Telegiornaliste anno XVII N.
5 (655) del 10 febbraio 2021
Metis
Di Meo, il mio capitale umano
di
Giuseppe Bosso
Incontriamo Metis Di Meo, volto televisivo che a dispetto
della giovane età ha una variegata e ampia esperienza, che
ha spaziato dalla recitazione alla conduzione, ultimamente
della trasmissione di Raidue
Il Nostro Capitale Umano - Viaggio nell'Italia che
trova lavoro.
Tra le storie che ha avuto modo di raccontare a Il
Nostro Capitale Umano quali sono quelle che l’hanno
colpita maggiormente?
«Molte storie mi hanno rapito il cuore, mi hanno colpita per
tenacia e determinazione. Un tema al quale tengo sono le
donne che hanno combattuto per affermare la propria
autonomia e professionalità, nel gap professionale fra
compensi e mansioni. I giovani che, con l’alternanza scuola
lavoro, hanno messo da parte il divertimento per provare con
mano e capire subito di che pasta sono fatti e qual è la
loro strada nel mondo del lavoro. I professionisti che si
sono rimessi in gioco, dopo i 50 anni, fra corsi di
formazione e agenzie per il lavoro per cambiare mansione e
essere occupabili nei cambiamenti del mondo di oggi. Alcuni
personaggi sono stati per noi dei lavoratori esempio e
simbolo. Come Andrea che, grazie alle agenzie per il lavoro,
sta trascorrendo la sua pena detentiva lavorando, cambiando
totalmente la sua vita in un percorso di riscatto sociale e
umano grazie a questo impegno. Angela, badante moldava che
ha dovuto affrontare il viaggio, la malattia e le difficoltà
di una straniera che ha combattuto per non massimizzare i
profitti con le scelte facili del lavoro nero, dando il buon
esempio. Antonio, non vedente, con un corso di
tifloinformatica ha trovato lavoro come centralinista, lì
dove nessuno si accorge della sua diversità. Jessica, con la
terza media, ma tanta voglia di imparare e riscattarsi
socialmente, ha studiato in un corso gratuito di auto
imprenditoria, ha vinto un bando ed aperto il suo caseificio
a 29 anni. Alessia, ha combattuto per non soccombere ad un
sistema che la obbligava a fare la casalinga, sentendosi
dire che le donne non dovevano lavorare, non potevano poi
crescere i figli e senza raccomandazioni non poteva fare
carriere. Ha abbattuto ogni pregiudizio ed ogni forma di
violenza economica che ha subito dagli uomini intorno a sé».
Nasce soprattutto come attrice e poi nel corso del tempo
si è alternata tra varie trasmissioni sia come inviata che
come conduttrice: guardando indietro alle diverse esperienze
in cui si è cimentata quale ha sentito maggiormente e quale,
ripensandoci, non ripeterebbe?
«Ho iniziato da bambina a lavorare come attrice fra spot e
fiction, molto teatro. Proprio quel luogo dove mi rifugiavo
e che amavo fu galeotto della mia prima conduzione. Mi
ritrovai per sbaglio a presentare lo spettacolo che
portavamo in scena in un locale romano. Mi trovai così a mio
agio nel chiacchierare, parlare con il pubblico, raccontare
il mio punto di vista, gestire tempi e modi. Avevo 16 anni,
mi accorsi subito che era il lavoro perfetto per me, che
adoravo scrivere e parlare, conoscere e capire, mi
permetteva di studiare sempre e viaggiare, di far sì che le
persone mi donassero la loro storia, la loro professione, le
loro emozioni. Si univa la mia indole creativa e gestionale
che nel lavoro attoriale non aveva sfogo. Nel giro di pochi
mesi mi ritrovai a condurre tanti eventi, poi le prime
collaborazioni per delle televisioni private come
conduttrice e autrice. Ho interpretato dei film come
Maschi contro Femmine e
Femmine contro Maschi,
avevo già girato delle fiction per Rai e Mediaset, come
Don Matteo e
Caterina e le sue figlie, ma sentivo
che la mia strada non era quella. Così il mio agente di
allora seppe di questo provino, proprio il giorno dello
scritto della mia maturità classica. Una storia rocambolesca
che finì con l’incontro che feci con Pippo Baudo. Tornai il
giorno dell’orale, avevo preso 100/100 e mi avevano presa
per
Domenica In. Ero entusiasta. L’unico obiettivo
che avevo al tempo era carpire il più possibile dai grandi
maestri, dalle grandi produzioni e sentivo di trovarmi nel
posto giusto. Nel giro di pochi mesi mi trovai ad
intervistare personaggi del calibro di Giulio Andreotti e
Alberto Tomba, e capii che avevo conquistato la fiducia
degli autori. Ho smesso di recitare a 20 anni, quando ho
capito che lo stile di vita di chi mette in gioco
sentimenti, emozioni e il proprio corpo per la recitazione,
in balia dell’attesa di chi ti sceglie, non era per me. Ma
specialmente non combaciava con la mia scelta di vita,
ovvero fare la conduttrice. L’autrice l’ho spesso fatta per
produzioni diverse da quelle dove lavoravo assiduamente, ma
ho avuto l’opportunità di ideare, scrivere e condurre dei
miei programmi unendo il tutto con mia grande gioia, come in
