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Intervista a Sarah Maestri (3)   Tutte le interviste tutte le interviste
Sarah MaestriTelegiornaliste anno XIX N. 31 (747) del 6 dicembre 2023

Sarah Maestri, Stringimi a te
di Giuseppe Bosso

La grande popolarità con il film di Fausto Brizzi Notte prima degli esami, Sarah Maestri nel 2009 ha raccontato la sua vita fino a quel momento in un libro, La bambina dei fiori di carta, che ha avuto un successo non meno pari a quello della pellicola amata dai giovanissimi. Poi, un incontro che improvvisamente ha cambiato la sua vita e quella di una allora piccola bambina bielorussa, Alesia, raccontata nel secondo romanzo dell’attrice originaria di Luino, edito da Garzanti.

Sarah sei al tuo secondo libro, dopo La bambina dei fiori di carta, Stringimi a te, in cui hai ripercorso la tua storia da mamma single con cui hai dovuto confrontarti, o meglio scontrarti, anzitutto con una burocrazia e un sistema giudiziario che certo non ha avvantaggiato anzitutto una bambina che aveva trovato il calore di una persona che era disposta ad accoglierla. La tua esperienza pensi sia stata un esempio per le tante, troppe persone che si trovano alle prese a loro volta con un’adozione?
«Lo spero, è anche per questo che ho scritto il libro, anzitutto come promozione dell’adozione come riconoscimento del diritto di un bambino a una famiglia, per dare un messaggio di speranza ai bambini che vivono questa condizione e anche alle famiglie che vivono in una situazione di stallo, proprio come è successo a noi, del progetto cosiddetto di risanamento. Bambini fermi da anni prima a causa del covid e ora per la guerra, ma anche come appello per le istituzioni di non ignorare la sofferenza di queste famiglie e di questi bambini. E anche utile a chi sceglierà di intraprendere questo percorso, perché possa essere consapevole di quello a cui va incontro. E soprattutto un inno all’amore, l’unica cosa che conta di più nella vita, e il mio libro ne è denso, perché la mia è stata una scelta d’amore».

E intanto Alesia ormai maggiorenne: come stai vivendo questo passaggio dall’essere madre di una bambina a madre di una ormai ragazza quasi donna?
«Sì, tra poco compirà vent’anni. Sta vivendo una fase complessa, per lei l’adolescenza ha coinciso con il covid che ci ha portato a quelle restrizioni che tutti ricordiamo, in quel momento si è trovata catapultata in una realtà che l’ha costretta a farsi adulta, un passaggio che abbiamo vissuto insieme; essere genitore significa anche questo, accompagnarla per mano. Ma leggendo il libro capirete anche che Alesia è arrivata già grande da me, e quindi il mio impegno è stato progressivamente anche quello di insegnarle ad affrancarsi da me».

Ci lasciamo alle spalle un’estate in cui, purtroppo, abbiamo dovuto fare i conti, tra le tante cose, anche con i terribili racconti di violenze su donne che ormai sono un’emergenza quasi all’ordine del giorno: il fatto che Alessia stia iniziando ad avere le sue prime esperienze di rapporti personali è qualcosa che ti preoccupa o pensi di averle saputo trasmettere i giusti consigli?
«Mi preoccupa anzitutto da donna questa escalation di episodi di violenza. Per quanto riguarda Alesia credo di averle trasmesso l’esperienza di donna che ha cercato di essere indipendente ed emancipata, culturalmente attiva; ma tutto questo non preserva completamente dai rischi, e nel mio primo libro ne ho parlato, rappresentati da incontri con persone sbagliate, che possono arrivare anche ad atti estremi; la violenza è una promessa d’amore tradita, è sintomo di possessione dominante, qualcosa che non ha nulla a che fare con l’amore vero che è anzitutto liberta e rispetto nei confronti dell’altro».

