Intervista a Federico Zurzolo | tutte le interviste |
Telegiornaliste anno V N. 30 (201) del 3 agosto 2009
Federico Zurzolo: al servizio del pubblico di Camilla Cortese Federico Zurzolo dirige da 7 anni il Tg Regione Lazio. Giornalista professionista dal 1986, ha iniziato facendosi travolgere dal fascino della radio al tempo delle prime emittenti private. Combinando la passione per la musica e la voglia di comunicare, conduceva un programma di intrattenimento con musica di qualità ed eventi del giorno. Contemporaneamente collaborava con televisioni, quotidiani e periodici. Cosa ti piace di più della tua professione? «Il rapporto con i telespettatori. Quando chiamano ci parlo quasi sempre personalmente, mi piace sentire il loro parere, le loro critiche, ascoltare le loro segnalazioni. Questo è uno dei nostri punti di forza: ci dicono che una via è poco illuminata, che in un quartiere c’è un incrocio pericoloso, e noi andiamo a vedere, scaviamo, cerchiamo di capire, diamo loro voce. Poi andiamo a chiedere risposte agli amministratori, che devono prendere impegni per risolvere il problema. Qualche volta ci riusciamo. Ecco questa è la cosa che mi piace di più di questo lavoro: svolgere al meglio il nostro ruolo di Servizio Pubblico». Hai mai avuto timore di affrontare un argomento che potrebbe avere dei risvolti scomodi? «Timore mai. Attenzione sì. Le notizie non si nascondono. Si devono sempre dare, ma con il massimo della correttezza e dell’equilibrio». Come l’attore, che carpisce frammenti di realtà per costruire le proprie performance, anche il giornalista guarda il mondo con occhi diversi? «Assolutamente sì. Non possiamo fare informazione come un comune telespettatore. L’emotività, la partecipazione attiva ad un avvenimento rischia di portarci fuori dalla realtà. Dobbiamo essere “cronisti”, raccontare i fatti quasi con distacco. Il telespettatore è maturo, vedendo la tv fatta in questo modo vivrà la sua emozione, non quello che noi vorremmo vivesse». Responsabile di una redazione (Tgr Lazio Rai) quasi tutta al femminile, come ti muovi? «Sono un uomo fortunato, va bene come risposta? Le donne hanno tanti pregi. Sono instancabili e hanno passione, qualità essenziale non solo nel mondo del lavoro. Purtroppo hanno qualche ostacolo in più (i figli, l’organizzazione familiare, gli orari, il trucco soprattutto per chi deve condurre un telegiornale) ma sono bravissime e attente». I tg regionali sono molto seguiti e sono fortemente connotati dal territorio. La ricchezza di questo legame ha mai il risvolto del limite di orizzonte? «Mando i miei inviati al massimo a Ferentino, in provincia di Frosinone, e questo a prima vista sembrerebbe un limite. In realtà non è così: l’obiettivo è fare ogni cosa al meglio, anche la notizia che sembra meno importante deve essere trattata con il massimo impegno. Non ci sono limiti di orizzonte se si riesce veramente ad essere vicino alla gente e ai loro problemi». Buongiorno Regione Lazio è l'informazione del territorio, una finestra del servizio pubblico sulla regione: cosa dà di nuovo e di buono allo spettatore questa filosofia? Farlo partecipare e dargli spazio serve più a voi o a lui? «Questo tipo di informazione dà le notizie di servizio al telespettatore. Penso siano utili per iniziare meglio la giornata. La partecipazione dei telespettatori alla trasmissione serve a loro, perché pongono i loro problemi all’attenzione di un grande pubblico e di chi ha il potere di risolverli, ma serve anche a noi. Ascoltando le decine di segnalazioni dei cittadini che quotidianamente arrivano in redazione, abbiamo la possibilità di “scavare” il territorio. Grazie ai telespettatori abbiamo ricominciato a fare inchieste, e questa è una buona notizia per il giornalismo locale». Alcune emittenti locali in tutta Italia non hanno molto gradito questa invasione di campo in una fascia oraria molto ambita. «Sono convinto che ci sia spazio per tutti, che la concorrenza stimoli a creare qualcosa di nuovo e a fare sempre meglio. Poi, una maggiore informazione garantisce la democrazia». Vanti premi e numerose interventi come moderatore di incontri culturali, seminari e ricerche. Ti senti autorevole? «Penso che il mio telegiornale sia considerato autorevole. Personalmente mi sento solo un giornalista corretto ed equilibrato, anche politicamente». Cosa consiglieresti ai giovani giornalisti che collaborano per passione senza intravedere un domani? «Da quando dirigo il Tgr Lazio ho avuto in redazione molti giovani, stagisti, precari, collaboratori. A loro dico sempre che per fare questo lavoro servono tre cose: una grande passione, un grandissimo spirito di sacrificio e tantissima fortuna. Mi piace vedere i loro occhi pieni di voglia di “rubare” il mestiere. Qualcuno ce la fa, altri no. Ma questo lavoro non morirà mai». Il parere sincero di un professionista sul rapporto tra la Facoltà di Scienze della Comunicazione, le varie scuole di giornalismo e il reale ingresso nel mondo del lavoro. «Il vecchio praticantato svolto in un giornale vero non esiste più. Questo è un lavoro che si impara in strada, sbagliando e prendendo porte in faccia. Oggi purtroppo i tempi sono cambiati, il praticantato si fa nelle Università, che però non hanno mezzi e si limitano alla teoria, oppure nelle Scuole di giornalismo, e alcune sono buone. Nella mia redazione ci sono colleghi che provengono da questa realtà: sono preparatissimi culturalmente, ma il vero mestiere lo imparano lavorando sodo tutti i giorni». |
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