Telegiornaliste
anno V N. 3 (174) del 26 gennaio 2009
Donne, scalata alla società
di Chiara Casadei
«Lavoriamo affinché il mondo della politica,
dell’economia e della cultura italiana diventi
un mondo inclusivo per le donne. Proviamo a
scalfire quel tetto di cristallo che ci
impedisce di crescere come donne e come
professioniste. E speriamo che questo percorso
di crescita personale collimi con la
crescita della società italiana tutta. Ora
più che mai c’è bisogno di donne, di talento e
di ingegno femminili: facciamo in modo che
nessuno ci escluda».
Donne grintose e determinate, che vogliono un
cambiamento nella società: hanno chiamato la
loro associazione
DonneInQuota, sinonimo di una scalata al
successo per il genere femminile. Abbiamo
intervistato l'intero gruppo, unito e
collaborativo, per sapere di più su quello che
fanno e soprattutto sullo spirito e
l’intraprendenza alla base dei loro progetti.
«DonneInQuota è un’associazione culturale nata
nel 2006 a Milano sull’onda dell’entusiasmo e
delle energie scaturite dal corso Donne,
politica e istituzioni, promosso e
organizzato dal ministero delle Pari
opportunità. L'associazione ha tre obiettivi: la
realizzazione di una rappresentanza femminile
paritaria nella politica, nelle istituzioni di
governo, nel mondo del lavoro e della cultura,
affinché si abbiano pari condizioni retributive
e di carriera senza discriminazioni di sesso,
razza od origini etniche, lingua, religione,
opinione politica e orientamenti sessuali; la
promozione delle pari opportunità secondo quanto
previsto dalla normativa nazionale ed europea in
materia; lo svolgimento di iniziative inerenti
politiche di genere e la collaborazione con enti
a ciò preposti».
Cosa vi accomuna e vi ha unite in questo
progetto?
«Siamo diverse, e all’inizio ci ha accomunato la
partecipazione al corso Donne, politica,
istituzioni. Ora lavoriamo insieme per
ottenere un risultato al quale teniamo molto: il
raggiungimento di una democrazia paritaria. Non
siamo sole fortunatamente: insieme a noi
collaborano e interagiscono altre associazioni
che sono nate dallo stesso corso in altre
università italiane. Siamo fermamente convinte
che le istituzioni debbano essere nella loro
composizione lo specchio della società.
Attualmente così non è: solo il 17% di donne
siede in Parlamento in Italia, mentre la nostra
società è composta per il 52% da donne. E
vengono così escluse donne di talento che
potrebbero contribuire a migliorare il benessere
di tutti.
La bassa presenza di donne in Parlamento ha serie
conseguenze, la più grave forse ad oggi la
mancanza di una legge nazionale sulla violenza
contro le donne».
Quindi per voi è importante incentivare la
presenza femminile in politica.
«DonneInQuota non è nata solo per spingere le
donne in politica, ma anche per sostenere le
donne che già ne fanno parte. Se ci guardiamo
intorno vediamo poche donne in politica, tutte
brave e capaci di portare talenti e competenze
di qualità. Conoscendo il lavoro che svolgono
tutti i giorni nei consigli comunali, regionali,
provinciali e persino in Parlamento, sappiamo
quanto sia difficile per loro lavorare senza
avere un sostegno dal basso, dalla società
civile. Noi dall’esterno sosteniamo le loro
iniziative, le diffondiamo e ci impegniamo nella
loro realizzazione. Inoltre trasmettiamo loro le
suggestioni nate dal territorio e lavoriamo
perché vengano recepite».
Come avete scelto il nome dell’associazione?
Cosa avevate intenzione di trasmettere?
«Donne in Quota è il titolo di un saggio critico,
curato dalla sociologa Bianca Beccalli, sulla
necessità di individuare nuovi strumenti
legislativi in grado di abbattere quel tetto di
cristallo che impedisce alle donne di essere
equamente rappresentate nella società. Il nome
dell’associazione fa riferimento dunque alla
necessità di introdurre norme
antidiscriminatorie in tutti i settori cruciali
del nostro Paese. È inoltre un piccolo ma
simbolico omaggio a Bianca Beccalli, di cui
abbiamo raccolto la riflessione sul tema delle
differenze di genere».
Quali sono le vostre iniziative?
«Abbiamo organizzato un ciclo di incontri per la
costruzione del femminile, con la partecipazione
di sociologhe, filosofe, donne impegnate in
politica, professioniste, proprio per ragionare
insieme sugli ostacoli, sugli stereotipi che
tutti i giorni abbiamo di fronte e come cercare
di superarli. Abbiamo lavorato insieme a UDI
(Unione donne in Italia) nella raccolta firme
per la proposta di legge di iniziativa popolare
"50&50: ovunque si decide", che ora è in attesa
di essere presentata in Senato. A livello
locale, abbiamo sostenuto le donne che nel
Consiglio regionale della Lombardia lavoravano
per inserire un’ottica di genere nello Statuto
di nuova formulazione, approvato lo scorso
agosto. Insieme a UDI, abbiamo presentato le
nostre osservazioni in audizione alla
commissione Statuto della Regione Lombardia, e
abbiamo organizzato un dibattito sul tema nella
sede Regionale. Lavoriamo sul tema della
violenza contro le donne con il progetto "Panni
Sporchi" e con l’organizzazione di eventi,
seminari e dibattiti sul tema; non in ultimo,
abbiamo aderito alla "Staffetta UDI", per la
quale allestiremo a Milano, una mostra dedicata
alle donne che hanno subito violenza, attraverso
il racconto tratto dalle pagine dei giornali. Il
nostro obiettivo sarà valorizzare la violenza di
genere mascherata tra le righe e disegnare quel
file rouge che i giornalisti superficialmente
ignorano. Organizziamo periodicamente la
presentazione di libri che affrontano tematiche
di genere e sosteniamo progetti che trattano la
questione femminile».
Qual è il vostro pubblico?
«Le iniziative del 2007-2008 hanno attratto un
pubblico numeroso, anche se composto da donne
già interessate al tema. Vogliamo però allargare
il più possibile il dibattito anche a coloro
che, uomini e donne, solitamente non si occupano
di cultura di genere. Proprio per questo motivo
ci siamo riproposte di organizzare le prossime
iniziative anche in luoghi diversi dalle aule
universitarie o dalle sale della Provincia».
Un'altra grande risorsa presente nel vostro
sito internet è la tv online dell'associazione,
DonnaTv. Che ruolo svolge nell'ambito della
vostra organizzazione?
«DonnaTv
è nata dall’idea di alcune corsiste di Roma.
Abbiamo subito ritenuto il media un canale
interessante e valido per veicolare informazioni
e sostenere un cambio culturale. È stato quindi
per noi naturale promuovere il sito».