Lezioni di Bon Ton per Rai5 e
Il Nostro Capitale
Umano per Rai2. Come inviato ho iniziato a lavorare per
Unomattina nel 2012 e da allora non ho mai
abbandonato la mattinata di Rai1, che mi ha dato
l’opportunità di viaggiare e conoscere l’Italia e l’Europa,
fra enogastronomia e artigianato, cinema e teatro,
istituzioni e premi illustri. Rai1 mi permette di conoscere
la nostra società, le eccellenze del territorio, grandi
personaggi da premi Nobel a premi Oscar. La mia esperienza
nella recitazione, che ha lasciato poi inevitabilmente
spazio alla tv, perché le due vite non possono coesistere
per chi vive come me a tempo pieno gli impegni televisivi,
si è conclusa senza rimorsi. Anzi ho acquisito molte
conoscenze tecniche, una cultura di estetica
cinematografica, un gusto nella fotografia, una capacità
d’improvvisazione e di gestione dei tempi impareggiabile,
per la quale sono molto grata. Ho intrapreso esperienze
variegate, dal
Seven Show che ha messo alla prova le
mie doti comiche come conduttrice, a
Ballando con le
Stelle, dove mi sono cimentata come concorrente
imparando a ballare ad esempio. Esperienza di accrescimento
professionale che, se anche possono sembrare delle
variazioni sul tema, mi hanno dato modo di conoscere,
conoscermi e specialmente di imparare velocemente in un
sistema televisivo in grande cambiamento dal punto di vista
organizzativo, produttivo, artistico e tecnologico in questi
ultimi 18 anni nei quali lavoro in tv».
Ci racconta come il covid ha influito nella sua vita,
personale e professionale, in particolare riguardo ai
cambiamenti che ha dovuto affrontare?
«Inevitabilmente il nostro lavoro non si è fermato, è
diventato più complesso, nella gestione e negli spostamenti.
Ho deciso di fare una mia quarantena iniziale a marzo, ma da
aprile a oggi ho sicuramente lavorato molto intensamente.
Per chi, come me, con questo mestiere è sempre in viaggio,
avere pochi treni, pochi aerei, pochi bar, nessun
ristorante, pochi hotel aperti è difficile. Soffro perché
accanto a me ho avuto persone malate, come tanti, alcuni
lutti non famigliari. Ma devo dire che la mia vita personale
ne ha risentito positivamente, perché ha messo in
discussione la frenesia e la gestione del tempo, oltre che
la condivisione. La vita culturale soffre duramente, la vita
sociale altrettanto, come tutti».
Si sente ancora, per così dire, “in gavetta”?
«Ho realizzato più di 50 programmi tv, fra quelli scritti o
condotti, nei quali sono stata concorrente o inviata, quindi
il periodo di sacrifici iniziali al fine di imparare un
mestiere credo sia finito molti anni fa. Dopo aver cambiato
molte produzioni, aver conosciuto e provato vari stili di
conduzione, vari tipi di scrittura, conoscere videocamere,
microfoni, programmi di montaggio, fotografia, burocrazia
etc. in questo campo sai che se le persone ti scelgono per
la tua professionalità e conoscenza, ti affiancano persone
meno esperte di te, ti lasciano autonomia vuol dire che quel
periodo è finito. Purtroppo, in Italia l’età anagrafica
incide più dell’esperienza su carta e sul campo, quindi
spesso mi ritrovo ancora ad essere la più giovane dei gruppi
di lavoro e questo influisce nella percezione che gli altri
hanno sul tuo percorso professionale».
Nel domani preferirebbe fare più intrattenimento o
informazione?
«Sono per l’infotainment, mi piace informare intrattenendo,
mi occupo di divulgazione scientifica, approfondimenti
culturali, sociali. Adoro i programmi per i ragazzi, dei
quali mi sono occupata a lungo, di didattica, dove il
divertimento va a braccetto con l’informazione».
Ha lavorato con tantissimi personaggi, da Pippo Baudo a
Terence Hill solo per citarne due: chi le ha trasmesso il
ricordo più significativo?
«Ho lavorato con molti maestri come Arbore, Bonolis,
Boncompagni, Frizzi, Carlucci, Sgarbi… due citazioni
fondamentali. Pippo Baudo è stato sempre un personaggio
mitologico, dalla memoria di un elefante, il carisma da buon
oratore e ascoltatore, che comprende il valore del tempo e
comunica in maniera efficace, insomma un maestro
ineguagliabile. Per chi poi è cresciuta, come me, con Bud
Spencer e Terence Hill potete immaginare quale stima e
devozione si possa avere nei confronti di Mario Girotti, la
sua umile dolcezza, la sua professionalità e il suo fascino
sono indescrivibili».
Futuro: è una parola che le suscita più timori o
speranze?
«Guardo al futuro sempre con entusiasmo e passione, mai con
paura. Il coraggio, la voglia di vivere, il desiderio di
scoprire sono parti essenziali di me. I timori possono
essere legati alla capacità di vivere il cambiamento, che
oggi è argomento continuo. Ma sono convinta che se crisi
significa opportunità, cambiamento significa rinnovamento,
quasi sempre un bene».