Dedicarti ad Alessia ti ha portato ad accantonare la tua carriera di attrice: al di là di quello che ha rappresentato per te diventare madre, ripensando al tuo percorso artistico, c’è qualcosa che rimpiangi, magari parti o possibilità che ti si erano prospettate e che non hai accettato o non si sono concretizzate?
«Ho scelto di non recitare più da quando ho adottato Alesia, la mia ultima parte è stata per il film Succede di Francesca Mazzoleni uscito nel 2018. Diciamo che è stato come andare in “pensione anticipata” visto che ho iniziato a recitare fin da bambina e quindi parliamo ormai di quasi quarant’anni (ride, ndr)… scherzi a parte recitare è qualcosa che si può fare anche nel tempo, al momento sono in "aspettativa" ma un giorno potrei anche essere una nonna o una prozia; essere mamma sul set mi è capitato di sfuggita. Ma oggi sono soddisfatta di aver fatto la scelta di dedicarmi a tempo pieno a progetti nel campo sociale, per l’associazione che presiedo, 3 Elle, e per Fondazione Cariplo, occuparmi degli altri è qualcosa che mi gratifica e mi riempie la vita».

Nei tuoi libri, simbolicamente, hai ricostruito il tuo percorso di vita: La bambina dei fiori di carta è la storia della tua infanzia segnata dalla malattia e dei tuoi primi passi da attrice, fino al grande successo con il film Notte prima degli esami; mentre Stringimi a te è la svolta della tua vita attraverso l’incontro con Alesia, a cui, come sottotitoli, non hai donato la vita, ma che la vita ti ha donato: possiamo dire che l’incontro con Alesia abbia cambiato quei progetti di vita che avevi allora, nel 2009?
«Come ho scritto in Stringimi a te e come probabilmente traspariva dalla lettura del mio primo libro, io tutto mi vedevo tranne che mamma. Il destino ha deciso di mischiare le carte quando ho incontrato Alesia, presentandomi una vita completamente diversa da quella che immaginavo, quella che ne La bambina dei fiori di carta avevo evidenziato nelle conclusioni, con il mio ringraziamento a te che sei amore e che ancora non ho incontrato, un fil rouge rappresentato da una giovane donna alla ricerca di un senso da dare alla propria esistenza. Senso che poi ho trovato e amore che ho incontrato in una forma differente ma che non è stato meno travolgente, perché un figlio è per sempre, e infatti Stringimi a te inizia proprio con questa frase contrapposta alla conclusione del primo libro: a te che sei amore e che finalmente ho incontrato. Non avevo mai immaginato nemmeno quale fosse il sapore dell’amore, che avevo immaginato come un frappè alla fragola. Oggi so che ha un sapore indefinito. A volte è così sgradevole da farti venire il voltastomaco per il dolore, mentre altre è così buono che ne senti un forte bisogno».

Ancora oggi molti ti ricordano come Alice, il personaggio di Notte prima degli esami di Fausto Brizzi, che ti ha dato molta popolarità: non pensi tuttavia che il successo con quel ruolo sia stato anche un limite, nel senso che per il pubblico e forse anche per registi e produttori non è stato facile immaginarti in un diverso ruolo di quello dell’amica del cuore del protagonista?
«Non direi. Negli anni successivi mi sono cimentata anche in altre cose; alla Mostra di Venezia nel 2011 sono andata da protagonista del film di Giorgio Pressburger Dietro il buio, tratto dall’opera di Claudio Magris, una rappresentazione moderna del mito di Orfeo ed Euridice; sono andata avanti, non credo che quel successo di Notte prima degli esami abbia condizionato il mio percorso da attrice. E comunque sono dell’idea che tutto quello che ci offre la vita vada raccolto e sarò sempre grata a Notte prima degli esami».

