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Intervista a Prisca Taruffi (3)   Tutte le interviste tutte le interviste
Prisca TaruffiTelegiornaliste anno XVIII N. 24 (708) del 5 ottobre 2022

Prisca Taruffi, la mia vita in un libro
di Giuseppe Bosso

Doppietta e punta tacco – La mia vita con la Volpe Argentata. Prisca Taruffi racconta in questo libro, pubblicato per Minerva, aneddoti ed esperienze anzitutto legate alla figura di suo padre, Piero Taruffi che, come vedremo, prossimamente verrà omaggiato anche da Hollywood.

Prisca bentrovata, anzitutto scontato chiederglielo, qual è la genesi del suo libro?
«Ho cercato fin dal titolo di omaggiare quella che è stata la vita sportiva di mio padre, soprannominato appunto “la Volpe Argentata”. Doppietta è invece una tecnica di guida che mi ha insegnato, praticata in un’epoca in cui non c’erano ancora i cambi sincronizzati; il punta tacco invece è la tecnica della frenata in abbinamento con la scalata, così chiamata perché con la punta del piede destro si preme il pedale del freno e con il tallone si esegue la doppietta. Una tecnica prettamente sportiva che si esegue su vetture con cambio manuale. Con questo titolo, che unisce un termine maschile a uno femminile, ho voluto fare riferimento ai primi rudimenti insegnatomi da mio padre».

La sua storia, non solo gare e motori, ma anche e soprattutto i suoi legami, del passato e del presente, sia relativamente ai suoi ricordi del passato che al presente, rappresentato dalle sue nipoti.
«Certamente, e dato che non ho figli, quando ho deciso di scrivere questo libro, ho pensato subito di dedicarlo a loro, Priscilla e Flaminia, che della zia Prisca credo che sappiano ben poco perché non si sono mai interessate alla mia vita sportiva. Inoltre con il loro consenso, sono al tempo stesso diventate protagoniste, personaggi del libro con le quali inizia un dialogo molto curioso e divertente nel quale tra una battuta e l’altra, gli ho raccontato in pratica tutti gli episodi più significativi della mia vita privata e sportiva».

L’introduzione è di Antonella Clerici, sua carissima amica. Come è nata questa idea?
«Con Antonella siamo amiche da tantissimi anni, molto prima che lei diventasse il personaggio conosciutissimo di oggi. Venne a intervistarmi a casa mia quando avevo appena iniziato a correre, e fin da subito ci siamo trovate in sintonia. Abbiamo condiviso vacanze insieme, ci siamo sposate nello stesso anno, stesso giorno a distanza di un solo mese. Ho voluto che l’introduzione o comunque la prefazione del libro (che è stata scritta invece da Carlo Cavicchi) fossero opera di una donna e ho pensato a lei, che è stata felicissima di accettare».

Nei racconti che ha fatto delle sue esperienze da pilota emerge in molti tratti una grande complicità femminile, che parlando in generale non ci si aspetterebbe: è davvero un mondo a parte quello delle corse, nonostante l’alta competitività?
«Mah in realtà il mondo delle corse femminili è competitivo non meno di altri campi. Se parliamo di complicità io l’ho trovata piuttosto a livello di team, con le mie navigatrici, e soprattutto con le altre poche donne che partecipavano ai Rally Raid africani ai quali ho preso parte durante gli ultimi cinque anni della mia carriera sportiva come il Rally dei Faraoni e il Rally delle Gazzelle. Nella parte finale del libro potrete trovare due capitoli dedicati alle Signore del rally e alle Signore della pista, in cui elenco piloti donne di grande spessore che ho avuto l’onore e la fortuna di incontrare come Maria Teresa de Filippis oppure Lella Lombardi tanto per citarne alcune, e che hanno sempre lottato per la parità di genere non solo nella vita ma anche nel mondo delle corse».

Ciò non ha impedito che emergessero figure come quelle che ha appunto omaggiato nella parte finale del libro: in futuro ci potranno essere ancora donne di questo spessore nel mondo delle corse?
«Mi auguro di sì: tanto per citarne qualcuna, Michèle Mouton, Lella Lombardi, rispetto agli anni ’80 in cui ho iniziato ci sono stati passi avanti, anche se ritengo quello della Formula 1 sia un mondo riservato prettamente agli uomini, principalmente per un discorso di sforzo fisico richiesto, almeno per la mia esperienza che è consistita in un breve test eseguito con una Benetton molti anni fa. Per fortuna già da qualche anno esiste la W Series organizzata dalla FIA, una serie riservata a pilote donne provenienti da tutto il mondo che si corre con monoposto F3 in concomitanza con i Gran Premi. Una grande vetrina per tutte le concorrenti! Sarà il tempo a darci ragione con la speranza che con il tempo i risultati arriveranno».

Crede che questo libro potrà andare anche oltre la barriera degli appassionati delle quattro ruote?
«Perché no? Un libro può incuriosire anche a prescindere da un’effettiva conoscenza del mondo dei motori, in questo il titolo potrebbe risultare accattivante. Finora posso dire di avere avuto riscontri più che positivi sia in termini di vendite che di recensioni».

La prima volta che ci sentimmo le chiesi, se ricorda, cosa pensasse dell’apertura della Formula 1 a nuovi circuiti come Cina e Bahrain: allora mi disse che la riteneva una cosa positiva, a distanza di anni ha cambiato idea?
«No, estendere i confini della Formula 1 anche a mete lontane è qualcosa di favorevole, e anche la W Series di cui le parlavo, ha deciso nel 2023 di aggiungere altre 5 gare incluso il suo debutto che avverrà in Asia».

È in produzione il film sulla vita di Enzo Ferrari che vede tra i protagonisti anche Patrick Dempsey nel ruolo di suo padre: avete avuto modo di interagire con lui?
«La nostra famiglia è stata contattata a luglio dall’assistente di Dempsey, con cui abbiamo fatto una lunga call a inizio luglio; si è dimostrato una persona piacevole che, come ben sapete, è egli stesso un appassionato di motori, tanto da avere una scuderia in società con Alessandro Del Piero e avere corso a Le Mans con la Porsche. Si è mostrato interessato alla storia di mio padre, al suo rapporto con Ferrari, tanto che prendeva appunti. Presto io e mio fratello andremo a trovarlo sul set a Modena e sarà sicuramente emozionante vederlo truccato da nostro padre».

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