
				un’immagine che cattura l’attenzione. E una scarsa divulgazione 
				porta anche a scarsa attenzione da parte della critica. Scrivere 
				è una grande passione per me, e vivo talvolta con disperazione 
				il non riuscire a completare una pagina o a non svilupparla come 
				vorrei. Credo di avere molte storie da raccontare, e spero, nel 
				mio piccolo, di richiamare l’attenzione su interrogativi legati 
				alla società dei nostri giorni, dove si tende ad emarginare le 
				sofferenze come la malattia, appunto, e non si comprende di come 
				questa sofferenza si estenda anche ai nostri cari».
 
 I tuoi familiari ti hanno sostenuto in questa tua passione?
 «Sì, con attenzione e curiosità. E hanno capito come questa 
				passione necessiti di essere alimentata da una continua lettura, 
				per me un appuntamento quotidiano che deve rinnovarsi giorno per 
				giorno».
 
 Sei anche insegnante: riesci a invogliare i tuoi allievi alla 
				lettura con la tua attività di scrittrice?
 «Certo, ed è forse l’aspetto più bello. Ho sviluppato anche un 
				laboratorio di scrittura con loro, e gli ho dato modo di 
				partecipare, con brillanti risultati, anche a concorsi 
				letterari. La scuola tende a imporre la lettura, e non lo 
				ritengo un bene questo».
 
 In uno dei tuoi romanzi, Fiction, hai affrontato il 
				tema del giornalismo dei nostri giorni.
 «Sì. Il protagonista è un giovane precario che a un certo punto 
				molla la professione e si ritrova, dapprima con diffidenza, 
				catapultato nell’insegnamento in una scuola di periferia. Ho 
				pensato molto ai miei studenti nella stesura del libro, in cui 
				anzitutto viene affrontato il problema del precariato di un 
				quarantenne, che è una condizione sfortunatamente molto diffusa 
				al giorno d’oggi, e poi un delitto di camorra che coinvolge 
				tutti i protagonisti, senza dimenticare anche le storie dei 
				ragazzi, con i loro amori e le loro vicende quotidiane. Ho 
				cercato soprattutto di parlare della mia città con un tono 
				diverso da quello che solitamente le viene riservato».
 
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