Dopo le pellicole di Brizzi ti abbiamo vista partecipare a diverse fiction e film, ti abbiamo ascoltata in conduzione radiofonica, e tramite il film Il pretore hai cercato di dare un contributo alla tua città natale portando sullo schermo l’opera di Piero Chiara: per il lavoro che c’è stato dietro e gli sforzi che tu e chi ti ha affiancato avete impiegato, ti saresti aspettata un maggior riscontro dopo l’uscita delle sale, anche in termini di successive eventuali produzioni che avrebbero potuto essere sviluppate sullo sfondo del Lago Maggiore?
«Sappiamo bene qual è la situazione delle sale italiane, deserte, nel senso che oggi purtroppo si va poco al cinema, anche se ultimamente ho potuto riscontrare con piacere dei pienoni che sono di buon auspicio. Sono stata più che soddisfatta del riscontro che ha avuto Il Pretore, ancora oggi visibile gratuitamente su Rai Play. Alla fine ho raggiunto quello che era il mio proposito, omaggiare Piero Chiara con tutta la partecipazione della sua città, e questo ha portato anche la Mondadori a ristampare il romanzo Il pretore di Cuvio. E comunque le produzioni a Varese non si sono certo limitate al nostro lavoro, visto che quell’anno c’è stato il successo di un altro film come Il capitale umano, film che ho adorato di Virzì, e negli ultimi anni un altro momento importante ha rappresentato la lavorazione di Suspiria nel 2018 di Luca Guadagnino... tornassi indietro non avrei esitazioni a rifare quello che ho fatto».

In questi anni ti sei dedicata moltissimo all’impegno nel sociale, anche come commissario di Fondazione Cariplo: adesso a quali progetti ti stai dedicando in questo settore?
«Con 3 Elle, associazione di cui sono fondatrice e presidente, in questo momento siamo impegnati in un progetto finanziato dal Ministero della Pubblica Istruzione e dal Ministero della Cultura chiamato cinema per l’inclusione e la resilienza, che sfocerà nella realizzazione di un nuovo cortometraggio interamente realizzato dai ragazzi dei licei, che segue un altro progetto che ci ha impegnati per oltre un anno e che ha visto la realizzazione di un lungometraggio in cui i ragazzi di quattro licei ed istituti tecnici hanno rappresentato I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Fondazione Cariplo, che ha da poco raggiunto i 30 anni di vita, ha da poco deliberato nuovi 150 milioni per progettualità nel 2024 a contrasto delle disuguaglianze. Sono impegnata su più fronti su vari temi, dal contrasto alla violenza di genere alla valorizzazione dell’educazione formativa, un aspetto a cui tengo molto. Come sosteneva il filosofo napoletano Gaetano Filangieri, una persona educata, una persona capace e formata avrà anche gli strumenti per contrastare la povertà».

Alesia ha rappresentato, parafrasando il celebre film di Gwyneth Paltrow, la sliding door che come un meteorite ha modificato la tua vita: ha cambiato anche la tua prospettiva di futuro? Nel senso che sei consapevole oggi di come tante cose, in un senso o nell’altro, potrebbero cambiare i tuoi progetti e i tuoi desideri?
«Più che Alesia questo cambiamento di prospettiva me lo ha dato la vita, la perdita di tante persone care negli ultimi anni; il dolore che mi ha dato l’attualità di vedere tutte queste guerre. Per questo oggi cerco di mettere in pratica quello che c’è scritto nel Vangelo, vivere qui adesso, cercare di godere il momento presente (cosa che viene ostacolata dalle eccessive preoccupazioni per il futuro) anche rallentando perché quel momento poi non tornerà più. Ma finché c’è voglio viverlo».

Ne La bambina dei fiori di carta ti eri definita “la signorina meraviglia, tutti la vogliono nessuno se la piglia”: e oggi come definiresti Sarah Maestri?
«Ancora identica a quel momento. Forse un po’ meno meraviglia rispetto allora (ride, ndr) con un carico familiare un po’ più complesso, sicuramente più responsabile come inevitabile che sia quando arriva una figlia».

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